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Il riordino delle Province tra attuazione della Legge Delrio, disegno di legge di stabilità e dichiarazioni del Governo

di Carlo Rapicavoli –

Da anni, e ripetutamente dal decreto “salva Italia” del governo Monti alla Legge Delrio, abbiamo scritto e segnalato le incongruenze ed il rischio caos per i servizi determinati da riforme disorganiche, per nulla ponderate, che interessavano gli Enti Locali in generale, e le Province in particolare.

Riforme – se così si possono definire – avulse da un disegno organico, ignare dell’assetto delle funzioni e finalizzate a dare risposte ad una crescente e dissennata campagna di stampa demolitoria ad ogni costo più che ad esigenze reali di razionalizzazione e contenimento della spesa, solo a dimostrazione della volontà della classe politica di saper finalmente “riformare”.

Non è soddisfacente né consolante concludere con il consueto ed inutile “lo avevamo detto”.

Non lo è tanto più che le vicende delle ultime settimane vanno oltre le stesse – pur di per sé imperfette e caotiche – previsioni normative.

Il cosiddetto riordino delle Province e la connessa istituzione delle Città Metropolitane sta assumendo contorni davvero singolari.

Vi è da una parte l’attuazione “ufficiale”, seppure con tempi dilatati rispetto a quelli, evidentemente troppo ristretti ed ottimistici, previsti dalla Legge Delrio e dall’altra la ridda di dichiarazioni dei vari Ministri e Sottosegretari in vario modo coinvolti, nonché del Presidente del Consiglio, in ogni occasione utile, che sottolineano la portata “storica” del processo di riforme in atto e dettano accelerazioni e modalità che vanno ben oltre la Legge stessa, determinate in particolare da quanto previsto dal disegno di legge di stabilità.

ATTUAZIONE DELLA LEGGE DELRIO

Accade così che:

1) In attuazione dell’art. 1, comma 91, della Legge Delrio (56/2014) la conferenza unificata sancisce l’accordo tra Stato, Regioni, Province e Comuni l’11 settembre 2014 (doveva avvenire entro l’8 luglio) per le modalità di individuazione delle funzioni non fondamentali delle Province oggetto di riordino ed i criteri per l’attribuzione delle stesse e per il riconoscimento delle funzioni fondamentali di Città Metropolitane e nuove Province – Enti di area vasta;

2) Nella stessa data viene sancita l’intesa sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente i criteri generali per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle Province agli enti subentranti (il DPCM deve essere ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale);

3) L’8 ottobre si è insediato l’Osservatorio Nazionale previsto dall’Accordo in Conferenza unificata;

4) Sono stati costituiti gli Osservatori Regionali nelle varie Regioni per la ricognizione delle funzioni amministrative provinciali oggetto di riordino e per la conseguente formulazione di proposte concernenti la loro riallocazione presso il livello istituzionale più adeguato, in attuazione dei principi di cui all’art. 118 della Costituzione e di quanto previsto dall’ Accordo in Conferenza Unificata;

5) Il 16 ottobre l’Osservatorio Nazionale approva il modello per la mappatura dei beni e delle risorse connesse a tutte le funzioni fondamentali e non svolte dalle Province, ai fini del loro riordino;

6) Gli Osservatori Regionali, pur in attesa della pubblicazione del DPCM, avviano la ricognizione in conformità alle indicazioni dell’Osservatorio nazionale;

Già, nell’attuazione “ufficiale”, che risente delle carenze della normativo, emergono varie criticità.

Le Province, anche quelle destinate a trasformarsi in città metropolitane, devono effettuare, entro 15 giorni dalla data di pubblicazione del DPCM, una mappatura dei beni e delle risorse connesse a tutte le funzioni, fondamentali e non, esercitate con riferimento alla data di entrata in vigore della Legge 56/2014 (8 aprile 2014) e la comunicano alla Regione e al rispettivo Osservatorio.

