JUDICIAL LAW V. STATUTORY LAW: TRA VINCOLATIVITÀ DEL PRECEDENTE E DIRITTI SOVRANI.
Anna Poidomani
Abstract [ita]: questa indagine si regge sui contenuti del principio della c.d. legalità penale europea e sul c.d. sistema integrato di ordinamenti, che si compone dei sistemi nazionale, europeo e convenzionale. Tutti e tre sono volti ad assicurare quella tutela multilivello dei diritti fondamentali in cui il principio di legalità penale svolge un ruolo fondamentale. La chiave di lettura sovranazionale che permea questo lavoro svelerà come le connessioni tra i sistemi giuridici, se da un lato arricchiscono il panorama giuridico a difesa della stretta legalità, dall’altro si scontrano con il c.d. nocciolo duro del nostro sistema iuris.
Abstract [eng]: this work is based on the structure of the principle of legality in European criminal law and the connection between national system, EU system and ECHR system. Each of these wants to ensure the multilevel protection of fundamental rights. The aim of this research is to underline the positive results, on the first side, and the negative results, on the other, of the cooperation among national and supernational Courts, such as the European Corte of Justice and the European Court of Human rights.
Sommario: 1. Profilo in-action della legalità: dalla littera legis all’opera di interpretazione giurisprudenziale. – 2. Il nuovo volto della riserva di legge. – 2.1. Lo “stampo” della legalità. –3. Una sovranità solidale. – 4. La grande sfida del multilevel system.
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Profilo in-action della legalità: dalla littera legis all’opera di interpretazione giurisprudenziale.
La realtà giuridica contemporanea, tanto normativa, quanto giurisprudenziale, sembra suggerire che i contenuti del principio di legalità in materia penale siano contesi1 tra ordinamenti sovranazionali – europeo e convenzionale- e ordinamento nazionale. In effetti, il quadro giuridico che si presenta all’interprete si riempie non solo di fonti normative regolanti in astratto le declinazioni del nullum crimen, c.d. profilo statico, ma anche della copiosa giurisprudenza delle Corti europee formatasi attorno a questo istituto, c.d. profilo dinamico. Questo progressivo sviluppo contenutistico del principio di legalità penale vede il giudice nazionale impegnato in una «[…] cruciale funzione di raccordo nell’impianto costituzionale del sistema di ordinamenti, tra ordinamento sovranazionale e ordinamento interno […]»2. Il giudice comune, quindi, rappresenta il punto di snodo del c.d. sistema multilivello dei diritti fondamentali ed è chiamato a confrontarsi con gli interventi delle Corti sovranazionali che, sempre più frequentemente, esaltano il volto poliedrico della legalità penale, valorizzandone il versante astorico3. La pluralità di protagonisti coinvolti nel panorama transnazionale dà vita a “relazioni multipolari”4 che ruotano intorno ai diritti fondamentali, e che di questi offrono declinazioni e livelli di protezione tutt’altro che omogenei. Convivono, in pratica, «molti attori, molti spartiti, molte interpretazioni della stessa sceneggiatura, volta a volta condizionate dalle “circostanze di contesto”, dalle caratteristiche istituzionali, da retaggi culturali, da valutazioni orientate alle conseguenze […]».5 Non solo. Il concreto operare del principio di legalità nazionale si intreccia, inevitabilmente, con il ruolo di primaria importanza che negli anni ha acquisito il c.d. formante giurisprudenziale6. Come il pomo della discordia, l’apporto interpretativo consegnato dagli organi giurisdizionali compromette la ricostruzione tradizionale degli elementi essenziali dell’istituto, e pone gli studiosi del diritto penale interno dinanzi a un bivio: aprire o chiudere bruscamente le porte del nostro ordinamento alle qualificazioni evolutive rese dalla giurisprudenza sovranazionale7.
Deve essere superata l’idea che una norma sia legittima solo in quanto posta dal potere legislativo, dato che «[…] la nuova legalità (costituzionale) è misura della conformità dell’atto al diritto [nella sua duplice dimensione di auctoritas e ratio (…)]»8. Così, una volta acquisita la consapevolezza che il diritto vivente permea di vitalità il dettato normativo, si conviene nell’affermare che il rispetto del nullum crimen va parametrato alle norme che vivono nell’ordinamento.9 Tra queste, rientrano le regulae iuris elaborate dai giudici, regole che orientano la decisione del caso concreto e, in ogni caso, sono suscettibili di generalizzazione per casi analoghi, ma futuri10. Opinando diversamente, e volendo escludere la potenziale generalizzazione dal vaglio di legittimità della norma di matrice giurisprudenziale, si finirebbe per esporre i consociati a una varietà di norme giuridiche eterogenee e consegnate all’ordinamento dall’arbitrio degli organi giurisdizionali. Ciò detto, resta fermo un dato. Le norme ricavate dai giudici nazionali, piuttosto che frutto di un’attività creatrice di diritto, rappresentano il riflesso di una scelta esegetica tra le diverse opzioni interpretative che possono leggersi nella stessa disposizione di legge11. Così, «[…] la normalità del processo ermeneutico di concretizzazione dà spazio al diritto giurisprudenziale come contributo fisiologico e non patologico»12.
In questa prospettiva, è il c.d. formante giurisprudenziale a render noto il modo in cui le norme vivono nell’ordinamento, in una realtà contingente che, in ragione delle sue continue trasformazioni, può scontrarsi con la ratio propriamente storica del dettato normativo13. Se è vero che il brocardo ubi societas ibi ius riflette l’essenza di ogni sistema di diritto, altrettanto vero è che la portata materiale dei precetti giuridici si lega inscindibilmente all’esegesi che di questi si compie nelle decisioni giurisprudenziali. Il contributo offerto dalla prassi va letto nei termini di un’opera collettiva di tessitura del diritto14 che accompagna, completa e integra il valore della fattispecie astratta. Un’opera costruttiva che pone a carico del potere giurisdizionale l’onere di con-formarsi15 al diritto vigente, costruendo l’iter motivazionale sulla base di regole normative chiare e generalizzabili. Così, tanto l’idoneità astratta della norma nella regolamentazione di fattispecie future, quanto il richiamato obbligo con-formativo, costituiscono la condicio sine qua non affinché le garanzie sottese al principio di legalità possano vivere, e sopravvivere, al riparo da ogni incertezza.
Premesso ciò, è sempre più evidente come la c.d. legalità penale europea stia riscrivendo la legalità penale nazionale16, indebolendone il profilo più tradizionale, la riserva di legge17. Un corollario, questo, che si lega essenzialmente a quell’istanza liberale18 di cui la legalità penale è la massima raffigurazione, e che affida all’organo rappresentativo il monopolio assoluto sulla normazione penale. In effetti, lo Stato di diritto nasce come Stato legislativo19 e in quanto tale si sviluppa e legittima attraverso la costruzione di un sistema normativo strettamente legato allo ius positum: un sistema in cui l’esercizio del potere viene vincolato alla disposizione scritta. Anche in materia penale si affida alla riserva di legge il compito di neutralizzare, o quanto meno marginalizzare, l’esercizio abusivo del potere sia esecutivo sia giurisdizionale. Nonostante ciò, il sistema integrato di ordinamenti impone una ricalibratura di questo assunto storicamente dato. Le interazioni con i sistemi sovranazionali, in effetti, mettono in crisi l’idea stessa di c.d. legalità legislativa20, e il fatto che questa possa efficacemente assicurare quella massimizzazione delle tutele a cui l’ordinamento c.d. multilivello di tutela dei diritti fondamentali tende21.
Se la c.d. legalità penale europea guarda essenzialmente alla qualità delle norme incriminatrici, e alla loro prevedibilità e accessibilità da parte dei consociati, la legalità penale nazionale affonda le sue radici nel terreno della riserva di fonte, facendo di quest’ultima un tratto essenziale della sua struttura operativa22. Le due ricostruzioni, tuttavia, non vanno considerate tra loro antitetiche o inconciliabili, dal momento che l’intersezione tra gli ordinamenti è «tesa a produrre una somma di diritti, non una loro sottrazione».23 Proprio quest’ultima considerazione apre la strada ad una serie di questioni relative alla possibile rimodulazione del nostro nullum crimen, ex art. 25, secondo comma, Cost., alla luce del panorama giuridico offerto tanto dal sistema europeo quanto dal sistema convenzionale.
