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Introduzione alla tutela del clima come bene comune. – QUOTIDIANO LEGALE
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Introduzione alla tutela del clima come bene comune.

Natura fiume

Aree protette

Introduzione alla tutela del clima come bene comune. ANDREA GIORDANO

RECENSIONE

di Daria Proietti

avvocato e docente universitario a contratto.

A fronte delle trasformazioni naturali, quali trasformazioni sociali? Quale e quanta correlazione c’è tra il sistema natura declinato nella sua più apparentemente astratta accezione climatica e le dinamiche della società?

Andrea Giordano, quando assegna all’incipit del suo lavoro il titolo “Introduzione alla tutela del clima come bene comune”, in realtà lascia presagire molto di più.

L’opera, incredibilmente penetrante, critica e trasversale, riesce ad affrontare il suo oggetto sotto più prospettive, cioè sia dall’angolo visuale interno, sia in un’ottica comparata, internazionale e sovranazionale.

Il quadro normativo a disposizione è vasto e variegato e soprattutto estremamente ricco se si pensa alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, alla Dichiarazione di Stoccolma del 1972 passando per la Dichiarazione di Rio 1992 e fino alla Dichiarazione di Johannesburg, laddove il minimo comune denominatore sembra essere proprio la stabilità climatica quale oggetto, diretto ed indiretto, di protezione per il tramite della salvaguardia di altri diritti fondamentali che espressamente sono tutelati, come la vita o il diritto all’ambiente salubre.

L’Autore, senza arrestarsi alla sola descrizione e analisi delle fonti, dei principi e del diritto vivente, focalizza l’attenzione anche sui potenziali futuri sviluppi della materia. Per tale via, lo studio introduce effettivamente il lettore verso delle proposte innovative, sia in rapporto alla natura della posizione giuridica sottostante il clima, sia in relazione al modello di giustizia climatica percorribile nell’ordinamento interno.

Quanto all’evidenziata natura completa e critica dell’opera, essa può essere apprezzata sotto più profili.

Il primo attiene, come preannunciato, all’analisi delle fonti, le quali vengono inquadrate sia a livello convenzionale sia a livello interno, quest’ultimo letto, a sua volta, in una prospettiva convenzionalmente orientata. Nell’ambito di tale analisi, l’Autore pone in evidenza l’intima connessione presente tra le fonti convenzionali, i principi della tutela del clima nonché il quomodo delle stesse. Sottolinea l’emersione, dalle fonti, di un paradigma di giustizia ambientale, consistente nella garanzia di partecipazione di tutti i cittadini, a tutti i livelli, mediante il diritto di accesso alle informazioni, il diritto di partecipazione e il diritto di accesso alla giustizia ambientale. Essa sottolinea, inoltre, la tendenza al c.d. costituzionalismo climatico, le clausole climatiche, anche a tutela delle generazioni future (principio della solidarietà intergenerazionale).

In rapporto a tali punti cardine, di derivazione convenzionale e sovranazionale, l’Autore si concentra poi sui riflessi che essi presentano nell’ordinamento interno: non ci si limita alla mera elencazione delle fonti, delle quali si evidenzia l’insufficienza, ma viene svolta un’analisi più profonda, tesa a sottolineare la natura “non incolmabile del vuoto” e l’esistenza di principi europei (principio di precauzione, azione preventiva, principio di correzione dei danni; principi eco-giuridici: non regressione, resilienza, proporzionalità) e policy climatiche in grado di orientare l’azione amministrativa in materia di ambiente.

In tema di diritto interno una riflessione sorge spontanea in merito all’ art.9 della Costituzione così come modificato dalla L.1/2022: occasione mancata per il clima o è possibile farlo rientrare implicitamente nel più ampio (e troppo spesso abusato in carenza di normativa ad hoc) concetto di “ambiente”?

Con la revisione costituzionale si affida alla Repubblica insieme alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico della Nazione anche la tutela dell’ambiente delle biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni e, con un rimando alla legge statale, si garantisce la tutela degli animali. Tuttavia di clima non vi è traccia nel dettato costituzionale, il che lascia intravedere una certa timidezza da parte del legislatore che però può essere superata ancorando il clima a concetti quale “l’interesse per le future generazioni” (le cui prospettive di lungo periodo ben si accompagnano ad uno sviluppo ambientale), o la conservazione delle “biodiversità” così come degli “ecosistemi” e quindi la realizzazione di un ambiente ecologicamente equilibrato.

***

La natura critica e completa dell’opera può poi essere apprezzata sotto un secondo profilo.

