Natura fiume
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IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE NELL’ESPERIENZA ITALO-EUROPEA ED INTERNAZIONALE.

Giuseppina Ferrara

 

 

SOMMARIO: 1. Primum non nocere: la dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo del 1992. – 2. Il principio di precauzione nell’Unione Europea: l’art. 191 del TFUE. – 3. La Comunicazione della Commissione Europea COM (2000) 1 del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione. – 4. La valenza giuridica del principio di precauzione. – 5. La sua applicazione nell’esperienza italiana.

 

  1. Primum non nocere: la dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo del 1992.

Intenzione del presente elaborato è analizzare quali siano le azioni poste in essere sul piano europeo ed internazionale ed atte a limitare le lesioni al bene salute, in relazione, specificatamente, al principio di precauzione.

Il primo documento che si intende analizzare è di matrice internazionale ed è la Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo. La Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo si è riunita a Rio de Janeiro nel giugno del 1992 ed ha stilato una dichiarazione che proclama 27 principi riaffermanti la dichiarazione di Stoccolma del 1972. In più, venne rafforzato l’obiettivo per il raggiungimento del quale tutti gli Stati firmatari remano in solido; ovverosia: “tutelare l’integrità del sistema globale dell’ambiente e dello sviluppo”1.

Il principio primo di detta Dichiarazione sancisce che “Gli esseri umani sono al centro delle preoccupazioni relative allo sviluppo sostenibile. Essi hanno diritto ad una vita sana e produttiva in armonia con la natura”. L’aggettivo sostenibile indica “la capacità della nostra specie di riuscire a vivere, in maniera dignitosa ed equa per tutti, senza distruggere i sistemi naturali da cui traiamo le risorse per vivere e senza oltrepassare le loro capacità di assorbire gli scarti e i rifiuti dovuti alle nostre attività produttive”2. Lo sviluppo sostenibile è, dunque, quella unica forma d’azione che permette alle generazioni d’oggi di vivere in un ambiente salubre e di conservarlo alle generazioni future. Solo così si eviterà di precludere, a queste ultime, il godimento dell’habitat naturale che va sotto il nome d’ambiente e che comprende il suolo, il sottosuolo, l’aria e l’acqua.

Questa Dichiarazione è il frutto dell’evento noto come Summit della Terra. Ovverosia la prima conferenza mondiale dei Capi di Stato sulla questione ambiente. Essa ha riconosciuto un ruolo internazionale al principio c.d. di precauzione. Lo stesso era già noto a livello europeo, poiché contemplato nell’art. 174 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea. Quest’ultimo, al comma 2, sanciva come la politica della comunità fosse fondata “sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio chi inquina paga3. Su questo ci soffermeremo nei paragrafi che seguono.

Ad ora, è necessario occuparsi di questa fonte internazionale, voluta da ben 172 Stati. Il principio di precauzione è la trasposizione giuridica del brocardo, proprio del campo medico, del primum non nocere. La massima attribuita ad Ippocrate, ben ci prospetta la ratio ispiratrice del principio di precauzione: come prima cosa, quando si è in procinto di agire, è non nuocere. Il paradigma della massima Ippocratea è, in realtà, un trittico, nel quale leggiamo: come prima cosa non nuocere, dopodiché agisci in sicurezza ed infine cura (primum non nocere, secundum cavere, tertium sanare). Saccheggiando tale massima e trasferendola nel nostro campo di studio, potremmo così adattarla: come prima cosa previeni, dopodiché poni in sicurezza ed infine elimina gli effetti. In un ragionamento del genere, porremmo l’azione inibitoria, informata al principio di precauzione, come il primo strumento da esperire; poi ci occuperemmo di sfruttare gli strumenti forniti dall’azione cautelare e solo dopo andremmo ad utilizzare quelli procurati dall’azione risarcitoria. In questo ragionamento possiamo porre il principio quindicesimo della dichiarazione internazionale ivi analizzata. Infatti, nello stesso leggiamo: “Al fine di proteggere l’ambiente, gli Stati applicheranno largamente, secondo le loro capacità, il Principio di precauzione. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di certezza scientifica assoluta non deve servire da pretesto per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale”.

Ricordiamo, però, che “le dichiarazioni di principi, comunque, non hanno di per sé valore giuridico. Tali Dichiarazioni rappresentano, però, una rilevante manifestazione di prassi da arte degli Stati ed in questo senso possono contribuire alla formazione di nuove norme di diritto internazionale generale.

