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IL RUOLO DELL’AVVOCATO NELL’AMBITO DELLE POLITICHE DI SVILUPPO SOSTENIBILE VERSO GLI OBIETTIVI DELL’AGENDA 2030. – QUOTIDIANO LEGALE
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IL RUOLO DELL’AVVOCATO NELL’AMBITO DELLE POLITICHE DI SVILUPPO SOSTENIBILE VERSO GLI OBIETTIVI DELL’AGENDA 2030.

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IL RUOLO DELL’AVVOCATO NELL’AMBITO DELLE POLITICHE DI SVILUPPO SOSTENIBILE VERSO GLI OBIETTIVI DELL’AGENDA 2030.
Principi generali di sostenibilità nell’azienda e nell’impresa del futuro prossimo.

Lorenzo Greco, Luca Occhionero, Rocco Bove
(avvocati del Foro di Taranto)
SINTESI L’indagine eseguita ha condotto alla determinazione che le imprese che operano tutelando l’ambiente, gli ecosistemi e il sociale sono concorrenziali nel lungo periodo, grazie anche agli investimenti che rendono sostenibili le aziende, come previsto dall’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (Agenda 2030) e dai correlati Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS o SDGS). Nell’anno 2022, la tutela dell’ambiente e degli animali ha avuto accesso nella Carta Costituzionale Italiana; è stata identificata quale valore fondamentale dello Stato. Con la modifica degli artt. 9 e 41 della Carta Costituzionale, tutti, nessuno escluso, devono osservare massima attenzione verso “l’ambiente, alle biodiversità e agli ecosistemi” per garantire anche le generazioni future. La transizione ecologica ed energetica non è un principio astratto ma una attività di conversione graduale ma quanto più rapida possibile, finalizzata a limitare i danni già arrecati agli ecosistemi. La sostenibilità è un principio che deve declinarsi anche nei rapporti intrattenuti dall’impresa con i terzi, con i lavoratori, le famiglie, con tutti i partner commerciali nonché con gli investitori ed i consumatori; così, anche il settore finanziario deve svolgere un ruolo fondamentale nel veicolare il capitale privato verso investimenti sostenibili, diventando fonte d’ispirazione per gli operatori del mercato. L’economia circolare è senza subbio una delle chiavi di volta utili alla radicale trasformazione del sistema economico verso uno sviluppo sostenibile. Sviluppare la consapevolezza del consumatore promuovendo l’utilizzo di prodotti che riducono al minimo il consumo di materiali originari (materie prime) e che siano facilmente riciclabili una volta raggiunto il fine vita; si deve passare dalla produzione atta alla sostituzione del bene a quella tesa a garantire la longevità del bene attraverso la possibilità di ripararlo. L’impresa deve interpretare il ruolo di protagonista del cambiamento sociale ed economico innescando un circolo virtuoso per tutto il territorio mediante la promozione di una cultura aziendale rivolta alla sostenibilità sociale e ambientale. Nel 2016, la CGIL organizzò un importante convegno nell’ambito della European Sustainable Development Week finalizzato ad individuare un punto di compromesso tra varie “necessità”: avviare l’industria italiana sulla via della produzione “sostenibile”, tutelare l’occupazione trasformandola con la individuazione di nuove mansioni e professionalità. Nel “Piano del Lavoro” fondamentale è il ruolo del “pubblico” non solo per la programmazione economica ma anche per la creazione diretta dei posti di lavoro nella ricerca, innovazione tecnologica, beni connessi ai diritti dei cittadini, bonifiche, dotazione energetica per gli edifici (pubblici e privati), sistema scolastico e universitario, piano energetico basato su fonti rinnovabili, sicurezza sismica, prevenzione alla desertificazione, risparmio di acqua, piani per l’agricoltura, programma sanitario basato sulla “cura specifica” e non sulla sovrapproduzione di farmaci.
