di Carlo Rapicavoli –
Il sistema delle autonomie locali in Sicilia si avvia verso il caos.
La Legge regionale 27 marzo 2013 n. 7 aveva previsto:
1. L’approvazione di una legge regionale, entro il 31 dicembre 2013 per disciplinare l’istituzione dei liberi Consorzi comunali per l’esercizio delle funzioni di governo di area vasta, in sostituzione delle Province regionali. Gli organi di governo dei liberi Consorzi comunali sono eletti con sistema indiretto di secondo grado. Con la predetta legge sono disciplinate le modalità di elezione, la composizione e le funzioni degli organi suddetti.
2. l’istituzione e l’ordinamento nel territorio della Regione delle città metropolitane con la stessa legge regionale.
3. La sospensione del rinnovo degli organi provinciali e il conseguente commissariamento delle Province.
In attuazione della L. R. 7/2013, con tre distinti disegni di legge la Giunta Regionale prevede:
1) Con il d.d.l. n. 542 le “Norme per la costituzione dei Liberi Consorzi di Comuni”;
2) Con il d.d.l. n. 543 le “Norme transitorie sul trasferimento temporaneo delle funzioni amministrative provinciali”;
3) Con il d.d.l. n. 546 la “Istituzione e ordinamento delle Città metropolitane di Catania, Messina e Palermo”;
Cercando di dare un ordine, anche temporale, al disegno del Governo Crocetta, il quadro che ne deriva è il seguente.
Disciplina transitoria (d.d.l. n. 543)
Fino all’istituzione delle città metropolitane e dei liberi consorzi di Comuni, le funzioni delle Province sarebbero trasferite alla Regione ed ai Comuni.
Alla Regione verrebbero transitoriamente assegnate le seguenti funzioni oggi svolte dalle Province:
a) realizzazione di strutture e servizi assistenziali di interesse sovracomunale, anche mediante la riutilizzazione delle istituzioni socio-scolastiche permanenti;
b) promozione ed attuazione di iniziative ed attività di formazione professionale, in conformità della legislazione regionale vigente in materia, nonché realizzazione di infrastrutture per la formazione professionale;
c) iniziative e proposte agli organi competenti in ordine all’individuazione ed al censimento dei beni culturali ed ambientali nonché alla tutela, valorizzazione e fruizione sociale degli stessi beni, anche con la collaborazione degli enti e delle istituzioni scolastiche e culturali. Acquisto di edifici o di beni culturali;
d) promozione dello sviluppo turistico e delle strutture ricettive, ivi compresa la concessione di incentivi e contributi; realizzazione di opere, impianti e servizi complementari alle attività turistiche, di interesse sovracomunale;
e) interventi di promozione e di sostegno delle attività artigiane, ivi compresa la concessione di incentivi e contributi, salve le competenze dei Comuni;
f) vigilanza sulla caccia e la pesca nelle acque interne;
g) costruzione e manutenzione della rete stradale regionale, infraregionale, provinciale, intercomunale, rurale e di bonifica e delle ex trazzere, rimanendo assorbita ogni competenza di altri enti sulle suindicate opere;
h) costruzione di infrastrutture di interesse sovracomunale e provinciale;
i) organizzazione dei servizi di trasporto locale interurbano;
j) protezione del patrimonio naturale, gestione di riserve naturali, anche mediante intese e consorzi con i Comuni interessati;
k) tutela dell’ambiente ed attività di prevenzione e di controllo dell’inquinamento, anche mediante vigilanza sulle attività industriali;
l) organizzazione e gestione dei servizi, nonché localizzazione e realizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti e di depurazione delle acque, quando i Comuni singoli o associati non possono provvedervi;
m) manutenzione della viabilità danneggiata da attività eruttive di vulcani e alla rimozione dei detriti delle ceneri e dei lapilli
Ai Comuni sono verrebbero transitoriamente assegnate le seguenti funzioni oggi svolte dalle Province:
a) distribuzione territoriale, costruzione, manutenzione, arredamento, dotazione di attrezzature, funzionamento e provvista del personale degli istituti di istruzione media di secondo grado; promozione, negli ambiti di competenza, del diritto allo studio. Le suddette funzioni sono esercitate in collaborazione con gli organi collegiali della scuola;
b) promozione e sostegno di manifestazioni e di iniziative artistiche, culturali, sportive e di spettacolo, laddove di interesse comunale
c) autorizzazione all’apertura degli esercizi di vendita al dettaglio.
