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In tema di sanzioni amministrative non è applicabile il principio del favor rei, perché opera il principio tempus regit actum.
Né l’applicazione delle sanzioni amministrative fa scattare il divieto del ne bis in idem, a meno che le sanzioni siano particolarmente rilevanti così da assumere una funzione afflittiva paragonabile a quella penale.
Decisione: Sentenza n. 4114/2016 Cassazione Civile – Sezione I
Il caso.

Una banca si era vista applicare dalla Consob una sanzione di euro 100mila per non aver rappresentato, sul prospetto relativo alla quotazione in borsa di una società, le informazioni relative ai rischi derivanti da carenze e criticità del sistema di controllo di gestione.
Avverso la delibera della Consob la banca presentava opposizione, ma la Corte d’Appello la rigettava.

Contro il decreto di rigetto del giudice di appello veniva proposto ricorso in Cassazione, censurando la pronuncia con quattro motivi di ricorso.

 

La decisione.

La censura di cui al primo motivo di ricorso riguardava l’applicazione dell’art. 5, 4° comma del regolamento Consob n. 11971-1999 (cd. regolamento emittenti), in combinato disposto con l’art. 95, l ° comma, lett. a), del T.u.f. relativamente all’obbligo di segnalazione dei fattori di rischio specifici nel prospetto informativo: si tratta degli obblighi posti in capo allo sponsor «di formarsi, anche tramite verifiche condotte da società di revisione, il ragionevole convincimento dell’esistenza presso la società emittente di un sistema di controllo di gestione (s.c.g.) tale da consentire ai responsabili di disporre periodicamente e con tempestività di un quadro sufficientemente esaustivo delle situazione economica e finanziaria della società».
Secondo la banca, «poiché l’esistenza di un adeguato sistema di controllo di gestione non è un concetto matematico ma il frutto di una valutazione, si sostiene che la banca aveva giustappunto conformato il suo comportamento a quanto imposto dalla norma, essendosi rivolta a una società di revisione», la Corte d’Appello ha sbagliato nell’affermare sussistente la responsabilità in capo alla banca a fronte delle attestazioni acquisite dalla società di revisione (che, in un primo momento, aveva rilevato l’inadeguatezza del sistema di controllo ma aveva indicato procedure migliorative da adottare, e qualche mese dopo aveva dichiarato che i miglioramenti conseguiti permettevano la realizzazione dell’obiettivo stabilito dalla disposizione.
Ma per la Cassazione il motivo è infondato: per la Corte di legittimità «La pubblicazione del prospetto rappresenta una condizione per il completamento della procedura di ammissione alla quotazione, giacché il prospetto (v. artt. 94 T.u.f. e 5 del reg. emittenti) costituisce uno strumento informativo essenziale in funzione di tutela degli investitori nella fase iniziale di offerta al pubblico. La responsabilità per le false, oppure omesse, o comunque manchevoli informazioni del prospetto ricade sull’intermediario responsabile del collocamento».