ABSTRACT The survey carried out led to the determination that the companies that operate while protecting the environment, ecosystems and society are competitive in the long term, thanks also to the investments that make companies sustainable, as envisaged by the Global Agenda for the Sustainable Development of the United Nations (Agenda 2030) and related Sustainable Development Goals (OSS or SDGS). In the year 2022, the protection of the environment and animals had access to the Italian Constitutional Charter; they have been identified as fundamental values of the State. With the modification of articles 9 and 41 of the Constitutional Charter, everyone, without any exception, must observe the utmost attention “to the environment, biodiversity and ecosystems” to guarantee future generations as well. The ecological and energy transition isn’t an abstract principle, but a long, gradual but as rapid conversion as possible, aimed at limiting the damage already done to ecosystems. Sustainability is a principle that must also be expressed in the relationships maintained by the company with third parties, with workers, families, with all commercial partners as well as with investors and consumers; thus, the financial sector must also play an essential role in channeling private capital towards sustainable investments, becoming a source of inspiration for market operators. The circular economy is undoubtedly one of the keystones useful for the radical transformation of the economic system towards sustainable development. To develop consumer awareness by promoting the use of products that minimize the consumption of original materials (raw materials) and that are easily recyclable once the end of life is reached; we must pass from production aimed at replacing the asset to that aimed at guaranteeing the longevity of the asset through the possibility of repairing it. The company must play the leading role od social and economic change by triggering a virtuous circle for the territory through the promotion of a corporate culture aimed at social and environmental sustainability. In 2016, the CGIL organized an important conference as part of the European Sustainable Development Week aimed at identifying a compromise point between various “needs”: starting the Italian industry on the path of “sustainable” production, protecting employment by transforming it with identification of new tasks and professionalism. In the “Work Plan”, the role of the “public” is fundamental not only for economic planning but also for the direct creation of jobs in research, technological innovation, goods related to citizens’ rights, reclamation, energy supply for buildings (public and private), school and university system, energy plan based on renewable sources, seismic safety, desertification prevention, water saving, agricultural plans, health program based on “ specific care” and not on overproduction of medications.

SOMMARIO:
CAPITOLO I: Azienda, impresa e sostenibilità.
CAPITOLO II: Transizione Energetica.
CAPITOLO III: Governance delle aziende sostenibili.
CAPITOLO IV: Concetto di economia circolare.
CAPITOLO V: La ricerca teorica della sostenibilità – impatti sociali.

CAPITOLO I: Azienda, impresa e sostenibilità.
Oggetto dello studio è la Sostenibilità quale elemento trainante delle aziende nella compagine sociale odierna e in quella futura. L’analisi porterà alla determinazione che le imprese che seguono le regole e le norme dettate per tutelare l’ambiente, la dimensione sociale e gli ecosistemi, risulteranno concorrenziali nel lungo periodo, grazie anche agli investimenti idonei a rendere sostenibile le aziende, così come previsto dall’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (Agenda 2030) e dai correlati Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS o SDGS).
E’ importante che tutte le aziende, piccole, medie e grandi si allineino verso un unico comune denominatore ossia: “tutelare l’ambiente e gli ecosistemi in funzione di una crescita globale sostenibile”.
Premesso ciò, l’Azienda “è il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”, come previsto dal Libro V (del lavoro), Titolo III (dell’azienda), Capo I, art. 2.555 c.c. s.s.., sintetizzando potremo dire che l’azienda è l’elemento strumentale ed ha carattere oggettivo, mentre l’impresa è l’attività dell’imprenditore.
L’“azienda”, quale complesso dei beni organizzati dall’imprenditore, ha la finalità di produrre beni e/o realizzare e/o trasformare prodotti (e fornire servizi) che saranno oggetto di scelta e d’acquisto da parte dei consumatori.
L’impresa” è l’attività esercitata in maniera continuativa e professionalmente dall’imprenditore ed è finalizzata alla realizzazione di un utile – profitto.
L’attività imprenditoriale (e aziendale) è disciplinata e regolamentata da norme del codice civile e da leggi speciali; tra le norme speciali che disciplinano l’attività di impresa si annoverano quelle in MATERIA AMBIENTALE.