Tale mappatura dovrebbe procedere nel modo seguente:

1) Vanno individuate le funzioni oggi svolte, riconducibili alle funzioni fondamentali di cui al comma 85 della legge, con le relative risorse, che restano attribuite alle Province senza necessità di alcun provvedimento specifico (se non meramente ricognitivo);

2) Vanno individuate le risorse necessarie all’esercizio delle funzioni di cui al comma 88 della legge (predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive) nonché in generale per la funzione, individuata come fondamentale dall’art. 1, comma 85, lett. d) della Legge, di assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

3) Le restanti funzioni (e le correlate risorse residue) sono soggette a riordino, in quanto funzioni non fondamentali;

4) Andranno altresì individuate le funzioni (oggi non esercitate dalle Province) riconducibili al comma 90 della legge, che prevede la soppressione di enti o agenzie, in ambito provinciale o sub-provinciale, cui disposizioni normative statali o regionali di settore riguardanti servizi di rilevanza economica attribuiscono funzioni di organizzazione dei predetti servizi, di competenza comunale o provinciale, e l’attribuzione di tali funzioni alle Province..

Ai fini di una corretta mappatura delle funzioni è essenziale dunque:

a) una definizione omogenea delle funzioni a livello nazionale in raccordo con le funzioni fondamentali delle Province e delle Città metropolitane, che consenta di distinguere in modo aggregato:
– le funzioni amministrative che rientrano nelle funzioni fondamentali,
– le funzioni amministrative che rientrano nel comma 88,
– le funzioni amministrative delle materie previste dall’Allegato dell’accordo,
– le funzioni amministrative che sono soggette a riordino;

b) il necessario incrocio tra la mappatura delle funzioni e le classificazioni di bilancio per programmi, missioni e funzioni (a seconda che gli enti siano o meno in sperimentazione) per rendere omogenea la ricostruzione sulla base di dati certi che facciano capire l’andamento delle entrate e delle spese nell’ultimo triennio disponibile, ma occorre tener conto anche degli effetti del D. L. 66/2014 (per gli anni 2014 e 2015) nonché dell’indebitamento (costo annuale per rimborso mutui);

c) occorre individuare altresì opportuni coefficienti di riparto della missione (idem funzione) 1 relativa alle spese di personale e delle funzioni strumentali al funzionamento delle amministrazioni provinciali rispetto alle diverse funzioni amministrative finali svolte dalle Province e alle funzioni di supporto ed assistenza tecnica ai Comuni del territorio;

d) la mappatura del personale deve essere ricostruita per il momento alla data di entrata in vigore della legge, ma per le funzioni oggetto di trasferimento occorrerà poi valutare quale è il personale effettivamente in servizio.

Il tema di grande rilevanza per assicurare il concreto ed effettivo esercizio delle funzioni fondamentali è quello della corretta quantificazione delle risorse necessarie.

Si pone dunque il problema di individuare criteri oggettivi e riconosciuti per effettuare la ricognizione, che siano rispettosi dei principi indicati dall’art. 3, ma che evitino penalizzazioni che potrebbero essere collegate a scelte effettuate in piena legittimità ed autonomia dai singoli Enti, nell’ultimo triennio, nella destinazione delle risorse di bilancio, fortemente influenzate dai tagli, dal blocco delle assunzioni oltre che da esigenze specifiche e peculiari di ciascuna Amministrazione.

E’ necessario dunque, nella ricognizione delle risorse e del personale necessario all’esercizio delle funzioni fondamentali, integrare i dati tratti dai bilanci dell’ultimo triennio con altri criteri oggettivi che correggano le distorsioni derivanti da quanto sopra esposto.

E’ sufficiente ricordare che i dati riferiti all’ultimo triennio già non tengono conto dei tagli previsti dal D. L. 66/2014 che ha imposto alle Province di assicurare una riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi pari a 340 milioni di euro nel 2014 e di 510 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell’ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE.

Sin qui l’attuazione “ufficiale” del riordino delle Province previsto dalla Legge Delrio.

LEGGE DI STABILITÀ E DICHIARAZIONI DI MINISTRI E SOTTOSEGRETARI

Sennonché, dopo l’insediamento dei nuovi Presidenti e Consigli Provinciali, a seguito delle elezioni di secondo grado svolte il 12 ottobre, e , soprattutto, dopo l’approvazione del disegno di legge di stabilità 2015 da parte del Consiglio dei Ministri, si è aperta la strada ad una serie di dichiarazioni che contraddicono la stessa previsione della legge.