Non si tratta di stabilire quale sia il tipo di legalità penale migliore, quanto di individuare quali profili possano essere rivalutati in chiave europea. Per questa ragione, la c.d. legalità penale europea, funzionalmente orientata alla tutela dei diritti fondamentali, «[…] non va allora concepita come alternativa alla nazionale; non si impone su di essa travalicandola e snaturandone la fisionomia […] semplicemente vi si affianca in chiave di reciproca complementarietà teleologica, contribuendo ad implementarne la funzione garantista»24. Deve tenersi conto di una nuova dimensione funzionale della legalità penale nazionale, da concepirsi non come valore da «tutelare in quanto tale, ma solo nella sua prospettiva di scopo.»25
Si va delineando una legalità ibrida26, in cui convivono testo e contesto, e di cui la giurisprudenza deve attentamente assicurare la custodia. Una custodia che, verosimilmente, deve guardare a quel sistema c.d. multilivello di tutela dei diritti fondamentali da cui viene integrata, travolta e condizionata27. I profili appena richiamati si intrecciano, come rampicanti, con le vicende giurisprudenziali tra Corti, nazionali e sovranazionali, che si scontrano sui contenuti del principio di legalità, e compromettono quella funzione di custodia che le stesse si arrogano. Così, riecheggia nell’ordinamento quel brocardo, tanto remoto quanto contemporaneo, che ritrae l’essenza dell’odierna quotidianità:
Quis custodiet ipsos custodes?
Il continuo confronto tra il nostro diritto penale sostanziale e la c.d. legalità penale europea fornisce lo spunto per una riconsiderazione del corollario della riserva di legge che, come già anticipato, è il pilastro portante dell’intera costruzione teorica-dottrinale formatasi sull’art. 25, secondo comma, Cost. Da sempre28, si è ritenuto che il livello più alto di tutela per i consociati potesse essere garantito unicamente attraverso il conferimento in via esclusiva al Parlamento del potere di incriminazione penale. In effetti, questo sembrerebbe il modello giuridico più idoneo ad assicurare il corretto funzionamento del sistema democratico. Tuttavia, non può essere ignorato il lento, ma progressivo affievolimento che negli anni ha subito questa componente tipicamente liberale del nullum crimen29. In particolare, si dubita che, ad oggi, la riserva di legge riesca ancora a garantire quel c.d. maximum standard di tutela al quale sin dall’inizio era stata teleologicamente legata. Sul punto, emergono due questioni che dipendono direttamente dai c.d. fattori di crisi della legalità, tanto endogeni, quanto esogeni30. Da un lato, si guarda al fenomeno del c.d. populismo penale; dall’altro alle ripercussioni che ha generato il canone della legalità penale elaborato a livello sovranazionale.
Come noto, il populismo penale va ricondotto ad uno schema comportamentale portato avanti dalla leadership dei partiti politici in funzione della conquista del consenso popolare31, realizzato attraverso una catena di proposte di riforma prive di un fondamento logico-sistematico, ma piuttosto legate ai dati emergenti dalla volontà popolare: politiche c.d. applause oriented32. Un’età c.d. del premierato33, questa, che riduce l’essenza razionalizzante della lex scripta34, ribaltando, così, il tradizionale modello illuministico35. Il luogo della ragione giuridica non è più la legislazione, ma il diritto36. Non è più la legge ordinaria a disciplinare la realtà contingente, ma le interpretazioni dei giuristi che ri-orientano il dettato normativo entro i confini della ragionevolezza37. La colonna portante del diritto, in questo modo, non si compone solo dello ius positum, ma dell’intera cultura giuridica38 che vitalizza la lettera della norma. Non solo. Le riforme penali degli ultimi anni dimostrano l’inidoneità39 del potere legislativo nell’adottare normative penali che siano coerenti con l’intero quadro giuridico di riferimento40. Un quadro giuridico che si compone necessariamente delle soluzioni ermeneutiche elaborate dalla giurisprudenza quanto all’interpretazione delle fattispecie astratte di reato. Il rischio, secondo un approccio tutto giuspositivista, sarebbe quello di chiudere il diritto penale dentro le alte mura del diritto di produzione legislativa, lasciando da parte le elaborazioni giuridiche prospettate dalla prassi. Eppure, sarebbe «[…] illusorio continuare a confidare che, per contenere l’ampio spazio della concretizzazione giudiziale delle fattispecie penali e, quindi il potere creativo dei giudici, il rimedio consista in una più precisa tipizzazione legislativa dei fatti punibili. Si tratta di una ricetta vecchia»41. Una ricetta vecchia42 perché l’attività di interpretazione in cui è impegnata la magistratura non è meramente astratta, ma teleologicamente orientata all’applicazione di una determinata fattispecie normativa ad un fatto contingente. Il giudice penale, pertanto, si colloca a metà strada tra la disposizione normativa e la realtà del momento43, e assicura uno sviluppo del diritto penale in linea con i fatti oggetto dell’accertamento giurisdizionale44. Una posizione mediana che, necessariamente, richiede un’analisi costante sulla coerenza dell’impianto normativo rispetto alle mutevoli circostanze fattuali.
Come acutamente osservato da parte della dottrina, la giurisdizione «[…] ha a che fare non solo con problemi di interpretazione della legge, ma anche con il dispotismo e la fastidiosa contingenza di verità fattuali, il cui accertamento compete al giudice imparziale. Vincoli di legalità (all’ordinamento normativo politicamente costruito dal potere del demos) e vincoli di verità (a verità di fatto che ‘fanno resistenza’ a qualsiasi potere, anche al potere del demos) collocano il giudice imparziale ai confini della politica: come bocca di verità fattuali che per la politica rappresentano un limite indisponibile, “al di là dell’accordo e del consenso”, e come bocca di valutazioni normative che sono, da un lato, il prodotto di decisioni della politica, dall’altro lato, vincoli (largamente ma non totalmente suscettibili di revisione) che la politica ha posto anche a se stessa nelle forme proprie dello Stato di diritto»45.
Queste le ragioni per cui bisogna prendere atto del carattere relativo del principio di legalità che, come tale, è soggetto alle evoluzioni e trasformazioni che storicamente l’intero sistema giuridico sta vivendo46. Occorre andare oltre quella concezione giuridico-filosofica che vede nella riserva di legge l’essenza ontologica47 dell’intero diritto penale sostanziale, e valorizzare con minore ostilità l’attività di mediazione ermeneutica48 svolta dagli organi giurisdizionali. In quest’ottica, si colloca del resto la spinta proveniente dalla c.d. legalità penale europea49, così come elaborata dai sistemi sovranazionali, europeo e convenzionale.
La giurisprudenza di questi ordinamenti sovranazionali, infatti, costruisce un principio di legalità del tutto emancipato dal canone della riserva di legge e lo fa in ragione dell’appartenenza a questi sistemi sovranazionali dei Paesi di common law, che non riconoscono l’inscindibilità tra il nullum crimen e la riserva di fonte50. In questo modo, nel concetto di legalità51 si incontrano sia il diritto di produzione legislativa, sia quello di derivazione giurisprudenziale, e ad entrambi vanno egualmente riferiti i requisiti qualitativi che il nullum crimen europeo impone. È evidente che, in questa prospettiva, perde rilievo il procedimento formale di formazione della fonte legislativa52.
Se è vero che la tradizione giuridica italiana non è conciliabile, tout court, con i sistemi giuridici di common law, non può negarsi che il quadro ordinamentale sovranazionale suggerisca una riconsiderazione del ruolo ricoperto dai giudici comuni. Così come la c.d. legalità penale europea estende l’operatività dei suoi corollari al formante giurisprudenziale, altrettanto dovrebbe concludersi con riferimento alla nostra legalità nazionale. Storicizzare il significato e la portata del canone della riserva di fonte, figlia del periodo illuministico53, non significa escluderne l’operatività dai meccanismi di incriminazione contemporanei, ma piuttosto prendere coscienza del suo nuovo volto54. Non può negarsi che, ormai, il potere giurisdizionale è co-protagonista55 della legalità penale.
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Lo “stampo” della legalità.
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«Nello stampo della legalità si può colare oro o piombo»56, queste le parole di Calamandrei da cui è opportuno prendere le mosse. Il riferimento, chiaramente, va agli anni in cui la nostra c.d. legalità legislativa, come la legalità di altri Paesi, venne piegata alle esigenze dei regimi totalitari, dimostrando di non essere un istituto incondizionatamente positivo ‘in sé’.57 Ora come allora, la riserva di legge non sempre riesce a svolgere quella funzione di scudo che storicamente le è stata assegnata: nel passato, a causa del regime fascista, nel presente, a causa di un Legislatore poco reattivo58 alle sollecitazioni provenienti dalla realtà empirica, tanto nazionale, quanto sovranazionale. Così, «l’effettività del canone della riserva di legge è messa a dura prova dall’inarrestabile decadenza politico-istituzionale del principio democratico-rappresentativo e dal mutamento del sistema delle fonti, sotto il profilo della netta recessione del diritto legislativo di formazione politica»59.