Nell’anno 2022, per la prima volta, la tutela degli animali e dell’ambiente ha avuto accesso nella Carta Costituzionale Italiana (riconosciuti quali valori fondamentali dello Stato a favore delle generazioni future), allineando l’Italia ad altri Stati Europei quali la Francia, Germania e la Spagna.
Con la modifica degli artt. 9 e 41 della Carta Costituzionale, tutti devono osservare massima attenzione “all’ambiente, alle biodiversità e agli ecosistemi” (temi.camera.it). La tutela di questi nuovi soggetti di diritto (ambiente, ecosistemi e animali) è finalizzata sia a gestire gli ecosistemi attuali, sia a preservarne la conservazione per le “generazioni future”; le “generazioni future” quindi entrano nella Costituzione Italiana.
Oggi, un’azienda deve adeguarsi sia ai principi Costituzionali sia alle Leggi speciali in materia ambientale nonché a tutte quelle norme (scritte o dettate dall’evoluzione tecnologica) che disciplinano la sostenibilità dell’attività aziendale che hanno, quale fine ultimo, quello di garantire che l’intero ciclo di produzione non sia lesivo degli ecosistemi e dei diritti del vivere in ambiente sano delle generazioni future, adeguando così l’attività d’impresa alle esigenze dell’ambiente e della collettività; ne consegue che le leggi speciali sono da considerarsi essenziali e ad integrazione di quelle codicistiche non più capaci di soddisfare tutte le esigenze attuali. Essendo le necessità della collettività mutevoli, l’attività del Legislatore e l’impegno degli imprenditori devono mutare coerentemente e in linea agli effetti che le loro attività possono determinare agli ambienti circostanti.
Negli ultimi lustri, gran parte degli stati del mondo hanno modificato le leggi a tutela dell’ecologia e gli imprenditori sono stati indotti (anche da una serie di leggi favorevoli) a modificare la gestione delle aziende, valutando correttamente la possibilità(in certi casi l’obbligo) di proiettare le stesse, nell’ottica del lungo periodo, incrementando investimenti tecnologicamente avanzati così da rendere le loro attività sostenibili e sopratutto poco inquinanti.
CAPITOLO II: Transizione Energetica.
La transizione ecologica ed energetica non è un principio astratto bensì reale necessità di un processo di modifica e conversione, graduale ma quanto più possibile rapido e finalizzato a limitare i danni già arrecati agli ecosistemi. Per rendere l’azienda più pronta a raggiungere obiettivi di sostenibilità ambientale, grazie ad una serie di interventi normativi ed anche giurisprudenziali, gli imprenditori, per l’acquisto di beni strumentali non devono più investire “immediatamente” propri capitali poiché, per essere sempre tecnologicamente all’avanguardia con produzioni ecologicamente sostenibili (quindi sempre meno inquinanti fino a ridurre i residui delle lavorazioni a zero), hanno la necessità di effettuare continue sostituzioni di strumentazioni aziendali con mezzi più tecnologicamente avanzati.
Fattore essenziale per rendere l’attività sostenibile e green è l’utilizzo di beni strumentali destinati univocamente al raggiungimento del prefissato scopo dell’azienda (ossia quello di produrre un bene).
Ne consegue che sia la tipologia aziendale (e il prodotto finale che si vuole realizzare e commercializzare) sia le finalità economiche prefissate vincolano sempre di più la scelta dei beni strumentali che l’imprenditore acquisterà e/o utilizzerà nella propria attività; denominatore comune tra gli imprenditori che vogliono esercitare l’attività d’impresa in maniera sostenibile è cercare di rendere l’azienda tale con interventi che riguarderanno la fruizione di beni strumentali in linea con le norme antinquinamento vigenti in quel dato periodo storico e coerenti con i parametri ambientali imposti e indicati dalle norme stesse del paese sin cui opera.
L’imprenditore è l’elemento che fa la differenza tra le aziende, sia nel breve che nel lungo periodo (breve periodo per le piccole e medie imprese – lungo periodo nelle grandi imprese), in quanto è colui che riesce a rendere l’azienda concorrenziale proiettandola nel futuro garantendo la produzione sostenibile.