L’art. 35, comma 13, del ddl di stabilità prevede infatti che “Le province e le città metropolitane concorrono al contenimento della spesa pubblica attraverso una riduzione della spesa corrente di 1.000 milioni di euro per l’anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l’anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017. In considerazione delle riduzioni di spesa di cui al periodo precedente, ciascuna provincia e città metropolitana versa ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato un ammontare di risorse pari ai predetti risparmi di spesa. Sono escluse dal versamento di cui al periodo precedente, fermo restando l’ammontare complessivo del contributo dei periodi precedenti, le province che risultano in dissesto alla data del 15 ottobre 2014. Con decreto di natura non regolamentare del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 15 febbraio 2015, con il supporto tecnico della Società per gli studi di settore – SOSE Spa, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, è stabilito l’ammontare della riduzione della spesa corrente che ciascun ente deve conseguire e del corrispondente versamento tenendo conto anche della differenza tra spesa storica e fabbisogni standard”.

E il comma 15 aggiunge: “A decorrere dal 1 gennaio 2015, alle province delle regioni a statuto ordinario, è fatto divieto:
a) di ricorrere a mutui per spese non rientranti nelle funzioni concernenti la gestione dell’edilizia scolastica, la costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente, nonché la tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza;
b) di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza;
c) di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, anche nell’ambito di procedure di mobilità;
d) di acquisire personale attraverso l’istituto del comando. I comandi in essere cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi;
e) di attivare rapporti di lavoro ai sensi degli articoli 90 e 110 del TUEL. I rapporti in essere ai sensi del predetto articolo 110 cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi;
f) di instaurare rapporti di lavoro flessibile;
g) di attribuire incarichi di studio e consulenza”.

La previsione della legge di stabilità che impone i tagli – che in realtà sono obblighi di versamento allo Stato, da parte delle Province, di quote significative delle entrate proprie -, nulla dice del processo di riordino in atto ed è del tutto indipendente dal trasferimento delle funzioni.

Con la conseguenza che la mappatura prevista dalla legge Delrio, i criteri per l’attribuzione ad altri Enti delle funzioni non fondamentali e del personale, appare del tutto inattuabile.

All’ultima assemblea dell’ANCI, il 7 novembre scorso, vi è stato un florilegio di dichiarazioni.

Il sottosegretario Delrio, autore della riforma afferma: “serve un piano nazionale di redistribuzione del personale delle Province, che stiamo studiando con i ministri degli Affari regionali Lanzetta e della Pubblica amministrazione Madia. I tagli sono sostenibili a patto che tutti i livelli di Governo interpretino nel modo corretto i poteri definiti dalla riforma. Le entrate previste nel 2015 per le Province sono sufficienti, e i tagli potenzialmente sostenibili per sostenere le funzioni fondamentali rimaste”.

Per il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia, il superamento delle Province “sarà il più grande processo di mobilità di dipendenti pubblici della storia repubblicana”, ma nessuno deve avere paura perché garantiamo sempre il rispetto dei diritti dei lavoratori, nessuno perderà il posto e non ci saranno assolutamente trasferimenti territoriali importanti”.

Al di là dell’enfasi e della portata storica dell’esodo di dipendenti prefigurato dal Ministro Madia, quasi con la soddisfazione di essere artefice di tale evento straordinario, non si comprende davvero:

a) cosa sia il “piano nazionale di redistribuzione” e come si possa conciliare con tutte le previsioni della Legge Delrio;

b) chi e con quali risorse va finanziato tale piano, posto che, con i tagli imposti dalla legge di stabilità, non potranno sicuramente essere i bilanci delle Province a finanziare il trasferimento di funzioni e personale come la Legge Delrio prevedeva;

c) Come fa a dire il sottosegretario che i tagli sono sostenibili, in quanto le entrate previste nel 2015 per le Province sono sufficienti per sostenere le funzioni fondamentali rimaste, visto che ad oggi non è stata trasferita alcuna funzione né alcun dipendente, che deve essere ancora avviato ufficialmente l’iter per il riordino, dato che il DPCM non è stato ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, e che è del tutto impensabile che, entro il 31 dicembre 2014, tutte le Regioni approvino leggi regionali di riordino di tutte le funzioni e venga ultimato il trasferimento delle stesse e del personale, a fronte di un taglio ai bilanci provinciali che decorre dal 1° gennaio 2015;

