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IL MUGNAIO DI POTSDAM È PASSATO DAL SALENTO:DEMANIO MARITTIMO, PAESAGGIO E RIGENERAZIONE URBANA

 

Enrico Conte

 

 

Capita raramente che una intricata vicenda amministrativa si trasformi in una questione di rilevanza storica,con la lettera minuscola, sia detto per inciso,ma comunque di portata assai significativa.

Rientra in questa categoria la recente pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (n.18/2021 del 9 novembre 2021) sulla questione delle concessioni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative, con la quale si è ribadita la prevalenza del diritto europeo su quello nazionale, e con la quale si è accorciato di 10 anni(dal 2033 al 2023) la proroga generalizzata della concessione degli stabilimenti balneari prevista dalla legge 145/2019 oggetto, quest’ultima, dell’ennesima procedura di infrazione avviata dall’UE.

Non è di poco conto rilevare che il settore delle concessioni degli stabilimenti balneari, nel quale vige da tempo indefinito un regime di oligopolio per certi versi analogo a quello delle concessioni autostradali, registra un giro di affari annuo pari a quindici miliardi, a fronte di canoni concessori che, se incassati, non superano i cento milioni (sempre annui).

La sentenza del Consiglio di Stato conferma, in primo luogo, la correttezza del comportamento di quei Comuni che hanno ritenuto doveroso limitarsi a disporre proroghe tecniche in attesa delle gare, disapplicando la normativa nazionale che, da oltre dieci anni, si ostinava a disattendere le prescrizioni della direttiva Bolkestein del 2006, rendendosi con ciò incompatibile con il diritto dell’UE.

La pronuncia del giudice amministrativo ribadisce inoltre la necessità di applicare i principi della concorrenza, della pubblicità e della non discriminazione in caso di affidamento a privati di beni pubblici ma, soprattutto, offre opportunità inedite ai Comuni che intendano abbinare alle gare per le concessioni marittime anche iniziative di rigenerazione urbana, che si integrino con quelle discendenti dai piani delle coste, e con scelte che concilino istanze economiche con profili di contesto urbanistico e sociale.

Tra questi, non ultimi, gli interessi di quelle giovani generazioni di imprenditori che vogliano raccogliere la sfida di presentare progetti ecosostenibili e di valore paesaggistico.

Con progetti e interventi da costruire in forme complementari alle gare, i Comuni hanno la possibilità, infatti, di esprimere al meglio una rinnovata discrezionalità amministrativaribadita dal Consiglio di Stato attraverso una lettura mai così attuale del concetto di paesaggio offerto dal Codice dei Beni culturali (e del Paesaggio).

I soggetti territorialicome è previsto in questo testo normativo tante volte dimenticatointervengono, nell’esercizio di funzioni pubbliche, informando la loro attività ai principi di uso consapevole del territorio, di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e di realizzazione di nuovi valori integrati e coerenti, e rispondenti a criteri di qualità e sostenibilità.

Le Amministrazioni pubbliche, continua il “Codice”(art 131), promuovono e sostengono attività di conoscenza, informazione, formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio, tanto più quando, come nel nostro caso, sia necessario far riappropriare di un uso pubblico forse anche per la prima volta un bene (un insieme di beni collettivi, quelli del demanio marittimo e le aree contermini) alla cui disciplina, da molto tempo, sono state applicate politiche protezionistiche, attraverso proroghe automatiche delle concessioni che hanno avuto come effetto, da una parte, l’esclusione dal mercato di imprese interessate alla concorrenza e, dall’altro, la funzionalizzazione ad un uso solo settoriale – perché non integrato con altri interessi del territorio – dell’assegnazione del demanio marittimo per finalità turistico-ricreative.

E’ la stessa direttiva di liberalizzazione (la Bolkestein), d’altra parte, che all’art. 12, ripreso dal Consiglio di Stato, prevede che, nello stabilire le regole delle procedure selettive, si tenga conto di molteplici obiettivi, tra i quali la protezione dell’ambiente e la salvaguardia del patrimonio culturale, insieme a profili di politica sociale e del lavoro.