Vieppiù, nel prossimo futuro, attraverso studi scientifici, si potrà addivenire anche all’uso e alla fruizione di materiali che oggi sono considerati di scarto (scorie di acciaio), come catalizzatori della fotosintesi artificiale, riducendo l’inquinamento (Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro di Bari, CNR – Istituto Nanotecnologie).
Come accennato, le aziende, attualmente, possono fruirne di molteplici beni strumentali “a non domino”; nella maggior parte dei casi, le imprese, per fruire di strumentazione sempre meno inquinante ma ugualmente funzionali ed efficaci, si rivolgono a società di leasing a cui chiedono di acquistare beni e di attribuirglieli (quale soggetto utilizzatore) per un determinato periodo in cambio di un corrispettivo previamente pattuito. Così operando, la società utilizzatrice, senza esborsi immediati ed ingenti, corrispondendo un canone prestabilito per la fruizione del bene, potranno goderne della funzionalità senza privarsene.
Per la fruizione di beni strumentali – a non domino, sono state studiate forme di finanziamento da considerarsi sottocategorie di leasing utili all’autofinanziamento.
Un modello di “business sostenibile” passa necessariamente da una gestione virtuosa e strategica delle risorse disponibili. L’impresa deve avere un approccio sistemico, inclusivo e trasparente, tale da coniugare la crescita economica con lo sviluppo sociale, la tutela del patrimonio naturale e le biodiversità (tra queste anche la sopravvivenza dell’intera umanità).
CAPITOLO III: Governance delle aziende sostenibili.
Il modello di “governance” dell’impresa deve essere orientato ai principi della sostenibilità attraverso una visione plurigenerazionale e non esclusivamente speculativa (nel raggiungere il massimo profitto aziendale). A tal fine è necessario dotarsi di sistemi gestionali utili a monitorare e rendicontare la relazione tra il livello di soddisfazione degli “Stakeholder” nei confronti dell’azienda e le performance di business. Le decisioni assunte dall’impresa devono contemperare un trade – off tra la massimizzazione dell’azionista e l’equilibrio degli impatti verso la pluralità degli Stakeholder, al fine di dare solidità alla posizione competitiva dell’azienda.
Ma la sostenibilità è un principio che deve declinarsi anche nei rapporti intrattenuti dall’impresa con i terzi, non eccettuando i lavoratori, le famiglie, tutti i partner commerciali, i fornitori nonché con gli investitori ed i consumatori, quali ultimi fruitori del bene e o del servizio ma fondamentali per la realizzazione dello scopo aziendale. È necessario applicare quella che gli economisti chiamavano “Stakeholder theory”, ovvero impostare l’obiettivo dell’impresa nella soddisfazione di tutti i portatori di interessi attraverso un ripensamento profondo del ruolo dell’impresa.
L’azienda diventa consapevole che il modo in cui la sua identità viene percepita all’esterno è indispensabile per ottenere legittimazione sociale e questo dipende dalla sua capacità di stabilire rapporti seri, continui e duraturi con gli stakeholder. L’azienda e l’attività di impresa non devono solo generare profitto ma devono tendere a migliorare la condizione economica e sociale della comunità in cui operano.
Nel 1994, John Elkington teorizzava il paradigma delle “3P”, secondo il quale la sostenibilità aziendale si esplicita in 3 dimensioni: ambientale (Planet), sociale (People) ed economico finanziaria (Profit). Le imprese sostenibili realizzano prodotti e servizi che sono rispettosi dell’ecosistema attraverso una gestione delle risorse umane improntata alla formazione continua e alla valorizzazione e valutazione delle competenze e delle professionalità. La realizzazione del citato paradigma assicura benefici principalmente nel lungo periodo, mentre nel breve periodo l’impresa ha la necessità di realizzare profitti per non pregiudicare la propria competitività sul mercato. Possono, pertanto, presentarsi oggettive difficoltà nell’applicazione di strategie rivolte alla sostenibilità aziendale, considerando anche la volatilità di mercati sempre più esposti a molteplici variabili che possono pregiudicare la realizzazione di un progetto virtuoso. Queste difficoltà devono essere attenuate da una politica nazionale e sovranazionale che incentivi, sostenga e valorizzi le imprese che decidono di operare nel mercato seguendo modelli di business improntati alla sostenibilità e alla tutela delle future generazioni (che hanno gli stessi diritti di godere dell’ambiente come fatto dalla nostra generazione).