Questi apprezzamenti sono prodromici ad argomentare sull’indispensabile lavoro ermeneutico che ogni giorno si compie nelle aule dei tribunali. Nonostante non venga riconosciuta la validità del diritto giurisprudenziale quale fonte del diritto penale, non di rado, i principi di diritto enucleati nelle sentenze dei giudici penali travalicano i margini della littera legis60. La vicenda originatasi dalla sentenza della Corte EDU Contrada c. Italia61 è un’importante testimonianza di questo fenomeno di supplenza giudiziaria, che si giustifica in ragione dell’inerzia del potere legislativo62. In questo caso, come in altri63, la salvaguardia del nullum crimen si sarebbe potuta realizzare attraverso la valorizzazione di quei requisiti qualitativi della norma, che lo stesso sistema c.d. multilivello pare suggerire. Dinnanzi a una prassi giurisprudenziale che orienta le proprie decisioni in linea con una concezione flou della riserva di fonte64 e che non si ritiene vincolata, in toto, alla disposizione normativa, l’effettiva tutela della posizione dei consociati dovrebbe essere raggiunta attraverso l’estensione dei canoni di prevedibilità e accessibilità anche alla norma c.d. giudiziale.
Se una trasformazione fattuale della riserva di legge è in corso, non avrebbe senso non estendere i canoni del principio di legalità anche al formante giurisprudenziale che, in questo modo, vi sarebbe sempre vincolato. Solo in questi termini potrebbe considerarsi legittima l’equiparazione, sempre parziale, della c.d. judicial law al diritto scritto di produzione legislativa65. Pretendere la prevedibilità e l’accessibilità della norma giudiziale non comporta un annichilimento di quelle operazioni ermeneutico-intellettuali che, ontologicamente, connotano le funzioni della magistratura penale. Non si vuole rinunciare a quella dialettica discorsiva66 che si instaura a partire da quei contrasti giurisprudenziali di carattere fisiologico. Piuttosto, si ritiene necessaria l’eliminazione di quei perduranti contrasti interpretativi che, patologicamente, indeboliscono l’effettività della certezza del diritto che, oggi, «[…] è una variabile dipendente da un gioco sempre più complesso di interazioni tra poteri e saperi collocati, a loro volta, a più livelli»67. In questa direzione, d’altronde, sembra orientata la Sez. III della Corte di Cassazione68 che, dietro l’impulso della giurisprudenza sovranazionale, esclude l’efficacia retroattiva di tutti quegli overruling in malam partem, che difettano del carattere della prevedibilità.
In un’epoca come questa, c.d. epoca del giudice69, sarebbe opportuno apprezzare la possibilità di valorizzare la portata operativa del precedente giurisprudenziale, il cui rispetto, dinanzi una legalità penale teleologica e progettuale70, assurge a vero e proprio dovere giuridico71: questo, il dover essere72 del nostro sistema penale.
Lo stesso legislatore, con la l. n.103\2017, ha novellato l’art. 618 c.p.p. prendendo atto di questa nuova concezione della legalità penale, «[…] che tiene in considerazione anche il momento dinamico dell’applicazione delle norme da parte dei giudici[…]»73. Viene configurato un vincolo del precedente, di carattere processuale, valevole unicamente tra le Sezioni della Corte di Cassazione, senza il coinvolgimento della giurisdizione di merito che, in ogni caso, rimane consapevole della funzione nomofilattica svolta dalla Suprema Corte. In questa direzione si dovrebbero orientare i prossimi interventi normativi, riconoscendo la vincolatività del precedente giurisprudenziale anche nei confronti della giurisprudenza ordinaria che, per prima, svolge un’essenziale funzione di carattere normativo74. Il vincolo al precedente delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione75, oltre ad assicurare adeguatamente la prevedibilità di una determinata norma di diritto, è funzionalmente orientato a garantire un’efficace attuazione del principio di uguaglianza sostanziale76. Non si tratta di svuotare di contenuto il principio della riserva di legge, ma di prendere atto del fatto che la giurisprudenza completa, integra e vitalizza il dettato normativo e che, pertanto, l’attribuzione di vincolatività al precedente è un passo ormai obbligato77.
Questa, la ragione per cui la giurisprudenza nazionale dovrebbe ritenersi destinataria dei corollari78 derivanti dal principio di legalità e, soprattutto, vincolata ai principi di diritto resi dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nelle sue sentenze.
Come anticipato, il cambiamento che attraversa il principio di legalità penale nazionale travolge, inevitabilmente, la posizione in cui si collocano i giudici comuni. Si va costruendo una polifunzionalità della giurisprudenza di merito il cui ruolo non sarà più circoscritto alla cognizione dei fatti di reato, ma si intreccerà con il dis-ordine79 normativo che è proprio del sistema multilivello dei diritti fondamentali. Un panorama giuridico80 in cui le interpretazioni non passano attraverso le sole fonti nazionali, ma si intersecano con le Carte dei due sistemi sovranazionali, la Carta di Nizza per l’ordinamento dell’Unione, e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per l’ordinamento Convenzionale. A conti fatti, ne deriva un sistema giuridico complesso, interconnesso e poliarchico81. In questo crocevia dei rapporti inter-ordinamentali82, non può negarsi che l’efficace funzionamento del sistema multilivello sia affidato al binomio giudici nazionali-giudici sovranazionali, e va comunque riconosciuta l’importanza fondamentale del ruolo del giudice ordinario83 che, in effetti, è l’organo chiamato a garantire la piena operatività ed efficacia dei diritti fondamentali84. Sul fronte nazionale, quindi, la “rivoluzione dei diritti” promossa dalle Corti di Lussemburgo e Strasburgo85 offre agli organi giudiziari interni la possibilità di avvalersi di nuove tecniche interpretative86 che riescano ad assicurare il funzionamento del multilevel system87. In questo labirinto 88di Carte e Corti, quindi, il giudice comune deve ri-orientarsi attraverso la sperimentazione di tecniche interpretative mutuate dal sistema integrato di ordinamenti. A questo punto, è corretto rilevare che «il terreno sul quale si gioca la partita dell’integrazione tra ordinamento interno e comunitario è principalmente quello giurisprudenziale»89, e che la complessificazione90 dell’ordinamento giuridico veste il giudice comune del ruolo di “giudice europeo”91, posto che è nelle aule dei tribunali che si dà attuazione al diritto europeo e convenzionale92. Si assiste ad una «quotidiana opera di riconformazione, riparametrazione, riformulazione della giurisprudenza alle istanze provenienti dal diritto sovranazionale […], mai unidirezionale ma, anzi, tendenzialmente rivolta ad operazioni improntate a realizzare al meglio l’esercizio della giurisdizione ed il massimo appagamento dei diritti fondamentali costituisce la cifra di un diritto giurisprudenziale interno che supera ampiamente il recinto nazionale, partecipando in modo incessante a processi di concretizzazione dei diritti destinati ad entrare nel circuito internazionale»93. Ogniqualvolta il giudice ordinario deve definire la portata di un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione, dalla Carta di Nizza, e dalla Convenzione Edu, avrà l’onere di considerare94 anche le indicazioni fornite dalla giurisprudenza sovranazionale95.
In questa prospettiva, potendo tralasciare i profili inerenti agli oneri di disapplicazione nei casi di antinomie normative tra disposizioni nazionali ed europee, e i vincoli di interpretazione convenzionalmente conforme96, è evidente che il sistema policentrico e reticolare97 con cui si relaziona il giudice comune, stia progressivamente trasformando il modus operandi della giurisprudenza stessa. Effettivamente, è la giurisdizione «in quanto potere basato sull’indipendenza, sul rispetto della legge e sulla risoluzione delle controversie» a godere di «una voce singolare, staccata dallo scenario politico e legata unicamente alla volontà del diritto». Se «l’autorevolezza dell’ordinamento europeo è quindi intrisa di una forte componente giudiziaria», non è esagerato ritenere che i giudici nazionali siano gli ultimi responsabili nell’applicazione del diritto sovranazionale, dovendone garantire l’efficacia in un clima di fiducia e cooperazione98. Proprio ai concetti di fiducia e cooperazione si lega quella nozione di “sovranità condivisa”99 elaborata nell’ambito del sistema integrato di ordinamenti. Appare imprescindibile una riconsiderazione del concetto di sovranità100, che sia in grado di assicurare quel doveroso momento dialogico che deve emergere nei rapporti tra le Corti e che garantisca, pro-futuro, un’inversione di tendenza rispetto al modus operandi adottato dalle Corti nazionali nel corso degli ultimi anni.
