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IL REGIONALISMO DIFFERENZIATO IN CAMPO CULTURALE.

Terremoto EmiliaRomagna

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IL REGIONALISMO DIFFERENZIATO IN CAMPO CULTURALE.

 

Gianluca Trenta*

ABSTRACT: Il lavoro si propone di analizzare le forme particolari di autonomia nella materia dei beni culturali in virtù delle proposte avanzate dalle Regioni Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, secondo quanto normato dall’art. 116, co. 3 Cost..

ABSTRACT: The work aims to analyze the particular forms of autonomy in the field of cultural heritage by virtue of the proposals made by the Lombardy, Emilia-Romagna and Veneto Regions, in accordance with the provisions of art. 116, co. 3 Constitution.

Keywords: Asymmetric Regionalism; Cultural Heritage; Subsidiarity; Differentiation.

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il riparto delle competenze tra tutela e valorizzazione dei beni culturali. – 3. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio. – 4. Il ruolo delle Regioni sul tema del patrimonio culturale. – 5. Ulteriori forme di autonomia richieste da alcune Regioni. – 5.a. Il caso Lombardia. – 5.b. Il caso Emilia-Romagna. – 4.c. Il caso Veneto. – 6. Tutela e valorizzazione dei beni culturali quali forme particolari di autonomia. – 7. Note conclusive.

1. Premessa.

La definizione di bene culturale, soggetta a un continuo mutamento, proprio per le sue caratteristiche, racchiude al suo interno tutte quelle testimonianze, materiali e immateriali, aventi valore di civiltà1.

Da questa prima definizione si può dedurre che i beni culturali compongono il patrimonio culturale nazionale, nei suoi svariati aspetti: storico, artistico, archeologico, architettonico, ambientale, scientifico2, etno-antropologico3, archivistico, librario4, costituendo testimonianza di valore storico-culturale5. In tale ambito si includono anche le attività culturali, ossia quelle attività rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell’arte6.

Al fine di analizzare il riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni, è opportuno partire dalla previsione della tutela del patrimonio storico e artistico e del paesaggio, novellato dall’art. 9 della Cost.7.

L’articolo afferma che «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio ed il patrimonio storico artistico della Nazione».

L’Assemblea Costituente, difatti, ha ritenuto necessario inserire la tutela e la conservazione dei beni culturali nella prima parte della Carta Costituzionale, dove sono enunciati i principi fondamentali, in quanto il valore identitario del patrimonio storico e artistico e la possibilità per le persone di fruirne possa permettere alla comunità di identificarsi nella storia e nei valori di quello stesso patrimonio culturale8.

Durante i lavori preparatori è emerso come la materia dei beni culturali dovesse essere di competenze della Repubblica per «lasciare impregiudicata la questione dell’autonomia regionale»9. Ad oggi, l’orientamento prevalente della dottrina è di considerare la Repubblica come uno Stato-ordinamento, ovvero lo Stato inteso con le sue articolazioni territoriali10.

L’articolo in questione, in vario modo, è messo in stretta correlazione con altri principi fondamentali riportati negli artt. 5 e 2 della Costituzione per rafforzare il ruolo delle istituzioni periferiche anche nell’azione di promozione e di tutela della cultura: il primo indica i principi diretti verso un modello di organizzazione dei pubblici poteri in grado di realizzare il pluralismo sociale garantito; il secondo costituisce «sorta di saldatura tra gli obiettivi fissati nell’art. 9 Cost. e quei principi fondamentali che sottendono alla natura policentrica del potere pubblico»11.

Vi è poi l’art. 33 che sancisce che l’insegnamento dell’arte e della scienza è libero. A tal proposito, i costituenti, a completamento di quanto enunciato nell’art. 9, hanno inteso estendere la funzione di protezione del patrimonio culturale anche alle espressioni artistiche.

Con la revisione costituzionale dell’art.117 avvenuta nel 200112, sono state introdotte le “voci” di beni e di attività culturali intese come valorizzazione per i primi e promozione e organizzazione per le seconde. In tal senso sono state gettate le fondamenta per valutare il patrimonio culturale13 nella sua unitarietà, per poi trovare piena attuazione nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004)14.

In particolare, tale riforma assegna la tutela alla competenza legislativa esclusiva dello stato e la valorizzazione alla competenza concorrente di Stato e Regione. La distinzione di competenza ha modificato quella consuetudine di tutela, conservazione, fruizione, gestione, valorizzazione che era riservata allo Stato15.

2. Il riparto delle competenze tra tutela e valorizzazione dei beni culturali.

Originariamente l’art. 117 Cost., attribuiva alle Regioni la titolarità di una competenza concorrente in materia di “musei e biblioteche di enti locali”, ma nella Carta costituzionale non erano previste disposizioni specifiche sulle competenze in materia di beni e attività culturali.

Sul punto, infatti, larga parte della dottrina ha sempre messo in evidenza la disarticolazione delle materie previste nell’art. 117, co. 1, Cost. e le difficoltà di realizzazione di un “funzionale esercizio delle competenze16. Inoltre, la stessa dottrina, ha espresso forti dubbi interpretativi riguardante la determinazione dei concetti di museo e biblioteca che comunque hanno trovato una prima risposta nelle fonti di rango sub-costituzionale17.

Le recenti modifiche apportate all’art. 9 della Costituzione introducono puntuali riferimenti in materia di tutela dell’ambiente, ponendo la riflessione se possano intendersi come l’effettivo esito di un processo di innovazione capace di dare concreta risposta ai problemi emergenti. Dunque, accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione, richiamata dal secondo comma, si attribuisce alla Repubblica anche la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi18.

Gli effetti prodotti da tale riforma costituzionale si riflettono anche nel riparto delle competenze tra Stato e Regioni. Nello specifico, vengono definite le materie di competenza legislativa dello Stato (art. 117, comma 2) e le competenze riservate alle Regioni (art. 117, comma 3). Più in particolare la let. s) dell’art. 117 della Cost. sancisce che lo Stato ha legislazione esclusiva nella tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Sempre lo stesso art. al co. 4, definisce le materie di legislazione concorrente con le Regioni tra cui la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali19.

Per ciò che concerne l’attività di gestione, invece, non viene menzionata in Costituzione, lasciandola in affidamento alla legislazione ordinaria in particolare al D.lgs. n. 112/1998. Parte della dottrina sostiene che la mancata menzione potrebbe avere un senso solamente se «considerata “non come materia-fine, alla pari della tutela e della valorizzazione, da incasellare nel campo della potestà concorrente piuttosto che in quella primaria regionale, bensì – proprio alla luce della sua portata trasversale rispetto a ciascuna delle altre due materie – come materia-funzione, vale a dire un complesso di attività propedeutiche e funzionali, secondo esigenze, sia alla tutela che alla valorizzazione, perciò da non circoscrivere come materia autonoma, sottoposta ai canoni di riparto dell’art. 117 Cost.”»20.

Sulla scorta di tale approccio storico-normativo, la Corte costituzionale sottolinea come la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, nelle normative anteriori all’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, siano state considerate attività strettamente connesse ed a volte, ad una lettura non approfondita, sovrapponibili. La Corte, quindi, evidenzia come la riforma del Titolo V abbia raccolto sia le differenze tra tutela e valorizzazione dei beni culturali, già prevista dal D.Lgs del 31 marzo 1998, n.112 che dalla normativa del Codice dei beni culturali e del paesaggio21.