CAPITOLO IV: Concetto di economia circolare.
In questa ottica anche il settore finanziario deve svolgere un ruolo fondamentale nel veicolare il capitale privato verso investimenti sostenibili, così come le aziende leader sul mercato e agli occhi dei consumatori devono svolgere un ruolo fondamentale nell’adozione di modelli di business incentrati sui canoni dell’economia circolare, diventando fonte di ispirazione per gli operatori di mercato.
L’economia circolare è senza subbio una delle chiavi di volta utili alla radicale trasformazione del sistema economico verso uno sviluppo sostenibile. Secondo la definizione della “Ellen MacArthur Foundation” economia circolare «è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera». In sintesi trattasi di un innovativo modello economico teso a definire le modalità di riduzione dello spreco di risorse naturalistiche ed energetiche partendo sin dalla fase di progettazione del prodotto finale attraverso la “standardizzazione” e la “modularizzazione” della componentistica, dei flussi di materiale puro e la progettazione per lo smontaggio diretto per riutilizzare i diversi componenti o riciclare i mono-materiali.
Investire nelle infrastrutture e in sistemi di raccolta e trattamento più convenienti e di migliore qualità ponendo l’attenzione sul riciclo del prodotto, partendo dal reso da parte del consumatore sino al riutilizzo del prodotto in un nuovo ciclo di produzione. Lavorare con l’obiettivo di estendere il life cycle del prodotto, ripensando l’organizzazione del lavoro e la logistica, nonché la gestione dei rischi e la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili, favorendo il rapido abbandono del modello energetico fondato sulle fonti fossili. Sviluppare la consapevolezza del consumatore promuovendo l’utilizzo di prodotti che riducono al minimo il consumo di materiali originari e che sono facilmente riciclabili una volta che raggiungono il fine vita; si passa, pertanto, dalla produzione atta alla sostituzione del bene verso la produzione atta alla longevità del bene attraverso la possibilità di riparare il bene e continuarlo a utilizzare, vietando la obsolescenza programmata da ultimo anche sanzionata in vari paesi del Mondo (TAR Lazio, Sentenza n. 5736/2000 conferma sanzione irrogata alla Apple dalla A.G.C.M, con provvedimento n. 27365 del 25 settembre 2018 – Mondo Diritto, Osservatorio Civile).
L’impresa deve, altresì, mirare al benessere dei lavoratori e delle rispettive famiglie attraverso la promozione della salute e della sicurezza sul lavoro, programmi di crescita professionale, sistemi di welfare o benefit. In altri termini, investire nel perseguimento del benessere aziendale significa investire sull’efficienza e sulla produttività anche futura con ricadute positive in termini di competitività, qualità professionali e attrattività.
Determinante, ai fini della realizzazione del paradigma della sostenibilità è intrattenere partnership innovative e strategiche in tutta la propria filiera, partendo dalle modalità di approvvigionamento e dal rapporto contrattuale con i fornitori.
L’impresa deve interpretare il ruolo di protagonista del cambiamento sociale ed economico della comunità di appartenenza, innescando un circolo virtuoso per tutto il territorio mediante la promozione di una cultura aziendale rivolta alla sostenibilità sociale e ambientale. Fondamentale è il dialogo costante con la comunità attraverso una comunicazione chiara, trasparente e rispettosa delle sempre crescenti aspettative dei consumatori. A tal fine risulta assolutamente deleteria l’impostazione di campagne di marketing basate sull’ingiustificata appropriazione di virtù ambientaliste (greenwashing).