Coerentemente con il complessivo assetto normativo e giurisprudenziale del sistema integrato di ordinamenti, la giurisdizione nazionale è chiamata ad un confronto, in un ciclo continuo e mai conchiuso101, con le altre Corti sovranazionali102. Un confronto che dovrebbe tendere ad una massimizzazione della tutela dei diritti fondamentali – come suggerito dall’art. 53 CEDU, e dall’art. 53 CDFUE -, ma che, di fatto, vede le giurisdizioni coinvolte in un’opera di definizione dei confini del proprio campo di sovranità. Un’idea di sovranità103, questa, che svilisce lo scopo ultimo del c.d. multilevel system e incoraggia l’inutile gioco di rivendicazione dei poteri104 in cui sono impegnate le Corti, nazionali e sovranazionali. Questo scenario suggerisce l’elaborazione di una diversa teoria della sovranità, che prende le mosse da alcune ricostruzioni dottrinali105 che, seppur risalenti nel tempo, mantengono ancora oggi un indiscusso valore giuridico. Se è vero che le tradizionali teorizzazioni del concetto di sovranità identificano la stessa quale potere perpetuo, assoluto, indivisibile e inalienabile del potere sovrano, altrettanto vero è che queste stesse ricostruzioni teoriche restano ancorate ad un’idea di ordine giuridico unitaria e stato-centrica106. Oggi, l’immagine «dello stato sovrano quale soggetto unitario che agisce sulla scena internazionale come un’entità monadica viene soppiantata dall’idea di un ordinamento globale dai caratteri prevalentemente amministrativi, in cui attori globali pubblici, privati e ibridi contribuiscono a formare un ordine poliarchico e multilivellare privo di una rigida scala gerarchica»107.
Questo ordine multilivellare rivoluziona non soltanto il concetto di sovranità c.d. statuale, ma altresì il paradigma comunicativo degli organi giurisdizionali coinvolti nel sistema. Sul punto, la sfera della sovranità, piuttosto che assurgere a roccaforte di autorità108 delle giurisdizioni, deve diventare luogo di sviluppo, potenziamento e concretizzazione dei diritti fondamentali. Questi, sovrani dell’ordine giuridico c.d. multilivello, diventano al contempo limite e spazio del dialogo tra le Corti109, che va incoraggiato nel quadro di una sempre più ricercata leale cooperazione. Un sovranismo dei diritti fondamentali che deve coabitare con una sovranità solidalmente condivisa tra gli organi giurisdizionali, impegnati ad assicurare un’adeguata sintesi110 tra i valori in gioco che possa paralizzare «[…] le attitudini tiranniche insite maggiormente nei valori più elevati […]»111. Un passaggio, questo, obbligato per la piena realizzazione di quel diritto dialogico a cui si ispirano l’art. 267 TFUE, da un lato, e il meccanismo consultivo disciplinato dal Protocollo n.16112 alla CEDU, dall’altro (anche se ancora non ratificato dallo Stato italiano). Le parole chiave del dialogo diventano confronto e riconoscimento reciproco. Un confronto sull’interpretazione della portata dei diritti fondamentali, che passa attraverso il mutuo riconoscimento della giurisprudenza delle giurisdizioni interessate113. In questo modo, nell’ambito di un condiviso esercizio del potere giurisdizionale, si vuole garantire l’instaurarsi di una reciproca responsabilità fiduciaria114 tra le Corti, vere protagoniste del multilevel system.
Attraverso continui giudizi di bilanciamento tra i diritti fondamentali, ed un esercizio delle competenze inclusivo, deve farsi strada una sovranità solidalmente condivisa tra le Corti, nazionali e sovranazionali, che, nella consapevolezza dei rispettivi ruoli, subordinano il loro operato all’efficace attuazione dei diritti fondamentali stessi. Dovendosi disconoscere ogni gerarchia fra giurisdizioni, si riconosce un’unica autorità sovrana, quella dei diritti.
«Se la ‘tenuta’ complessiva dei rapporti tra ordinamento interno e diritto UE è affidata al circuito delle Corti e se i giudici sono abilitati a scegliere la fonte e a codefinire la regula iuris, è inevitabile riconsiderarne la legittimazione. Se, nella configurazione tradizionale, la riserva di legge mira a garantire la qualità contenutistica della formulazione della fattispecie incriminatrice, oggi – in rapporto all’accresciuto potere normativo assunto dalla giurisprudenza e al rischio di decisioni arbitrarie – si pone la necessità di predisporre regole e criteri in grado di assicurare la maggiore prevedibilità del giudizio»115. La riflessione svolta consente di tirare le somme di questo lavoro, nel solco di una considerazione conclusiva. Il raggiungimento dell’effettiva, ed efficace, costruzione del sistema c.d. multilivello richiede una rinuncia. Una rinuncia che, inevitabilmente, obbliga le Corti, sia nazionali che sovranazionali, ad allentare la presa dalla fune contesa nel campo dei diritti fondamentali.
Diventa necessario da un lato, ricalibrare la legalità penale nazionale in funzione delle spinte provenienti dalla c.d. legalità penale europea, dall’altro, stimolare una condivisione di prospettive da parte degli attori coinvolti, in funzione della parabola della sovranità nei termini in cui è proposta in questa sede. Si tratta, di fatto, di mettere da parte le rivendicazioni di carattere nazionalista in funzione di un modello di sovranità che trascenda gli interessi dei singoli Stati Membri. Questo, oltretutto, è il sentiero illuminato dall’art. 11 della nostra Costituzione che «[…] iscrive nel nostro ordinamento costituzionale un principio di strutturale apertura dello stesso all’ordinamento sovrannazionale, che pertanto concorre anch’esso alla definizione dell’identità costituzionale della Repubblica italiana, comportando logicamente una possibile ri-configurazione delle scelte alla base di altri precetti costituzionali, e nel caso di specie un ri-dimensionamento dei contenuti e di alcuni tratti caratteristici della legalità penale che in ragione della dinamica impressa dall’art. 11 Cost. non può se non essere la legalità di uno spazio non esclusivamente statale»116.
In quest’ottica, l’appartenenza dell’ordinamento italiano al sistema c.d. multilivello rappresenta un’occasione di crescita e sviluppo verso l’alto del livello generale di tutela che il principio di legalità penale mira a conquistare. Un’occasione di crescita che, quale lato di un’unica medaglia, ha quale suo opposto la necessaria accettazione delle trasformazioni che suggeriscono gli impulsi sovranazionali. Si tratta, di fatto, di costruire uno spazio giuridico unico, e sovranazionale, in cui l’unica autorità sovrana sono i diritti fondamentali, tutelati attraverso l’opera ermeneutica dei giudici coinvolti117, nazionali e sovranazionali. In questo spazio giuridico, i sovrani del potere giurisdizionale sono chiamati ad esercitare le rispettive funzioni condividendo, solidalmente, la soggezione al dominio dei diritti. In effetti, come acutamente osservato dal giudice della Corte costituzionale, Francesco Viganò, «I diritti fondamentali devono essere difesi oggi […] in Europa e con l’Europa; non contro l’Europa»118. Questa, la grande sfida a cui sono chiamati i protagonisti del multilevel system.
1 Espressione proposta nel contributo di Viganò F., Il nullum crimen conteso: legalità ‘costituzionale’ vs. legalità ‘convenzionale’?, in Diritto penale contemporaneo, 2017, pp.1 e ss.
2R. Sicurella, Oltre la vexata quaestio della natura della prescrizione. L’actio finium regundorum della consulta nell’ordinanza Taricco, in Diritto penale contemporaneo, 2017, p.3.
3C. Grandi, Riserva di legge e legalità penale europea, Giuffrè Editore, 2010, pp.7 ss.
4V. Manes, Il giudice nel labirinto, DIKE Giuridica Editrice, 2012 p. 132.
5Ibidem.
6«Thus even the jurist who seeks a single legal rule, indeed who proceeds from the axiom that there can be only one rule in force, recognizes implicitly that living law contains many different elements such as statutory rules, the formula- tions of scholars, and the decisions of judges-elements that he keeps separate in his own thinking. In this essay, we will call them, borrowing from phonetics, the “legal formants.”», R. Sacco, Legal Formants: A Dynamic Approach to Comparative Law, in The American Journal of Comparative Law, col 39, n. 1 (1991), p.22.
7Cfr. Aa. Vv., Lezioni di diritto penale europeo, Pubblicazioni del Centro di Diritto Penale Europeo Catania, Giuffré Editore, luglio 2007; Aa. Vv., Commentario breve alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, CEDAM, 2012; Aa. Vv., General principles for a common criminal law framework in the EU, Giuffrè Editore, Collana diretta da Giovanni Grasso, Anna Maria Maugeri, Rosaria Sicurella, 2017-(Centro di Diritto Penale Europeo di Catania, Nuova Serie); Aa. Vv., Introduzione al diritto penale europeo, G. Giappichelli Editore, 2020; Aa. Vv., Tra diritti fondamentali e principi generali della materia penale: la crescente influenza delle Corti europee nell’ordinamento penale italiano, a cura di G. Grasso, A. M. Maugeri, R. Sicurella, Pisa University press., 2020- (Centro di Diritto Penale Europeo di Catania, Nuova Serie); C. Peristeridou, The principle of legality in European criminal law, Intersentia, 2015; F. Viganò, Il nullum crimen conteso: legalità ‘costituzionale’ vs. legalità ‘convenzionale’?, in Diritto penale contemporaneo, 2017.