Così l’art. 148 del D.lgs. n. 112 del 1998 annovera, come s’è visto, tra le attività costituenti tutela quella diretta «a conservare i beni culturali e ambientali», mentre include tra quelle in cui si sostanzia la valorizzazione quella diretta a «migliorare le condizioni di conservazione dei beni culturali e ambientali».

La gestione, poi, nella definizione che ne dà il medesimo articolo, è funzionale sia alla tutela sia alla valorizzazione. Difatti, l’art. 152 dello stesso decreto legislativo considera la valorizzazione come compito che Stato, regioni ed enti locali avrebbero dovuto curare ciascuno nel proprio ambito. Tuttavia le espressioni che, isolatamente considerate, non denotano nette differenze tra tutela e valorizzazione, riportate nei loro contesti normativi, dimostrano che la prima è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale; ed è significativo che la prima attività in cui si sostanzia la tutela è quella del riconoscere il bene culturale come tale22.

Pertanto, la valorizzazione è diretta soprattutto alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest’ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa.

Per ciò che attiene le finalità bisogna sottolineare come esse siano in continuità con quanto precedentemente normato dal D.Lgs 112/1998, il quale indica che la funzione è da considerarsi un’attività volta a «riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali». In una medesima ottica interpretativa, la Corte ha specificato che la materia di valorizzazione è diretta soprattutto alla «fruizione del bene culturale», come successivamente ripresa dal novellato Titolo V della Costituzione23.

Quindi, l’interpretazione adottata dalla giurisprudenza costituzionale ha così fugato ogni dubbio sul piano del riparto di competenze, individuando con precisione la potestà legislativa in materia di tutela dei beni culturali, definendola una competenza trasversale la cui finalità principale è di garantire livelli di tutela uniforme sul piano nazionale.

Tuttavia, bisogna sottolineare che malgrado gli sforzi da parte della Corte Costituzionale non si è potuto evitare una sovrapposizione di competenze per via delle finalità trasversali, pur considerando che «nelle materie in cui assume primario rilievo il profilo finalistico della disciplina, la coesistenza di competenze normative rappresenta la generalità dei casi»24.

A conferma di ciò una sentenza della Corte Costituzionale del 2015 indica come la finalità della tutela si sia «intrecciata con la materia concorrente di valorizzazione e promozione nonché con alcune materie di competenza residuale regionale»25.

In tal senso bisogna evidenziare che la nostra Carta Costituzionale non prevede un criterio per fronteggiare le interferenze di competenze ed «è quindi necessaria l’adozione di principi diversi: quello di leale collaborazione, che per la sua elasticità consente di aver riguardo alla peculiarità delle singole situazioni, ma anche quello della prevalenza, cui pure questa Corte ha fatto ricorso, qualora appaia evidente l’appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad altre»26.

Si ricorda, tra l’altro, che il principio di leale collaborazione «deve governare i rapporti tra lo Stato e le Regioni nelle materie e in relazione alle attività in cui le rispettive competenze concorrono o si intersechino imponendo un contemperamento dei rispettivi interessi», ponendo lo Stato in una posizione di pari ordinazione e sicuramente non in un rapporto di supremazia negli organi sottostati27. Quest’ultimi sono tenuti a collaborare secondo «una concezione orizzontale – collegiale […] più che a una visione verticale-gerarchica degli stessi»28.

Pertanto, utilizzando il menzionato principio come chiave di lettura dell’art. 9 Cost., si osserva che è alla Repubblica che viene attribuito il compito di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, e ciò può essere raggiunto attraverso l’intento di «promuovere il concorso o la collaborazione, nella sfera di rispettiva competenza, delle strutture centrali e locali»29.

Inoltre, è importante rilevare che il predetto principio è da intendersi come uno strumento da adottare in ultima istanza, utilizzabile dalla Giustizia Costituzionale per interpretare il riparto delle competenze non altrimenti risolvibile attraverso il criterio di prevalenza. Per questa ragione tale principio è una soluzione residuale ed è di carattere eccezionale solo se «non possa ravvisarsi la sicura prevalenza di un complesso normativo rispetto ad altri, che renda dominante la relativa competenza legislativa»30.

In sostanza «questa norma non postula una riserva statale, ma è intesa a promuovere il concorso o la collaborazione, nella sfera di rispettiva competenza, delle strutture centrali e locali per il migliore perseguimento di un grande obiettivo di civiltà»31.

Gli organi preposti dovranno anzitutto valutare l’ambito materiale «interessato»32 individuando «la ratio dell’intervento legislativo nel suo complesso e nei suoi aspetti fondamentali, non anche aspetti marginali o effetti riflessi dell’applicazione della norma»33.

Ciò significa che «Talvolta la valutazione circa la prevalenza di una materia su tutte le altre può rivelarsi impossibile e avallare l’ipotesi (…) di concorrenza competente che apre la strada all’applicazione del principio di leale collaborazione. In ossequio a tale principio il Legislatore statale deve predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a difesa delle loro competenze»34.

Si ricorda, infine, che l’art. 118, co. 1 sancisce che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Inoltre, il co. 3 dello stesso articolo ribadisce che la legge statale disciplina forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Per tali ragioni, qualora non vengano definite forme di intesa e di coordinamento per l’esercizio delle funzioni amministrative in un’ottica di leale collaborazione tra lo Stato e gli Enti territoriali, si potrebbero verificare degli ostacoli insuperabili alla conclusione del procedimento35.

Tra l’altro il co. 3 dell’art. 116 della Cost. definisce ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alla lettera s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 11936.

Inoltre, per quanto riguarda le funzioni amministrative, il co. 3 dell’art. 118 della Cost. sancisce che la legge statale disciplina forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali37.

3. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio.

In ottemperanza a quanto previsto, il legislatore nel 2004 ha emanato il Codice dei beni culturali con cui ha definito e circoscritto le materie di tutela e valorizzazione.

L’art. 1, co. 6, del Cod. afferma che «Le attività concernenti la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale indicate ai commi 3, 4 e 5 sono svolte in conformità alla normativa di tutela».

In particolare l’art. 3, co. 1 del predetto Codice, specifica che la «tutela consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione».

Per ciò che, invece, attiene la potestà legislativa concorrente fra Stato e Regioni, l’art. 6, co. 1, prevede che la valorizzazione «consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività̀ dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso».

In relazione, poi, al coordinamento delle diverse materie, l’art. 6, co. 2, afferma che la valorizzazione «è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze»38.

Tuttavia, malgrado lo sforzo da parte del legislatore di attuare una riforma organica e delineare e circoscrivere le materie di competenza, i contenziosi amministrativi tra Stato, Regioni e Autonomie locali, sono stati numerosi. Ciò dovuto essenzialmente alla difficoltà di interpretazione delle norme39.

Quindi, gli artt. 3-8 del Codice ridisegnano l’assetto delle competenze in materia di beni culturali, in funzione dei nuovi criteri di riparto delle funzioni legislative e amministrative previste sia dall’art. 117che dall’art. 118 della Cost..

In particolar modo gli artt. 6-8 del Codice definiscono le competenze della tutela e della valorizzazione secondo quanto previsto proprio dall’art. 117, commi 2 e 3. Nella tutela, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, rientrano la regolazione, la protezione, la difesa e l’amministrazione giuridica dei beni culturali40. Nella valorizzazione rientrano tutte quelle attività di intervento integrativo e migliorativo finalizzate alla fruizione pubblica dei beni compatibile con la tutela, rivestendo in tal modo “una posizione complementare se non ancillare rispetto alle funzioni di tutela41.

