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IL PROBLEMA ETICO NEI SISTEMI SOCIALI

Sergio Benedetto Sabetta

E’ forse anche per questo che negli ultimi anni, proprio mentre l’America è avvertita in declino, le università cinesi stanno attivando corsi di filosofia occidentale: Adam Smith, Immanuel Kant, Jean Jacques Rousseau e persino Carl Schmitt vengono inseriti nei << manuali per una nuova nazione >>, con l’obiettivo dichiarato di << conoscere il nemico e strapparne il buono >>” ( G. De Ruvo, 79).

Anche Platone viene studiato ed inserito nel confucianesimo per accrescere razionalità ed astrazione, così da rendere il concetto confuciano di “armonia” universale, mentre una “sempre minore importanza … viene assegnata alla storia e alla filosofia in America, soprattutto nella formazione di giovani diplomatici e futuri decisori geopolitici” (G. De Ruvo, 79).

Si deve osservare che i fenomeni antropologici non possono essere valutati settorialmente ma bensì organicamente come si presentano nella realtà, superando quindi le vecchie cesure interdisciplinari (Malinowski).

Si è pertanto elaborato il concetto di “personalità di base” quale rapporto tra le capacità ed esigenze della persona e l’aggregato sociale con le sue regole, norme e riti, vi è pertanto una esigenza di adattamento dell’individuo (Kardiner).

La “coazione sociale” esercita un’azione completa sui comportamenti psico-antropologici dei singoli e induce alla costituzione di una serie di valori e miti collettivi, in cui non deve comunque essere assolutizzato il fattore economico (Durkheim).

Lévy-Bruhl si pone il problema della frammentazione dell’umanità in sistemi sociali plurimi, per cui l’individuo acquista il suo significato solo se inserito in un determinato sistema di rapporti culturali codificati, da ciò deduce l’inesistenza di leggi e valori universali insiti nell’essere umano.

Vi è, tuttavia, il rischio di confondere i due piani, quello dei valori dell’essere e quello della loro formulazione sociale che Parsons definisce come “azione sociale”, la quale non è altro che il risultato di una interiorizzazione nel corso del processo di socializzazione di un insieme di credenze, valori e regole di condotta necessarie a mediare il rapporto tra egoismi individuali e il contesto relazionale.

Parsons parla di “prerequisiti funzionali” alle azioni di sistema rivolte alla soddisfazione dei bisogni di sopravvivenza, integrazione interna ed equilibrio esterno, queste sono: adattamento dei rapporti con l’ambiente esterno, per l’acquisizione delle risorse necessarie alla sopravvivenza, e stabilizzazione, integrazione del sistema mediante il controllo delle devianze.

L’equilibrio svolto da questi “prerequisiti funzionali” tende a mantenere in omeostasi, ossia in equilibrio, il sistema, tuttavia due elementi vengono ad incidere l’attività e l’apprendimento, i quali creano nuovi processi di differenziazione a cui seguono processi di integrazione, fino agli atti rivoluzionari di rottura sia in termini di valori che sociali.

In questa analisi Parsons perfeziona i concetti di “status” e “ruolo” quali elementi che forniscono valori e aspettative comportamentali sociali, venendo a incidere sull’agire dei singoli.

Searle nella sua “Teoria sulla creazione del mondo sociale e istituzionale” considera i nuovi ruoli e modi di agire come funzioni di status accettati collettivamente e implicanti una propria deontologia, i poteri che ne nascono, “poteri deontici”, costituiscono ragioni per l’azione indipendentemente dai singoli desideri.

Si comprime pertanto la rilevanza degli stati psicologici nel formarsi delle strutture normative, senza che questo tuttavia possa comprimere qualsiasi spazio di libertà, si è infatti osservato che vi è necessità comunque di valutare l’aspetto psicologico individuale in quanto, come osservato da Ferraris, la normativa esiste solo se è nella testa delle persone.

La mancanza di valori e chiare aspettative comportamentali portano alla dissoluzione istituzionale, come avvenne nel passaggio dai Comuni alle Signorie nel XIV – XV secolo in Italia, quando si formarono le Signorie dei Visconti – Sforza a Milano, Da Polenta a Padova, Della Scala a Verona, dei Medici a Firenze, dei Malatesta a Rimini, dei Gonzaga a Mantova e degli Este a Ferrara, per citarne solo alcuni.

L’economia comportamentale ha evidenziato l’esistenza di una miscela di cooperazione e competizione nella specie umana, condivisa con i primati, che possa garantire il successo evoluzionista sia del singolo che del gruppo in cui si identifica (de Waal), vi è infatti la necessità di competere per risorse limitate e proprio la tipologia e le modalità di distribuzione delle stesse viene ad incidere sulla evoluzione e, quindi, sulla delimitazione dei gruppi sociali nonché della loro morale (Chase).