8M. Vogliotti, La nuova legalità penale e il ruolo della giurisdizione. Spunti per un confronto, in Sistema Penale, n.3\2020, pp. 59-60.
9F. Viganò, Il diritto giurisprudenziale nella prospettiva della Corte costituzionale, in Sistema Penale, gennaio 2021, p.12.
10Ivi, pp.5 e ss.
11Cfr. G. Marinucci – E. Dolcini, Corso di diritto penale, Terza edizione, 2019, pp.170 ss.
12M. Donini, Lettura critica di Corte costituzionale n.115\2018. La determinatezza ante applicationem e il vincolo costituzionale alla prescrizione sostanziale come controlimiti alla regola Taricco, in Diritto penale contemporaneo, 11 luglio 2018, p.15.
13Cfr. M. Vogliotti, La nuova legalità penale e il ruolo della giurisdizione., cit., p.45 ss.
14F. Viganò, Il diritto giurisprudenziale nella prospettiva della Corte costituzionale, in Sistema Penale, gennaio 2021, p.17.
15Ivi, pp.1 ss.
16Cfr. O. Di Giovine, Come la legalità europea sta riscrivendo quella nazionale. Dal primato delle leggi a quello dell’interpretazione, in Diritto Penale Contemporaneo, n.1\2013, pp.159 e ss.
17«Nell’affrontare i profili dell’‘attuale’ crisi della riserva di legge si dovrebbe tenere conto della perenne relatività che ha caratterizzato il predetto principio sul piano fenomenologico, evitando, altresì, di considerare il diritto penale una sorta di ‘monade’ isolata, avulsa dai processi di trasformazione della legalità che attraversano il sistema giuridico nel suo complesso», A. Gargani, Verso una “democrazia giudiziaria”? I poteri normativi del giudice tra principio di legalità e diritto europeo, in Criminalia, 2011, p.99.
18Cfr. F. Palazzo, Il principio di legalità tra Costituzione e suggestioni sovranazionali, www.legislazionepenale.eu, 29 gennaio 2016, pp.3 e ss.
19Cfr. G. Fiandaca, Crisi della riserva di legge e disagio della democrazia rappresentativa nell’età del protagonismo giurisdizionale, in Criminalia, 2011, pp.80 e ss.
20Cfr. G. Amarelli, Legalità costituzionale, legalità convenzionale e diritto giurisprudenziale, in criminaljusticenetwork.eu, 16 novembre 2018, pp.1 ss.
21Cfr. Cartabia M., La tutela multilivello dei diritti fondamentali- il cammino della giurisprudenza costituzionale italiana dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona-, in Incontro trilaterale tra le Corti costituzionali italiana, portoghese e spagnola, Santiago del Compostela 16-18 ottobre 2014; B. Pastore, Sul disordine delle fonti del diritto (inter)nazionale, in Diritto & Questioni Pubbliche, 2017, p.19; P. Parolari, Tutela giudiziale dei diritti fondamentali nel contesto europeo: il “dialogo” tra le corti nel disordine delle fonti, in Diritto e questioni pubbliche, 2017, p.34.
22Cfr. F. Viganò, Il nullum crimen conteso, cit., pp.4 ss.
23Cfr. G. Amarelli, Legalità costituzionale, legalità convenzionale e diritto giurisprudenziale, cit., pp.3 ss.
24Ivi.
25Ivi.
26 M. Vogliotti, La nuova legalità penale e il ruolo della giurisdizione., cit., pp.61 ss.
27Cfr. G. Amarelli, Legalità costituzionale, legalità convenzionale e diritto giurisprudenziale, cit., pp.1 e ss.
28«Come è noto, l’illuminismo costruisce l”’edificio giuridico-moderno”, anzitutto, sul principio della separazione dei poteri, che secondo la concezione del tempo predicava l’attribuzione alla magistratura, sostanzialmente, di un ruolo “neutro”: un “potere nullo” subordinato rispetto alla legge ed al legislatore, di cui il giudice doveva essere mera “longa manus”.», V. Manes, Il ruolo “poliedrico” del giudice penale, tra spinte di esegesi adeguatrice e vincoli di sistema, in Cassazione penale, n. 05, 2014, p.1919.
29Cfr. F. Palazzo, Il principio di legalità tra Costituzione e suggestioni sovranazionali, cit., pp.1 ss.
30C. Grandi, Riserva di legge e legalità penale europea, cit., pp.7 ss.
31«In nome del popolo, i giudici applicano la legge alla quale (soltanto alla quale) sono soggetti.», D. Pulitanò, Populismi e penale – Sulla attuale situazione spirituale della giustizia penale, in Criminalia, 2013, p.124.
32Cfr. M. Donini, Populismo penale e ruolo del giurista, in Sistema Penale, settembre 2020, pp.1 e ss.
33Cfr. G. Ferro, La “neutralità” contingente e il suo custode. Contributo allo studio del ruolo del Capo dello Stato nella formazione dei “governi tecnici”: l’esperienza costituzionale italiana, Libreria editrice Torre, 2018, pp.8 e ss.
34«[…] sul versante contenutistico/sostanziale, si registra ormai da tempo – ben oltre la stagione dell’ipertrofia legislativa così viva anche in materia penale -la progressiva “crisi di identità” della legge, e a monte la crescente incapacità di garantire quelle istanze di razionalità ed eguaglianza che si era ripromessa con pretesa di “generalità e astrattezza”. Un “fallimento della legge” dunque, ma, ancor prima della politica, anche al cospetto della crescente “complessità sodale”, che sembra compromettere ogni progetto egualitarista, mettendone in discussione gli stessi presupposti: basti pensare, oggi, agli insuccessi della dogmatica dell’uguaglianza” e alla sempre più avvertita necessità di una “dogmatica della differenza”, di fronte alle sfide del multiculturalismo, che ancora una volta interpellano, in prima battuta, il giudice.», V. Manes, Il ruolo “poliedrico” del giudice penale, tra spinte di esegesi adeguatrice e vincoli di sistema, cit., p.1929.
35«In quel milieu culturale e politico – ove si voleva ovviamente assicurare il nuovo assetto politico segnato dal declino dell’Ancien Règime e della neo-egemonia borghese -, le articolazioni essenziali della separazione dei poteri facevano leva su una chiara primazia della legge: alla base, vi erano l’idea del legislatore “buono e razionale” (che secondo la teologia politica incarnava il God’s eye point of view), e la centralità sacrale del Parlamento, garante del bene comune e rappresentativo “della società tutta, unita per contratto sociale”, capace appunto di illuministica visione generale dei bisogni di tutela, e – specie in forza dei suoi caratteri di “generalità e astrattezza” e di (tendenziale) stabilità – di farsi presidio della “certezza del diritto” intesa – anzitutto – come garanzia di uniformità di trattamento dei cittadini (uguaglianza formale)», V. Manes, Common law-isation del diritto penale? Trasformazione del nullum crimen e sfide prossime future, in Riv. Cassazione Penale, fascicolo n.3\2017, p.958.
36M. Donini, Populismo penale e ruolo del giurista, cit., pp.3 ss.
37In questo senso, v. M. Vogliotti, La nuova legalità penale e il ruolo della giurisdizione. Spunti per un confronto, cit., pp. 45 e ss.
38Cfr. P. Insolera, Il populismo penale, in disCrimen, 13 giugno 2019, pp.1 e ss.
39«Nell’inanità del legislatore, incapace di apprestare risposte legislative tout court […], il compito di risolvere conflitti è naturalmente ricaduto sulla magistratura: l’unica, innanzitutto, obbligata a rendere giustizia[…]», O. Di Giovine, Come la legalità europea sta riscrivendo quella nazionale., cit., p. 180.
40«È appena il caso di rilevare che l’eccesso di strumentalizzazione politica contingente nel legiferare in materia penale (sia sostanziale sia processuale), conferisce alla legalità un volto cangiante, contraddittorio, incerto, pattizio: una legge che muta così velocemente da apparire (per dirla con Carl Schmitt) «motorizzata», e che per giunta è non di rado frutto di estenuanti e discutibili compromessi politici, non può non perdere credibilità e smarrire la funzione di orientamento», G. Fiandaca., Legalità penale negli equilibri del sistema politico-costituzionale, in Foro italiano, 2000, V, p.138.
41G. Fiandaca, Crisi della riserva di legge e disagio della democrazia rappresentativa nell’età del protagonismo giurisdizionale, in Criminalia, 2011, p.94.
