di Luca Palladini. Ai fini dell’applicabilità dell’art. 615-bis c.p deve ritenersi luogo di privata dimora anche quello in cui si svolge parte significativa della vita affettiva di chi si trattiene, anche non abitualmente, in detto luogo. Così è intervenuta la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 8762, depositata il 22 febbraio u.s.
I giudici di prima e seconda istanza condannano un uomo per essersi assicurato illecitamente, attraverso un registratore, informazioni provenienti da un colloquio intercorso tra la sua convivente e la sorella di quest’ultima. Rivolgendosi alla Corte di Cassazione, però, il difensore dell’imputato denuncia l’inosservanza nonché l’erronea applicazione della legge ed, in particolare, dell’art. 615-bis c.p. Nello specifico, infatti, il ricorrente sottolinea come la condotta captativa sia stata tenuta – in modo del tutto lecito ex art. 614 c.p. – nella propria abitazione che non può considerarsi luogo di privata dimora della compagna che solo saltuariamente si portava a visitare.
Tuttavia, i giudici di legittimità rigettano il ricorso. Invero, anche ad avviso del S.C., non vi è motivo per non ampliare la tutela offerta contro le interferenze illecite nella vita privata nei confronti di chi, de facto, è legato da un rapporto comparabile a quello coniugale; infatti, pur in assenza di una vera e propria convivenza nell’appartamento dell’imputato, qui, si sono esplicati momenti significativi della “vita privata” della donna. La vittima, evidenziano infine gli Ermellini, proprio perché si è trovata in un ambiente nel quale si svolgevano vicende rilevanti della propria “vita privata” ed affettiva, era «… fiduciosa della tutela della sua privacy e quindi particolarmente esposta e vulnerabile nei confronti di un comportamento subdolo e sleale da parte della persona cui [era] affettivamente legata».