di Dario Immordino. Il bilancio sociale costituisce uno dei principali strumenti di trasparenza, relazione, comunicazione ed informazione, finalizzato a dar conto del complesso delle attività dell’Amministrazione ed a rappresentare in un quadro unitario il rapporto tra visione politica, obiettivi, risorse e risultati, in modo che i cittadini, destinatari dell’azione amministrativa, siano in grado di valutarne l’efficienza e l’efficacia, e di giudicare come l’Amministrazione ha interpretato e realizzato la sua missione istituzionale ed il suo mandato.
Lo scopo di questa forma di rendicontazione è quello di attivare quel controllo democratico che costituisce il fondamento per una gestione efficiente e rispondente alle esigenze della collettività amministrata, attraverso la piena informazione dei cittadini sullo “stato di salute” degli enti in vista delle elezioni. Alla base di questo modello relazionale si colloca una concezione ampia di controllo, non limitata agli strumenti prettamente giuridici, ma estesa sino a ricomprendere il controllo sociale sull’esercizio dei poteri pubblici, a partire da quelli più prossimi alla vita dei cittadini.
Tale impostazione riflette una rinnovata concezione della responsabilità dell’amministrazione pubblica, identificabile nel significato espresso dal termine anglosassone accountability, e traducibile nella necessità di misurare e rendere riconoscibile il “valore” prodotto nell’esercizio dell’attività di governo rendendo conto alla collettività delle proprie azioni e degli effetti determinati. In tal senso il bilancio sociale chiude un circuito che si attiva attraverso le elezioni, momento in cui la comunità conferisce agli amministratori ossia il potere di governare.
In un simile contesto la definizione di adeguati strumenti di misurazione dei risultati della gestione rappresenta una condizione essenziale affinché le relazioni tra tali soggetti siano sviluppate secondo la logica della “rendicontabilità”, all’insegna della responsabilizzazione. L’assunto di fondo è quello per cui il presupposto della gestione efficiente risiede nella implementazione di efficaci strumenti in grado di garantire la conoscenza dei risultati conseguiti nell’esercizio dell’azione pubblica, affinché i cittadini possano esercitare al meglio il diritto di voto e scegliere consapevolmente gli amministratori pubblici.
E proprio la conoscibilità e confrontabilità di questi dati ed informazioni costituisce la chiave di volta del sistema. A tal fine il bilancio sociale “fa corpo” con una serie di strumenti diretti ad assicurare il completo scambio di informazioni e la piena trasparenza nel monitoraggio di azioni e risultati; a verificare l’attuazione delle azioni programmate e monitorare l’efficacia di tali azioni e l’eventuale insorgere di squilibri, ed in tal caso intervenire per tempo con appropriate iniziative correttive. In particolare, il rendiconto sociale si aggiunge agli altri strumenti approntati dal legislatore al fine di colmare le gravi carenze cognitive sui dati reali di spesa e di bilancio, (ci si riferisce in particolare ai principi e alle regole di armonizzazione dei bilanci funzionali a superare la proliferazione dei cd dialetti contabili, agli obblighi di trasmissione dei dati finanziari più rilevanti al Ministero dell’Economia e alla Corte dei conti, alla previsione di una banca dati unitaria di tutte le informazione “sensibili” in materia finanziaria, alle misure premiali e sanzionatorie a carico di enti ed amministratori locali e regionali).
Ciò posto l’accelerazione dei tempi necessari alla realizzazione del rendiconto sociale, quando sia dettata non da giuste e legittime finalità istituzionali, ma da esigenze di promozione personale degli amministratori, e specificamente da una mera finalità di propaganda politica, comporta un uso scorretto delle risorse pubbliche causativo di danno erariale, e determina una responsabilità amministrativa, in quanto “è configurabile una colpa grave che, con terminologia penalistica, si potrebbe definire colpa con previsione”.
È il caso, ad esempio, affrontato dalla sentenza n. 217/2012 della Corte dei conti sezione giurisdizionale per la Toscana, concernente la condotta di un Sindaco connotata da un interesse personale a far sì che le brochure – aventi ad oggetto il rendiconto amministrativo del proprio mandato – contenessero le variazioni progettuali da lui richieste e venissero distribuite ai cittadini prima delle “elezioni primarie” (afferenti la elezione di un candidato in uno o più partiti politico coalizzati) anziché in occasione del rinnovo delle cariche di governo dell’ente.
