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Se l’inserzionista che ha messo in rete su un sito Internet di ricerca un annuncio che menziona un marchio altrui, e in seguito richieda al prestatore del servizio Internet di rimuoverlo, senza che tale prestatore dia seguito alla richiesta di cancellazione, la comparsa del marchio sul sito non può essere considerata un uso del marchio da parte dell’inserzionista.
Decisione: Sentenza della Corte di Giustizia Europea nella causa C-179/15 del 3 marzo 2016
Il caso.

Una società ungherese dedita al commercio e alla riparazione di autoveicoli aveva un contratto di assistenza, per riparazioni, con la casa produttrice dei veicoli, in base al quale aveva il diritto di utilizzare il marchio “Mercedes-Benz”.

A seguito della risoluzione del contratto, la società ha tentato di cancellare ogni uso del marchio e ha contattato per iscritto i gestori di alcuni siti Internet per chiedere la cancellazione di annunci online che erano stati pubblicati senza il suo consenso; ciò nonostante, alcuni annunci continuavano a essere diffusi su Internet.

La Daimler, costruttrice di autoveicoli e titolare del marchio internazionale figurativo, ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio, chiedendo di accertare che la società ha contraffatto il marchio mediante detti annunci, nonché di ingiungere alla stessa di cancellare gli annunci.

È in tale contesto che la Corte di Budapest ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se l’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della [direttiva 89/104] debba essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio di impresa ha il diritto di agire nei confronti di un terzo indicato in un annuncio Internet in cui compaia un segno, per un servizio di detto terzo identico ai prodotti o servizi per i quali il marchio di impresa è stato registrato, confondibile con il marchio di impresa, tale che il pubblico può figurarsi, erroneamente, che sussista un rapporto commerciale ufficiale tra la società di detto terzo e il titolare del marchio di impresa, anche quando la pubblicazione dell’annuncio in Internet non sia stata eseguita o commissionata dalla persona che vi è menzionata o l’annuncio sia accessibile in Internet nonostante il fatto che la persona indicata abbia fatto tutto il possibile perché fosse cancellato».
La decisione.

Dapprima la Corte di Giustizia richiama una precedente pronuncia: «Occorre ricordare che la Corte ha già avuto modo di constatare che l’uso di un marchio di impresa da parte di un terzo, senza l’autorizzazione del titolare, effettuato al fine di comunicare al pubblico che detto terzo effettua la riparazione e la manutenzione di prodotti recanti detto marchio o che esso è specializzato o specialista di tali prodotti costituisce, in determinate circostanze, un uso del marchio di impresa ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2008/95, il quale può essere vietato dal titolare del marchio a meno che non si applichino l’articolo 6 di tale direttiva, relativo alla limitazione degli effetti del marchio di impresa, o l’articolo 7 di detta direttiva, relativo all’esaurimento del diritto conferito da quest’ultimo (v. sentenza BMW, C‑63/97, EU:C:1999:82, punti 42 e 45)».

La Corte ha poi richiamato alcune sentenze che ritiene contengano principi applicabili al caso sottoposto per analogia: «Orbene, se la messa in rete su un sito Internet di ricerca di un annuncio pubblicitario che menziona un marchio altrui è imputabile all’inserzionista che ha commissionato tale annuncio e su istruzione del quale il gestore di tale sito, in qualità di prestatore di servizio, ha agito (v., per analogia, sentenze Google France e Google, da C‑236/08 a C‑238/08, EU:C:2010:159, punti 51 e 52, nonché Frisdranken Industrie Winters, C‑119/10, EU:C:2011:837, punto 36), non si possono, invece, imputare a tale inserzionista atti o omissioni di un tale prestatore che, deliberatamente o per negligenza, non tiene conto delle istruzioni espressamente fornite da detto inserzionista volte, precisamente, a evitare tale uso del marchio. Pertanto, qualora detto prestatore si astenga dal dar seguito alla richiesta dell’inserzionista di cancellare l’annuncio in questione o la dicitura del marchio che vi figura, la comparsa di tale dicitura sul sito Internet di ricerca non può più essere considerata un uso del marchio da parte dell’inserzionista».

E infine risolve la questione pregiudiziale sollevata, dichiarando che: «L’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che un terzo, indicato in un annuncio pubblicato su un sito Internet che contiene un segno identico o simile a un marchio tale da dare l’impressione che sussista un rapporto commerciale tra quest’ultimo e il titolare del marchio, non fa un uso di tale segno che può essere vietato da detto titolare in forza della citata disposizione qualora la pubblicazione di tale annuncio non sia stata eseguita o commissionata da tale terzo, o anche nel caso in cui la pubblicazione dell’annuncio sia stata eseguita o commissionata da tale terzo con il consenso del titolare, qualora detto terzo abbia espressamente preteso dal gestore di tale sito Internet, al quale aveva commissionato l’annuncio, di cancellare quest’ultimo o la dicitura del marchio che vi figura».
Osservazioni.

La Corte di Giustizia, in sostanza, sebbene la messa in rete su un sito Internet di ricerca di un annuncio pubblicitario che menziona un marchio altrui sia imputabile all’inserzionista, non gli si può imputare anche atti o omissioni del gestore del sito in qualità di prestatore di servizi se l’inserzionista chiede di cancellare gli annunci o la dicitura del marchio: in tali casi, la comparsa sul sito Internet di ricerca non può più essere considerata un uso del marchio da parte dell’inserzionista.
Disposizioni rilevanti.

Direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008

Nota: La direttiva 89/104 è stata abrogata dalla direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 299, pag. 25 e rettifica GU 2009, L 11, pag. 86), entrata in vigore il 28 novembre 2008.

Articolo 5 – Diritti conferiti dal marchio di impresa

«1. Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a) un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b) un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, compreso il rischio che si proceda a un’associazione tra il segno e il marchio di impresa.

2. Ciascuno Stato membro può inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio di impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l’uso immotivato del segno consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi.

3. Si può in particolare vietare, ove sussistano le condizioni menzionate ai paragrafi 1 e 2:

a) di apporre il segno sui prodotti o sul loro condizionamento;

b) di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, ovvero di offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno;

c) di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno;

d) di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità.

(…)

Nota: La direttiva 2008/95 è stata abrogata a decorrere dal 15 gennaio 2019 dalla direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 336, pag. 1), entrata in vigore il 12 gennaio 2016.

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