D’altra parte, le regole contenute in questi atti svolgono negli stessi ordinamenti giuridici interni […] una unzione assai rilevante, poiché spesso incoraggiano gli Stati ad adottare delle leggi che siano conformi ai principi sopra ricordati, esercitando, si potrebbe dire, una vera e propria funzione direttiva programmatica”.4

Questo articolo ha il merito di aver riconosciuto il principio di precauzione come uno degli “strumenti e meccanismi giuridici internazionali cui è affidato il compito di tradurre sul piano giuridico l’obiettivo dello sviluppo sostenibile. […] In virtù del suo carattere anticipatorio, il principio di precauzione appare totalmente volto al futuro; esso esprime sul pian normativo la necessità di tener conto di un nuovo dato di fatto: l’imprevedibilità delle alterazioni ambientali che l’applicazione incontrollata delle scoperte tecnico-scientifiche può comportare a lungo termine. L’incertezza scientifica in ordine alle conseguenze sull’ambiente di determinate attività umane rappresenta l’elemento caratterizzante del nuovo concetto di precauzione e lo distingue nettamente da quello di prevenzione.”5

È necessario ricordare che “l’inserimento del principio di precauzione nella Dichiarazione autorevole dei principi adottata a Rio, il 13 giugno 1992, rappresenta un momento essenziale del processo che, attraverso la sua affermazione reiterata in testi di diverso valore giuridico, ha trasformato l’approccio precauzionale in uno dei principi cui i Governi di tutto il mondo hanno deciso di improntare la propria azione in campo ambientale.

Per la prima volta il principio di precauzione è raccomandato in modo così generale, dal punto di vista geografico e settoriale. Sebbene la Dichiarazione non abbia alcun valore giuridico vincolante, essa ha tutte le caratteristiche della <<law developing rsolution>>, nel duplice senso che è idonea a concorrere ai processi formativi delle norme generali del diritto internazionale dell’ambienta e ad essere utilizzata come punto di riferimento per la conclusione di accordi.

Il principio precauzionale compare al suo interno in quella che è divenuta la sua formulazione, potremmo dire <<classica>>, i cui elementi essenziali risultano costantemente ripresi negli atti successivi”.6 Non possiamo però tacere come questa Carta sia stata “fortemente criticata in dottrina che l’ha ritenuta, in più occasioni, <<aperta e vaga>>7, evidenziando altresì l’impossibilità di fare riferimento <<ad un precetto normativo sufficientemente chiaro da configurarsi come una vera e propria norma generale del diritto internazionale>>8”.9

Provando a stilare un’analisi contenutistica di detto principio, si nota subito come questi sia legato “con molteplici dimensioni della conoscenza: la dimensione scientifica, che utilizza la precauzione come criterio operativo nelle situazioni di incertezza e inconoscibilità di fenomeni complessi (come quelli oggetto degli studi sulla ecologia); la dimensione economica, che nell’approccio precauzionale cerca una migliore definizione del concetto di sviluppo sostenibile; la dimensione politica, che valuta in termini discrezionali la portata e l’accettabilità dei rischi ecologici; la dimensione etica, che vede nella scelta di un’azione preventiva e di precauzione l’applicazione del principio di responsabilità verso le future generazioni; ed, infine, la dimensione giuridica, che utilizza il principio di precauzione per sciogliere in via normativa le incertezze del sapere scientifico”.10 Il principio di precauzione scende in campo proprio quando vi è dubbio scientifico; ovverosia “si pone come tecnica di gestione delle decisioni che tendono a stabilire un punto di equilibrio tra lo sviluppo e gli effetti dannosi sull’ambiente che questo può portare per le presenti e le future generazioni (il c.d. <<sviluppo sostenibile>>). Il principio di precazione costituisce lo strumento attraverso il quale individuare un criterio di bilanciamento tra la condizione di incertezza scientifica (che caratterizza l’individuazione e la soluzione di gran parte dei problemi ambientali) e la necessità di garantire la primarietà del valore ambiente, prendendo posizione nell’assenza di una opinione consolidata e concordante espressa dalla comunità scientifica”11.

Alla luce di quanto sinora sostenuto, possiamo pacificamente affermare che il principio di precauzione gode di una formulazione normativa positiva nel diritto internazionale, così come rappresentato nella più nota (fra le varie) formulazione dell’art. 15 della Dichiarazione di Rio del 1992. Questo carattere di regola generale a livello internazionale gode della stessa qualifica anche a livello europeo. Di questo ci occuperemo nel capitolo che segue.