Bisogna sottolineare che il Codice si allontana da quelle riforme amministrative previste nel 1998 e da questo punto di vista non definisce ulteriori attività diverse dalla tutela e dalla valorizzazione. In tal caso, si evidenzia anche che il Codice supera la gestione dei beni prevista dal D.lgs. n. 112, contribuendo così «ad eliminare le difficoltà che si opponevano ad una chiara individuazione di quali fossero gli ambiti che qualificavano la valorizzazione distinguendola dalla gestione»42.

Dunque, il Codice si occupa di dettare la disciplina legislativa delle funzioni di tutela quale competenza esclusiva dello Stato e i principi fondamentali da osservarsi nella disciplina legislativa della valorizzazione da parte delle Regioni43.

Per ciò che riguarda, invece, il riparto delle funzioni amministrative in materia di tutela previste dagli artt. 4 e 5 del Codice nulla si rinnova rispetto alle precedenti discipline44. In tal senso, difatti, l’art. 118 Cost., superando il principio del parallelismo, dispone che le funzioni amministrative spettino in via primaria al comune, secondo il principio di sussidiarietà, anche se ciò può avvenire in senso contrario ovvero nelle materie di competenza esclusiva dello Stato45. Il Codice, invece, all’art. 4, stabilisce che, al fine di garantire l’esercizio unitario delle funzioni di tutela, secondo quanto previsto dall’art. 118 Cost., tutte le funzioni stesse sono riservate allo Stato e per esso al Ministero dei beni culturali che può conferirle alle regioni. Pertanto, facendo conciliare nuovamente la competenza legislativa con la competenza amministrativa non viene superato il principio del parallelismo. Sul punto, difatti, buona parte della dottrina è critica sostenendo che sia “sconcertante” che il Ministero possa decidere di arrogarsi a sé l’esercizio delle funzioni oppure di demandarle alle Regioni “tramite forme di intesa e coordinamento”, attraverso atti normativi sub-legislativi e previsti con legge come prevede per l’appunto dall’art. 118 della Cost.46.

Per ciò che riguarda, invece, la valorizzazione, il Codice non si discosta dal d.lgs. n. 112 del 1998, caratterizzandosi per essere dirette alla promozione, al sostegno della conoscenza e alla fruizione del patrimonio culturale, escludendo, giustamente, gli ambiti della gestione47. In particolar modo, il Codice non si occupa della valorizzazione assegnato alle Regioni ma la riduce a compito proprio del soggetto che ha la disponibilità del bene, come normato in precedenza dal d.lgs. n.11248.

L’art. 6 del Codice recepisce il criterio dell’attinenza della «valorizzazione alla titolarità del bene (criterio dominicale) e si definiscono le attività di valorizzazione che lo Stato (per i propri beni) e le regioni (per gli altri beni) sono chiamati a porre in essere (comma 1); viene ribadita la subordinazione della valorizzazione alle prioritarie esigenze della tutela (comma 2) la quale “sembra assurgere a parametro e limite, capace di definire l’estensione e le modalità di esercizio degli interventi in materia di beni culturali”; infine, viene recepito, anche per la valorizzazione, quel principio di sussidiarietà orizzontale che l’art. 118, comma 4, Cost., ha elevato a criterio per l’allocazione e l’esercizio delle attività di interesse generale (comma 3)»49.

L’art. 112 del Codice si occupa del riparto di competenze e specifica gli ambiti. Più precisamente nel disciplinare le funzioni e le attività di valorizzazione dei beni presenti negli istituti e nei luoghi della cultura non appartenenti allo Stato, ne fa derivare un’integrazione al «principio dominicale per cui lo Stato ha competenza a determinare i principi in tema di valorizzazione, indipendentemente dalla titolarità del bene mentre per i beni ricadenti nella sua disponibilità e presenti negli istituti e nei luoghi di cultura dello Stato stesso, quest’ultimo è competente ad emanare anche la normativa di dettaglio. Ciò stabilito, alle Regioni resta la formulazione di disposizioni per l’attuazione della valorizzazione di beni non di proprietà o non nella disponibilità dello Stato»50.

4. Il ruolo delle Regioni sul tema del patrimonio culturale.

Come si è avuto modo di analizzare, in materia di cultura, non vi era una riserva di competenza statale. Ciò aveva, però, portato ad interpretare le disposizioni costituzionali originarie, affidando alle Regioni le materie dei musei e delle biblioteche di enti locali, nonché la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e naturale51.

Gli Statuti regionali52, a partire dagli inizi degli anni settanta, pur con formule differenziate, regolamentavano il patrimonio culturale sulla base dell’art. 9, designando la cultura, la difesa dell’ambiente e del patrimonio storico-artistico in stretta correlazione con lo sviluppo della persona umana nella società53.

Per definire ruoli e compiti dei Comuni e delle province in ambito culturale viene promulgata la l. n. 142/1990. La nuova legislazione assegna agli enti territoriali le competenze amministrative in materia di valorizzazione dei beni di interesse provinciale presenti nei corrispondenti territori. In tale contesto nascevano organismi e fondazioni per la gestione di beni culturali. Con il D.lgs. n. 112/1998, invece, si avvia la fase di attuazione del decentramento amministrativo regionale, attraverso una puntuale e completa ricognizione delle modalità organizzative54. Con la revisione costituzionale del 2001 le Regioni attuano una serie di riforme in materia di beni e attività culturali in linea con quanto disposto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio:

Da tali modifiche regionali si evince la volontà, da parte delle Regioni, di creare dei modelli di collaborazione tra vari Enti, soggetti pubblici, operatori e soggetti privati al fine di perseguire l’omogenea e qualificata distribuzione dell’offerta culturale sui territori regionali55.

Va sottolineato che in molte Regioni sono state attuate normative, anche in modo sperimentale, in materia “ecomusei”56, progetti integrati di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, espressioni di una comunità locale, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile di un determinato territorio57.

Da quanto finora analizzato, si evince la centralità del ruolo delle Regioni lasciando ai margini il ruolo degli enti locali che, salvo alcune eccezioni, non assolvono funzioni autonome58. Pur tentando di superare tale accentramento regionale con leggi ordinarie di carattere non più generali ma con interventi puntuali, ancora alcune Regioni, pur avendo intrapreso un nuovo percorso di modifica del loro ruolo facendosi interpreti «di un modello non solo di amministrazione ma di governo del settore», lasciano agli altri livelli di governo esclusivamente «lo spazio delle scelte locali, senza aprire loro quello delle scelte regionali e della loro attuazione»59.

5. Ulteriori forme di autonomia richieste da alcune Regioni.

Analizzato il ruolo delle Regioni sul tema del patrimonio culturale, è utile ora occuparci delle richieste formulate ai sensi dell’art. 116, co. 3 Cost. dalla Regione Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, in merito alla tutela e valorizzazione dei beni culturali, quali ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.

Di seguito vengono riportate, divise per funzioni, le richieste avanzate dalle Regioni avente per oggetto l’autonomia legislativa, intesa come potere di disciplinare con legge la materia «tutela dei beni culturali» nonché le correlate funzioni amministrative.

5.a. Il caso Lombardia.