Il d.d.l. prevede che “i Comuni e la Regione esercitano tali funzioni avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie in atto disponibili presso negli uffici tecnico-amministrativi provinciali, cui queste ultime continuano ad afferire”.
Tradotto significa che permangono gli uffici delle Province che però, sulla base della funzione svolta, fanno riferimento ai Comuni o alla Regione.
Non è chiaro chi e in che modo dovrà gestire i bilanci delle Province per finanziare le funzioni, come sarà gestito il personale e il patrimonio, ecc.
Qualcuno dirà che trattasi di disciplina transitoria.
L’art. 8 del d.d.l. limita infatti l’applicazione delle norme “non oltre il termine del 31 dicembre 2013 e, in ogni caso, fino all’approvazione della legge regionale di attuazione della L. r. 7/2013”.
E’ facile però obiettare che è impossibile giungere all’approvazione ed attuazione degli atri due disegni di legge sull’istituzione delle città metropolitane e dei liberi consorzi, con la conseguenza che il termine della disciplina transitoria – ove approvato – sarà soggetto a proroghe, con l’evidente conseguenza della centralizzazione a livello regionale di tutte le funzioni, con l’eccezione dell’edilizia scolastica superiore, attribuita ai Comuni, che avranno enormi difficoltà ad esercitare.
Nell’ambizioso e confuso disegno riformista, nel territorio regionale si avrà una duplice gestione: le Città metropolitane e i liberi consorzi di Comuni.
Liberi Consorzi di Comuni
Il d.d.l. 542 prevede l’istituzione nella parte di territorio non compreso nelle Città metropolitane di Catania, Messina e Palermo, dei liberi consorzi di comuni “composti sulla base delle caratteristiche economiche, della capacità fiscale, delle attività socio economiche, delle peculiarità culturali e delle attrattività turistiche”.
Entro 90 giorni i Comuni, con delibera consiliare, aderiscono volontariamente ad un Consorzio.
La popolazione dei consorzi può variare da un minimo di 150.000 abitanti ad un massimo di 500.000.
Gli organi sono:
a) Il Presidente, nominato dal Consiglio tra i Sindaci dei Comuni aderenti;
b) Il Comitato dei Sindaci, composto da tutti i Sindaci dei Comuni aderenti;
c) Il Consiglio composto da tutti i Sindaci e da due consiglieri comunali per Comune aderente.
Ai consorzi sono assegnate le seguenti funzioni:
a) Pianificazione territoriale di coordinamento;
b) Pianificazione dei servizi di trasporto;
c) Organizzazione e gestione dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti;
d) Organizzazione e gestione del sistema di approvvigionamento e distribuzione delle risorse idriche;
e) Promozione dello sviluppo turistico e delle strutture ricettive;
f) Organizzazione e gestione dei servizi assistenziali di interesse sovracomunale.
Non vi è traccia nel disegno di legge delle modalità di esercizio delle funzioni, del personale, del patrimonio, delle risorse finanziarie.
Nella relazione si legge: “Con riferimento agli effetti economico – finanziari determinati dal presente disegno di legge, non si ravvisano nuovi o maggiori oneri per il bilancio della Regione, in quanto il presente provvedimento è finalizzato a riordinare l’attuale assetto degli enti di area vasta e costituire un ente che operi alla gestione di un numero ben definito di funzioni ed i cui organi non producono costi, in quanto a titolo esclusivamente gratuito. Le risorse attualmente necessarie per l’esercizio delle funzioni saranno riassegnate in funzione della nuova riorganizzazione e sarà assicurata l’invarianza della spesa, mediante un’accurata previsione dei criteri di ripartizione”.