2. Il principio di precauzione nell’Unione Europea: l’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

La politica ambientale è una materia di competenza concorrente fra gli Stati membri e l’ordinamento Europeo. Il cuore della disciplina è il Titolo XX del Trattato sull’Unione Europea. In più, vi è da sottolineare come fondamento ed obiettivo dello stesso mercato unico europeo, siano rispettivamente lo sviluppo sostenibile ed il miglioramento della qualità dell’ambiente. Nello specifico, l’articolo che ha recepito l’impostazione per cui l’azione preventiva è l’unica fra le altre a garantire un elevato livello di tutela dell’ambiente, è la disposizione che ha aperto il Titolo XX dedicato all’ambiente, ed è l’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (da ora in poi TFUE). Il contenuto di questa disposizione venne già enunciato all’interno del Trattato di Maastricht nell’art. 174 TCE (originariamente art. 130). Entrambe le disposizioni, afferiscono ad una nozione che trova le sue radici nell’ordinamento tedesco. Alla loro elaborazione dobbiamo la prima definizione del principio di precauzione nel diritto positivo. “Anche nell’ordinamento tedesco, il principio di precauzione ha assunto il ruolo di criterio dinamico relativo alla decisione <<se agire o meno>>. In base al principio di cooperazione si stabilisce chi deve agire; in base al principio di causalità chi deve sopportare gli oneri economici dell’azione così determinata; con il principio di precauzione si afferma un criterio che determina le misure da adottare anche in presenza di situazioni in cui è solo ipotizzabile una situazione di rischio, sebbene non sia dimostrato, allo stato delle attuali conoscenze scientifiche, la sicura o anche solo probabile evoluzione del rischio in pericolo. […] L’aspetto dinamico del principio di precauzione è provato anche dal significato letterale dei due principi richiamati: il sostantivo Schutz significa protezione; Gefahr significa pericolo; ad indica la preposizione da; Wer significa difesa. Anche il termine Vorsorge è complesso: è formato dal sostantivo Sorge (che in italiano si può tradurre come <<preoccupazione, ansia, timore>>) e dalla preposizione vor, che in italiano si può tradurre con <<prima di, in avanti>>. La particella cor esprime in senso materiale l’idea di un movimento in avanti ed in senso figurato l’idea di una anticipazione. Il principio di precauzione quindi, anche nella sua costruzione letterale, assume nell’esperienza tedesca un aspetto dinamico e diacronico che si collega alla concezione che, nei programmi del governo federale, a partire dal 1970, porta a finalizzare la tutela dell’ambiente anche a vantaggio delle generazioni future. Come tale assume un significato più ampio della tecnica di prevenzione del rischio”.12

Sulla base di questa elaborazione, l’ordinamento europeo ha inteso stilare l’art. 191 del TFUE in questi termini: “La politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio chi inquina paga”.

Alla luce di quanto sancito, possiamo prontamente distinguere il principio precauzione dal principio di prevenzione. “Quest’ultimo si riferisce alla necessità di agire preventivamente nei confronti di un rischio conosciuto e scientificamente dimostrabile, mentre il principio di precauzione esige un intervento in materia ambientale per evitare un rischio che, dai dati scientifici e tecnici disponibili, risulta essere solo possibile, non ancora dimostrato. Il principio di precauzione fornisce una base di azione quando la scienza non è in grado di dare una risposta certa su dei rischi che per la collettività risultano inaccettabili. In altre parole, esso riguarda i casi in cui i riscontri scientifici sono insufficienti, non conclusivi o incerti e la valutazione preliminare indica che esistono motivi ragionevoli di pensare che gli effetti potenzialmente pericolosi sull’ambiente possono risultare incompatibili con il livello di protezione prescelto dalla Comunità”13.

È necessario, a questo livello d’indagine, dar subito conto al fatto che l’eccessivo (nel senso di ingiustificato) ricorso al principio di precauzione “potrebbe comportare l’introduzione di forme dissimulate di protezionismo”.

Sulla questione, la stessa Corte di Giustizia ha ritenuto di pronunciarsi chiarendo che “anche in mancanza di prove scientifiche di pericolo per l’ambiente, sempre che sia rispettato il principio di proporzionalità, il principio di precauzione offre una giustificazione sufficiente all’adozione di misure di protezione”14.

“Benché il principio di precauzione sia espressamente menzionato nel Trattato [TFUE] esclusivamente in riferimento alla politica ambientale, si le istituzioni comunitarie, sia la Corte di Giustizia hanno precisato che si tratta di un principio di applicazione generale, che soprattutto deve essere preso in considerazione in tutti quei settori ad elevato livello di protezione, come la sicurezza alimentare e la tutela della salute delle persone. Esso dunque assume il rango di principio generale e, come ha precisato l’Avvocato Generale La Pergola, anche gli Stati membri, nel valutare il livello di tutela della salute e della vita delle persone che deve essere assicurato nell’ordinamento nazionale, sono tenuti a verificare l’esistenza del principio di precauzione, allo stesso modo in cui esso, in forza del Trattato, trova applicazione nei confronti dell’azione delle autorità comunitarie”15.

