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IL DIRITTO ALLA SALUTE BENE COMUNE E DIRITTO UMANO

 

Dedicato a quanti quotidianamente
spendono la propria vita per dare ai malati, curandoli, umana dignità.

Matteo Boscolo Anzoletti


SOMMARIO: 1. Origini storiche. 2. La legge 833/1978. 3. I livelli essenziali di assistenza. 4. Il D. Lgs. 504/1992. 5. Gli istituti di ricovero e cura di carattere scientifico (IRCCS). 6. Le autorizzazioni, l’accreditamento istituzionale e gli accordi contrattuali. 7. Il diritto alla salute come diritto umano. 8. Considerazioni giurisprudenziali.


  1. Origini storiche.

La tutela della salute come bene comune nacque nel Medio Evo e da allora si sviluppò, aggiornandosi, sino ai nostri giorni. Durante quel lungo periodo, il 6 novembre 1217 fu emanata a Londra la Carta della foresta. Con questa Carta si pervenne alla delineazione del concetto di bene comune, ovvero di bene così importante che è di grande rilevanza per tutti, e che perciò deve essere a beneficio di tutti. E il fatto che oggetto di questa Carta sia la foresta e gli animali in essa contenuti, cioè il nutrimento e la possibilità di far legna, beni indispensabili per la vita dignitosa di ogni persona fa segnatamente comprendere che ciò che è indispensabile in funzione di una vita dignitosa deve essere considerato bene comune. Ciò, con riferimento alla Carta della foresta, è comprensibile in particolare con riferimento ai boschi1, ai mulini2 e agli animali3. Bene comune è, infatti quello che:

  1. riguarda tutti;

  2. è nell’interesse della Nazione che sia goduto da tutti;

  3. per questi motivi, la Nazione deve agire per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ne impediscono l’effettivo esercizio da parte delle persone che ne sono beneficiarie.

Si comprende così perché nell’epoca medievale sorsero per la prima volta gli hospitalia, luoghi di accoglienza e cura per la salute dei malati, in cui il concetto di cura era inteso nel senso di prendersi cura della persona.

A Venezia l’attenzione alla salute giunse al punto che furono inventati ospedali pubblici per la cura di particolari malattie o condizioni (ospedale della Pietà, degli Incurabili, dei Derelitti, dei Mendicanti e dei Santi Pietro e Paolo). Erano nati i padiglioni ospedalieri. Peraltro, come Repubblica marinara e centro di intensi scambi commerciali, la città di Venezia era più di altre soggetta al rischio delle epidemie di peste. Fu proprio per sconfiggere questa gravissima insidia che a Venezia furono inventati i due lazzaretti, e i concetti di isolamento (i lazzaretti si trovavano in due isole) e di quarantena.

Dalla loro attività professionale sul campo i medici veneziani inventarono uno strumento per proteggersi dai miasmi che ammorbavano l’aria, rendendola più gradevole, mentre a Napoli per protezione si usavano le antesignane delle attuali mascherine, come si vede in un dipinto del 1656 del pittore Luca Giordano4. Dall’esperienza quotidiana nella tutela della salute, grande e spesso pionieristica fu nel tempo la legislazione della Repubblica di Venezia in materia di salute pubblica5.

La narrazione della peste a Milano nel 1630, nel quadro della vicenda di Renzo e Lucia, mostra come, seppur in un tempo molto lontano da noi, fossero molte le persone che volontariamente si erano deputate e dedicate a prendersi cura dei malati6 a causa dell’epidemia fino al punto da rischiare la vita; era, in questo modo, tutelata la salute pubblica7; esse erano affiancate ai medici, la cui formazione era conseguita nelle università. Ruolo che, nell’avvicendarsi dei tempi e delle stagioni, pur in un mondo completamente diverso da quello manzoniano, implica anche oggi un costante rapporto tra Servizio sanitario nazionale e università8.