42«Nel panorama attuale, dove l’”europeismo giudiziario” è ormai conclamato, questi rischi sono non solo moltiplicati, ma – come si è accennato – si accompagnano ad un “mutamento genetico del discorso penalistico” e ad un ribaltamento epistemologico dei rapporti tra giudice e legge, alterando o sovvertendo lo stesso rapporto tra interpretazione e fonti del diritto, se ha ragione chi sottolinea, da una angolatura teorico-generale, che “lungi dal trovare le fonti come dati preesistenti alla loro attività interpretativa, sono gli stessi interpreti a stabilire attraverso l’interpretazione cosa sia fonte e a determinare di volta in volta il grado di precettività”.», V. Manes, Il giudice nel labirinto, cit., p.35.
43«Alla luce della crescente importanza degli organi di giustizia e dell’incremento del potere interpretativo del giudice nella individuazione della regula iuris, la garanzia della legalità, sotto il profilo della democraticità e della libertà, ha spostato molto del suo peso dal momento genetico della legge a quello applicativo», A. Gargani, Verso una “democrazia giudiziaria”? I poteri normativi del giudice tra principio di legalità e diritto europeo, cit., p.107.
44«Questo vero e proprio creazionismo interpretativo nella forgiatura di molte norme di parte generale non è certo un fenomeno nuovo […]. Il fatto nuovo è semmai un altro: e cioè che, mentre prima il creazionismo interpretativo era appannaggio forse prevalentemente della dottrina venendo poi recepito dalla giurisprudenza, oggi sembra quasi avvenire il contrario. E probabilmente la ragione di questa inversione di rotta sta nel fatto che il dinamismo della società postmoderna, con un’innovazione tecnologica e un pluralismo ideologico-culturale così pronunciati, fa sì che il “fatto”, le vicende concrete della vita quotidiana costituiscano un continuo stimolo alle esigenze di adattamento delle categorie giuridiche: uno stimolo, però, che proprio per provenire dai “fatti” opera prioritariamente sulla giurisprudenza e sulla attività interpretativa del giudice, giocando la dottrina spesso in seconda battuta», F. Palazzo, Interpretazione penalistica e armonizzazione europea nell’attuale momento storico, in Ars interpretandi, n. 2\2015, p.80.
45D. Pulitanò, Populismi e penale – Sulla attuale situazione spirituale della giustizia penale, cit., p.130.
46In questo senso, v. F. Palazzo, Il principio di legalità tra Costituzione e suggestioni sovranazionali, cit., pp.7 ss.
47In senso critico, v. G. Fiandaca, Crisi della riserva di legge e disagio della democrazia rappresentativa nell’età del protagonismo giurisdizionale, cit., pp.91 e ss.
48Ivi.
49«[…] agevolare la penetrazione sul piano culturale dell’ermeneutica giuridica veicolando il concetto secondo cui il testo si invera per forza di cose nel contesto, dove trova linfa vitale per la sua continua rigenerazione. Tale presa di coscienza dovrebbe altresì segnare un mutamento dell’angolo visuale dalla disposizione alla norma per come essa vive e così per come si plasma nell’incontro con il fatto», O. Di Giovine, Come la legalità europea sta riscrivendo quella nazionale. Dal primato delle leggi a quello dell’interpretazione, cit., p.175.
50R. Sicurella, La costruzione della dimensione penale dell’Unione Europea: Deriva simbolico-repressiva o occasione di approfondimento dei presidi garantistici?, in Riv. trim. dir. pen. econ., 3\2013, pp.455 e ss.
51Cfr. Guida sull’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – Nulla poena sine lege: principio di legalità dei delitti e delle pene, in www.echr.coe.int, 30 aprile 2020, consultato il 12 febbraio 2022.
52«Nella prospettiva penalistica contemporanea, l’ingenua fiducia che la particolare qualità della fonte – la legge parlamentare, o comunque gli atti aventi forza di legge (con il connesso intervento preventivo o successivo del Parlamento) – costituisca di per sé sufficiente garanzia di prevedibilità della decisione giudiziaria è del tutto svanita: non meno che le antiche grida manzoniane, anche la legge adottata nel pieno rispetto delle procedure democratiche previste dalla Costituzionale può essere – e sovente è – oscura, complessa, difficile da decifrare non solo per il profano, ma anche per l’esperto di diritto; ed abbisogna dunque di un’intensa opera di interpretazione da parte della giurisprudenza, assistita dalla dottrina.», F. Viganò, Il principio di prevedibilità della decisione giudiziale, in Diritto penale contemporaneo, dicembre 2016, p.6.
53«La sua matrice risale alla dottrina del “contratto sociale” e si giustifica con la conseguente esigenza di vincolare l’esercizio di ogni potere dello Stato alla legge», G. Fiandaca – E. Musco-, Diritto penale- Parte generale, Zanichelli Editore, 2019, p.49.
54«In questo senso, quale categoria storica del diritto penale, il principio di stretta legalità – oltre che delle cangianti dinamiche socio-economiche – risente inevitabilmente delle criticità politico-istituzionali e dei modelli di diritto che si intrecciano a livello di ordinamento nazionale, europeo, e internazionale. Globalizzazione giuridica, condizionamento del diritto europeo, influenza dei mercati, sono solo alcuni dei fattori alla base della “fuga dallo Stato” e della crisi del monopolio statuale di produzione normativa che caratterizza l’evoluzione del diritto contemporaneo», A. Gargani, Verso una “democrazia giudiziaria”? I poteri normativi del giudice tra principio di legalità e diritto europeo, cit., pp.99-100.
55V. Manes, Common law-isation del diritto penale? Trasformazione del nullum crimen e sfide prossime future, cit., p. 969.
56F. Palazzo, Il principio di legalità tra Costituzione e suggestioni sovranazionali, cit., p.1.
57G. Amarelli, Legalità costituzionale, legalità convenzionale e diritto giurisprudenziale, cit., p. 2.
58«Le istituzioni politiche non sono più in grado di garantire la democraticità che dovrebbe giustificare e fondare la riserva di legge: il deficit di rappresentatività dell’assemblea parlamentare pregiudica la corrispondenza tra contenuto delle scelte politiche e volontà popolare espressa tramite i rappresentanti elettivi della collettività, intaccando il tradizionale carattere di razionalità discorsiva che tramanda la lex parlamentaria, quale risultato del confronto tra maggioranza ed opposizione.», A. Gargani, Verso una “democrazia giudiziaria”? I poteri normativi del giudice tra principio di legalità e diritto europeo, cit., p.104.
59Ivi, p.102.
60«La norma, pertanto, è solo il risultato dell’interpretazione della disposizione astratta (o della disposizione all’esito della sua applicazione ai casi). […] Può dunque esistere un diritto innovativo con funzione solo conoscitiva, perché il progresso nella conoscenza della legge, e nel suo adattamento a un sistema in fieri, produce innovazione giuridica, senza creare nuove regole di tipo politico-legislativo: nuove regole sì, eventualmente, ma subordinate alla legge anche in termini cognitivi. Sono quindi “norme” che costituiscono il risultato dell’interpretazione della disposizione legislativa in funzione soprattutto conoscitiva. Diciamo che si tratta di diritto- concretizzazione, e diritto-invenzione dentro a una cornice preesistente.», M. Donini, Il diritto giurisprudenziale penale. Collisioni vere e apparenti con la legalità e sanzioni dell’illecito interpretativo, in Diritto penale contemporaneo, 2016, pp. 7-8.
61 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Strasburgo, 14 aprile 2015.
62 S. Bernardi, Troppe incertezze in tema di “fratelli minori”: rimessa alle Sezioni Unite la questione dell’estensibilità erga omnes della sentenza Contrada c. Italia, in Diritto penale contemporaneo, 2019, pp.1 e ss.; S. Bernardi, Le Sezioni Unite chiudono la saga dei “fratelli minori” di Bruno Contrada: la sentenza Contrada c. Italia non può produrre effetti erga omnes”, in Sistema penale, marzo 2020, pp.1 e ss.; F. Cappelletti, Per le Sezioni Unite la sentenza Contrada c. Italia (n. 3) della Corte EDU non dispiega i suoi effetti erga omnes: i “fratelli minori” restano in attesa di riconoscimento da Strasburgo, in Giurisprudenza penale, 2020, n.4, pp.1 e ss.; M. Donini, Il caso contrada e la Corte EDU. La responsabilità dello stato per carenza di tassatività/tipicità di una legge penale retroattiva, in Riv. It. Dir. proc. pen., 2016, n.1, pp.346 e ss.; P. Maggio, Nella “revisione infinita” del processo contrada i nodi irrisolti dell’esecuzione delle sentenze CEDU e del concorso esterno nel reato associativo, in Cassazione penale, settembre 2016, n.9, pp.3424 e ss.; F. Viganò, Strasburgo ha deciso, la causa è finita: la Cassazione chiude il caso Contrada, in Diritto penale contemporaneo, 2017, n.9, pp.173 e ss.;
63M. Donini, Il diritto giurisprudenziale penale. Collisioni vere e apparenti con la legalità e sanzioni dell’illecito interpretativo, cit., pp.1 ss.