Premesso che «lo sponsor è l’intermediario finanziario che, in base al Regolamento dei mercati organizzati gestiti da Borsa italiana s.p.a. (art. 2.3.4. della versione vigente pro tempore), ha il compito di collaborare con l’emittente nella procedura di ammissione degli strumenti finanziari ai fini del suo ordinato svolgimento», la Cassazione precisa che «In questa veste la banca doveva attestare, sulla base di verifica di due diligence, che la società della cui quotazione si stava trattando aveva istituito un sistema di controllo di gestione tale da consentire ai responsabili di disporre periodicamente e con tempestività di un quadro sufficientemente esaustivo della situazione economica e finanziaria della società medesima», la verifica compete allo sponsor, il quale non può limitarsi a fare affidamento sulla mera valutazione della società di revisione: infatti, «poiché la verifica dell’istituzione di un adeguato sistema di controllo di gestione è attribuita, dal Regolamento dei mercati organizzati gestiti da Borsa italiana s.p.a., allo sponsor (v. ancora art. 2.3.4., lett. c), non rileva in senso liberatorio la circostanza di essersi lo sponsor avvalso ai fini specifici – come consente la norma primaria – di una società di revisione o di altro soggetto qualificato».
Per quanto attiene all’onere della prova in tema di sanzioni amministrative, la Corte afferma che «una volta integrata e provata dall’autorità amministrativa la fattispecie tipica dell’illecito, grava sul trasgressore, in virtù della presunzione di colpa posta dall’art. 3 1. 24 novembre 1981, n. 689, l’onere di provare di aver agito in assenza di colpevolezza (cfr. benché con riferimento all’art. 190 del T.u.f., Sez. un. n. 20930-09)», osservando che in ultimo «la società di revisione aveva attestato che il sistema di controllo di gestione di A. presentava margini di miglioramento ma ancora non consentiva ai responsabili di disporre periodicamente e con tempestività di un quadro sufficientemente esaustivo della situazione economica e finanziaria della società. Era dunque loro onere fornire la prova dell’inesistenza di profili di colpa purchessia».
Col secondo motivo di ricorso viene asserita la violazione dei principi di legalità e di tassatività delle sanzioni amministrative.
Sul punto, però, così si esprime la Suprema Corte: «La sanzione amministrativa viene a essere legittimata dall’art. 191 del T.u.f., attesa la riscontrata violazione dell’art. 94 del medesimo T.u.f. come integrato dalla indicata normativa regolamentare della Consob. Ed è costante insegnamento di questa corte che il principio di tipicità e di riserva di legge fissato in materia delle sanzioni amministrative dall’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, impedisce che l’illecito amministrativo e la relativa sanzione siano introdotti direttamente da fonti normative secondarie, senza tuttavia escludere che i precetti della legge, sufficientemente individuati, siano eterointegrati da norme regolamentari, in virtù della particolare tecnicità della dimensione in cui le fonti secondarie sono destinate ad operare (v. per varie applicazioni, condivisibilmente, Sez. 2^ n. 13344-10; n. 9584-06. E v. pure Sez. 2^ n. 5243-11)».
Il terzo motivo di ricorso viene ritenuto inammissibile in quanto rivolto a sindacare il merito della decisione impugnata.
Con il quarto motivo, per i ricorrenti «gli obblighi attestativi e la responsabilità per le informazioni false o manchevoli dovevano semmai gravare, in base alle norme evocate, sull’intermediario responsabile del collocamento», ma la Cassazione rigetta questa tesi: «Il criterio di imputazione della responsabilità, sotteso all’art. 191 del T.u.f., risulta individuato – quanto ai fatti soggetti all’odierno scrutinio – secondo il crisma della solidarietà. Esso riguarda sia la società (o l’ente) di appartenenza sia l’autore della violazione (art. 195, ult. comma, del T.u.f.)».
La disposizione prevede da un lato, che «”la società e gli enti ai quali appartengono gli autori delle violazioni rispondono, in solido con questi, del pagamento della sanzione e delle spese di pubblicità previste dal secondo periodo del comma 3″ e, dall’altro, che tali società o enti “sono tenuti ad esercitare il diritto di regresso verso i responsabili”. La regola della solidarietà fra l’obbligazione gravante sull’autore materiale del fatto e quella posta a carico della persona giuridica – sancita dal d.lgs. n. 58 del 1998, art. 195, ult. comma – risulta coerente anche con la disciplina generale delle sanzioni amministrative».
E chiariche anche che «la maggiore rigorosità della previsione in materia finanziaria risalta dal fatto che, a fronte dell’art. 6, 4 ° comma, della l. n. 689 del 1981, il T.u.f. sostituisce alla facoltà di azione in regresso un vero e proprio obbligo di azione, onde ottenere dall’autore dell’illecito il rimborso della somma pagata; e in tal modo pone un indice di specialità ancor più netto circa la simultanea irrogazione della sanzione a entrambi i soggetti responsabili».
Infine, la Suprema Corte si esprime sull’ultima deduzione integrata dai ricorrenti con successiva memoria, con la quale eccepivano la sopravvenuta imputabilità del funzionario in applicazione del principio del favor rei, anche «considerata altresì la necessità di conformare l’ordinamento interno a una nozione lata e autonoma della cd. “materia penale”, in assonanza a quanto preteso dalla Cedu ai fini delle conseguenze sanzionatorie delle condotte qualificate come illecite dai singoli ordinamenti».
Ma la Cassazione rigetta la tesi: «il citato principio dell’applicazione immediata della legge più favorevole (cd. favor rei), per consolidata giurisprudenza, non si estende alla materia delle sanzioni amministrative, che risponde, invece, salvo distinta e specifica disposizione di legge, al principio tempus regit actum (v. Sez. un. n. 14374-12; n. 15314-10; n. 28159-08, in materia di sanzioni disciplinari rispettivamente a carico di avvocati e magistrati). E a diversa conclusione non sembra potersi pervenire in base a quanto affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (hinc Cedu) nella nota sentenza 4-3-2014 (causa Grande Stevens c. Italia), ripetutamente richiamata dalla difesa dei ricorrenti nel corso della discussione d’udienza».
Le ragioni risiedono nel fatto che «i principi convenzionali declinati dalla citata sentenza Grande Stevens vanno considerati nell’ottica del giusto processo, ma non possono portare a ritenere sempre sostanzialmente penale una disposizione qualificata come amministrativa dall’ordinamento interno.»
E così spiega: «La citata decisione ha trattato il tema del ne bis in idem e del diritto a un equo processo, assumendo che il sistema legislativo italiano in materia di abusi di mercato, così come realizzato dall’art. 185 del T.u.f., quanto alla fattispecie penale, e dall’art. 187-ter, quanto all’illecito amministrativo, potrebbe porre dubbi di coerenza rispetto ai predetti due fondamentali principi sanciti dalla Convenzione: il diritto ad un equo processo, art. 6 § l, e il diritto a non essere giudicati o puniti due volte per lo stesso fatto, art. 4 del Protocollo n. 7. E’ stato invero affermato che, dopo le sanzioni comminate dalla Consob, l’avvio di un processo penale sugli stessi fatti viola il fondamentale principio del ne bis in idem, secondo cui non si può essere giudicati due volte per lo stesso fatto. Sembra abbastanza evidente che ciò che costituisce ambito specifico di intervento della Corte europea è il riferimento alle regole del “giusto processo”, da applicare anche al procedimento sanzionatorio che preveda conseguenze patrimoniali rilevanti; in tal limitato senso, dunque, quel procedimento sanzionatorio è considerato suscettibile di rientrare in un concetto lato di “materia penale”. Il che tuttavia non può legittimare, di per sé, l’estensione in ogni campo dei principi propri della materia penale ai diversi principi invee propri della materia degli illeciti amministrativi. La norma di diritto interno, su cui parte ricorrente vorrebbe far rifluire il principio penalistico di applicazione immediata, anche rispetto a fatti pregressi, di norme più favorevoli al reo, è l’art. 191 del T.u.f., ed è norma sostanziale contemplante un mero illecito amministrativo».