E pur tra i molti e incalcolabili disastri che provocarono, le guerre furono occasione di crescita per la medicina. Al riguardo, è sufficiente considerare che tra il primo e il secondo conflitto mondiale il policlinico padovano sviluppò ulteriormente il già storicamente riconosciuto suo valore9. Oggi la tutela della salute deve essere considerata come one health, che va, cioè, dalla salute veterinaria a quella umana. E ciò appare ictu oculi sol che si consideri la relazione che intercorre tra questi due ambiti della medicina sotto molteplici aspetti e, tra questi, il profilo dell’alimentazione, ma anche quello virologico nei casi di spill over ( o, salto di specie).

  1. La legge 833/1978.

Attualmente il valore di bene comune in capo al diritto alla salute risiede nel fatto che esso, come previsto dall’articolo 1 della L. 23 dicembre 1978 n. 833, è fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, con norme dirette ad assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi.

Per pervenire a questo obiettivo è stata stabilita l’organizzazione dei servizi sanitari, costituiti nel Servizio sanitario nazionale. Come afferma l’articolo 1 della L. 23 dicembre 1978 n. 833, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, il Servizio sanitario nazionale ha il compito di promuovere, mantenere e recuperare la salute di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. Che il diritto alla salute sia un bene comune lo si comprende da quelli che sono i capisaldi della legge. Vi è, in primo luogo, l’universalità degli utenti. In tempi precedenti e per molti secoli la salute non era un diritto, ma era legata alla disponibilità economica di chi la richiedeva.

Pertanto, in passato vi era da un lato chi si poteva permettere un medico, avendone le risorse economiche; e, dall’altro, la maggior parte della popolazione, non avendo mezzi economici sufficienti, era legata al fatto che il bisogno della sua tutela trovasse risposta in un benefattore che decideva se, quando, in quale misura e, soprattutto, verso chi ciò sarebbe avvenuto. L’emancipazione delle masse ha condotto, in modo diametralmente opposto rispetto al passato, a considerare la tutela della salute non soltanto un bene comune ma anche un diritto umano fondamentale e universale. La tutela della salute oggi è, in base alla legge del 1978, rivolta a tutti coloro i quali risiedono o dimorano nel territorio della Repubblica.

In secondo luogo, vi è il principio della globalità degli interventi, in base al quale il servizio sanitario nazionale assicura il collegamento e il coordinamento con tutti gli altri organi che anche indirettamente incidono sulla tutela della salute.

In terzo luogo, vi è il principio di uguaglianza, in base al quale la tutela di questo bene comune si svolge verso tutti, senza riguardo alle condizioni personali o sociale. Si garantisce, così, l’eguaglianza dei punti di partenza10, delineata dallo statista piemontese Luigi Einaudi, che produce i suoi effetti anche nella tutela della salute. Si comprende, così, come l’eguaglianza non abbia soltanto connotazioni di carattere economico, ma anche sociale11.

Il decentramento delle competenze da in modo maggiore la possibilità di comprendere concretamente perché la salute sia un bene comune. Infatti, dopo la revisione della Costituzione avvenuta con L. costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, nell’ordinamento italiano la disciplina della tutela della salute, riconosciuto nell’articolo 32 della Costituzione quale diritto fondamentale della persona, si riparte tra la competenza statale, in base alla quale lo Stato ha competenza esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il livello nazionale12, e competenza concorrente delle Regioni in materia di tutela della salute13. Il fatto che la salute sia un bene comune emerge anche dalla diffusione capillare a livello territoriale delle competenze che concorrono a definirla. Ed esse, a livello territoriale sono definite primariamente dalle Regioni. Importante è sottolineare che questa legge, dopo aver definito le rispettive competenze, stabilisce nel Titolo II le norme che presiedono alla programmazione e all’attuazione del servizio sanitario nazionale.

Concretamente, fondare la competenza in materia di salute sulle Regioni, significa modellare la tutela della salute in relazione alle caratteristiche socio-territoriali di riferimento, rendendo bene comune la salute a partire dalle connotazioni territorialmente comuni di questo bene. Con competenze attribuite a livello territoriale tra Comuni, Province e Regioni, in modo da rispondere alle reali e contingenti situazioni sanitarie in essere.

