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Il progetto fallimentare dei Braccialetti Elettronici

Dei Braccialetti Elettronici se ne parla da dieci anni.

Maroni nel 2008 chiariva che: “Il Braccialetto Elettronico viene collocato alla caviglia o al polso e invia impulsi radio a un’unità ricevente installata nell’abitazione del detenuto e, tramite linea telefonica, invia segnalazioni alla centrale operativa di Telecom Italia”. Oggi la Severino ritorna sull’argomento e ce ne dà una definizione: “Il Braccialetto Elettronico è un mezzo elettronico destinato al controllo delle persone sottoposte agli arresti domiciliari o alla detenzione domiciliare che si applica alla caviglia e permette all’Autorità giudiziaria di verificare a distanza e costantemente i movimenti del soggetto che li indossa”.

Pochi sapevano, molti sanno da poco, come effettivamente è andata a finire. Il contratto stipulato nel 2003 con Telecom Italia ha visto lo Stato debitore di circa 86 milioni di Euro, il tutto per 8 braccialetti attivi. I numeri sono questi e non ci sono giustificazioni, fanno mancare il fiato.

Il governo Monti, cerca di rispondere a tutto questo, vuol mirare allo svuotamento delle carceri (oggi sono detenute 66.897 persone in 206 istituti penitenziari che ne potrebbero contenere 45.700) per mezzo del rafforzamento delle misure alternative, e, tra queste punta sulla sorveglianza telematica. Deve puntarci, negli altri paesi funziona e non si capisce perchè nel nostro non possa.

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