In merito il collegio ha rilevato che che il sindaco ha “accelerato” i tempi di pubblicazione del rendiconto di fine mandato per una mera finalità personale di autopromozione quale candidato alle elezioni primarie e non per giuste e legittime finalità istituzionali, cioè per informare in maniera chiara ed intellegibile i cittadini ed i diversi interlocutori al fine di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’Amministrazione ha interpretato e realizzato la sua missione istituzionale ed il suo mandato e sviluppando in siffatto modo meccanismi di controllo sociale. Sicché le maggiori spese determinate da tali esigenze extraistituzionali costituiscono un danno ingiusto a carico delle finanze del comune.
A fondamento della pronuncia si pone la considerazione che gli obiettivi di trasparenza ed accountability alla base del bilancio sociale possono essere raggiunti nel rispetto dei tempi e delle modalità normativamente definiti, mentre l’anticipazione della realizzazione del rendiconto ad un periodo precedente la scadenza del mandato ed il rinnovo degli organi politici dell’ente prescinde l’interesse pubblico, e come tale le risorse ulteriori necessarie per realizzare e divulgare il bilancio sociale in tempi più ristretti non possono essere poste a carico della collettività.
Quanto al profilo soggettivo della responsabilità, il Collegio ha statuito che del danno erariale prodotto da tale indebita anticipazione è responsabile, oltre al “regista politico”, anche il segretario dell’ente che, con una condotta connotata da grave negligenza, abbia avallato il contenuto della decisione adottata dall’organo politico (nella specie il funzionario aveva dichiarato di aver firmato il verbale della deliberazione della Giunta Comunale senza preoccuparsi di leggerla).
Ciò in quanto, anche a seguito della soppressione del parere di legittimità su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta o al Consiglio, il segretario mantiene la specifica funzione ausiliaria di garante della legalità e correttezza amministrativa dell’azione dell’ente locale.
L’affidamento di funzioni di assistenza e di collaborazione giuridico ed amministrativa finalizzate alla salvaguardia della conformità dell’azione amministrativa alle leggi, agli statuti ed ai regolamenti gli impone, infatti, di esercitare il controllo di legittimità sugli atti adottati dagli organi politici dell’ente, seppure non sia sufficiente la mera attività di verbalizzazione per la sussistenza dell’elemento soggettivo della responsabilità.
Parimenti responsabile del danno deve considerarsi il funzionario responsabile di servizio che ha consentito la indebita accelerazione della realizzazione del bilancio sociale, adottando i relativi atti e rendendo il parere favorevole alla delibera di giunta, seppure si sia in seguito fattivamente adoperato al fine di evitare un pregiudizio patrimoniale consequenziale all’accollo al bilancio comunale degli oneri derivanti dall’ esecuzione di quanto deliberato.
L’assunto di fondo è evidente: se l’articolo 49 del 18 agosto 2000 n. 267 prevede la responsabilità amministrativa e contabile del responsabile del servizio per i pareri resi in ordine alla regolarità tecnica delle proposte di deliberazione degli organi collegiali, evidentemente il legislatore ha ritenuto i suddetti pareri rilevanti nel procedimento di adozione dei provvedimenti degli organi dell’ente locale. In tal senso la norma secondo cui “i soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi” comporta l’obbligo di formulare rilievi sull’illegittimità della spesa oppure avvalorare la legittimità delle decisioni in corso di adozione. In altri termini la funzione dell’attribuzione del parere di regolarità tecnica è quella di evitare che le decisioni politiche comportino esborsi contra legem.
Ciò posto l’incidenza causale del parere sulla determinazione del danno non è sufficiente per pervenire alla condanna chiesta dal requirente, dovendo sussistere anche l’elemento psicologico della colpa grave.
Diversa la posizione del Responsabile del Settore Servizio Economico Finanziario che abbia espresso parere favorevole di regolarità contabile, ai sensi dell’ art. 49 D.Lgs. n. 267/2000.
Al riguardo il collegio richiama quell’orientamento secondo il quale il concreto significato del predetto “parere” – di natura e contenuto ben diversi rispetto al “visto” di cui all’art. 151 TUEL – non può essere limitato all’aspetto formale, anche in relazione alla circostanza che l’estensore ne risponde, ai sensi del 3° comma del citato art. 49, “in via contabile”; purtuttavia si tratta comunque di un atto differente dal parere di regolarità tecnica, non idoneo ex se ad ascrivere la responsabilità amministrativa. Di conseguenza l’apporto causale va accertato caso per caso.