La considerazione delle coste quale parte viva della città con le sue scelte urbanistiche, offre la possibilità di impostare operazioni non per compartimenti stagni( concessione dei soli stabilimenti balneari) ma integrate, dove il profilo paesaggistico può rivestire importanza fondamentale perché capace di raccogliere, sotto un’unica veste, visioni, aspettative e bisogni dei cittadini. Il paesaggio – ci ricorda Salvatore Settis – è specchio fedele della società che lo produce“.

A tale possibilità si aggiunge quella che, attraverso capitali privati stimolati dall’interesse transfrontaliero dei siti, possano essere convogliati sul territorio locale ingenti investimenti – sino ad ora scoraggiati se non ostacolatianche attraverso proposte spontanee di project financing. Tale strumento – che serve per programmare il recupero del capitale impiegato attraverso un’oculata gestionerichiede la creazioni di reti tra operatori economici con partenariati che coprano i servizi da gestire.

Ci sono luoghi che attendono – e da molti anni – di essere rivitalizzati e recuperati ad un uso e ad una fruizione pubblica, anche e solo attraverso una riqualificazione del loro paesaggio (si pensi ai tanti manufatti per bar di discutibile qualità architettonica).

E si pensi alla possibilità offerta agli imprenditori dal sistema di regole vigenti di proporre opere di urbanizzazione a scomputo dei contributi dovuti, conciliando profili pragmatici ed economici con aspetti altrettanto importanti e relativi alla fruizione ricreativa quale, per esempio, l‘estetica dei luoghi (ristoranti panoramici?).

Il valore storico della pronuncia del Consiglio di Stato – anche per la sua natura “manipolativa” in quanto viene fissata una decorrenza degli effetti della sentenza ( dal 2024 si dovranno inevitabilmente svolgere le gare) e grazie alla quale una vicenda partita dal Mezzogiorno (dal Comune di Lecce) è stata trasformata in una questione di massima risolta una volte per tutte con riferimento all’intero territorio nazionale (non possono tacersi le innumerevoli leggi di Regioni che, in questi quindici anni, hanno cercato di ostacolare le ragioni della liberalizzazione) – è insito anche nell’ulteriore effetto che la stessa potrebbe produrre, lo stimolo, cioè, al trasferimento di questioni conflittuali di natura legale su un terreno di pratiche di consulenza, per il supporto che molti „“legali“ potranno dare alle PA per la preparazione delle proposte e delle offerte di gara, per prestazioni di servizi di qualità collegati alle concessioni dei beni demaniali.

Anche sotto questo profilo la pronuncia può influenzare, di fatto, indirettamente un modo di porsi delle professioni legali, posto che in Italia, dove si contano 250mila avvocati, sono sempre più richiesti servizi di natura consulenziale extra processuali, più in linea con uno sviluppo economico di una società dove prevalgono i servizi e che richiede approcci multidisciplinari e tesi a valutare la sostenibilità ambientale degli investimenti: due i Regolamenti dell’Unione Europea che introducono una classificazione delle attività che possono essere considerate eco-compatibili, il 2020/852 e il 2019/2088, sulla trasparenza delle informazioni.

In questa nostra vicenda, per una serie di ragioni, pare si sia sentita la voce del mugnaio di Potsdam, che confidava nella presenza di un giudice a Berlino. C’è da augurarsi adesso che, il Parlamento, agevolato dal fatto che la riforma del settore delle concessioni con finalità turistico-ricreative non costituisce una delle riforme abilitanti previste dal PNRR, perda l’ennesima occasione di modernizzare il paese in presenza sì di vincoli esterni (Direttiva self-executing), ma che richiedono, in ogni caso, la predisposizione di un nuovo assetto regolatorio di sistema.

 

Enrico Conte
ex Direttore Dipartimento lavori pubblici e project financing – Comune di Trieste
cell. 348.0064127 [email protected]