La Regione Lombardia, all’art. 49 della bozze di intesa per la richiesta di attribuzioni di ulteriori funzioni, chiedeva la competenza legislativa e amministrativa nella materia “tutela dei beni culturali” presenti sul territorio regionale, inclusi i beni culturali statali dei quali sono contestualmente attribuite alla Regione stessa la titolarità e la gestione. Detta richiesta, però, non è stata ancora accolta o non ancora definita.

In merito al Patrimonio librario, all’art. 53, la Lombardia ha richiesto le attribuzioni per le funzioni legislative e amministrative in materia di tutela e valorizzazione che abbiano ad oggetto manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie, nonché libri, stampe e incisioni, non appartenenti allo Stato.

Per ciò che riguarda, invece, la funzione di valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali, la proposta dell’art. 51 non è stata accettata. L’articolo in questione prevedeva che nel rispetto dei principi fondamentali fissati dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 nonché dei livelli minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di appartenenza pubblica, adottati ai sensi dell’articolo 114 del medesimo decreto legislativo, alla Regione venissero attribuite la potestà legislativa e le funzioni amministrative in materia di valorizzazione di istituti e luoghi della cultura appartenenti allo Stato e dei beni culturali ivi presenti con l’attribuzione delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali.

Al fine di assicurare l’esercizio delle competenze di cui al comma 1, si proponeva il trasferimento alla Regione Lombardia delle funzioni esercitate dalle Soprintendenze archeologiche, belle arti e paesaggio e la Soprintendenza archivistica e bibliografica, presenti sul territorio regionale, con l’attribuzione delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali.

5.b. Il caso Emilia-Romagna.

La Regione Emilia-Romagna, all’art 61 della bozza di intesa tra Stato e Regione, chiedeva ulteriori competenze legislative ed amministrative nella materia della tutela dei beni culturali, della valorizzazione dei beni culturali nonché della promozione e organizzazione di attività culturali, di cui all’articolo 117, co. 2, lettera s), e co. 3 Cost. ma ancora non è stata accolta o non definita.

Le finalità della Regione erano quelle di ricomporre il sistema delle competenze in materia di tutela e valorizzazione dei beni librai, anche mediante un’azione di supporto agli enti locali ed ai titolari dei medesimi beni; costituire un sistema museale regionale integrato, finalizzato a rendere maggiormente efficaci ed efficienti gli interventi di valorizzazione dei musei presenti sul territorio regionale, ivi compresi quelli di proprietà statale, allo scopo di potenziare le condizioni di conservazione integrata, conoscenza e fruizione delle collezioni museali emiliano-romagnole; garantire un governo unitario e coordinato delle risorse nazionali, regionali e comunali in materia di spettacolo dal vivo e cinema, attraverso maggiori competenze di tipo programmatorio e gestionale concernenti il Fondo Unico per lo Spettacolo e il Fondo per lo sviluppo e gli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo.

Come l’articolo precedente, anche l’art. 62 riguardante la tutela e valorizzazione dei beni librari non appartenenti allo Stato non è stato accolto o ancora non definita. L’Emilia-Romagna chiedeva le attribuzioni delle funzioni amministrative di tutela e valorizzazione disciplinate dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 che abbiano ad oggetto manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie, nonché libri, stampe e incisioni, non appartenenti allo Stato.

Inoltre, la Regione chiedeva ulteriori competenze legislative connesse all’esercizio delle predette funzioni.

Per ciò che riguarda, invece, la funzione di valorizzazione del patrimonio museale presente nel territorio regionale, l’art. 63 è stato accolto. In particolare si prevede che nel rispetto dei principi fondamentali fissati dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché dei livelli minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di appartenenza pubblica, adottati ai sensi dell’articolo 114 del medesimo decreto legislativo, alla Regione siano attribuite la potestà legislativa e le funzioni amministrative in materia di valorizzazione degli istituti e luoghi di cultura appartenenti allo Stato e dei beni culturali ivi presenti sul territorio reginale.

Alla Regione sono altresì attribuite le funzioni amministrative, da esercitare in maniera congiunta con lo Stato, in materia di valorizzazione degli istituti e luoghi di cultura appartenenti allo Stato e dei beni culturali ivi presenti.

La Regione Emilia-Romagna e il Ministero hanno definito con appositi accordi le modalità della gestione congiunta concernente la valorizzazione dei beni culturali di cui al comma 2. La tutela dei beni culturali e delle collezioni museali presenti negli istituti e luoghi della cultura di cui ai commi 1 e 2; le determinazioni afferenti al prestito delle opere d’arte e la concessione in uso, continuano a essere esercitate dal Ministero.

Con riferimento agli istituti e luoghi della cultura di cui al comma 1, la Regione assicura il rispetto dei livelli minimi uniformi di qualità adottati ai sensi dell’articolo 114, decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Al fine di assicurare l’esercizio delle funzioni previste, sono trasferite alla Regione Emilia-Romagna le funzioni esercitate dalle Soprintendenze archeologiche belle arti e paesaggio e la Soprintendenza archivistica e bibliografica, presenti sul territorio regionale, con l’attribuzione delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali.

4.c. Il caso Veneto.

La Regione Veneto, con l’art. 45 in materia dei beni culturali chiedeva l’attribuzione della competenza legislativa nella materia “Tutela dei beni culturali”, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, con riferimento ai beni culturali, immobili e mobili, presenti sul territorio regionale, nonché la relativa competenza amministrativa. Tra l’altro al co 2 veniva rinnovato il principio di leale collaborazione con lo Stato ma l’articolo in questione non veniva accolto o non definito.

Per ciò che riguarda, invece, la funzione di valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici e promozione e organizzazione di attività culturali di cui all’art. 46 della bozza la richiesta non è stata accolta.

L’articolo in questione prevedeva di attribuire alla Regione Veneto la competenza legislativa in materia di “Valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”, ai sensi dell’articoli 117 della Costituzione.

La competenza legislativa di cui al comma 1 ha ad oggetto la valorizzazione di tutti i beni presenti sul territorio regionale e l’organizzazione di attività culturali e di spettacolo, nonché la disciplina degli interventi a favore del patrimonio culturale di origine veneta che si trova all’estero.

Alla Regione Veneto è attribuita la competenza amministrativa di valorizzazione in relazione a tutti i beni, anche paesaggistici, presenti sul territorio regionale, oltre che la competenza amministrativa in relazione alla promozione e organizzazione di attività culturali e di spettacolo, inclusa la gestione del Fondo Unico per lo Spettacolo.

Al fine di assicurare l’esercizio delle funzioni di cui ai commi sono trasferite alla Regione Veneto le funzioni alla stessa assegnate dalle Soprintendenze archeologiche belle arti e paesaggio e la Soprintendenza archivistica e bibliografica con le attribuzioni delle relative risorse.

6. Tutela e valorizzazione dei beni culturali quali forme particolari di autonomia.

Le proposte in merito alla tutela e la valorizzazione dei beni culturali quali ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, possono essere ricondotte all’interno di uno dei seguenti tipi di competenze, ossia: legislativa concorrente; legislativa primaria; integrativa istituzionalizzata o di tipo «tendenzialmente esclusivo»60.