 
Osservazioni.

Con la sentenza commentata, la Cassazione precisa che in tema di sanzioni amministrative non è applicabile il principio del favor rei, perché rispondono al principio tempus regit actum.
Né l’applicazione delle sanzioni Consob fa scattare il divieto del ne bis in idem: la nota sentenza 4-3-2014 (causa Grande Stevens contro Italia) che viene richiamata dai ricorrenti aveva trattato il tema del ne bis in idem collegato al diritto a un equo processo e al diritto a non essere giudicati o puniti due volte per lo stesso fatto.
Ma i principi della convenzione CEDU declinati nella nota sentenza non possono portare a ritenere sempre sostanzialmente penale una disposizione qualificata come amministrativa: occorre che le sanzioni siano particolarmente rilevanti così da assumere una funzione afflittiva paragonabile a quella penale.

 

Disposizioni rilevanti.

DECRETO LEGISLATIVO 24 febbraio 1998, n. 58
Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria
Art. 94 – Prospetto d’offerta

1. Coloro che intendono effettuare un’offerta al pubblico pubblicano preventivamente un prospetto. A tal fine, per le offerte aventi ad oggetto strumenti finanziari comunitari nelle quali l’Italia è Stato membro d’origine e per le offerte aventi ad oggetto prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari comunitari, ne danno preventiva comunicazione alla Consob allegando il prospetto destinato alla pubblicazione. Il prospetto non può essere pubblicato finchè non è approvato dalla Consob. Nel caso di offerta al pubblico di quote o azioni di Oicr chiusi per le quali l’Italia è lo Stato membro d’origine, il prospetto è pubblicato quando si è conclusa la procedura prevista dall’articolo 43 o dall’articolo 44 e dalle relative disposizioni di attuazione.

2. Il prospetto contiene, in una forma facilmente analizzabile e comprensibile, tutte le informazioni che, a seconda delle caratteristiche dell’emittente e dei prodotti finanziari offerti, sono necessarie affinchè gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell’emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. Il prospetto contiene altresì una nota di sintesi la quale, concisamente e con linguaggio non tecnico, fornisce le informazioni chiave nella lingua in cui il prospetto è stato in origine redatto. Il formato e il contenuto della nota di sintesi forniscono, unitamente al prospetto, informazioni adeguate circa le caratteristiche fondamentali dei prodotti finanziari che aiutino gli investitori al momento di valutare se investire in tali prodotti.

3. Il prospetto per l’offerta di strumenti finanziari comunitari è redatto in conformità agli schemi previsti dai regolamenti comunitari che disciplinano la materia.

