Jullian Assange, il fondatore di WikiLeaks, per evitare l’estradizione in Svezia si è rifugiato nell’ambasciata del Paese sudamericano, sulla centralissima Knightbridge a Londra, la notizia giunge attraverso uno scarno comunicato del ministero degli Esteri, che ha immediatamente informato il Foreign Office.
Assange era in contatto con il Paese sudamericano sin dalla fine del 2010, cioè poco dopo lo scoppio del ciclone Wikileaks, con la pubblicazione di decine di migliaia di documenti diplomatici riservati, molti dei quali imbarazzanti, e la stragrande maggioranza dei quali statunitensi.
Consegnati a Wikileaks in maniera anonima da un militare, Bradley Manning, attualmente in carcere negli Usa, e che rischia la pena di morte. L’allora vice ministro degli Esteri di Quito, Kintto Lucas, aveva non soltanto invitato Assange a parlare in Ecuador, ma gli aveva anche offerto la residenza.
Recentemente, il 22 maggio, Assange ha intervistato Rafael Correa, il presidente ecuadoregno, per la tv russa RussiaToday con la quale il fondatore di Wikileaks ha iniziato a lavorare. L’Ecuador ha subito un tentativo di colpo di Stato nel settembre 2010 e Correa era stato addirittura preso in ostaggio. Secondo fonti latino americane, dietro al tentato golpe potrebbe esserci stata la Cia, appoggiandosi ad alcuni media “corrotti” del Paese, contro i quali il presidente sembra poi essersi accanito. Ironicamente (anche se in questa vicenda c’è, veramente, poco per fare ironia) la rivista americana ‘The Atlantic’ suggerisce ad Assange, che in una dichiarazione ha ringraziato l’Ecuador per avere accettato di esaminare la sua richiesta di asilo, di pensarci due volte prima di istallarsi nel Paese latino americano, dove praticamente non c’é libertà di stampa. Ora tutti gli occhi sono puntati anche su Los Cabos, in Messico, dove al termine del vertice del G20, tra le domande sulla crisi al presidente Usa Barack Obama e al premier britannico David Cameron spunterà quella sul nuovo episodio della saga Assange.