64G. Amarelli, Legalità costituzionale, legalità convenzionale e diritto giurisprudenziale, cit., pp.10 ss.
65Parte della dottrina ammette una tale equiparazione solo nella misura in cui questa assicuri un innalzamento del livello complessivo di tutela dei diritti dei consociati, in questo senso v. G. Amarelli, Legalità costituzionale, legalità convenzionale e diritto giurisprudenziale, cit., pp.7 ss.
66Ivi.
67G. Fiandaca, Crisi della riserva di legge e disagio della democrazia rappresentativa nell’età del protagonismo giurisdizionale, cit., pp.79 e ss.
68Corte di Cassazione, Sez. III penale, n.1731\2021, par. 4: «Ove […] l’overruling sia connotato dal carattere dell’imprevedibilità (per aver agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso), si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante ex post non conforme alla corretta regola del processo) e l’effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare. Ne consegue che – in considerazione del bilanciamento dei valori in gioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo (art.111 Cost.), volto a tutelare l’effettività dei mezzi di azione e difesa anche attraverso la celebrazione di un giudizio che tenda, essenzialmente, alla decisione di merito – deve escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante dall’overruling nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell’arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto) nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l’apparenza di una regola conforme alla legge del tempo. Si è, quindi, sottolineato la decisività della prevedibilità della decisione giudiziale […]».
69G. Fiandaca, Crisi della riserva di legge e disagio della democrazia rappresentativa nell’età del protagonismo giurisdizionale, cit., pp.79 e ss., e cfr. V. Manes, Il giudice nel labirinto, cit., p.45, in cui si legge che vi è stato il passaggio «[…] dall’“età della legge (…) all’“età dell’interpretazione della legge”».
70M. Vogliotti, La nuova legalità penale e il ruolo della giurisdizione. Spunti per un confronto, cit., pp. 45 e ss.
71Ivi.
72Cfr. F. Viganò, Il principio di prevedibilità della decisione giudiziale, cit., pp.2 e ss.
73G. Fidelbo, Verso il sistema del precedente? Sezioni Unite e principio di diritto, intervento al Convegno, Il valore del precedente nel processo penale, Roma 8 novembre 2018, in cortedicassazione.it, consultato il 13 febbraio 2022.
74Cfr. F. Viganò, Il principio di prevedibilità della decisione giudiziale, cit., pp.1e ss.
75V. Manes, Common law-isation del diritto penale? Trasformazione del nullum crimen e sfide prossime future, cit., pp.974 ss.
76In questo senso cfr. D. Carcano, intervento al Convegno “Il valore del precedente nel processo penale”, Roma 8 novembre 2018, in cortedicassazione.it, consultato il 13 febbraio 2022.
77«[…] an intervention by the legislature will probably be necessary in order to establish the criteria to be met to recognise to a judicial decision the nature of a binding precedent (especially with respect to the decision of the Supreme Court) , while the judiciary must pay due attention to certain criteria to be agreed internally as guidelines on interpreting criminal law provisions, with a view to balancing flexibility and foreseeability […]», R. Sicurella, Introduction. Fostering a European Criminal Law Culture: in Trust We Trust, in Aa. Vv., General principles for a common criminal law framework in the EU, Giuffrè Editore, Collana diretta da Giovanni Grasso, Anna Maria Maugeri, Rosaria Sicurella, 2017-(Centro di Diritto Penale Europeo di Catania, Nuova Serie), pp. XXXI-XXXII.
78«[…] alla dottrina penalistica […] spetterà dunque il compito di ricostruire una diversa istonia tra legge e diritto giurisprudenziale, declinando anzitutto i criteri della prevedibilità della judge-made law […]», V. Manes, Common law-isation del diritto penale? Trasformazione del nullum crimen e sfide prossime future, cit., p.975.
79R. Sicurella, Tutela multilivello dei diritti fondamentali e diritto penale., Sviluppi e questioni aperte nel “dialogo tra le Corti”, in Aa. Vv., Tra diritti fondamentali e principi generali della materia penale: la crescente influenza delle Corti europee nell’ordinamento penale italiano, a cura di G. Grasso, A. M. Maugeri, R. Sicurella, Pisa University press., 2020- (Centro di Diritto Penale Europeo di Catania, Nuova Serie), pp.3-52.
80«Le ibridazioni tra Carte e Corti […]» offrono «la possibilità di continuare a giudicare /’ingiustizia di un giudizio supremo sul /’ingiustizia di una legge (e, quindi, anche qui, la possibilità di continuare a pensare l’ingiustizia anche dopo un giudizio supremo sull’ingiustizia della legge)», C. Sotis, All’incrocio tra Carte e Corti: il ruolo del giudice nl “labirinto” delle fonti, in Cassazione penale, n. 07/08, 2013, p.2569.
81A. Bosio – S. Dellavalle, Crisi e ridefinizione della sovranità nel contesto plurilivellare, in Costituzionalismo.it, n.3\2016, p.129.
82M. P. Iadiccio, Integrazione europea e ruolo del giudice nazionale, in Riv. Ital. Dir. Pubbl. Comunitario, 2011, pp. 394 e ss.
83V. Piccone, I giudici e l’interpretazione fra diritto interno e diritto sovranazionale, in Questione giustizia n.3, 2010, pp.73 e ss.
84Relativamente alla Carta di Nizza, si rileva che questa «è stata infatti pensata ed elaborata per essere in primo luogo fatta valere innanzi al giudice “naturale” dei diritti, cioè quel giudice ordinario che sarà sempre più impegnato nel proprio ruolo di organo di base dello “spazio giuridico europeo”, in quanto tale chiamato a esercitare giustizia alla luce dei principi garantistici comuni ai cittadini europei.», V. Piccone, I giudici e l’interpretazione fra diritto interno e diritto sovranazionale, cit., p.66.
85«[…] alla base dei principali movimenti tellurici che attualmente incrinano le faglie già sconnesse della separazione dei poteri vi è, dunque, la rinnovata centralità del right-based discourse ed un nuovo approccio ai diritti fondamentali, che del resto era stato lo stesso fattore generativo della “riscoperta ermeneutica” alla metà del secolo scorso», V. Manes, Il ruolo “poliedrico” del giudice penale, tra spinte di esegesi adeguatrice e vincoli di sistema, cit., p. 1934.
86«Fuor di metafora esse offrono agli attori giudiziari coinvolti nuovi argomenti attraverso cui rimettere in discussione le decisioni prese. il corollario (o il postulato, se si preferisce) è che in questo modo i giudici, che sono ben consapevoli di questo particolare controllo incrociato, per colmare il deficit di autorità delle proprie statuizioni debbono prestare maggiore attenzione agli oneri di autorevolezza, formulando le decisioni nel modo più razionale e argomentato possibile. Allora non solo non si deve cercare di abbattere il labirinto, ma la stessa pretesa di cercare di uscirne è fallace, perché ciò che il giudice deve fare non è fuggire dal labirinto, ma contribuire alla sua edificazione, con la consapevolezza, oltretutto, che è proprio costruendolo che sarà in grado di orientarsi», C. Sotis, All’incrocio tra Carte e Corti: il ruolo del giudice nl “labirinto” delle fonti, cit., p.2570.
87«L’esigenza per tutte queste tecniche giuridiche è sempre quella di cercare di costruire un terreno conforme ai principi di garanzia e funzionamento attraverso cui mettere in comunicazione i vari ordinamenti (e, ciò che più conta, i rispettivi attori)», ivi, p. 2571.
88V. Manes, Il giudice nel labirinto, cit., pp.40-41.
89M. P. Iadiccio, Integrazione europea e ruolo del giudice nazionale, cit., p.401.
90Ivi, pp. 429 e ss.
91A. Gargani, Verso una “democrazia giudiziaria”? I poteri normativi del giudice tra principio di legalità e diritto europeo, cit., p. 112.
92A. Lucifora, The role of national courts between EU obligations and national standards of protection of fundamental rights, in New Journal of European Criminal Law, 1-13, 2018, pp. 5 e ss.
93R.G. Conti, La giurisdizione del giudice ordinario e il diritto UE, in Questione giustizia, maggio 2017, p.22.
94«[…] non opererebbe in modo corretto il giudice nazionale che, chiamato a considerare la portata di un diritto tutelato a livello nazionale da una disposizione costituzionale si limitasse a fornire una lettura di tale disposizione senza considerare il livello di protezione raggiunto da un diritto avente medesimo contenuto anche se posto su un piano di tutela diverso- ad esempio quello eurounitario -. Questo tenere in considerazione il contenuto dei diritti contemplati in Carte internazionali operanti anche al di fuori dei loro ambiti di operatività sembra operazione dovuta da parte dell’interprete nazionale proprio in ragione della natura aperta della Costituzione rispetto al tema dei diritti fondamentali. Si tratta, allora, di trovare delle regole che, al pari di quelle che disciplinano il modo di essere di ciascun sistema regolano i rapporti fra i sistemi medesimi.», R. Conti, Giudice comune e diritto dell’Unione Europea. Cinque buone ragioni per diventare giudici comuni di Diritto Eurounitario, in Diritto Penale Contemporaneo, giugno 2012, p.29.