Il riferimento è all’inquadramento della natura giuridica del clima, il quale viene affrontato, anch’esso, come la tematica dei “principi”, alla luce delle fonti convenzionali e sovraordinate. In tale prospettiva, infatti, l’Autore delinea una prima opzione interpretativa che, muovendo dalle varie “obbligazioni climatiche” (“obligations” degli Stati), dai numerosi vincoli nell’an e nel quomodo (v. artt. 2, 8 CEDU), nonché dalla giurisprudenza interna riferita all’unitario bene “ambiente”, che gemma dal diritto di proprietà (art. 844 c.c.: “immissioni”) e dal diritto alla salute, inquadra il clima come un “diritto soggettivo”.

A tale prima opzione, l’Autore contrappone criticamente una seconda linea ermeneutica, tesa a inquadrare il tema in esame nel novero degli interessi legittimi. Ciò sul duplice rilievo che “l’uomo non è padrone della natura”, con la conseguente impossibilità di garantire soddisfazione al “diritto clima”, e che la realizzazione della stabilità climatica presuppone l’intermediazione dei poteri pubblici. Tuttavia, il nucleo della prospettiva critica, anziché meramente descrittiva, emerge nel momento in cui viene prospettata una terza via, ulteriore alla dicotomia tra diritto soggettivo e interesse legittimo: l’opera propone un’innovativa impostazione sincretica, sostenibile in ragione del carattere “in sé prismatico” dell’interesse in questione nonché alla luce della teoria dei “beni comuni”.

Oltreché in relazione all’inquadramento delle fonti, dei principi e della natura giuridica della stabilità climatica, l’approccio innovativo e critico può essere apprezzato anche nell’analisi modelli di giustizia climatica. Tema che, analogamente a quelli precedentemente affrontati, viene trattato con un approccio trasversale, muovendo dall’ottica comparata e verificando poi l’applicabilità dei principi emergenti da quest’ultima nell’ordinamento interno.

Lo scritto, infatti, estrapola dall’esperienza esterna alcuni concetti essenziali (il public interest litigation; la public trust doctrine; il c.d. standing doctrine; il c.d. judicial activism”), evidenziando come, in alcuni casi, essi abbiano implicato, nei modelli di giustizia climatica, vistose deroghe alle condizioni dell’azione. Senza arrestarsi a tale constatazione, l’Autore valorizza tali concetti in un’ottica interna, sia per far luce sull’attuale stato della giustizia climatica in Italia, sia per proporre un modello innovativo e rispettoso del centrale principio di effettività della tutela.

Nell’ambito dell’analisi della tutela del clima nell’ordinamento interno, che rappresenta il fulcro dell’opera, l’Autore sembra valorizzare, in sintesi, tutte le argomentazioni precedenti. Infatti, egli pone quale base del proprio ragionamento la tesi dei beni comuni e degli interessi diffusi, per farne discendere l’assenza delle “condizioni dell’azione” nella tutela del clima. Il che implica, in connessione con l’assenza dei concetti (deroghe) presenti nelle esperienza straniere, già evidenziate, un potenziale vulnus al canone di effettività della tutela.

***

In ragione di quanto sopra, quali rimedi percorribili? Lo scritto rappresenta un tentativo concreto di operare nell’ottica di tutela interna della stabilità climatica, una dialettica tra un modello soggettivo ed un modello oggettivo di protezione giurisdizionale, ovvero di una “soggettivizzazione delle posizioni meta-individuali”. Rispetto a tale quesito, le argomentazioni dell’Autore si incentrano sull’evidenziazione degli ostacoli interni ad una possibile “azione popolare”, sul modello del c.d. public interest litigation, rappresentati, da un lato dal principio di separazione dei poteri, dall’altro, dall’insuperabile limite delle condizioni dell’azione, in particolare sotto il profilo della “meritevolezza” della tutela processuale tramite il filtro dell’interesse, attuale e concreto, ad agire.

Certamente il principio di effettività della tutela, la tutela costituzionale dell’unitario “bene ambiente”, le obbligazioni sovranazionali e la teoria dei beni comuni non permettono di lasciare priva di protezione interna la stabilità climatica.

In ragione di ciò, proporre un recupero della giurisdizione oggettiva, teso a rimettere gli interessi meta-individuali e adespoti alla stessa amministrazione permetterebbe di radicare nella stessa la legittimazione attiva “speciale”, in quanto svincolata dalla verifica di una posizione giuridica differenziata e di un interesse concreto, attuale e diretto, dinanzi al Giudice Amministrativo, il quale, a quel punto, mediante la valorizzazione dei suoi poteri officiosi, anche in sede di ottemperanza, garantirebbe un’adeguata tutela dell’interesse climatico.