3. La Comunicazione della Commissione Europea COM (2000) 1 del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione.

“La Comunicazione sul principio di precauzione nasce – dichiaratamente – dall’esigenze della Commissione di stabilire orientamenti per la sua applicazione, di elaborare una comprensione comune dei modi in cui è opportuno valutare, gestire e comunicare i rischi che la scienza non è ancora capace di sistemare pienamente e, infine, di evitare un ricorso ingiustificato al ricorso ingiustificato al principio di precauzione come forma dissimulata di protezionismo […]. La Commissione vede <<precauzione>> in tutti i casi in cui il diritto comunitario richieda, come condizione per la circolazione di un prodotto, una preliminare valutazione scientifica obiettiva che indichi se vi siano ragionevoli motivi di temere possibili effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante, incompatibili con l’elevato livello di protezione prescelto dalla Comunità […]. Finalmente, con l’art. 7, par. 1, del reg. CE 178/2002, giunge una prima definizione positiva anche nel diritto comunitario: <<Qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esaudiente del rischio>>. Le cautele sono molte, e ben visibili: esso può essere utilizzato solo <<in circostanze specifiche>>, soltanto per adottare <<misure provvisorie>> (con un collegamento costante alle evoluzioni delle conoscenze scientifiche), e soltanto in attesa di nuove informazioni che consentano di meglio valutare il rischio, cui si aggiungono (art. 7, par. 2) la necessaria proporzionalità allo scopo, la riduzione al minimo indispensabile delle misure da adottare, la loro <<necessaria realizzabilità tecnica ed economica>>. Il ruolo del principio è ridimensionato alquanto, anche rispetto all’importanza che esso parrebbe inizialmente rivestire nel solenne 21° considerando del regolamento, alla cui stregua <<il principio di precauzione costituisce un meccanismo per determinare misure di gestione del rischio o altri interventi volti a garantire il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità>>.”16.

La Comunicazione della Commissione Europea presa in analisi, “definisce le linee guida per l’applicazione di tale principio nel marcato unico e descrive le situazioni in cui esso può essere adottato. Innanzitutto, la Commissione precisa che il principio di precauzione, se correttamente applicato, può fornire una adeguata base giuridica per quegli interventi necessari per evitare rischi alla salute umana ed all’ambiente non ancora dimostrati dalla scienza. Inoltre, […], afferma che la determinazione di ciò che può essere considerato un rischio accettabile rientra nella responsabilità politica dell’Unione e degli Stati membri, ma che, ad ogni modo, il principio di precauzione non è una giustificazione per ignorare prove scientifiche ed adottare decisioni protezionistiche. Qualora poi un intervento risultasse necessario, riprendendo ciò che la Corte di giustizia aveva già affermato, la comunicazione precisa che i provvedimenti devono essere proporzionati al livello di protezione scelto, non discriminatori e coerenti con i provvedimenti similari già adottati.

Essi altresì devono basarsi su un esame dei costi e dei benefici potenziali dell’azione o dell’assenza di azione, essere oggetto di revisione alla luce dei nuovi dati scientifici, nonché essere mantenuti in vigore per tutto il tempo in cui il rischio viene considerato troppo elevato per essere imposto alla società. Infine, […], nella comunicazione si afferma che le misure adottate sulla base del principio di precauzione devono definire la responsabilità, o l’onere della prova, ai fini della produzione dei riscontri scientifici necessari per una valutazione complessa del rischio”17. È, pertanto, corretto sintetizzare, infine, che “l’esistenza di un ragionevole dubbio, se pur non scientificamente dimostrato, di rischi per la salute umana o per l’ambiente, dovrebbe essere giustificazione idonea a porre in essere restrizioni quantitative o misure di effetto equivalente, sempre che non siano misure discriminatorie nei confronti dei prodotti esteri e che rispettino il principio di proporzionalità”18.

Come è stato evidenziato da buona parte della dottrina, la Comunicazione in analisi ha avuto il merito innovativo di riconoscere al principio di precauzione l’esperimento dei suoi effetti non solo con riguardo alla protezione dell’ambiente, potendo applicarsi “in tutti i casi in cui <<una preliminare valutazione scientifica obiettiva indica che vi sono ragionevoli motivi di temere che i possibili effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possano essere incompatibili con l’elevato livello di protezione prescelto dalla Comunità>>19. Come è noto, inoltre, a livello europeo il principio di precauzione è stato ritenuto pacificamente applicabile non più al solo diritto ambientale, ma anche alla salute umana, ai prodotti alimentari, ai settori zoosanitario e fitosanitario anche in seguito alla Risoluzione sul principio di precauzione annessa alle conclusioni del Consiglio europeo tenutosi a Nizza20 tra il 7 e il 10 dicembre 2000”21.