Il rapporto dialogico tra Stato e Regioni è garantito nell’articolo 117 della Costituzione, che disciplina la materia. Inoltre, una pronuncia della Corte costituzionale14 ha stabilito che, a certe condizioni, il principio di sussidiarietà verticale15 consente di riservare alla competenza dello Stato materie di competenza regionale, secondo un principio di collaborazione tra Stato e Regioni16.

Con il potere, inoltre, che compete allo Stato di sostituirsi ad altri organi della Repubblica in extremis causis17. Importante è, quindi, la norma finanziaria18. In base all’articolo 117, comma 2 della Costituzione, la legge statale è competente a fissare i livelli minimi di soddisfacimento dei diritti civili e sociali.

In pratica, per essere effettivamente bene comune, la tutela della salute avviene secondo procedure di programmazione e di attuazione del servizio sanitario nazionale. Ciò, in primo luogo, attraverso il piano sanitario nazionale (PSN) 19. Tra i suoi molteplici e fondamentali obiettivi nella concretizzazione del diritto alla salute esso, nel triennio della sua durata, ha il compito di superare le situazioni di arretratezza sanitaria, attraverso l’erogazione delle prestazioni sanitarie, e la formazione e l’aggiornamento del personale. Il piano sanitario regionale (PSR)20 costituisce il piano strategico per la salute della popolazione regionale, ed è costruito in relazione agli obiettivi del PSN.

  1. I livelli essenziali di assistenza.

Lo Stato determina con il concorso delle Regioni la programmazione sanitaria nazionale, e stabilisce i livelli delle prestazioni che devono essere garantiti a tutti i cittadini.

Le quali sono garantite a livello nazionale come bene comune attraverso i livelli essenziali di assistenza, il cui concetto trae la sua origine nell’articolo 4 della legge del 1978, a norma del quale, in determinate materie previste dall’articolo in questione, sono dettate norme volte ad assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi per tutto il territorio. La strutturazione del modello sanitario, quale si evince dal Piano Sanitario Regionale, stabilisce il modello sanitario regionale. Fondamentale, come scrisse Einaudi, è che il minimo di esistenza non sia un punto di arrivo, ma di partenza21.

In particolare, significativo è il fatto che il Piano prescrive che la Regione garantisce cura, assistenza e servizi socio-sanitari in modo uniforme, appropriato e responsabile su tutto il territorio regionale, salvaguardando, in relazione alle specificità del territoriali, per garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA).

Individuati dagli articoli 1, 3 e 8 bis del D. Lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, i livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale. Essi sono assicurato dalle Regioni attraverso i presidi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, dalle aziende ospedaliere, dalle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di soggetti accreditati.

  1. Il D. Lgs. 504/1992.

Mentre, da un lato, la legge del 1978 disciplina l’istituzione del Servizio sanitario nazionale, il D. Lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, successivamente novellato, disciplina il riordino della materia sanitaria nel quadro dell’aziendalizzazione e della regionalizzazione.

In primo luogo, il luogo in cui viene svolta l’attività di cura è l’unità sanitaria locale. Essa è stata aziendalizzata (AUSL), con varie forme di autonomia (organizzativa, amministrativa, gestionale, contabile, patrimoniale e tecnica). Scopo dell’AUSL è garantire concretamente i livelli essenziali di assistenza, così come definiti nel PSN e nel PSR.

L’atto di impulso per l’istituzione di un’azienda ospedaliera compete alle Regioni. Le quali agiscono per la selezione di presidi ospedalieri in possesso dei requisiti previsti dalla legge. Essa è finanziata da una quota del fondo sanitario regionale, da rendite, lasciti e donazioni, mutui o altre forme di credito e, da ultimo, anticipazioni da parte del tesoriere.

I presidi ospedalieri sono ospedali non costituiti in azienda ospedaliera22. Essi hanno autonomia economico-finanziaria con contabilità separata all’interno del bilancio dell’unità sanitaria locale.

