Prima delle recenti modifiche, in presenza di violazioni aventi rilevanza penale i termini ordinari di accertamento potevano essere raddoppiati purché la notizia di reato fosse inoltrata alla Procura, ma la disposizione non era applicabile all’IRAP.
Decisione: Sentenza n. 4775/2016 Cassazione Civile- Sezione V
Il caso.
L’Agenzia delle Entrate aveva notificato un accertamento e irrogato sanzioni a un consulente fiscale, perché ritenuto coautore delle violazioni commesse da una SRL.
Il consulente proponeva ricorso ed eccepiva, unitamente alla mancanza di solidarietà per le sanzioni che erano a carico della sola società in virtù dell’art. 7 Decreto Legge 269/2003, anche la inapplicabilità del raddoppio dei termini ordinari di accertamento per carenza dei presupposti di legge.
In primo grado le ragioni del consulente venivano accolte, ma in appello l’esito veniva ribaltato, e il professionista ricorreva in Cassazione.
La decisione.
Per la Suprema Corte l’eccezione di non applicabilità del raddoppio dei termini di accertamento ordinari è fondata, poiché non era stata promossa alcuna azione penale nei confronti del contribuente entro i termini ordinari.
Il ricorrente così lamentava la violazione o falsa applicazione delle disposizioni: «Con il settimo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art.43, comma 3, del DPR n.600/1973 e dell’art.57, comma 3, del DPR n.633/1972 in combinato disposto con l’art.20 del DLGS n.472/1997; inapplicabilità al periodo di imposta 2005 del raddoppio dei termini di accertamento ai fini delle imposte IRES ed IVA e — in ogni caso — dell’IRAP, per mancanza dei presupposti di legge. Intervenuta decadenza ai fini dell’applicazione delle sanzioni di cui all’atto di contestazione ( artt.62 del DLGS n.546/1992 e 360, comma 1, n.3, cpc). A parere del ricorrente la CTR aveva errato nel ritenere sussistenti i presupposti per il raddoppio dei termini di accertamento perché l’indagine penale alla quale aveva fatto riferimento (…) aveva riguardato solo il periodo dal novembre 2007 al giugno 2009 e non l’annualità 2005, inoltre non risultava promossa alcuna azione penale nei confronti del C., ancora tale normativa, essendo entrata in vigore il 04.07.2006, non poteva essere applicata retroattivamente al periodo di imposta precedente (2005); ad ogni modo la Commissione aveva errato nell’applicare il raddoppio dei termini all’accertamento dell’IRAP, tributo per il quale non era previsto».
Il Collegio si pronuncia subito: «Va infatti affermato, conformemente a quanto sostenuto dal ricorrente che la disciplina introdotta dall’art. 37 del DL n.233/2006, come successivamente convertito, non si applica agli accertamenti relativi all’IRAP».
(…)
Accogliendo il sesto motivo di ricorso, afferma infatti la Cassazione: «In merito ai profili di doglianza relativa all’annualità alla quale si riferirebbero le indagini penali ed al collegamento delle stesse a C. G., va osservato che gli stessi non integrano una violazione di legge, ma censurano l’accertamento in fatto compiuto dalla CTR chiedendone una rivalutazione nel merito, inammissibile in sede di legittimità. Quanto alla doglianza fondata sulla dedotta irretroattività della norma che ha disposto il raddoppio dei termini, ne va dichiarata l’infondatezza. Invero sul punto va ricordata la sentenza n.477 del 2011 della Corte Costituzionale, che nel respingere diverse questioni di legittimità costituzionale sollevate in merito alla normativa in esame, ha chiarito che la disciplina del raddoppio dei termini non può considerarsi lesiva del principio di irretroattività della legge ed ha precisato che il raddoppio dei termini non si applica solo “alle violazioni tributarie per le quali, alla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006), fosse già decorso il termine di accertamento previsto dalla normativa anteriore”, circostanza che non ricorre nella fattispecie in esame, relativa all’anno di imposta 2005».
Osservazioni.
Il consulente era stato ritenuto amministratore di fatto, ed era stato ritenuto responsabile ex art. 36 del D.P.R. 602/1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito).
Il raddoppio dei termini ordinari di accertamento in presenza di reati tributari era applicabile in tema di IVA e di imposte dirette, ma non di IRAP (attualmente il termine è il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata).
Anche perché i delitti tributari riguardavano solo IVA e imposte dirette e non, appunto, l’IRAP, che è un tributo regionale e, seppure la disciplina in tema di accertamento si basi su quella delle imposte sui redditi, non rientra nei reati di cui al Decreto Legislativo 74/2000.
Disposizioni rilevanti.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 600
Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.
VECCHIO TESTO Vigente al: 16-12-2015
Art. 43 – Termine per l’accertamento
Gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla ai sensi delle disposizioni del titolo I l’avviso di accertamento può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione. Il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti.
Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte.
NUOVO TESTO Vigente
Art. 43 – Termine per l’accertamento
1. Gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
2. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l’avviso di accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
3. Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Agenzia delle entrate. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 602
Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.
Art. 36 – Responsabilità ed obblighi degli amministratori, dei liquidatori e dei soci
I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.
La disposizione contenuta nel precedente comma si applica agli amministratori in carica all’atto dello scioglimento della società o dell’ente se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori.
I soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al primo comma nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile. Il valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione si presume proporzionalmente equivalente alla quota di capitale detenuta dal socio od associato, salva la prova contraria.
Le responsabilità previste dai commi precedenti sono estese agli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.
La responsabilità di cui ai commi precedenti è accertata dall’ufficio delle imposte con atto motivato da notificare ai sensi dell’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Avverso l’atto di accertamento è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636. Si applica il primo comma dell’articolo 39.