In conclusione, possiamo sottolineare come “l’approccio precauzionale rappresenta una soluzione di compromesso, esso stabilisce un criterio che consenta di conciliare il diritto di svolgere attività economiche lecite con l’obbligo di non pregiudicare in maniera sostanziale l’ambiente. Tale principio introduce, tra la categoria delle attività lecite, perché sicure, e quella delle attività illecite perché dannose, il tertium genus delle attività i cuoi effetti sulla natura non siano ancora sufficientemente conosciuti, stabilendo che, in questi casi, è buona precauzione adottare delle misure atte a prevenire conseguenze gravi ed irreversibili per l’ambiente.

Quello che viene a gravare sugli Stati è, dunque, un obbligo di condotta: essi devono adottare, in relazione alle proprie capacità, tutte le misure preventive che la migliore tecnologia disponibile offre, ad un costo economicamente accettabile”22.

4. La valenza giuridica del principio di precauzione

Calzante è la definizione di società del rischio23 in riferimento alla realtà che oggigiorno viviamo. Infatti, è proprio in questo contesto di continua evoluzione scientifica e tecnologica che il principio di precauzione si atteggia a strumento idoneo nel fornire tutela certa ad una realtà incerta.

Volendo tratteggiare un’analisi strettamente giuridica di detto principio, notiamo fin da subito che “la difficoltà di definire il valore giuridico del principio di precauzione aumenta quando ci si domanda se esso, attraverso la sua affermazione reiterata in atti internazionali di diversa natura giuridica, è divenuto un principio di diritto internazionale generale. Non mancano autori che già ne affermano un consolidamento sul piano del diritto internazionale consuetudinario.

Questi autori sottolineano la prassi risultante dall’ampia partecipazione statale alle numerose conferenze e convenzioni internazionali, di carattere universale e regionale, cui va a sommarsi la conferma che viene dalla ricezione del principio nelle legislazioni nazionali. Essi notano, egualmente, la costante ripetizione di alcuni elementi, come la gravità del danno, l’incertezza scientifica e la necessità di agire. La tesi volta ad affermare il valore consuetudinario del principio di precauzione si scontra, tuttavia con il rifiuto di numerose istanze24 internazionali volte ad ottenere una pronuncia in tal senso. […] Nondimeno la rilevanza ed il crescente consenso che tale principio va acquisendo nella pratica internazionale testimoniano una chiara tendenza de lege ferenda all’affermazione progressiva del principio di precauzione come un principio autonomo del diritto internazionale generale dell’ambiente.”25

Il dibattito circa la natura da attribuire al principio di precauzione si è sviluppato fra dottrina e giurisprudenza e si è incentrato “da un lato, sulla possibile connessione tra “rischio” (inteso quale previsione di un evento negativo) ed “emergenza” (da declinarsi quale necessità di fronteggiare una situazione imprevista) e, dall’altro, sulla netta separazione tra l’amministrazione dell’emergenza da quella del rischio che non legittima deroghe alle disposizioni ordinarie in materia di competenza, ma obbliga le pubbliche amministrazioni ad assumere le proprie decisioni sulla base di un puntuale percorso istruttorio e valutativo”26. Non possiamo trascurare, nel tratteggiare il profilo giuridico del principio in analisi, che nell’ambito della branca amministrativa dell’ordinamento italiano, è stato attuato un netto, senza dubbio, riconoscimento giuridico al principio di precauzione. La fonte giuridica che ci consente di affermare quanto appena sancito è l’art. 1 della legge n. 241 del 1990, la c.d. LPA (che sciolta dall’acronimo sta per “legge sul procedimento amministrativo”), così come modificata dalla legge n. 15 del 2005.

Quest’articolo recepisce27 il principio di precauzione fra i principi generali dell’attività amministrativa per il tramite del riconoscimento dei principi generali dell’ordinamento europeo come fautori dei fini che deve perseguire l’azione amministrativa. Dunque, “ne deriva che il principio di precauzione è posto alla base, insieme agli altri principi di matrice comunitaria, dell’esercizio delle funzioni autoritative della P.A.”28. Ma ciò che si preme rimarcare, ai fini della nostra ricerca, è la estrema efficacia di questo principio nel farsi strumento e fornire tutela che sia vera stante il suo originario significato. Ovverosia, una tutela che copra, protegga, salvaguardi il bene oggetto della stessa. L’impostazione tradizionale giuridica ha inteso svuotare dell’originario significato il lemma “tutela”, riposizionandolo nella fase successiva il concretizzarsi del danno; così facendo, si è qualificata la tutela giurisdizionale come la risposta (penale, civile, amministrativa) intesa come reazione ad una condotta logicamente antecedente. Scardinando, o meglio, affiancando questo sistema ad un altro, sicuramente più efficace, impostato sulla tutela preventiva ben informata dal principio di precauzione, potremmo, ad avviso di chi scrive, raggiungere una (positiva) contrazione dei reati, degli illeciti, delle infrazioni quali che siano. Alla luce di ciò, “la portata innovativa del principio di precauzione si riflette essenzialmente sulla valutazione degli effetti di una decisione di agire o non agire in presenza di un rischio meramente sospettato e, sulla provvisorietà di tale valutazione in ragione del mutare delle conoscenze scientifiche”.