d) Come è possibile trascurare, in tali dichiarazioni, che l’art. 1, comma 89 della Legge Delrio, prevede espressamente che “le funzioni che nell’ambito del processo di riordino sono trasferite dalle Province ad altri enti territoriali continuano ad essere da esse esercitate fino alla data dell’effettivo avvio di esercizio da parte dell’ente subentrante; tale data è determinata nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 92 per le funzioni di competenza statale ovvero è stabilita dalla regione ai sensi del comma 95 per le funzioni di competenza regionale”; con quali risorse possono essere finanziate e svolte tali funzioni se i tagli ai bilanci provinciali non sono coordinati con il contestuale trasferimento delle risorse;

e) Chi dovrebbe finanziare tutte le funzioni non fondamentali, posto che – come afferma lo stesso Presidente Renzi e il sottosegretario Delrio – le risorse residue per le Province sono sostenibili soltanto per garantire le funzioni fondamentali rimaste e che Regioni e Comuni hanno già dichiarato, anche alla luce dei tagli imposti anche ai loro comparti dalla stessa legge di stabilità, non possono e non intendono finanziare tali funzioni;

f) Sulla base di quali dati e informazioni, visto che la mappatura non è stata ancora realizzata, si possano dare numeri e cifre di risorse e di personale da assegnare o trasferire;

g) Come si conciliano le dichiarazioni del Ministro Madia e le affermazioni sugli “esuberi” di personale;

h) Come è pensabile istituire un nuovo Ente, come la Città Metropolitana, con una situazione di bilancio prossima al dissesto.

Andrebbe ricordato al Presidente Renzi, al sottosegretario Delrio, ai Ministri Madia e Lanzetta che la legge Delrio prevede tra le funzioni fondamentali delle Province da garantire, oltre a “strade e scuole”, come ormai tutti affermano, anche tutte le funzioni in materia di ambiente (autorizzazioni e controlli in materia di rifiuti, emissioni in atmosfera, tutela delle acque, valutazione di impatto ambientale, tutela della fauna, caccia e pesca, difesa del suolo, ecc.) nonché il trasporto pubblico locale, le funzioni di autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato e la pianificazione territoriale di area vasta;

Andrebbe ricordato al Presidente Renzi, al sottosegretario Delrio, ai Ministri Madia e Lanzetta che, quando si fa riferimento alle funzioni da trasferire, si parla di funzioni (definite non fondamentali secondo la legge Delrio e quindi non più finanziati alle Province) quali il mercato del lavoro ed i centri per l’impiego, la formazione professionali con corsi anche in obbligo scolastico che non possono essere chiusi da un giorno all’altro, politiche sociali (trasporto scolastico dei disabili, assistenza scolastica ai disabili sensoriali, assistenza ai minori riconosciuti da un solo genitore), protezione civile e coordinamento degli interventi dei volontari, turismo, cultura, sport.

Andrebbe ricordato che negli anni i tagli alle Province sono stati sempre più incisivi e queste ultime hanno continuato ad assicurare comunque, con entrate proprie, l’esercizio di tutte le funzioni delegate dalle Regioni, anche se sono stati pressoché azzerati i fondi assegnati al momento della delega e che pertanto le Regioni dovrebbero attivare un processo di riordino con un deficit certo, che non intendono di certo realizzare.

Il Presidente Renzi, chiede un contributo diverso tra Comuni e Province in quanto “il peso politico delle Province va indebolito a vantaggio del ruolo dei sindaci nel rapporto con le Regioni”.

Dichiarazione ovvia posto che è stata già abolita l’elezione diretta dei Presidenti e sono i Sindaci ad amministrare le Province; ma quale sia il nesso tra il peso politico e il finanziamento delle funzioni oggi svolte dalle Province non è dato sapere.

In conclusione la valenza “storica” della riforma va ben oltre le peggiori aspettative e le conclusioni critiche cui si era giunti dopo l’approvazione della legge Delrio.

Ma, sempre più spesso, perde di significato il contenuto stesso della Legge, posto che le decisioni e le indicazioni di Governo arrivano da dichiarazioni alla stampa, da seminari di studio, da twitter.

Alla faccia dei tanti che si ostinano ancora a pensare che la fonte sia sempre da ricercare nella Costituzione e nelle Leggi e che, per questo, appaiono come fieri oppositori del cambiamento. Di chi ricorda che, secondo l’art. 5 della Costituzione: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”.

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