Queste direttive sottopongono l’azienda ad una serie di rischi strategici e operativi che ne possono compromettere la posizione competitiva e che molto spesso si traducono in danni di immagine con conseguente perdita della clientela (sempre più attenta alla ricerca del prodotto non inquinante), sanzioni da parte di enti sovrapposti e regolatori nonché manovre ostruzionistiche da parte dei distributori. Al contrario, è opportuno sostanziare i principi di sostenibilità sopra esposti mediante un percorso responsabile e orientato nel medio – lungo periodo. Solo in questo modo potrà muoversi lungo una direttrice che coniuga crescita economica, sviluppo sociale e salvaguardia del patrimonio umano e naturale, accrescendo la reputazione e la competitività dell’impresa agli occhi degli stakeholder.
CAPITOLO V: La ricerca teorica della sostenibilità – impatti sociali.
Il recente disastro della “Marmolada” (il cui ghiacciaio è posto nella massima elevazione delle Dolomiti) per la sua eccezionalità e per il notevole costo umano che ha preteso potrebbe rappresentare un punto di svolta nella percezione che ha “l’italiano medio” dei grandi cambiamenti climatici che stanno investendo il mondo sinora conosciuto. (Il Fatto Quotidiano, edizione del 3\07\2022). Eppure sin dal lontano 2013 sindacati ed imprese, nei rispettivi consessi ma anche in convegni organizzati unitariamente, hanno lanciato l’allarme non solo sulle condizioni climatiche in mutazione ed in grado di modificare lo scenario naturale esistente, ma anche sulle profonde ed in certi casi irreversibili, trasformazioni che la svolta ambientale della produzione industriale porterà sul mondo del lavoro.
Nel 2016 il maggiore sindacato italiano (la CGIL) organizzò un importante convegno nell’ambito della European Sustainable Development Week aperto ad esperti e personalità del mondo accademico e dell’associazionismo ambientalista finalizzato ad individuare un punto di compromesso tra varie “necessità”: per prima quella di avviare l’industria italiana, senza ulteriori tentennamenti, sulla via della produzione “sostenibile”, e per finire l’altra di tutelare l’occupazione pur trasformandola con la individuazione di nuove mansioni e nuove professionalità.
Nel “Piano del Lavoro” di seguito composto si rivendica il ruolo del “pubblico” nella economia non solo per la programmazione economica ma anche per la creazione diretta dei posti di lavoro e si individuano i principali settori destinatari di investimenti pubblici e di assunzioni: ricerca, innovazione, tecnologica, beni comuni connessi ai diritti dei cittadini. Inoltre un enorme piano di grandi opere strategiche ed infrastrutturali capaci di adeguare il Paese ai grandi e costanti cambiamenti naturali: bonifiche, ma anche opere di tutela del territorio e dei beni artistici e culturali, dotazione energetica per gli edifici (pubblici e privati), sistema scolastico ed universitario, un nuovo piano nazionale della energia basato su fonti rinnovabili ed innovazione tecnologica, messa in sicurezza sismica, opere di prevenzione desertificazione e risparmio di acqua, nuovo piano per l’agricoltura nazionale, nuovo concetto di sanità basato sulla “cura specifica” e non sulla sovraproduzione di farmaci. Nel convegno si diede come acquisita l’idea, del resto prevalente in ambito scientifico, secondo cui i cambiamenti climatici sono causati dalle attività dell’uomo e che questi cambiamenti climatici sono portatori di effetti devastanti ed irreversibili con costi umani e non solo elevatissimi. Ma è possibile mettere anche in campo decisive soluzioni: da uno studio della università di Stanford si evince la possibilità di realizzare un sistema energetico al 100 % rinnovabile fino al 2050, la cui transizione porterebbe a 379.536 nuovi posti di lavoro in fase di installazione e di 526.587 in fase operativa, solo per l’Italia. Un risparmio del 6% per i minori costi sostenuti per morti premature e malattie causate dallo sfruttamento delle fonti fossili, ed una riduzione del costo della energia pari al 40%. La trasformazione energetica e la transizione ecologica non possono essere regolamentate dai “mercati”, perché gli interessi contrapposti ma consolidati che governano questi ultimi non solo tendono a rallentare la modernità, ma non garantiscono uno sviluppo equilibrato delle stesse: la CGIL calcola che in ogni caso le transizioni necessarie comporteranno anche effetti negativi sulla occupazione, 5 milioni in meno erano previsti a partire dal 2018 e quinquennio successivo nelle 15 principali economie del mondo per lo sviluppo dei settori della intelligenza artificiale, le nanotecnologie, le biotecnologie, e la stampa 3D.