Quindi sostanzialmente:
1) La legge consente – sembra non obbligare – i Comuni a costituire i liberi consorzi. L’art. 1 dice i consorzi “possono essere composti”; “i Comuni aderiscono volontariamente”;
2) Non sono precisate le modalità di istituzione;
3) Non si individuano le risorse finanziarie per l’esercizio delle funzioni né le modalità del trasferimento del personale oggi addetto a tali funzioni;
4) Viene genericamente affermato che il Consorzio ha potestà statutaria e regolamentare e ad essa si applicano i principi previsti per l’ordinamento dei Comuni, con particolare riguardo allo status degli amministratori, all’ordinamento finanziario e contabile, al personale e all’organizzazione, ma non viene chiarito il rapporto con i singoli Comuni, ad esempio ai fini del patto di stabilità, della spesa del personale, etc.
5) Nel disegno di legge sulle città metropolitane si fa riferimento ad intese per il trasferimento del patrimonio dalle province ai consorzi;
6) Nulla viene precisato in caso di mancata costituzione dei Consorzi. Chi svolgerà le funzioni? Sarà imposta coattivamente dalla Regione l’istituzione del Consorzio?
Le città metropolitane di Catania, Messina e Palermo
Molto più articolato è il d.d.l. n. 546 la “Istituzione e ordinamento delle Città metropolitane di Catania, Messina e Palermo”.
Le Città metropolitane vengono individuate come enti territoriali dotarti della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria, di un proprio statuto e di propri poteri e funzioni, istituiti nei territori con evidenti caratteri metropolitani in luogo dei Comuni e dei liberi consorzi.
Sono articolate in Municipi metropolitani quali organismi di rappresentanza democratica.
Questa la tempistica:
1) Entro 45 giorni dall’entrata in vigore della legge sono approvate le proposte preliminari di istituzione delle città metropolitane nei territori già definiti dalla stessa legge, anche se soggetti a possibili modifiche; tali proposte sono corredate da studi e relazioni;
2) Entro 30 giorni dalla pubblicazione della proposta i cittadini possono presentare osservazioni;
3) Proposta e osservazioni sono trasmesse all’Assessorato Regionale che predispone e sottopone alla Giunta Regionale la proposta definitiva di istituzione. Non sono indicati i tempi a disposizione dell’Assessorato per formulare la proposta definitiva;
4) Entro 30 giorni la Giunta approva la proposta definitiva dell’Assessorato;
5) Nei 60 giorni successivi dovrà svolgersi un referendum tra i cittadini interessati, di cui non sono precisate le modalità di svolgimento, il quorum, ecc. rimessi ad un successivo regolamento;
6) In caso di esito positivo del referendum, entro 10 giorni è istituita la Città metropolitana con decreto del Presidente della Regione;
7) Entro 15 giorni dalla pubblicazione del decreto è istituita la Città metropolitana e soppresso il comune capoluogo;
8) Entro 6 mesi dall’istituzione sono soppressi gli altri Comuni compresi nel territorio metropolitano;
9) Entro 12 mesi dall’istituzione le Città metropolitane predispongono d’intesa con i liberi consorzi e con le province in liquidazione analitici progetti di sistemazione dei rapporti finanziari e di trasferimento delle risorse e del patrimonio delle province alla città metropolitane
La Città metropolitana succede immediatamente a titolo universale al comune capoluogo e ne assume le funzioni, assume le funzioni della corrispondente Provincia già soppressa con riferimento all’intero territorio metropolitano, assume funzioni di indirizzo e coordinamento dei Comuni compresi nel territorio metropolitano.
I sindaci dei comuni di Catania, Messina e Palermo sono di diritto sindaci delle rispettive Città metropolitane.
Entro sei mesi dall’istituzione, la conferenza metropolitana, composta dai sindaci dei Comuni compresi nella città metropolitana deve approvare Statuto, Regolamento sul decentramento, Rendiconto generale del comune capoluogo alla data della soppressione e primo bilancio di previsione.
Trascorsi 15 giorni dall’approvazione di tali atti, tutti i restanti Comuni compresi nel territorio metropolitano sono soppressi e la Città metropolitana succede a titolo universale ai Comuni soppressi assumendone le funzioni.