Parallelamente si appalesa una valorizzazione del ruolo della Corte dei Conti, che proteggendo interessi finanziariamente tutelati, apre alla protezione anche di altri interessi adespoti.

Tuttavia la valorizzazione del modello di giustizia oggettiva non chiude del tutto gli spazi della giurisdizione “soggettiva”. Tale importante affermazione viene compiutamente argomentata prendendo le mosse dai già citati principi climatici di precauzione, prevenzione e sviluppo sostenibile, nonché dall’osservazione che questi “conformano” l’azione amministrativa, componendo, insieme, il mosaico di una legalità climatica di risultato.

Il loro mancato rispetto si traduce, quindi, in violazione di legge e lo scostamento dagli obiettivi sovranazionali sarebbe in grado di viziare i provvedimenti di eccesso di potere. Il che è assai rilevante se si considera che i piani e i programmi in materia climatica hanno natura amministrativa, essendo invece residuali gli atti politici.

Per completare tali considerazioni, sempre nell’ottica dell’effettività della tutela, nell’ambito del quadro descritto e per sostenere l’esistenza di un modello di giustizia (anche) soggettiva, è possibile valorizzare anche il ruolo degli enti esponenziali, dotati di rappresentatività e stabilità: il che può soddisfare la nozione di “interesse sufficiente”, nell’ottica di un modello “relativamente soggettivo”, da integrare con quello oggettivo. Con l’ulteriore conseguenza che si potrebbe, in ipotesi, pur escludendosi un’azione popolare, valorizzare la natura di “bene comune” del clima per permettere al singolo di farsi portavoce della collettività, purché nei limiti della verifica di un nesso relazionale e della prossimità/vicinitas.

A tal uopo, di estremo interesse e meritevole di osservazione è l’analisi offerta della casistica nel panorama giuridico degli ordinamenti asiatici.

L’esempio dell’India in cui è andata maturando la “representative standing” nell’interesse di cittadini più deboli e discriminati così come anche il “citizen standing”, per cui si assiste all’istituzione dell’India Green Tribunal Act che pone attenzione ai diritti umani da tutelare in relazione ai cambiamenti climatici; in Pakistan, a fronte di una giustizia processualmente molto rigorosa e confinata in stretti schemi, i giudici della Lahore High Court hanno trovato un sensibile nesso tra climate change e tutela del diritto alla vita, proponendo anche soluzioni che fungessero di volta in volta come spunto per il Governo istituendo una Climate Change Commission volta ad implementare le politiche nazionali in materia climatica; ma ancora più interessante è l’esperienza delle Filippine in cui il principio della responsabilità intergenerazionale ha trovato piena cittadinanza sulla questione del license agreements per il legname inibendo anche i futuri accordi, e tutto ciò a sostegno di un’azione portata avanti da un gruppo di bambini rappresentati dai propri genitori e dal Philippine Ecological Network affermando il principio a favore anche di generazioni successive.

Quando si arriverà anche in Italia a valorizzare così i diritti in prospettiva futura?

E’ palese, come annunciato in premessa, come lo studio di Andrea Giordano – lungi dal rappresentare una mera “introduzione” alla tematica della tutela del clima –potrebbe essere idoneo a gettare le basi per la realizzazione un vero e proprio Testo Unico di raccordo tra normativa, interna e spunti comparati, fonti, principi e modelli di giustizia climatica, in una prospettiva di futuri sviluppi della materia.

Il tutto ruota attorno all’insostenibilità di un modello di giustizia strettamente soggettivo ma che, semmai oggettivo e financo “relativamente soggettivo”, non coincidente con l’azione popolare, e comunque tale da permettere al singolo, meritevole di tutela, di ottenere protezione.

Insomma una vera e propria recherche che individua il clima in una visione non già nostalgica come qualcosa di passato e statico, bensì come prospettiva di un diritto o di un bene a vocazione futura e intergenerazionale da difendere.