A primo impatto, ricondurre la tutela dei beni culturali tra le materie di competenza concorrente sembrerebbe la soluzione migliore, in quanto l’appartenenza originaria della materia rientra nell’elenco di cui all’art. 117, co. 2, Cost. In tal caso il legislatore nazionale fisserebbe dei principi, lasciando alla Regione l’adozione delle norme di dettaglio.

Bisogna, però, sottolineare che tale ricostruzione sembra apparire illogica sotto il profilo sistematico. In effetti le Regioni, oltre alla richiesta di «competenze legislative e amministrative nella materia de quo, hanno avanzato ulteriori forme di autonomia con riferimento alla materia di valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali, di cui già detengono la competenza legislativa concorrente. È chiaro che le Regioni, con riguardo a tale ultima materia, aspirino ad ottenere una competenza più ampia rispetto a quella che già detengono. Ammettere però che l’esclusività in materia di valorizzazione possa coesistere con una competenza concorrente in materia di tutela, appare non in linea, sul piano logico, con la manifesta volontà delle Regioni di ottenere maggiori spazi di autonomia: semmai appare più utile ottenere l’esclusività in ambedue le materia, al fine di limitare al minimo le ingerenze dello Stato»61.

Alla stregua di quanto di competenza delle Regioni a Statuto speciale è possibile valutare una competenza legislativa ti tipo primario. In tal caso sarebbe necessario il rigoso rispetto dei principi generali dell’ordinamento e non dei principi fondamentali da cui è limitata la concorrenza concorrente62.

Altra valutazione potrebbe essere quella di ricondurre la competenza a integrativa istituzionalizzata. Ciò troverebbe attuazione a prescindere dalla delega da parte del legislatore nazionale, in quanto materia prevista dalla normativa statutaria. Il legislatore regionale, quindi, «sarebbe sottoposto al rispetto degli atti legislativi statali incidenti sulla materia, ma resterebbe affrancato da qualsiasi intervento statale specifico ed operante sul solo territorio regionale»63.

Altra valutazione è la competenza di tipo «tendenzialmente esclusivo». Parte della dottrina ha inteso definire la natura della competenza residuale delle Regioni ex art. 117, co. 4 Cost., contrapponendola alla competenza esclusiva delle Regioni ad autonomia speciale. La potestà legislativa regionale, quindi, incontrerebbe i limiti imposti dal co. 1 dell’art. 117 Cost. e cioè il «rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali» nonché dei casi di attrazione in sussidiarietà ad opera del legislatore statale64.

Pertanto, la soluzione più opportuna sarebbe quella di competenza integrativa istituzionalizzata per analoghe esperienze rinvenibili negli Statuti speciali, che ammettono, al fianco di competenze integrative, l’esistenza di competenze primarie piene.

A tal proposito le richieste delle Regioni Lombardia e Veneto non sembrano adattarsi in questo senso, anzi, sembrerebbero piuttosto rivolte a costituire una sorte di “neocentralismo regionale” facendo traslare la competenza nazionale a quella regionale che in tal caso si verrebbero a configurare «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia»65.

Per ciò che attiene, invece, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali, le Regioni a statuto ordinarie già sono investite delle competenze previste nell’art. 117, co. 3 Cost.66.

Tali funzioni, assieme alla relativa competenza amministrativa, è ripartita in base al principio dominicale. In effetti, come accennato in precedenza, la sentenza della Corte Cost. 26/2004 ha introdotto il principio secondo il quale ognuno di questi enti è competente ad espletare tale funzione nei riguardi di quei beni culturali di cui è titolare. In altre parole, anche se lo Stato in materia di valorizzazione è tenuto esclusivamente a dettare i principi fondamentali, può, secondo la Corte, legittimamente dettare una normativa di dettaglio, nonché svolgere le relative funzioni amministrative fintantoché il bene culturale permane nelle sue disponibilità

Tra l’altro il co. 3 dell’art. 116 della Cost. definisce ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alla s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 11967.

Inoltre, per quanto riguarda le funzioni amministrative, il co. 3 dell’art. 118 della Cost. sancisce che la legge statale disciplina forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali68.

Al riguardo, per ciò che attiene la competenza amministrativa, è intervenuta la Corte Cost. 26/2004 che ha introdotto il principio dominicale secondo il quale ognuno di questi enti è competente ad espletare tale funzione nei riguardi di quei beni culturali di cui è titolare. Lo Stato, quindi, in tema di valorizzazione, pur indicando i principi fondamentali, può legittimamente dettare una normativa di dettaglio e svolgere le corrispondenti funzioni amministrative fintantoché il bene culturale permane nelle sue disponibilità69.

Pertanto, la richiesta avanzata dalla Regione Lombardia, in merito al trasferimento della titolarità dei beni culturali dallo Stato alla Regione, si identifica nel limitare l’ambito di intervento statale in materia di valorizzazione altrimenti accordato dall’interpretazione della giurisprudenza costituzionale.

Tale attribuzione è configurata in termini di competenza legislativa integrativa istituzionalizzata ovvero piena (o primaria), posto che le Regioni sono già competenti in via concorrente (e nel modo che si è visto) in materia di valorizzazione70.

In tale direzione le richieste dalle Regioni Emilia-Romagna e Lombardia hanno come incipit: «Nel rispetto dei principi fondamentali fissati dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché dei livelli minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di appartenenza pubblica, adottati ai sensi dell’articolo 114 del medesimo decreto legislativo».

La formula espressa, quindi, indica il carattere legislativo integrativo istituzionalizzato. Di visione opposta è quella della Regione Veneto che all’art. 46 lascia propendere per una configurazione in termini di autonomia legislativa piena, non essendo la Regione vincolata al rispetto dei principi fondamentali della materia.

La richiesta della Regione Emilia-Romagna (art. 63) pur non definita nei dettagli, sembra piuttosto propensa in una dialettica equilibrata con lo Stato secondo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo de quo, in cui le funzioni amministrative affidate alla Regione devono essere svolte «in maniera congiunta con lo Stato» ed ancora, al comma 3 si prevede la stipula di «appositi accordi» al fine di definire le modalità della gestione congiunta concernente la valorizzazione dei beni culturali71.

La richiesta avanzata dalla Regione Lombardia, di prevedere il passaggio di titolarità della proprietà dei beni culturali statali e di ridefinire l’apparato amministrativo, risulta in contrasto con il concetto stesso di bene o istituto di «rilevante interesse nazionale». In tale contesto, quindi, l’intento della Lombardia è quello di un «“pluralismo operativo” in cui il bene culturale è sempre legato al territorio in cui è collocato e rispetto al quale, soltanto una politica di “conservazione programmata” contestualizzata su una dimensione specifica, consentirà di promuoverlo e di valorizzarlo nel modo più efficace»72. Per raggiungere tale scopo non è necessario il mero passaggio di proprietà bensì predisporre forme di decisione partecipate, che riconoscano alle Regioni la possibilità di intervenire con il meccanismo dell’intesa, più che con quello della «autonomia differenziata ovvero della legislazione concorrente, nelle decisioni inerenti il patrimonio culturale presente sul proprio territorio»73.

7. Note conclusive

Analizzando le proposte di differenziazione in materia di beni culturali delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto si percepisce come quest’ultime due sviluppino maggiori criticità rispetto a quella della Regione Emilia-Romagna, che appare perseguire una più equilibrata collaborazione tra Stato-Regione. Le proposte avanzate dalla Lombardia e dal Veneto, invece, si configurano come un nuovo centralismo74.