La considerevole rilevanza che il principio di precauzione ha riscontrato tanto a livello internazionale quanto a livello nazionale in seno all’elaborazione delle politiche d’azione delle unioni internazionali e dei singoli stati, è stata avvalorata anche dalla Corte di Giustizia “che, nel puntualizzare tale principio, ha evidenziato come la corretta applicazione [dello stesso] imponga, da parte delle autorità nazionali competenti, una valutazione dei rischi basata su indizi specifici che, anche nell’impossibilità di superare una possibile incertezza giuridica, risultino idonei a calibrare la sussistenza di un livello di rischio tale da rendere necessarie misure di tutela dell’ambiente e della salute”29.

Continuando, c’è da mettere in mostra che “oltre all’orientamento, ormai consolidato, della Corte di Giustizia deve altresì ricordarsi l’interpretazione della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che ha indirizzato la propria attenzione sulla effettiva operatività e sugli effetti dello stesso, evidenziandone l’inscindibile collegamento con la necessità da parte delle pubbliche amministrazioni, di informare correttamente i soggetti esposti a possibili rischi scientificamente incerti, individuando, in caso di inadempimento, una responsabilità patrimoniale a carico dello Stato30. Nel richiamare il proprio orientamento sul diritto al rispetto della vita privata, così come tutelato dall’articolo 8 C.E.D.U., in base al quale lo Stato è obbligato ad assicurare informazioni dettagliate ad ogni individuo per una corretta valutazione dei rischi per la propria vita e la propria salute e a predisporre un efficiente assetto legislativo idoneo a scongiurare ogni minaccia a tale diritto, la Corte individua nell’inosservanza del principio di precauzione una causa di responsabilità di natura patrimoniale di diritto internazionale in capo alle amministrazioni pubbliche autonoma rispetto alle disposizioni nazionali”31.

La portata di questa decisione è di rilievo colossale in seno al nostro tema d’indagine.

Questa decisione riconosce ed assicura un ulteriore strumento di tutela a quel soggetto che in procinto di vivere la sua vita presso la sua abitazione, si espone irrimediabilmente ad immissioni nocive e, dunque, a rischi che, seppur non ben acclarati come tali scientificamente, mettono a brusco repentaglio i suoi diritti fondamentali. Assicurando loro un trattamento nocivo in nessun modo sanabile.

5. La sua applicazione nell’esperienza italiana.

Nel nostro ordinamento non è presente una norma generale che cristallizzi il principio di precauzione. Questo, a differenza di quanto avviene, invero, nell’esperienza d’oltralpe e tedesca. In Francia, nel marzo del 2005 si è intesi assurgere a norma costituzionale detto principio, con l’esplicita funzione di far fronte alla possibile realizzazione di un danno ad un certo bene giuridico. Richiamando, nel preambolo, la Charte de l’environnement il cui articolo 5 lo positivizza.

In Germania, fin dagli anni Settanta del Novecento, così come anticipato nei paragrafi antecedenti in relazione all’influenza che questo sistema ebbe sull’Unione Europea, si è inteso positivizzare per primi il principio di precauzione con la normativa sull’impiego dell’energia nucleare e sulla protezione dalle immissioni inquinanti (Bundesimmissionsschutzgesetz).

Fece seguito, poi, l’esperienza americana che intavolò un dibattitto, strettamente sul fronte ambientale, del principio in esame in relazione alla tutela ambientale, sempre negli anni Settanta del Novecento. Fu così che prese avvio una fase di discussione internazionale in seno (almeno al tempo) nebuloso principio di precauzione. Come ha sentenziato Montini, questo principio può essere considerato “il prodotto forse più originale e nuovo del diritto internazionale dell’ambiente”32.

I numerosi documenti di stampo internazionale ed intergovernativo che si sono avvicendati nel tempo, hanno portato alla definitiva consacrazione, come abbiamo visto, nella Dichiarazione di Rio del 2012 della positivizzazione del principio.

Rientrando nei confini nazionali, possiamo fin da subito notare che il principio di precauzione ha ricevuto piena legittimazione nell’ambito amministrativo con lo specifico riferimento all’attività autoritativa delle pubbliche amministrazioni. Infatti, sul tema ci siamo soffermati nel paragrafo precedente. Volgendo lo sguardo agli ulteriori settori d’azione del nostro ordinamento, possiamo presentare una rapida carrellata di normative informate al principio precauzionale.