ANDREA GIORDANO

INTRODUZIONE ALLA TUTELA DEL CLIMA COME BENE COMUNE

JOVENE

INDICE
Introduzione……………………………………………………………………………….. p. 1
CAPITOLO PRIMO
IL CLIMA COME OGGETTO DI TUTELA
1. Una premessa ……………………………………………………………………….. » 7
2. Il clima come oggetto di tutela ……………………………………………….. » 9
2.1. L’impostazione del diritto internazionale …………………………. » 9
2.1.1. La CEDU ……………………………………………………………. » 10
2.1.2. Le altre Convenzioni internazionali e la soft law …….. » 14
2.1.2.1. La cornice delle Dichiarazioni in materia ambientale ………………………………………………….. » 14
2.1.2.2. Le Convenzioni internazionali e la soft law in materia climatica …………………………………….. » 18
2.2. Il diritto dell’Unione Europea …………………………………………. » 23
2.3. Il quomodo della tutela nel diritto internazionale ed europeo ……………………………………………………. » 31
2.4. La risposta dell’ordinamento italiano nella cornice internazionale e unionale …………………………… » 35
2.4.1. Le singole risposte degli ordinamenti …………………….. » 35
2.4.2. La tutela del clima nell’ordinamento italiano ………….. » 42
2.4.2.1. La legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 ……………………………………………………….. » 42
2.4.2.2. I principi in materia climatica nella normativa primaria …………………………………………….. » 47
2.4.2.3. Gli atti pianificatori o di programmazione … » 53
3. La natura giuridica del clima ………………………………………………….. » 56
3.1. Le impostazioni possibili ………………………………………………… » 57
3.2. Il clima quale oggetto di un “diritto” o di un “interesse legittimo” …………………………………………….. » 59
3.2.1 Il clima quale oggetto di un “diritto” …………………….. » 59
VI INDICE
3.2.2. Il clima quale oggetto di un “interesse legittimo” ……. p. 64
3.3. Per un’impostazione sincretica ……………………………………….. » 66
3.3.1. I beni comuni nell’ordinamento ……………………………. » 73
3.3.2. Sul clima come bene comune ………………………………… » 84
CAPITOLO SECONDO
I “MODELLI” DI GIUSTIZIA CLIMATICA
1. Introduzione ………………………………………………………………………… » 91
2. I “modelli” di giustizia climatica …………………………………………….. » 95
2.1. Il caso statunitense …………………………………………………………. » 96
2.2. Il caso dell’India ……………………………………………………………. » 100
2.3. Il diritto vivente pakistano ……………………………………………… » 104
2.4. La giurisprudenza della Corte Suprema delle Filippine …….. » 106
2.5. Le controversie climatiche in America Latina …………………… » 108
3. Il contenzioso climatico in Europa …………………………………………. » 110
3.1. Il contenzioso nei confronti dell’Unione Europea …………….. » 112
3.2. Il contenzioso nei confronti dei singoli Paesi europei ………… » 118
3.2.1. Il caso olandese ……………………………………………………. » 120
3.2.2. Il caso belga ………………………………………………………… » 124
3.2.3. Il caso irlandese …………………………………………………… » 126
3.2.4. Il caso francese ……………………………………………………. » 129
3.2.5. Il caso tedesco …………………………………………………….. » 133
CAPITOLO TERZO
LA TUTELA DEL CLIMA NELL’ORDINAMENTO INTERNO
1. La rilevanza del contenzioso climatico per l’ordinamento interno ….. » 137
2. Le tecniche di tutela ……………………………………………………………… » 139
2.1. Beni comuni, interessi diffusi ed effettività della tutela ……… » 140
2.2. I singoli paradigmi di tutela ……………………………………………. » 143
3. Dal generale al particolare ……………………………………………………… » 150
4. Il caso “Giudizio Universale” ………………………………………………… » 153
5. Per un recupero del modello “oggettivo” di tutela …………………… » 159
5.1. Sulla rimessione dell’interesse climatico alla stessa Amministrazione. Il laboratorio delle autorità amministrative indipendenti ……………………………………………………………………….. » 160
INDICE VII
5.2. La tutela dell’interesse climatico in forza dei poteri ufficiosi
del giudice amministrativo ……………………………………………… p. 173
5.3. Sulla protezione del clima innanzi al giudice contabile ……… » 177
6. Gli spazi della giurisdizione “soggettiva” ………………………………… » 184
6.1. Il ruolo degli enti esponenziali ………………………………………… » 188
6.2. Il futuro dell’azione popolare ………………………………………….. » 194
CONCLUSIONI
1. Il clima nel sistema multilivello delle fonti ………………………………. » 205
2. La natura giuridica delle posizioni correlate alla stabilità climatica ……………………………………………. » 208
3. Per una tutela effettiva. I paradigmi di giustizia climatica nell’ordinamento internazionale ……… » 209
4. (Segue) I paradigmi di giustizia climatica nell’ordinamento europeo …………………………………………. » 210
5. L’applicazione dei paradigmi all’ordinamento italiano ……………… » 212
6. Sui modelli oggettivi di protezione …………………………………………. » 212
7. Sui modelli soggettivi di protezione ………………………………………… » 215
BIBLIOGRAFIA
1. Giurisprudenza della Corte di Giustizia ………………………………….. » 219
2. Giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ………… » 219
3. Giurisprudenza italiana …………………………………………………………. » 220
4. Giurisprudenza straniera ……………………………………………………….. » 221
5. Dottrina ……………………………………………………………………………….. » 223

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