In luogo dei Comuni soppressi, sono istituiti i Municipi metropolitani.
Spettano alla Città metropolitana tutte le funzioni ed i compiti amministrativi che riguardano la popolazione ed il territorio metropolitano, nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, della pianificazione territoriale ed urbana e delle reti infrastrutturali, dell’assetto e utilizzazione del territorio, della mobilità e viabilità, della sostenibilità ambientale, dei servizi pubblici.
Sono comunque attribuite tutte le funzioni già svolte dai Comuni e dalle Province.
E’ previsto inoltre un ampio trasferimento di funzioni amministrative oggi svolte dalla Regione in materia di attività produttive, commercio, cultura, agricoltura e foreste, rifiuti, servizio idrico, lavori pubblici e infrastrutture, trasporti, protezione civile, turismo, sport, spettacolo, beni culturali.
Il disegno di legge si occupa quindi degli organi e del sistema elettorale.
In allegato al disegno di legge sono elencati i Comuni che rientrano nel territorio metropolitano.
Brevi considerazioni finali
La situazione di caos normativo è evidente solo alla lettura dei disegni di legge.
Lo spezzettamento in tre proposte diverse, anziché un testo unitario, rende ancora di più confusa la situazione.
Nell’assoluta aleatorietà sulla tempistica attuativa, malgrado le ambiziose previsioni contenute nel d.d.l. sulle città metropolitane, si rischia di ingenerare gravi incertezze su funzioni, competenze e risorse per diversi anni, con la verosimile conseguenza del protrarsi, per un tempo indefinito, della gestione transitoria, che vede le vecchie Province commissariate e in liquidazione, l’accentramento delle funzioni a livello regionale, gravi difficoltà per i Comuni chiamati a subentrare ad esempio nella gestione degli edifici scolastici.
L’assetto territoriale che deriverebbe dalla riforma crea notevolissime differenze gestionali tra “i territori metropolitani” e la restante parte del territorio regionale, nel quale permarrebbe una gestione fortemente centralizzata.
La soppressione dei Comuni nel territorio metropolitano interviene in storie secolari di autonomia, coinvolgendo Comuni, come ad esempio Acireale nella città metropolitana di Catania, con oltre 51.000 abitanti, istituito quale Comune autonomo da quasi cinque secoli e con una storia millenaria che ne ha fatto anche una sede vescovile.
In generale non è dato sapere in base a quale analisi territoriale o socio-economica sono stati individuati i Comuni.
Appare singolare, quale ulteriore esempio, ritenere caratterizzate da contiguità territoriale la Città metropolitana di Catania e le quote sommitali dell’Etna. Il territorio metropolitano, secondo la proposta, giunge infatti fino a quota 3.300, comprendendo il Comune di Nicolosi il cui territorio si estende fino alle quote sommitali dell’Etna.
Al contrario, non è comprensibile non aver considerato unitariamente il territorio montano dell’Etna, di cui una sola porzione sarà territorio metropolitano mentre la restante parte, verosimilmente, rientrerà in un libero consorzio con strutture, risorse e funzioni totalmente diverse.
Probabilmente l’analisi che dovrà seguire l’istituzione della città metropolitana, prevista dall’art. 2 del d.d.l., avrebbe dovuto precedere la proposta.
Ciò che preoccupa maggiormente però è la genericità delle previsioni relative alla gestione finanziaria e patrimoniale e del personale, del tutto assente per i liberi consorzi e delineata per grandi linee per le Città metropolitane.
Appare evidente che le procedure di liquidazione delle Province richiederanno molto più di qualche mese; in assenza di un Ente che subentra per successione universale, ma con la compresenza di più Enti – Città metropolitana e consorzi di Comuni – che succedono, la definizione dei rapporti economico-finanziari, della situazione debitoria, delle partecipazioni societarie, etc. diventa molto complesso.
Anziché procedere sull’onda demagogica di riforme e di soppressioni, forse un disegno più ragionato ed organico, con tempi meglio cadenzati, avrebbe evitato quel caos istituzionale che oggi, purtroppo, ci appare inevitabile.