La breve disamina principia menzionando il Decreto del Ministero della Sanità emanato nel novembre del 2000 che per la prima volta si avvale espressamente del meccanismo precauzionale “dichiarando inidonei alle donazioni di sangue coloro i quali avevano soggiornato nel Regno Unito nel periodo tra il 1980 e il 1996 per più di sei mesi”33 ed ancora, “sulla scorta delle misure adottate per far fronte all’emergenza della BSE sono stati emanati ulteriori decreti, tra cui il Decreto del Ministero della Sanità del 6 agosto 2001, che ha fondato sul principio di precauzione l’abbassamento dell’età a partire dalla quale compiere le relative analisi sui capi macellati. Successivamente, l’art. 1 del D.Lgs. 24 aprile 2001, n. 212 prevede che l’attuazione delle Direttive 98/95/CE e 98/96/CE, in materia di <<commercializzazione dei prodotti sementieri, catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e relativi controlli>>, deve avvenire nel rispetto del principio di precauzione ex art. 191 TFUE. Il principio di precauzione è, inoltre, espressamente richiamato dalla legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (l. 22 febbraio 2001, n. 36), che ha ricondotto ad unità le precedenti normative (di natura regolamentare) e ha introdotto una disciplina positiva di respiro più ampio e attuale. […] Un ulteriore riferimento normativo è costituito dal D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 224, il cui art. 1 si propone l’obiettivo di stabilire “nel rispetto del principio di precauzione, le misure volte a proteggere la salute umana, animale e l’ambiente relativamente alle attività di rilascio di organismi geneticamente modificati, in seguito denominati OGM”. […] Il principio di precauzione è richiamato, altresì, [dalla legge delega al Governo per il riordino della legislazione in materia ambientale], che lo pone tra i principi e i criteri guida della riorganizzazione della normativa ambientale. […] Infine, il Codice dell’ambiente34 contiene nella parte sesta35 […] numerosi riferimenti al principio di precauzione. L’art. 301 del Codice dell’ambiente, sebbene dettato in un contesto di applicazione generale alla tutela dell’ambiente, non definisce il principio, ma si limita a prevederne l’applicazione ogniqualvolta si presenti un pericolo per l’ambiente o la salute dell’uomo, al fine di assicurare un alto livello di protezione. La norma in analisi sembra porre innanzitutto la responsabilità della corretta applicazione del principio in capo alla persona interessata, sia essa fisica o giuridica, privata o pubblica, che esercita o controlla un’attività professionale avente rilevanza ambientale, cui incombe l’obbligo di adottare, entro ventiquattro ore e a sue spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza, dopo aver trasmesso apposita comunicazione a tutte le pubbliche amministrazioni locali – comune provincia regione o provincia autonoma – cointeressate nel cui territorio si prospetta l’evento lesivo nonché al prefetto, che deve informare tempestivamente – entro le ventiquattro ore successive – il Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio cui è riconosciuta la facoltà di adottare, in qualunque momento, le misure precauzionali. La mancata osservanza di questa disposizione determina l’irrogazione di una sanzione amministrativa da parte dell’autorità preposta al controllo o comunque del Ministero suddetto che può adottare le misure di prevenzione necessarie. Significativa dunque è la scelta del legislatore di improntare il sistema di protezione dell’ambiente ai principi di precauzione e di azione preventiva, da concretizzarsi nell’adozione di misure volte ad evitare, o comunque, a ridurre il rischio di un potenziale danno ambientale, così come definito dall’art. 300 del Codice dell’Ambiente”36.

Ed ancora, il legislatore italiano ha cristallizzato, all’art. 301, le tipologie e le modalità di applicazione delle misure da attuare “in applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2 del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di precauzione”. Continuando, possiamo apprezzare, nel corpo dell’art. 310 del Codice, il riconoscimento della legittimazione ad agire in capo agli enti territoriali, nonché alle persone fisiche e giuridiche, per chiedere l’annullamento dei provvedimenti emanati in palese violazione delle prescrizioni normative in materia. Aggiungendo che “avverso il silenzio inadempimento del Ministero dell’ambiente e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell’attivazione delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale”.

L’esperienza italiana del principio di precauzione, alla luce di quanto riportato, si può, a ben vedere, definire positiva (o positivizzata, sic!).