95R.G. Conti, La giurisdizione del giudice ordinario e il diritto UE, in Questione giustizia, cit., pp. 31-32.
96Profili per la trattazione dei quali si rinvia ad Aa. Vv., Introduzione al diritto penale europeo, cit., pp.10 e ss.; G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale- Parte generale, cit., pp. 64 e ss.
97A. Gargani, Verso una “democrazia giudiziaria”? I poteri normativi del giudice tra principio di legalità e diritto europeo, cit., p.109.
98R.G. Conti, La giurisdizione del giudice ordinario e il diritto UE, cit., p.11.
99R. Sicurella, Tutela multilivello dei diritti fondamentali e diritto penale., cit., pp.3-52; e R. Sicurella, Questioni di metodo nella costruzione di una teoria delle competenze dell’Unione Europea in materia penale, in Studi in onore di Mario Romano, Napoli, 2011, vol. IV, pag. 2625 ss.
100«[…] il concetto di sovranità risulta in certo qual modo sfumato nelle sue componenti tradizionali, anche in ragione della graduale erosione della sua originaria portata quale esito dell’ordinario operare del processo di integrazione europea e dei condizionamenti scaturenti dagli obblighi assunti dagli Stati membri in sede internazionale. La sovranità nazionale attualmente non può se non riflettere una concezione di sovranità quale “sovranità condivisa”, risultando essa inevitabilmente sottoposta a processi di delimitazione e combinazione di diversi titolari, sia sul piano normativo che più generalmente politico. L’invocata lesione della sovranità nazionale finisce dunque con il rivelarsi piuttosto la giustificazione formale di una più semplice preoccupazione degli Stati relativa alla perdita del prezioso strumento – rappresentato per l’appunto dalle scelte di politica criminale – per la definizione degli equilibri interni ai singoli sistemi nazionali.», R. Sicurella, Questioni di metodo nella costruzione di una teoria delle competenze dell’Unione Europea in materia penale, cit., pp. 2637-2638.
101R.G. Conti, Il sistema multilivello e l’interazione tra ordinamento interno e fonti sovranazionali, in Questione Giustizia, n.4\2016, pp.110 e ss.
102«Il mutamento del ruolo del giudice – comune e di ultima istanza – si delinea così attraverso non marginali “cessioni di supremazia” in favore delle Corti sovranazionali, alle quali fa per altro verso da contrappeso l’acquisizione di non indifferenti “quote di sovra- nazionalità” che contribuiscono ad avvicinare le Corti tutte, intersecandone in modo più deciso i compiti, gli sviluppi interpretativi, le soluzioni. […] La quotidiana opera di riconformazione, riparametrazione, riformulazione della giurisprudenza alle istanze provenienti dal diritto sovranazionale alla quale si assiste costituisce la cifra di un diritto giurisprudenziale interno che supera ampiamente il recinto nazionale, partecipando in modo incessante a processi di concretizzazione dei diritti destinati ad entrare nel circuito internazionale e dunque ad “internazionalizzarsi”. E che tutto ciò non sia un gioco, ma una necessità vitale per i sistemi e gli ordinamenti, appare evidente se si studiano i collegamenti sempre più stretti che fra gli stessi si creano.», ivi, p.110.
103«È la finale conferma che nessun giovamento può venire da prese di posizione precostituite ed ispirate all’insana pretesa che dovesse essere coltivata da questa o quella Corte a porsi quale l’unica, vera “Supercorte”, innaturalmente, forzosamente così convertita – si è detto in altri luoghi – in un “mostruoso potere costituente permanente”, siccome abilitata ad enunciare “verità” inconfutabili di diritto costituzionale (e sui diritti costituzionali) avvalendosi di schemi rigidi d’inquadramento sistematico, di formale fattura.», A. Ruggeri, L’interpretazione conforme e la ricerca del “sistema di sistemi” come problema, in Associazioneitaliana dei costituzionalisti, n.2\2014, p.18.
104R. Sicurella, Tutela multilivello dei diritti fondamentali e diritto penale., cit., pp.7 ess.
105Cfr. E. Cannizzaro, Esercizio di competenze e sovranità nell’esperienza giuridica dell’integrazione europea, in Riv. di Diritto Costituzionale, G. Giappichelli Editore, n.1\1996, pp.75 ss.; e G. Silvestri, La parabola della sovranità, in Riv. di Diritto Costituzionale, G. Giappichelli Editore, n.1\1996, pp.3-74.
106A. Bosio – S. Dellavalle, Crisi e ridefinizione della sovranità nel contesto plurilivellare, in Costituzionalismo.it, cit., pp.131-133.
107Ivi, p.139.
108G. Silvestri, La parabola della sovranità, in Riv. di Diritto Costituzionale, G. Giappichelli Editore, n.1\1996, pp.3-74.
109 Aa. Vv., Tra diritti fondamentali e principi generali della materia penale: la crescente influenza delle Corti europee nell’ordinamento penale italiano, cit., pp.4 e ss.
110«nello sforzo, […] di stabilire dove possa appuntarsi la soluzione maggiormente adeguata alle ragioni del caso, atta cioè a conseguire sintesi complessivamente appaganti tra i valori in gioco: tra valori – non si dimentichi – che non sono ormai né esclusivamente nazionali né europei bensì nazionali in quanto idonei ad “europeizzarsi” ed europei in quanto poggianti su tradizioni nazionali non ripudiate per effetto dell’avanzata del processo d’integrazione sovranazionale ma, di contro, da esso metabolizzate ed ulteriormente diffuse e promosse […]», A. Ruggeri, L’interpretazione conforme e la ricerca del “sistema di sistemi” come problema, cit., p.18.
111G. Silvestri, La parabola della sovranità, cit., pp.58-59.
112«Il Protocollo n. 16 […] è un protocollo facoltativo, entrato in vigore il 1 Agosto 2018 al raggiungimento del deposito del decimo strumento di ratifica, e dunque già operante nei confronti degli Stati che l’hanno ratificato: il nostro ordinamento può pertanto valutare con meno urgenza la convenienza di una partecipazione al nuovo meccanismo consultivo, che consente alle più alte giurisdizioni di uno Stato contraente (specificamente individuate dal medesimo Stato in sede di ratifica) di presentare alla Corte europea richieste di pareri consultivi su “questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà definiti dalla Convenzione o dai suoi protocolli”. I pareri adottati non sono vincolanti e, in applicazione del principio di sussidiarietà, spetterà ai giudici interni stabilire, in concreto, le conseguenze dell’interpretazione adottata dalla Corte di Strasburgo rispetto al singolo caso», E. Cervelli, Il contrastato recepimento in Italia del Protocollo n.16 alla Cedu: cronaca di un rinvio, in Associazione Italiana dei Costituzionalisti, n.2\2021, p.52.
113A. Bosio – S. Dellavalle, Crisi e ridefinizione della sovranità nel contesto plurilivellare, in Costituzionalismo.it, cit., pp. 153 e ss.
114Ivi, p.147.
115A. Gargani, Verso una “democrazia giudiziaria”? I poteri normativi del giudice tra principio di legalità e diritto europeo, cit., p.121.
116R. Sicurella, Oltre la vexata quaestio della natura della prescrizione, cit., p.23.
117«Va allora valutato con favore un sistema nel quale il giudice possa esercitare le funzioni decisorie sulla base di modelli normativi minimi, quanto più elastici, in modo che il prodotto del suo agire sia capace di offrire la miglior tutela possibile alla persona, in relazione al complesso di interessi, valori e principi che vengono al suo esame e che appaiono «nelle loro singolarità irriducibili», non potendo comunque il giudice rimanere paralizzato dall’assenza di normazione, quando trovi al suo fianco i principi e i valori di matrice costituzionale, convenzionale ed eurounitaria capaci di offrire risposte a quella domanda di giustizia spesso incessante, sofferta, lacerante», R.G Conti , La giurisdizione del giudice ordinario e il diritto UE, cit., p.37.
118F. Viganò, Le parole e i silenzi. Osservazioni sull’ordinanza n.24\2017 della Corte costituzionale sul caso Taricco, in A. Bernardi – C. Cupelli, Il caso taricco e il dialogo tra le corti, Il caso taricco e il dialogo tra le corti: l’ordinanza 24/2017 della corte costituzionale: atti del convegno del dottorato di ricerca diritto dell’Unione Europea e ordinamenti nazionali del dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Ferrara, 24 febbraio, 2017.