Dobbiamo considerare che il pensiero simbolico, il linguaggio e la trasmissione di informazioni può realizzarsi validamente solo in presenza di una affidabilità tra individui, questo dovrebbe favorire evolutivamente la selezione del gruppo tra competitori. Una circostanza che impone il controllo della competizione interna al gruppo, peraltro utile se contenuta entro limiti non distruttivi, al fine dell’evoluzione del gruppo in termini di fitness rispetto agli altri gruppi, si ha pertanto una “selezione multilivello” (SML) (D. S. Wilson – E. O. Wilson).

In questa competizione multilivello vi è un intreccio fra altruismo e localismo che determina una selezione di tipo sociale, infatti vengono ad essere più efficienti e quindi prevalere i gruppi dotati di un “altruismo localistico”, tanto che si è osservato, anche in altri primati, che l’altruismo è direttamente proporzionale al grado di competizione fra gruppi.

Parallelamente lo stesso sentimento della “vergogna” , tanto vituperato nell’attuale momento storico, acquista una propria funzione di collante sociale, tanto da indurre a sottolineare che la capacità di formulare giudizi morali emerge dall’empatia che si forma tra membri del gruppo, la morale risulta pertanto come il risultato dell’evoluzione di una pluralità di fattori biologici e culturali a più livelli, in una successione di transazioni in nicchie mutevoli (Pievani).

Quando l’evoluzione economica e sociale porta al limite di rottura il sistema può esservi o una implosione o un’esplosione, l’atto rivoluzionario da cui dovrebbe emergere la nuova organizzazione comporta una rottura dell’etica, così che nel caos che si determina vi è un progressivo sperimentare fino all’estremismo possibile, basti pensare alle varie rivoluzioni che hanno percorso la Storia.

Solo successivamente, sperimentata la massima pressione sostenibile, la stabilizzazione nascente dal coagularsi degli interessi di nuove forze crea la nuova etica e si avrà il passaggio dal magma della Genesi, fondato sull’etica di una leadership mistica, ad una istituzionalizzazione e stratificazione etica (Alberoni).

La visione etica viene ad influire non solo la lettura degli eventi sociali ma anche l’interpretazione delle misurazioni matematiche, dando e fornendo ad esse coerenza con la nostra storia etica, quello che non risulta per noi coerente viene a perdersi nel prosieguo della nostra storia (Lloyd), così che anche un aspetto puramente contabile quale l’inflazione acquista una lettura etica per il sistema sociale.

D’altronde la mancanza di vincoli esterni determinati da minacce al sistema del gruppo determina un rilassamento nei rapporti operativi ed il prevalere di interessi esclusivamente individualistici, favoriti da un senso di sicurezza che frantuma il gruppo proiettando all’interno le minacce e i conflitti venuti meno dall’esterno, ad una prima fase euforica e anarcoide nella quale prevarrà come modello vincente il comportamento truffaldino e prettamente individualista, subentrerà una progressiva implosione che avrà come possibile reazione o un irrigidimento etico della leadership o lo sgretolamento del sistema (Etica descrittiva), una situazione che si è manifestata anche negli attuali rapporti geopolitici.

Quanto detto fa inserire l’etica negli aspetti naturalistici della specie umana, senza che questo possa appiattirla esclusivamente su stati mentali di carattere non cognitivo quali emozioni e attitudini (Teorie non cognitiviste), piuttosto vi è una simbiosi tra la sensibilità degli agenti con le loro reazioni affettive derivanti dalle proprietà naturali del mondo (Naturalismo scientifico e Teorie della sensibilità) con la riflessione culturale ed esperienziale (Teorie non realiste).

Precisa Railton che le proprietà morali sono qualcosa di oggettivo riducibili alle proprietà naturali o in termini analitici (Lewis) o secondo un giudizio sintetico di identità (Railton), nel qual caso si vengono ad identificare i giudizi di valore con la normazione sociale convenuta o all’estremo con le disposizioni valutative del singolo.

La morale potrebbe essere quindi un cristallo poliedrico dove le immagini sopra descritte sono semplicemente frammenti provenienti dalla stessa fonte, la necessità della creazione che spinge l’individuo nella ricerca diventa da bisogno naturale originario e necessario per la sopravvivenza una necessità etica per l’individuo, che si riflette sul gruppo quale necessità per la comunicazione e la sua ricezione, un principio che permette di superare la conflittualità intergruppo e nel gruppo una volta superato il pericolo proveniente da una Natura esterna.

BIBLIOGRAFIA

  • F. Alberoni, Genesi, Garzanti 1989;

  • G. De Ruvo, Il bluff globale, Limes 4/2023;

  • M. Mauss, Saggio sul dono, Einaudi 2002;

  • T. Nagel , Mente e cosmo, Raffaello Cortina Ed. 2015;

  • A. Giddens, Durkheim, Il Mulino 1998;

  • C. Lévy-Strauss, L’antropologia di fronte ai problemi del mondo moderno, Bompiani 2017;

  • A. Kardiner, L’individuo e la sua società, Bompiani;

  • F. de Waal, Primati e filosofi. Evoluzione e moralità, Garzanti 2008.