4. L’emittente o l’offerente può redigere il prospetto nella forma di un unico documento o di documenti distinti. Nel prospetto composto di documenti distinti, le informazioni richieste sono suddivise in un documento di registrazione, una nota informativa sugli strumenti e i prodotti offerti e una nota di sintesi.

5. Se è necessario per la tutela degli investitori, la Consob può esigere che l’emittente o l’offerente includa nel prospetto informazioni supplementari.

6. Se l’offerta ha ad oggetto prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari comunitari il cui prospetto non è disciplinato ai sensi dell’articolo 95, comma 1, lettera b), la Consob stabilisce, su richiesta dell’emittente o dell’offerente, il contenuto del prospetto.

7. Qualunque fatto nuovo significativo, errore materiale o imprecisione relativi alle informazioni contenute nel prospetto che sia atto ad influire sulla valutazione dei prodotti finanziari e che sopravvenga o sia rilevato tra il momento in cui è approvato il prospetto e quello in cui è definitivamente chiusa l’offerta al pubblico deve essere menzionato in un supplemento del prospetto.

8. L’emittente, l’offerente e l’eventuale garante, a seconda dei casi, nonché le persone responsabili delle informazioni contenute nel prospetto rispondono, ciascuno in relazione alle parti di propria competenza, dei danni subiti dall’investitore che abbia fatto ragionevole affidamento sulla veridicità e completezza delle informazioni contenute nel prospetto, a meno che non provi di aver adottato ogni diligenza allo scopo di assicurare che le informazioni in questione fossero conformi ai fatti e non presentassero omissioni tali da alterarne il senso.

9. La responsabilità per informazioni false o per omissioni idonee ad influenzare le decisioni di un investitore ragionevole grava sull’intermediario responsabile del collocamento, a meno che non provi di aver adottato la diligenza prevista dal comma precedente.

10. Nessuno può essere ritenuto civilmente responsabile esclusivamente in base alla nota di sintesi, comprese le eventuali traduzioni, salvo che la nota di sintesi risulti fuorviante, imprecisa o incoerente se letta insieme ad altre parti del prospetto oppure che essa, quando viene letta insieme con altre parti del prospetto, non contenga informazioni chiave che aiutino gli investitori nel valutare se investire nei prodotti finanziari offerti. La nota di sintesi contiene inoltre una chiara avvertenza a tale riguardo.

11. Le azioni risarcitorie sono esercitate entro cinque anni dalla pubblicazione del prospetto, salvo che l’investitore provi di avere scoperto le falsità delle informazioni o le omissioni nei due anni precedenti l’esercizio dell’azione.

Art. 94-bis – Approvazione del prospetto

1. Ai fini dell’approvazione, la Consob verifica la completezza del prospetto ivi incluse la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite.

2. La Consob approva il prospetto nei termini e secondo le modalità e le procedure da essa stabiliti con regolamento conformemente alle disposizioni comunitarie. La mancata decisione da parte della Consob nei termini previsti non costituisce approvazione del prospetto.

3. COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 11 OTTOBRE 2012, N. 184.

4. Al fine di assicurare l’efficienza del procedimento di approvazione del prospetto avente ad oggetto titoli di debito bancari non destinati alla negoziazione in un mercato regolamentato, la Consob stipula accordi di collaborazione con la Banca d’Italia.

5. La Consob può trasferire l’approvazione di un prospetto in caso di offerta avente ad oggetto strumenti finanziari comunitari all’autorità competente di un altro Stato membro, previa accettazione di quest’ultima autorità. Tale trasferimento è comunicato all’emittente e all’offerente entro tre giorni lavorativi dalla data della decisione assunta dalla Consob. I termini per l’approvazione decorrono da tale data.

Art. 95 – Disposizioni di attuazione

1. La Consob detta con regolamento disposizioni di attuazione della presente Sezione anche differenziate in relazione alle caratteristiche dei prodotti finanziari, degli emittenti e dei mercati. Il regolamento stabilisce in particolare:

a) il contenuto della comunicazione alla Consob, … le modalità e i termini per la pubblicazione del prospetto e dell’avviso nonché per l’aggiornamento del prospetto, conformemente alle disposizioni comunitarie;

b) il contenuto del prospetto nei casi consentiti dalla normativa comunitaria;

c) le modalità da osservare per diffondere notizie, per svolgere indagini di mercato ovvero per raccogliere intenzioni di acquisto o di sottoscrizione;

d) le modalità di svolgimento dell’offerta anche al fine di assicurare la parità di trattamento tra i destinatari;

e) la lingua da utilizzare nel prospetto;

f) le condizioni per il trasferimento dell’approvazione di un prospetto all’autorità competente di un altro Stato membro.

f-bis) le procedure organizzative e decisionali interne per l’adozione dell’atto finale di approvazione del prospetto, anche mediante attribuzione della competenza a personale con qualifica dirigenziale.