Senza dunque un controllo pubblico ed una equilibrata gestione delle incredibili trasformazioni in corso le transizioni rischiano di naufragare in un circuito di scontro rivendicativo tra le classi sociali. (Simona Fabiani, Grennreport.it — Studio “100% clean and renewable wind, water, and sunlightall- sector energy roadmaps for the 50 unitedstates” pubblicato su Energy ed Environmental Sciences da un team di ingegneri della California-Berkeley e Stanford University guidato da Mark Jacobson).
Laddove l’Unione Europa riuscisse a chiudere in tempi brevi questa guerra distruttiva proprio nei suoi immediati confini che oltre a generare migliaia di morti tra proletari russi ed ucraini mandati al fronte, è causa di una crisi economica e sociale complessiva tale da mettere a rischio tutte le conquiste sociali ed ambientali sinora acquisite, si potrebbe riaprire il discorso sul grande programma di sviluppo immaginato per mettersi alle spalle l’improvvisa crisi economica causata dalla pandemia di coronavirus. Ben 750 miliardi destinati alla ripartenza economica dei 27 membri della Unione Europea per il tramite del progetto “Next Generation UE”. A tale proposito il governo italiano in data 25 aprile 2021 ha presentato e sottoposto al vaglio del Parlamento il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), successivamente trasmesso alla Commissione Europea ed approvato dal Consiglio Economia e Finanza (ECOFIN) in data 13 luglio 2021. All’Italia sono stati assegnati ben 191,5 miliardi da utilizzare entro il 2026. Le riforme e gli investimenti dedicati dal PNRR alle politiche del lavoro fanno parte della componente n.1 della “Missione 5”, le cui finalità sono costituite dalla lotta alle discriminazioni di genere, dall’aumento dell’occupazione giovanile, dal riequilibrio dello sviluppo del territorio nazionale, dalla modernizzazione del Paese e dalla transazione verso una economia verde e digitale. (Tatiana Biagioni, Il Sole 24ore,22 ottobre 2021, n.42). Ma nello stesso PNRR si affronta il tema della formazione dei lavoratori e dello sviluppo delle competenze professionali.
Non ci può infatti essere né transizione digitale e né transizione verde senza una concreta riconversione del sapere che consenta a chi deve entrare nel mercato del lavoro o a chi vi è già entrato di stare al passo con i tempi che corrono.
