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Il socio fallito non è legittimato a contestare il fallimento della società ma solo il vincolo sociale.

Il socio fallito non è legittimato a contestare il fallimento della società ma solo il vincolo sociale

Massima Giurisprudenziale

Il socio illimitatamente responsabile dichiarato fallito ai sensi dell’art. 147 della legge fallimentare non è legittimato a contestare il fondamento della dichiarazione di fallimento della società, ma solo le condizioni che attengono alla sussistenza del vincolo sociale, e, quindi, alla sua personale fallibilità.

Nel fallimento di un imprenditore individuale la cui l’impresa risulti riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile, l’insolvenza da prendere in considerazione è quella già accertata nei confronti dell’imprenditore apparentemente individuale, ma in realtà fallito come socio di una società occulta.

Decisione: Ordinanza n. 1234/2019 Cassazione Civile – Sezione VI

Classificazione: Amministrativo, Civile, Commerciale, Penale, Societario, Tributario

 

Massima:

Nel procedimento di opposizione alla dichiarazione di fallimento proposto dal socio illimitatamente responsabile, dichiarato fallito ai sensi dell’art. 147 della legge fallimentare, questi non è legittimato a contestare il fondamento della dichiarazione di fallimento della società, in relazione al quale la sentenza dichiarativa di fallimento fa stato erga omnes, e quindi anche nei confronti dei soci, attuali e precedenti se fallibili; la sua opposizione può avere, dunque, ad oggetto solo le condizioni che attengono alla sussistenza del vincolo sociale, e, quindi, alla sua personale fallibilità.

Qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile, l’insolvenza da prendere in considerazione è quella già accertata nei confronti dell’imprenditore apparentemente individuale, ma in realtà fallito come socio di una società occulta, perché l’insolvenza della società occulta è la stessa insolvenza dell’imprenditore apparentemente individuale già dichiarato fallito, e non occorre provare l’insolvenza personale dei soci occulti, perché il loro fallimento è conseguenza automatica del fallimento sociale.

 

Osservazioni.

Ai sensi dell’art. 147 della legge fallimentare, la sentenza che dichiara il fallimento di una società di persone comporta automaticamente anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili; nel procedimento di opposizione alla dichiarazione di fallimento, il socio illimitatamente responsabile può solo contestare la sua personale fallibilità sulla base della sussistenza del vincolo sociale, cioè contestare la qualità di socio illimitatamente responsabile (ad esempio perché ritenuto socio di fatto, oppure socio accomandante che si ritiene essersi ingerito nella gestione).

Nel decidere, la Suprema Corte ha anche affermato il seguente principio: «Con riguardo all’ipotesi contemplata dall’articolo 147, quinto comma, della legge fallimentare, l’insolvenza da prendere in considerazione è quella già accertata nei confronti dell’imprenditore apparentemente individuale, ma in realtà fallito come socio di una societa occulta, perché l’insolvenza della società occulta è la stessa insolvenza dell’imprenditore apparentemente individuale già dichiarato fallito, e non occorre provare l’insolvenza personale dei soci occulti, perché il loro fallimento è conseguenza automatica del fallimento sociale, ex articolo 147, primo comma, citato»

 

Giurisprudenza rilevante.

Cass. 7769/2017
Cass. 17098/2013

 

Disposizioni rilevanti.

REGIO DECRETO 16 marzo 1942, n. 267

Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa

Art. 147 – Società con soci a responsabilità illimitata

La sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili.

Il fallimento dei soci di cui al comma primo non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati. La dichiarazione di fallimento è possibile solo se l’insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata.

Il tribunale, prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, deve disporne la convocazione a norma dell’articolo 15.

Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi.

Allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile.

Contro la sentenza del tribunale è ammesso reclamo a norma dell’articolo 18.50

In caso di rigetto della domanda, contro il decreto del tribunale l’istante può proporre reclamo alla corte d’appello a norma dell’articolo 22.

 

AGGIORNAMENTI:

La Corte Costituzionale con sentenza 2 – 16 luglio 1970 n. 142 (in G.U. 1a s.s. 22/7/970 n. 184) ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 147, secondo comma, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare), nelle parti in cui:

a) non consente ai soci illimitatamente responsabili l’esercizio del diritto di difesa nei limiti compatibili con la natura del procedimento di camera di consiglio prescritto per la dichiarazione di fallimento;

b) nega al creditore interessato la legittimazione a proporre istanza di dichiarazione di fallimento di altri soci illimitatamente responsabili nelle forme dell’art. 6 del regio decreto predetto.”.

La Corte Costituzionale con sentenza 20 – 27 giugno 1972 n. 110 (in G.U. 1a s.s. 28/06/1972 n. 165) ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 147 comma primo, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui non prevede che il tribunale debba ordinare la comparizione in camera di consiglio dei soci illimitatamente responsabili nei cui confronti produce effetto la sentenza che dichiara il fallimento della società con soci a responsabilità illimitata, perchè detti soci possano esercitare il diritto di difesa”.

La Corte Costituzionale con sentenza 21 – 28 maggio 1975 n. 127 (in G.U. 1a s.s. 04/06/1975 n. 145) ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 147, secondo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (cosiddetta legge fallimentare), nella parte in cui nega al fallito la legittimazione a chiedere la dichiarazione di fallimento dei soci illimitatamente responsabili”.

La Corte Costituzionale con sentenza 11 – 21 luglio 2000 n. 319 (in G.U. 1a s.s. 26/07/2000 n. 31) ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 147, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, della amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui prevede che il fallimento dei soci a responsabilità illimitata di società fallita possa essere dichiarato dopo il decorso di un anno dal momento in cui essi abbiano perso, per qualsiasi causa, la responsabilità illimitata”.

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