di Luca Palladini. In virtù del principio del neminem laedere, è onere dell’ente gestore della rete stradale ed autostradale, sebbene questi non sia proprietario delle vie di comunicazione, effettuare interventi di manutenzione della strada e, dunque, far si che il bene demaniale non presenti per l’utente una situazione di pericolo occulto, non visibile e non prevedibile, idoneo a dar luogo alla c.d. “insidia stradale”. In questi termini è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza del 16 gennaio 2013 n. 907.
Un giovane cita in giudizio l’ANAS per ottenere il risarcimento dei danni subìti a causa di un incidente automobilistico che gli ha procurato l’amputazione delle gambe. Infatti, perso il controllo della propria autovettura, questa è andata a finire tragicamente contro un guard-rail «in cattivo stato di manutenzione con pezzi di lamiera non più agganciati e posizionati orizzontalmente», tanto da conficcarsi nell’automobile e causare la mutilazione degli arti inferiori dell’allora diciannovenne.
Il mancato rispetto dell’obbligo di manutenzione da parte del soggetto responsabile (la pubblica amministrazione o, come nella fattispecie, l’Anas) è causa di reintegrazione del danno patito. È questo il verdetto del Tribunale che condanna l’ente gestore al risarcimento, per danni non patrimoniali, di 220mila euro, ex art. 2043 c.c. Invero, il rapporto che si instaura tra utilizzatore e gestore della via di comunicazione fa sì che in capo al primo si venga ad originare un affidamento circa la sicurezza di percorrenza del tratto stradale e delle sue pertinenze.
Attraverso il ricorso per Cassazione, l’ANAS, però, ha continuato a sostenere le ragioni avanzate nei gradi di merito: respingendo qualsiasi tipo di responsabilità, negando un proprio obbligo di manutenzione-custodia della strada ed evidenziando, altresì, come si sia provveduto a dare in consegna il tratto in oggetto al Comune.
Intervenendo sulla vicenda, tuttavia, la S.C. ha ribadito la chiara colpevolezza del ricorrente – per aver creato un affidamento nell’utente sulla non pericolosità della strada e per non aver scongiurato la situazione di pericolo occulto – ritenendo che nel caso di specie la norma di riferimento sia l’art. 2043 c.c. ed il conseguente principio del neminem laedere e non, invece, l’art. 2051 c.c.
A giudizio dei magistrati è corretto, quindi, il riconoscimento della responsabilità a titolo di colpa dell’Anas poiché la manutenzione è stata «di pertinenza esclusiva » della stessa, che – tra l’altro – «ha continuato a comportarsi come proprietari[a] della rotatoria e dei vari tratti di accesso alla stessa, anche dopo l’incidente de quo». Dunque, a giudizio del S.C., conta chi in concreto ha svolto la manutenzione, mentre «non rileva la proprietà formale della strada». Di conseguenza, è da escludersi qualsiasi tipo di responsabilità del Comune, poiché questo non ha né posizionato il guard-rail, né curato la sua manutenzione.
Nel contempo, però, i giudici di legittimità hanno confermato una forma di concorso di colpa a carico dell’automobilista che, a causa della velocità sostenuta, è incorso nel fatto lesivo. Infatti – pur riconoscendo la c.d. “insidia stradale”, quale figura sintomatica del comportamento colposo dell’ente gestore della strada pubblica -, l’entità del risarcimento è stata attenuata complessivamente dei 2/3 una volta accertato giudizialmente che il conducente aveva violato sensibilmente i limiti di velocità imposti dal codice della strada.