Da un punto di vista sostanziale, è utile interrogarsi se le richieste avanzate dalle tre Regioni possano essere regolate da meccanismi già fissati nella disciplina dei beni culturali o nell’art. 116, co. 3, Cost.75. Quest’ultimo articolo, difatti, diviene “strumento di rifinitura e di messa a punto di quote di decisione e di funzioni aggiuntive ritagliate su misura per le specifiche esigenze di singole realtà regionali in una sorta di nuova fase di regionalizzazione76.

A tal proposito, è necessario ricordare che l’art. 5, co. 3 del Codice dei beni culturali prevede che «sulla base di specifici accordi o intese […], le Regioni possono esercitare le funzioni di tutela su manoscritti, autografi etc.», e il comma successivo afferma che «nelle forme previste dal comma 3 e sulla base dei princìpi di differenziazione ed adeguatezza, possono essere individuate ulteriori forme di coordinamento in materia di tutela con le regioni che ne facciano richiesta».

Peraltro, l’art 112, co. 4 del Codice dei beni culturali stabilisce che «lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali stipulano accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e i programmi, relativamente ai beni culturali di pertinenza pubblica».

L’art. 5 e l’art. 112 del Codice dei beni culturali prevedono che le Regioni, tramite intese e accordi, possono esercitare tanto funzioni di tutela quanto funzioni di valorizzazione.

Dunque, le Regioni Lombardia e Veneto, per avere una maggiore autonomia, hanno scelto la strada più complicata e non hanno sicuramente tentato di implementare maggiormente il ricorso a strumenti presenti già nella normativa di settore77.

A tal proposito, l’art. 102, co. 5 dello stesso Codice, prevede: «Mediante gli accordi di cui al comma 4 il Ministero può altresì trasferire alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali, in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, la disponibilità di istituti e luoghi della cultura, al fine di assicurare un’adeguata fruizione e valorizzazione dei beni ivi presenti».

Tra l’atro bisogna ulteriormente sottolineare che l’accordo Stato-Regione risulta perfettamente in linea con quanto previsto dall’art. 118, co. 3 Cost., il quale prevede che «la legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali».

L’art. 119, co. 5 Cost. sancisce che: «Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni». Tra gli «interventi speciali» possono, quindi, rientrare quelle particolari esigenze di tutela del patrimonio storico e artistico78.

Alla luce di quanto finora analizzato si può dedurre che, pur essendo presenti nel nostro ordinamento puntuali riferimenti in merito alla tutela e valorizzazione del Beni culturali, le tre Regioni hanno omesso (in parte) di prenderli in considerazione.

In conclusione, considerato che l’art. 9 Cost. si dedica alla cultura e che si trova nella prima parte della Costituzione in cui sono espressi i Principi Fondamentali, ciò «offre una indicazione importante sulla “missione” della nostra Patria, su un modo di pensare e di vivere al quale vogliamo, dobbiamo essere fedeli. La cultura e il patrimonio artistico devono essere gestiti bene perché siano effettivamente a disposizione di tutti, oggi e domani per tutte le generazioni»79.

Note

1* Dottore di ricerca in Scienze Giuridiche e Politiche.

F. MORANTE, I beni culturali, in arteweb.eu, 2012, pp. 2-3.

2 Si tratta di beni pertinenti alla natura (flora, fauna, minerali) e creati dall’uomo per dimostrazioni scientifiche che, spesso raccolti in collezioni e musei, hanno assolto funzione didattica e dimostrativa e conservano valore intrinseco assoluto e storico.

3 Beni di pertinenza delle arti e tradizioni popolari e della cultura materiale, in stretta connessione con il contesto di provenienza.

4 Raccolte di biblioteche, archivi, singoli documenti pubblici e quelli privati se di notevole interesse storico.

5 Vi sono poi delle altre categorie considerate residuali a prescindere dalla loro specifica inclusione in quelle sopramenzionate, come affreschi, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli e altri ornamenti di edifici, esposti o meno alla pubblica via; studi d’artista individuati con decreto ministeriale; aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale; fotografie ed esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o sequenze di immagini in movimento o comunque registrate, nonché documentazioni di manifestazioni sonore o verbali, comunque registrate, la cui produzione risalga a oltre 25 anni; mezzi di trasporto aventi più di 75 anni; beni e strumenti aventi interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di 50 anni. La legge può individuare in ogni caso altri beni da assoggettare alla disciplina dei beni culturali in quanto rappresentano testimonianza avente valore di civiltà. Sul tema cfr L. CASINI, Todo es peregrino Y Raro: Massimo Severo Giannini e i beni culturali, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 3/2015, PP. 987-1005.

6 Beni culturali e ambientali, in Enciclopedia online Treccani, pp. 1-2.

7 G. TRENTA, Qualche riflessione sulla recente modifica degli artt. 9 e 41 della Costituzione e la valorizzazione dell’ambiente, in D.C.C. DI PAOLA, G. TRENTA (a cura di), La valorizzazione costituzionale dell’Ambiente. (Articoli 9 e 41 Costituzione), AmbienteDiritto, 2023, pp. 2-35.

8 P. BILANCIA, Diritto alla cultura. Un osservatorio sulla sostenibilità culturale, Diritti culturali e nuovi modelli di sviluppo. La nascita dell’Osservatorio sulla sostenibilità culturale, ESI, Napoli, 2016. M. BARBATO, Il riparto di competenze tra Stato e Regioni nella valorizzazione dei beni culturali, in De Iustitia, giugno 2023, pp. 2 ss.

9 F. MERUSI, Articolo 9, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione. Art. 1-12. Principi fondamentali, Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1975, pp.455-456. L’autore si sofferma sul termine «Repubblica» che viene impiegato nella Costituzione per indicare sia lo Stato-persona inteso come Stato apparato centrale contrapposto alle autonomie territoriali che Stato-ordinamento con le sue articolazioni territoriali.

10 A tal proposito anche la giurisprudenza costituzionale è intervenuta nel merito affermando con la sentenza n. 359/ 1985 che il termine Repubblica menzionato nell’art. 9 è inteso e comprensivo “di tutte le istituzioni pubbliche”, concetto ribadito poi con la decisione n. 307/2004 nella quale si sostiene che il perseguimento dello sviluppo della cultura “fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 della Costituzione) anche al di là del riparto delle competenze fra Stato e Regioni di cui all’art. 117 della Costituzione”.

11 D. NARDELLA, I beni culturali tra Stato e regioni e la riforma del Titolo V della Costituzione, in Dir. pubbl., 2/2002, 674.

12 Legge Costituzionale del 18 ottobre 2001, n.3, riforma del Titolo V che ridisegna il riparto di competenze.

13 Inteso sia come materiale che intangibile.

14 S. MABELLINI, Beni culturali (Valorizzazione dei), in G. GUZZETTA, F.S. MARINI E D. MORANA, Le materie di competenza regionale. Commentario, Napoli, ESI, 2015, pp. 67 ss.