Se per caso fosse residuato alcun dubbio circa la presenza ormai ambientata del principio nei nostri confini, questo è stato, ahinoi, fugato nell’esperienza pandemica da Covid-19. La pandemia ha costretto le normative nazionali a convergere tutte attorno ad una unica e semplice mossa difensiva: giocare d’ anticipo. Il principio di precauzione, in combinato disposto con quello di solidarietà sociale, si è presentato come l’unico strumento idoneo da esperire nell’attesa che la ricerca scientifica, nella specificità di questo caso, elaborasse un vaccino e nell’attesa che il più alto numero possibile di persone potesse vederselo somministrato. Dal punto di vista strettamente legalitario, base giuridica che ha legittimato tutti i vari decreti del presidente del consiglio dei ministri, adottati in un contesto di necessità ed urgenza, è rappresentata proprio dal principio di precauzione finora trattato. Questa esperienza rende chiara ed incontrastabile l’esistenza dello stesso nell’Ordinamento Italiano.

1 La Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, Summit della Terra (evento), 1992, Premessa;

2 Definizione fornita dal Living Planet Report del WWF rinvenibile al sito https://www.wwf.it/il_pianeta/sostenibilita/one_planet_economy/living_planet_report_2020/;

3 SALVEMINI L. Principio di chi inquina paga – QL

4 PALOMBINO F.M., Il significato del principio ‘chi inquina paga’ nel diritto internazionale, in Rivista giuridica dell’ambiente – vol. 18, n. 5/2003 (set./ott. 2003), 888;

5 ROSSI V. – JANNUZZI F., Considerazioni sul principio di precauzione nel diritto internazionale dell’ambiente, in Diritto e Gestione dell’Ambiente, Vol. 1 Fasc.2, Jovene Editore Napoli, 2001, 96;

6 ROSSI V.-JANNUZZI F., op.cit., 101-102;

7 Così SCOVAZZI T., Sul principio di precauzionale nel diritto internazionale dell’ambiente, in Riv. Dir. int., 1992, 699 citato da NAPOLITANO A., op.cit., 68;

8 Così ZEI A., Il principio di precauzione: programma, regola, metodo, in BIFULCO R. e D’ALOIA A. (a cura di), Un diritto per il futuro, Napoli, 2008, 674 citato da NAPOLITANO A., op.cit., 69;

9 NAPOLITANO A., op.cit., 68-69;

10 GRASSI S., Prime osservazioni sul ‘Principio di precauzione’ come norma di diritto positivo, in Diritto e Gestione dell’Ambiente, Vol. 1 Fasc.2, Jovene Editore Napoli, 2001, 37-38;

11 GRASSI S., op.cit., 42;

12 GRASSI S., op.cit., 42-43;

13 BRUNO F., Il principio di precauzione tra diritto dell’Unione Europea e WTO, in Dir. giur. agr. e ambiente, 2000, 570;

14 BRUNO F., op.cit., 570;

15 BRUNO F., op.cit., 571;

16 BORGHI P., Il principio di precauzione tra diritto comunitario e accordo SPS, In Diritto e giurisprudenza agraria e dell’ambiente: mensile di dottrina, giurisprudenza e legislazione – vol. 12, n.10 (ott. 2003), 537;

17 BRUNO F., op.cit., 575;

18 BRUNO F., op.cit., 577;

19 Così TITOMANLIO R., Il principio di precauzione fra ordinamento europeo e ordinamento italiano, Giappichelli Editore, 2018, 43 citato da NAPOLITANO A., L’evoluzione del principio di precauzione nel panorama giuridico nazionale ed europeo, in De Iustitia, n.1 (2019), 70;

20 In cui si legge che “il principio di precauzione fa parte dei principi da prendere in considerazione nella politica della Comunità in materia ambientale; che tale principio è altresì applicabile alla salute umana nonché ai settori zoosanitario e fitosanitario”;

21 NAPOLITANO A., op.cit., 70;

22 ROSSI V.-JANNUZZI F., op.cit., 105;

23 Vedi U. BECK, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carocci Editore, 2000.

24 V. CIJ, ordinanza del 22 settembre 1995, Nuova Zelanda c. Francia; V. CIJ, 25 settembre 1997, Ungheria c. Slovacchia.

25 ROSSI V.-JANNUZZI F., op.cit., 111-113;

26 NAPOLITANO A., op.cit., 66;

27 L’art. 1 della L. 441/1990 sancisce: “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge […], nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”;

28 STANZIONE M.G., Principio di precauzione, tutela della salute e responsabilità della P.A., Profili di diritto comparato, 2016, in www.comparazionedirittocivile.it;

29 NAPOLITANO A., op.cit., 71;

30 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 5 dicembre 2013, ricorso n. 52809/09 in Giornale di dir. amm., 6, 2014, 586;

31 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 11 ottobre 2011, ricorso n. 5056/10 in www.echr.coe.int così come riportata da NAPOLITANO A., op.cit., 75;

32 MONTINI M., La necessità ambientale nel diritto internazionale e comunitario, 2001, 39;

33 STANZIONE M.G., op.cit., 3;

34 D.Lgs. n. 152 del 2006;

35Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente”;

36 STANZIONE M.G., op.cit., 4-6.