Secondo i dati ISTAT il problema del mancato aggiornamento dei lavoratori in Italia è estremamente critico: nel 2019 il Paese occupava il 18esimo posto in Europa per partecipazione dei lavoratori in attività formative con una percentuale dell’8,1% di individui che partecipano a programmi di formazione continua, contro una media europea dell’11,1%. In seguito alla pandemia, nel 2020 il tasso è sceso al 7,2%. Inoltre, le recenti analisi del World Economic Forum stimano che entro il 2025 il 50% di tutti i lavoratori necessiterà di un reskilling ed il 40% delle competenze di base degli attuali lavoratori sarà differente rispetto alle competenze attuali. Il PNRR all’uopo prevede l’adozione di un programma nazionale di presa in carico dei soggetti disoccupati e delle persone in transizione occupazionale (ovvero percettori di reddito di cittadinanza, naspi e cassa integrazione), il programma che si chiamerà GOL (garanzia di occupabilità dei lavoratori) avrà come modalità di lavoro la profilazione della persona e la creazione di percorsi personalizzati di riqualificazione delle competenze e di accompagnamento al lavoro. L’obiettivo dichiarato è quello di superare l’eccessiva eterogeneità dei servizi attualmente offerti a livello territoriale. Unitamente a tale progetto il PNRR prevede l’adozione di un “piano nazionale nuove competenze che fissi gli standard di formazione essenziale per i disoccupati censiti dai centri per l’impiego e rafforzi la formazione professionale recuperando al lavoro anche i cosiddetti “neet” ovverosia persone che né lavorano, né studiano, problema esistente nelle regioni meridionali e tra residenti migranti. Per i lavoratori occupati è previsto un “fondo nuove competenze” per consentire alle aziende di organizzare l’orario di lavoro in modo tale da fornire ai propri dipendenti l’accesso ai servizi di formazione ed aggiornamento senza perdere produttività tramite la stipulazione di specifici accordi collettivi aziendali con le organizzazioni sindacali. Una attenzione particolare verrà dedicata all’inserimento nel mondo del lavoro delle persone diversamente abili ed al bando delle discriminazioni di genere. In particolare si prevede di promuovere le imprese a conduzione femminile rimodulando gli attuali strumenti di sostegno (NITO, Smart&smart) per fare in modo che specifiche risorse siano destinate alle imprese “rosa”. Lo strumento più innovativo previsto è l’istituzione di un “sistema nazionale di certificazione della parità di genere” che consenta di incentivare e premiare le imprese che adottino policy adeguate alla riduzione delle discriminazioni.
L’ultimo tema inerente il mondo del lavoro previsto dal PNRR è la lotta al sommerso. Le direttive sulle quali si dovrebbe sviluppare questo obiettivo corrono lungo il miglioramento degli strumenti e delle tecniche di raccolta e condivisione dei dati al fenomeno del lavoro sommerso; l’introduzione di misure di disincentivo del lavoro nero quali rafforzamento di attività ispettive e di sanzioni e incentivi finanziari alla regolarizzazione; campagne informative e di sensibilizzazione sul tema; una struttura di governance che garantisca l’implementazione delle iniziative previste. Nello specifico si prevede di aumentare il numero delle ispezioni del 20% entro la fine del 2024 e di ridurre almeno di un terzo il gap attualmente esistente tra il dato italiano sul lavoro sommerso e quello UE. In merito a quest’ultimo capitolo del PNRR riguardante l’emersione del “lavoro nero” va detto che lo stesso non prevede risorse finanziarie per i percorsi individuati come necessari al fine di raggiungere l’obiettivo; percorsi che quindi andranno finanziati annualmente con disposizioni di bilancio nazionale.
Per concludere, gli obiettivi di sviluppo sostenibile, seppur nell’Agenda 2030 siano settorialmente enunciati, vanno letti e attuati l’uno in combinato con l’altro, così invogliando le aziende e privati a ragionare in una prospettiva futura e di lungo periodo, non con spirito individualistico ma di cura e garanzia della collettività, sostenendo dall’interno la rivoluzione culturale che verrà trasfusa nel cambiamento generale culturale imprenditoriale.
La sostenibilità d’impresa (analogo discorso vale per il privato cittadino) è un concetto esclusivamente volontario, autonomo e autogestito e non imposto dall’esterno, dalle Istituzioni e o dal Legislatore Nazionale e Sovranazionale.
Sintetizzando, l’azienda, al fine di sopravvivere alle mutevoli esigenze, è chiamata a giocare un ruolo attivo per sé (garantendosi profitti) e per l’intera collettività. L’attività di impresa deve contribuire alla trasformazione culturale generale – verso la sostenibilità in tutti gli ambienti e i tutti gli operatorio – i cui effetti positivi per l’intera collettività mondiale saranno tangibili nel lungo periodo.
BIBLIOGRAFIA
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La locazione finanziaria, G. Ferrarini, Milano 1977;
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Salvatore Nunziata su Bollettino ADAPT n.16 del 26 aprile 2021)
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