15 G. FAMIGLIETTI, M. NISTICO’, N. PIGNATELLI, Codice dei beni culturali ragionato, Molfetta (BA), Nel diritto, 2020.

16 A. D’ATENA, Regione (in generale), in Enc. dir., XXXIX, Milano, Giuffrè, 1988, pp. 334 ss.

17 Sul punto occorre ricordare la prima regionalizzazione approvata con la legge delega n. 281/1970 e attuata nel D.P.R. n. 3/1972. VOLPE, Tutela del patrimonio storico-artistico nella problematica della definizione delle materie regionali, in Riv. trim. dir. pubbl., 2/1971, pp. 383 ss. Successivamente con il D.P.R. n. 616/1977 venivano estese ulteriori competenze regionali. A. BARBERA, F. BASSANINI (a cura di), I nuovi poteri delle Regioni e degli enti locali, Milano, Giuffrè, 1978. Con il D.lgs. n. 112 del 1998, sempre a Costituzione invariata, vengono trasferite ulteriori competenze dallo Stato alle Regioni. Per i beni culturali venne definita la riserva statale delle funzioni e dei compiti di tutela e la gestione dei musei statali, secondo il principio di sussidiarietà, trasferita alle regioni, alle province o ai comuni. M. STIPO (a cura di), Commento al d.lgs. n. 112/1998. Il nuovo modello di autonomie territoriali. S. AMOROSINO, Beni e attività culturali, in M. STIPO (a cura di), Il nuovo modello di autonomie territoriali. Commento al d.lgs. n. 112/1998, Rimini, Maggioli, 1998, pp. 623 ss.

18 Nella seduta dell’8 febbraio 2022 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, la proposta di legge costituzionale A.C. 3156-B recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”. La proposta di legge costituzionale era stata approvata, in seconda deliberazione, dal Senato della Repubblica il 3 novembre 2021, approvata, in prima deliberazione, dal Senato, in un testo unificato, il 9 giugno 2021 e dalla Camera il 12 ottobre 2021

19 A. PAPA, Strumenti e procedimenti della valorizzazione dei beni culturali. Ruolo dei livelli di governo e promozione delle identità̀, Napoli, Editoriale Scientifica, 2006.

20 A.G. ARABIA, Valorizzazione dei beni culturali e promozione e organizzazione di attività culturali, in Rivista giuridica on-line, ISSiRFA, CNR, 3/2020, p. 10.

21 Sentenza n. 9 del 13 gennaio 2004 della Corte costituzionale. Sulla scorta di tale approccio storico-normativo, la Corte costituzionale sottolinea come la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, nelle normative anteriori all’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, siano state considerate attività strettamente connesse ed a volte, ad una lettura non approfondita, sovrapponibili. Così l’art. 148 del D.lgs n. 112 del 1998 annovera, come s’è visto, tra le attività costituenti tutela quella diretta «a conservare i beni culturali e ambientali», mentre include tra quelle in cui si sostanzia la valorizzazione quella diretta a «migliorare le condizioni di conservazione dei beni culturali e ambientali».

22 M. BARBATO, Il riparto di competenze tra Stato e Regioni nella valorizzazione dei beni culturali, op.cit, pp. 3 ss.

23 Sentenza n. 9 del 13 gennaio 2004 della Corte costituzionale.

24 Sentenza n. 232 del 16 giugno 2005 della Corte costituzionale.

25 Sentenza n. 140 del 9 luglio 2015 della Corte Costituzionale.

26 Sentenza n. 50 del 28 gennaio 2005 della Corte Costituzionale.

27 Sentenza n. 242 del 18 luglio 1997 della Corte Costituzionale.

28 Sentenza n. 31 del 27 ottobre 2006 della Corte Costituzionale. Per un maggiore approfondimento sul testa del principio della leale collaborazione cfr R. BIN, G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Torino, Giappichelli, 2022, pp. 300 ss.

29 Sentenza n. 921 del 28 luglio 1988 della Corte Costituzionale.

30 Sentenze nn. 50 del 13 gennaio 2005 e 133 del 31 marzo 2006 della Corte costituzionale.

31 Sentenza n. 921 del 28 luglio 1988 della Corte Costituzionale.

32 Sentenza n. 422 del 19 dicembre 2006 della Corte Costituzionale.

33 Sentenza n. 30 del 26 gennaio 2005 della Corte Costituzionale.

34 Sentenza n. 251 del 25 novembre 2016 della Corte Cost.

35 In tal senso l’art. 118, co. 1 della Cost. sancisce che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Inoltre, il co. 3 La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.

36 D. MONE, Autonomia differenziata come mezzo di unità statale: la lettura dell’art. 116, comma 3, Cost., conforme a Costituzione, in AIC, 1/2019, pp. 329-350.

37 A. POGGI, La difficile attuazione del Titolo V: il caso dei beni culturali, in federalismi.it, 8/2003, pp. 1-10.

38 In tal senso già l’art. 1, co. 6, del Codice prevede «Le attività concernenti la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale indicate ai commi 3, 4 e 5 sono svolte in conformità alla normativa di tutela».

39 S. BUDELLI, La tutela dei beni culturali e la resurrezione dell’interesse nazionale, in AmbienteDiritto, 1/2018, pp. 1-12. M. BARBATO, Il riparto di competenze tra Stato e Regioni nella valorizzazione dei beni culturali, op.cit., p. 3.

40 Sentenza n. 9 del 2004 della Corte Costituzionale.

41 G. PASTORI, Le funzioni dello Stato in materia di tutela del patrimonio culturale (art. 4), in Rivista di arti e diritto online Aedon, 1/2004, pp. 1 ss.

42 C. BARBATI, La valorizzazione del patrimonio culturale (art. 6), in Rivista di arti e diritto online Aedon, 1/2004, pp. 1 ss.

43 A.G. ARABIA, Valorizzazione dei beni culturali e promozione e organizzazione di attività culturali, op.cit., p. 14.

44 G. SCIULLO, I beni culturali quali risorsa collettiva da tutelare – una spesa, un investimento, in Rivista di arti e diritto online Aedon, n. 3/2017, pp. 1-6.

45 Ibidem, p. 14.

46 G. PASTORI, Le funzioni dello Stato in materia di tutela del patrimonio culturale (art. 4), op.cit., pp. 2 ss.

47 G. CLEMENTE DI SAN LUCA, L’attuazione dell’art. 118 della Costituzione in materia di beni culturali, in C. BARBATI, G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a cura di), Cultura e governi territoriali, Napoli, Jovene, 2015, p. 39.

48 Sul punto, difatti, il Codice rimane coerente con quanto la Corte costituzionale riteneva che anche dopo l’entrata in vigore del Titolo V debbano valere i criteri che, in merito all’esercizio dell’attività di valorizzazione, aveva dettato il d.lgs. n. 112, vale a dire che essa spetti al soggetto cui compete la titolarità del bene. Per un maggior approfondimento cfr D. NARDELLA, Un nuovo indirizzo giurisprudenziale per superare le difficoltà nell’attuazione del Titolo V in materia di beni culturali?, in Rivista di arti e diritto online Aedon, 2/2004.

49 A.G. ARABIA, Valorizzazione dei beni culturali e promozione e organizzazione di attività culturali, op.cit., p. 15.

50 Ibidem.

51 A. D’ATENA, Regione (in generale), op.cit., pp. 334 ss; VOLPE, Tutela del patrimonio storico-artistico nella problematica della definizione delle materie regionali, op.cit., pp. 383 ss.