2. La Consob individua con regolamento le norme di correttezza che sono tenuti a osservare l’emittente, l’offerente e chi colloca i prodotti finanziari nonché coloro che si trovano in rapporto di controllo o di collegamento con tali soggetti.

3. La Consob pubblica nel proprio sito internet almeno un elenco dei prospetti approvati ai sensi dell’articolo 94-bis.

4. La Consob determina quali strumenti o prodotti finanziari, ammessi alle negoziazioni in mercati regolamentati ovvero diffusi tra il pubblico ai sensi dell’articolo 116 e individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, devono avere un contenuto tipico determinato.

Art. 113 – Ammissione alle negoziazioni di strumenti finanziari comunitari

1. Prima della data stabilita per l’inizio delle negoziazioni degli strumenti finanziari comunitari in un mercato regolamentato l’emittente o la persona che chiede l’ammissione alle negoziazioni pubblica un prospetto. Si applicano gli articoli 94, commi 1, 2, 3, 4, 5, 8, 10 e 11 e 94-bis, commi 1, 2, 3 e 5 anche nei confronti della persona che chiede l’ammissione alle negoziazioni.

2. Qualunque fatto nuovo significativo, errore materiale o imprecisione relativi alle informazioni contenute nel prospetto che sia atto ad influire sulla valutazione degli strumenti finanziari e che sopravvenga o sia rilevato tra il momento in cui è approvato il prospetto e quello in cui inizia la negoziazione in un mercato regolamentato deve essere menzionato in un supplemento del prospetto.

3. La Consob:

a) determina con regolamento le modalità e i termini di pubblicazione del prospetto e di eventuali supplementi dettando specifiche disposizioni per i casi in cui l’ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato sia preceduta da un’offerta al pubblico;

b) determina con regolamento la lingua da utilizzare nel prospetto per l’ammissione alle negoziazioni di strumenti finanziari;

c) può individuare con regolamento in quali casi non si applica l’obbligo di pubblicazione del prospetto previsto al comma 1;

d) disciplina l’obbligo di depositare presso la Consob un documento concernente le informazioni che gli emittenti hanno pubblicato o reso disponibili al pubblico nel corso di un anno;

e) stabilisce le condizioni per il trasferimento dell’approvazione di un prospetto all’autorità competente di un altro Stato membro;

f) esercita i poteri previsti negli articoli 114, commi 5 e 6, e 115 nei confronti dell’emittente, della persona che chiede l’ammissione alle negoziazioni e degli altri soggetti indicati in tali disposizioni;

g) può sospendere l’ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato per un massimo di dieci giorni lavorativi consecutivi per ciascuna volta se ha ragionevole motivo di sospettare che le disposizioni del presente articolo e delle relative norme di attuazione sono state violate;

h) fermo restando il potere previsto nell’articolo 64, comma 1-bis, lettera c), può chiedere alla società di gestione del mercato la sospensione in via cautelare, per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi consecutivi, delle negoziazioni in un mercato regolamentato in caso di fondato sospetto di violazione delle disposizioni del presente articolo e delle relative norme di attuazione;

i) fermo restando il potere previsto nell’articolo 64, comma 1-bis, lettera c), può chiedere alla società di gestione del mercato di vietare le negoziazioni in un mercato regolamentato in caso di accertata violazione delle disposizioni del presente articolo e delle relative norme di attuazione;

l) informa l’autorità competente dello Stato membro d’origine, qualora, quale autorità competente dello Stato membro ospitante, rilevi che siano state commesse violazioni degli obblighi incombenti all’emittente in virtù dell’ammissione degli strumenti finanziari alle negoziazioni in un mercato regolamentato;

m) adotta, dopo averne informato l’autorità competente dello Stato membro d’origine, le misure opportune per tutelare gli investitori, se, nonostante le misure adottate dall’autorità competente dello Stato membro d’origine o perchè tali misure si rivelano inadeguate, l’emittente persevera nella violazione delle disposizioni legislative o regolamentari pertinenti. Dell’adozione di tali misure ne informa al più presto la Commissione europea;

n) rende pubblico il fatto che l’emittente o la persona che chiede l’ammissione alle negoziazioni non ottempera ai propri obblighi.

4. Alla pubblicità relativa ad un’ammissione di strumenti finanziari alla negoziazione in un mercato regolamentato si applica l’articolo 101.

5. Al prospetto di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato si applicano gli articoli 98 e 98-bis.

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