di Carlo Rapicavoli –
Con straordinario tempismo, certamente degno di miglior causa (viste le emergenze vere del Paese), il Governo Letta ha approvato il disegno di legge costituzionale per l’abolizione delle Province.
Un’iniziativa urgente che fa seguito all’annuncio dell’esito dei ricorsi dinnanzi alla Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionali le norme sul riordino delle Province volute dal Governo Monti.
L’abolizione delle Province è un’emergenza per il Paese.
Il Presidente Letta, in conferenza stampa, ha con orgoglio ribadito l’impegno solenne del suo Governo.
“La parola Province va cancellata dalla Costituzione!” ha affermato; “bisogna riconquistare la fiducia dell’opinione pubblica!”.
Ecco la migliore risposta ai tanti opinionisti e leader politici che oggi vantano come grande e fondamentale obiettivo riformatore l’abolizione delle Province.
Neanche una parola dal Presidente Letta per comprendere quali vantaggi deriveranno per il Paese da tale riforma, posto che, come egli stesso ha affermato, le funzioni ed i dipendenti vanno riallocati in altri enti e pertanto la relativa spesa. Posto che le Province svolgono oggi funzioni fondamentali che nemmeno il nostro Governo riformatore riuscirà mai a definire inutili.
Sconcertante la tecnica legislativa costituente del nostro Governo.
Con grande attenzione all’art. 2 “abrogazioni”, i nuovi costituenti sono andati in cerca di tutti gli articoli della Costituzione ove ricorre la parola “Province” e hanno provveduto a proporre la cancellazione della stessa.
Inoltre si è provveduto a proporre l’abrogazione del fatidico art. 133, comma 1, della Costituzione sulle modifiche delle circoscrizioni provinciali, che ha contribuito a determinare la declaratoria di incostituzionalità degli accorpamenti e del riordino targato Monti – Patroni Griffi.
La vendetta dell’allora Ministro Patroni Griffi che aveva affermato: “Il riordino di tutte le province italiane, non rientra nel dettato dell’art. 133 della costituzione perché si tratta di un processo generale che richiederebbe, per essere attuato secondo costituzione, 8106 iniziative comunali. Ecco perché il Governo decide di avvalersi della titolarità di competenza che gli affida la legge per attuare una procedura diversa rispetto a quella del 133”.
La Corte Costituzionale gli ha dato torto ed allora meglio proprio eliminare l’art. 133. Giustizia è fatta!
Ecco il testo dell’art. 2 della riforma:
1. All’articolo 117 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, lettera p), è soppressa la seguente parola: “, Province”;
b) al sesto comma, sono soppresse le seguenti parole: “, le Province”.
2. All’articolo 118 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, è soppressa la seguente parola: “Province”;
b) al secondo comma, sono soppresse le seguenti parole: “, le Province”;
c) al quarto comma, sono soppresse le seguenti parole: “, le Province”.
3. All’articolo 119 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, sono soppresse le seguenti parole: “le Province”;
b) al secondo comma, sono soppresse le seguenti parole: “le Province”;
c) al quarto comma, sono soppresse le seguenti parole: “alle Province”;
d) al quinto comma, è soppressa la seguente parola: “Province”;
e) al sesto comma, sono soppresse le seguenti parole: “le Province”;
4. All’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, sono soppresse le seguenti parole: “, delle Province”.
5. All’articolo 132 della Costituzione, il secondo comma è abrogato.
6. All’articolo 133 della Costituzione, il primo comma è abrogato.
Davvero un disegno organico di riforma!
La parte fondamentale della riforma si trova all’art. 1:
1. Sono abolite le province.
2. All’articolo 114, primo comma, della Costituzione, sono soppresse le seguenti parole: “, dalle Province, dalle Città metropolitane”.
3. Il secondo comma dell’articolo 114 della Costituzione è sostituito dai seguenti:
“I Comuni e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i princìpi fissati dalla Costituzione.
La legge dello Stato definisce le funzioni, le modalità di finanziamento e l’ordinamento delle Città metropolitane, ente di governo delle aree metropolitane.”.
Innanzitutto il proclama su cui vantarsi: “Sono abolite le Province”!.
Non basta cancellare la parola dalla Costituzione, occorre con legge costituzionale dire: “Sono abolite le Province”, in modo che i sovversivi giudici costituzionali non avranno più argomenti per bloccare il progresso del Paese.
Le Province devono essere cancellate!
Viene modificato l’art. 114 della Costituzione e pertanto enti costitutivi della Repubblica restano Comuni, Regioni e Stato.
Il disegno di legge costituzionale però fa salve le Città Metropolitane e lo fa attraverso alcune scelte fondamentali:
1) La riserva alla legge dello Stato per la definizione di funzioni, le modalità di finanziamento e l’ordinamento delle Città metropolitane, ente di governo delle aree metropolitane;
2) Il mantenimento delle città metropolitane negli articoli 118, 119 e 120 della Costituzione, così garantendo a tali Enti funzioni amministrative e autonomia finanziaria e copertura costituzionale rispetto a possibili interventi sostitutivi.
Davvero sconcertante.
Le Città metropolitane – secondo il disegno riformatore – sono enti di governo delle aree metropolitane.
Quindi, ovviamente, enti di area vasta come sono le Province.
Cosa siano, secondo quali criteri e da chi vengono definite le “aree metropolitane” non è chiaro dalla proposta.
Ma o tutta l’Italia viene suddivisa in aree metropolitane governate da un ente denominato “città metropolitana” per le funzioni di area vasta che sostituirebbero le Province, ma è una soluzione priva di senso, oppure si avranno aree del Paese governate da enti di area vasta con funzioni di governo del territorio e altri Comuni, probabilmente i minori, che non avranno più interlocutori sul territorio e che inevitabilmente dovranno dialogare solo con le Regioni che svolgerebbero, per tali aree del Paese, quelle funzioni che sarebbero svolte dalle Città metropolitane.
E se lo Stato, in forza di una disposizione costituzionale quindi inattaccabile, ha la facoltà, con riserva di legge, di stabilire funzioni, ordinamento e finanziamento delle nascenti Città metropolitane, che ruolo residuerà per le Regioni?
Sicuramente vi è un depotenziamento evidente del ruolo di governo del territorio assegnato alle Regioni.
Incomprensibile.
Ecco perché è necessario un disegno organico di riforma e non interventi spot o provvedimenti bandiera.
Ma ai novelli costituenti andrebbe ricordato l’art. 5 della Costituzione: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”.
E ricordare loro che quando è stata approvata la Costituzione le “autonomie locali” riconosciute e promosse dai principi fondamentali della nostra Carta Fondamentale erano i Comuni e le Province. Le Regioni non esistevano.
Comuni e Province con secoli di storia e radicamento sul territorio.
Non sarà e non potrà essere un tratto di penna a cancellarle.