52 A. BARBERA, F. BASSANINI (a cura di), I nuovi poteri delle Regioni e degli enti locali, op.cit.

53 art.4 legge n. 480/1971 (Statuto Abruzzo); art. 5 legge n. 350/1971 (Statuto Basilicata); art. 56 legge n. 519/1971(Statuto Calabria); artt. 5 e 6 legge n. 348/1971 (Statuto Campania); art. 3 legge n. 342/1971 (Statuto Emilia-Romagna); art. 45 legge n. 346/1971 (Statuto Lazio); art. 4 legge n. 341/1971 (Statuto Liguria); art. 3 legge n. 339/1971 (Statuto Lombardia); art. 5 legge n. 345/1971 (Statuto Marche); art. 4 legge n. 347/1971 (Statuto Molise); art. 5 legge n. 338/1971 (Statuto Piemonte); art. 8 legge n. 349/1971 (Statuto Puglia); art. 4 legge n. 343/1971 (Statuto Toscana); artt. 8 e 9 legge n. 344/1971 (Statuto Umbria); art. 4 legge n. 340/1971 (Statuto Veneto). Per le specialità: artt. 4 e 6 legge cost. n. 1/1963 (Statuto Friuli Venezia Giulia); art.3, 4 e 5 legge cost. n. 3/1948 (Statuto Sardegna); art. 14 legge cost. n. 2/1948 (Statuto Sicilia); art. 8 legge cost. n. 5/1948 (Statuto Trentino-Alto Adige); artt. 2 e 3 legge cost. n. 4/1948 (Statuto Valle d’Aosta). A.G. ARABIA, Valorizzazione dei beni culturali e promozione e organizzazione di attività culturali, op.cit., p. 23.

54 Le Regioni compiono una ricognizione delle funzioni. Alcuni esempi sono riconducibili nelle leggi regionali della: Basilicata (l.r. n. 7/1999, artt. 86-92); Calabria (l.r. n. 34/2002, artt. 143-145); Lazio (l.r. n. 14/1999, artt. 165-172); Lombardia (l.r. n. 1/2000, art. 4, commi 130-148); Molise (l.r. n. 34/1999, artt. 106-108); Piemonte (testo coordinato delle ll.rr. nn. 44/2000 e 5/2001, artt. 124-130); Puglia (l.r. n. 24/2000, artt. 19-22); Toscana (l.r. n. 85/1998, artt. 33-35) e Veneto (l.r. n. 11/2001, artt. 143-144).

55 C. BERTOLINI, I musei nel nuovo quadro costituzionale: gli obiettivi comuni dei musei pubblici e privati e lo sviluppo dei sistemi museali nella normativa regionale, in Osservatoriosullefonti.it, 2/2008, pp. 5 ss. A. GARLANDINI, L’intervento delle regioni a favore dei musei: uno scenario in profondo cambiamento, in Rivista di arti e diritto online Aedon, 2/2006, pp. 1-5.

56 Alcune delle leggi sperimentali in materia di ecomusei cfr l.r. Piemonte n. 13 del 2018 (che ha abrogato la l.r. n. 31 del 1995), l.r. Basilicata n. 36 del 2018, l.r. Lazio n. 3 del 2017 (abrogata dalla l.r. n. 24 del 2019 che prevede la disciplina degli ecomusei all’art. 21), l.r. Calabria n. 62 del 2012, l.r. Veneto n. 30 del 2012 (abrogata dalla l.r. n. 17 del 2019 che disciplina gli ecomusei all’art. 27), l.r. Puglia n. 15 del 2011, l.r. Toscana n. 21 del 2010 (artt. 19-23), l.r. Molise n. 11 del 2008, l.r. Umbria n. 34 del 2007, l.r. Lombardia n. 13 del 2007 (abrogata dalla l.r. n. 25 del 2016 che disciplina gli ecomusei all’art.19), l. Sicilia n. 16 del 2014, l.p. Trento n. 15 del 2007 (art. 20). A.G. ARABIA, Valorizzazione dei beni culturali e promozione e organizzazione di attività culturali, op.cit., p. 27.

57 G. TRENTA, Lo sviluppo sostenibile nella tutela e valorizzazione dei beni culturali nell’era digitale, in Quotidiano Legale, n. 3/2023, pp. 1-14.

58 A. SAU, Il ruolo delle autonomie locali nel settore cinematografico: un bilancio a 15 anni dalla riforma del Titolo V della Costituzione, in C. BARBATI, G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a cura di), Cultura e governi territoriali, op.cit., pp. 101 ss.

59 C. BARBATI, Regioni e attività culturali, in C. BARBATI, G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a cura di), Cultura e governi territoriali, op.cit., pp. 32 ss.; A.G. ARABIA, Valorizzazione dei beni culturali e promozione e organizzazione di attività culturali, op.cit., p. 33.

60 A. D’ATENA, Diritto regionale, Torino, Giappichelli, 2017, pp. 149-199.

61 L. DE POLI, Il regionalismo differenziato dei beni culturali, in Pausania, 15 Luglio 2019, p. 21.

62 A. D’ATENA, Diritto regionale, op.cit., pp. 146 ss.

63 L. DE POLI, Il regionalismo differenziato dei beni culturali, op.cit., p. 21.

64 A. D’ATENA, Diritto regionale, op.cit., pp.140 ss.

65 L. GENINATTI SATE’, Profili problematici dell’integrazione fra principi, regole e canoni scientifici nella gestione dei beni culturali (a proposito del tentativo di conferire l’esercizio delle funzioni di tutela in materia di archivi), in Rivista di arti e diritto online Aedon, 1/2013, pp. 1-5.

66 G. TRENTA, Riflessioni sulla valorizzazione e tutela dei beni culturali nel riparto delle competenze, in Quotidiano Legale, 2/2023, pp. 5-6.

67 D. MONE, Autonomia differenziata come mezzo di unità statale: la lettura dell’art. 116, comma 3, Cost., conforme a Costituzione, op.cit., pp. 329-350.

68 A. POGGI, La difficile attuazione del Titolo V: il caso dei beni culturali, op.cit., pp. 1-10.

69 L. DE POLI, Il regionalismo differenziato dei beni culturali, op.cit., p. 32.

70 Ibidem, pp. 32 ss.

71 G. SEVERINI, Commento all’articolo 112, in SANDULLI (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, Milano, Giuffrè, 2012.

72 G. FAMIGLIETTI, M. NISTICO’, N. PIGNATELLI, Codice dei beni culturali ragionato, op.cit., pp. 585 ss.

73 L. DE POLI, Il regionalismo differenziato dei beni culturali, op.cit., p. 35.

74 F. PALLANTE, Nel merito del regionalismo differenziato: quali «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» per Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna?, in federalismi.it, 6/2019, pp. 8 ss.

75 G. SCIULLO, Art. 116, comma 3, Cost. e beni culturali, in Le Istituzioni del Federalismo, 1/2008, pp. 98-99.

76 M. CAMMELLI, Regionalismo differenziato e patrimonio culturale: quello che resta, in Rivista di arti e diritto online Aedon, 3/2019, par. 3

77 A.G. ARABIA, Valorizzazione dei beni culturali e promozione e organizzazione di attività culturali, op.cit., p. 39.

78 G. ACCIOTTA, L’attuazione del quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione. Commento all’articolo 16 della legge n. 42 del 2009, in Commentario ANCI sulla legge delega sul federalismo fiscale, 2009, pp. 1-6.

79 Parole espresse dal Presidente della Repubblica C. A. CIAMPI in occasione della consegna della medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte, Palazzo del Quirinale il 5 maggio 2003. L. DE POLI, Il regionalismo differenziato dei beni culturali, op.cit., p. 41.

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