  1. Gli istituti di ricovero e cura di carattere scientifico (IRCCS).

Per significare la salute come bene comune rilevanti sono gli istituti di ricovero e cura di carattere scientifico (IRCCS). Essi hanno personalità giuridica pubblica o privata. Si caratterizzano, inoltre, per lo svolgimento di prestazioni sanitarie di ricovero e cura, ma anche per la loro specifica attività afferente la ricerca scientifica e biomedica, oltre all’organizzazione e alla gestione dei servizi sanitari. Oggi sono trasformate in fondazioni.

Gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS)23 sono ospedali di eccellenza che perseguono finalità di ricerca nel campo biomedico ed in quello della organizzazione e gestione dei servizi sanitari ed effettuano prestazioni di ricovero e cura di alta specialità o svolgono altre attività aventi i caratteri di eccellenza.

Il “riconoscimento del carattere scientifico” è la procedura attraverso cui queste realtà ospedaliere emergenti, che trattano particolari patologie di rilievo nazionale, vengono qualificate come IRCCS.

  1. Le autorizzazioni, l’accreditamento istituzionale e gli accordi contrattuali.

Il decreto legislativo del 1992 stabilisce per le strutture sanitarie private un criterio di alternativa rispetto al modello sanitario pubblico qualora siano in possesso dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, secondo criteri definiti dalle Regioni24. Le strutture sanitarie private possono essere equiparate alle strutture sanitarie pubbliche mediante autorizzazione, accreditamento istituzionale e stipulazione di accordi contrattuali.

Per costituire nuove strutture sanitarie, trasferire in altra sede strutture già preventivamente autorizzate, adattare strutture esistenti, utilizzarle diversamente o ampliarle e trasformarle è necessario presentare al Comune territorialmente competente richiesta di autorizzazione25.

Le Regioni possono accreditare le strutture autorizzate e i professionisti che ne facciano richiesta quando rispondano ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale, e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti26.

Le Regioni stipulano accordi contrattuali27con le strutture che erogano prestazioni sanitarie.

Il legislatore non trascura i rapporti esistenti tra le aziende sanitarie locali. e le strutture private, regolati un tempo da apposite convenzioni, così come previsto dall’art. 44 della L.833/78.

In effetti, con il D. Lgs. n. 502/1992 tali rapporti cessano di essere disciplinati da un rapporto convenzionale per essere regolati, invece, secondo il meccanismo del cosiddetto accreditamento istituzionale, fondato sulla modalità di pagamento a prestazione e sull’adozione del sistema di verifica della qualità delle attività svolte e delle prestazioni erogate. L’accreditamento, dunque, oggi costituisce non più un atto dovuto ma, al contrario, un atto che passa per la verifica rigorosa della discrezionalità della P.A.; discrezionalità che trova il proprio fondamento non più solo nelle qualità delle strutture e delle prestazioni rese, ma anche nell’effettivo fabbisogno assistenziale quale risulta in concreto dal disposto del Piano Sanitario Regionale. Tant’è che, qualora la capacità produttiva risulti essere superiore a quella del fabbisogno effettivo, il legislatore ha previsto espressamente, all’art. 8-quater, ultimo comma, del D. Lgs. n. 502/92, così come modificato da ultimo dal D. Lgs. n. 229/99, la revoca dell’accreditamento28.

Con l’accreditamento vengono stipulati gli accordi contrattuali nell’ambito della vigente normativa e nel rispetto di alcuni principi fondamentali quali quelli di imparzialità, trasparenza, e buon andamento dell’attività amministrativa.

L’accreditamento istituzionale verte sulle funzioni svolte dalle strutture sanitarie, coerentemente con la capacità produttiva, e gli indirizzi della programmazione regionale e del fabbisogno di attività, allo scopo di migliorare l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento di nuove strutture e studi.

L’accreditamento viene concesso ai soggetti già in possesso dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria, in presenza delle seguenti condizioni: 1) coerenza delle funzioni svolte con gli indirizzi della programmazione regionale; 2) rispondenza ai requisiti ulteriori, rispetto a quelli richiesti ai fini dell’autorizzazione, individuati nel “Manuale dei requisiti per l’accreditamento delle strutture sanitarie”; 3) verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati ottenuti29.

In concreto, di massima importanza è l’effettività della salute come bene comune. Se in una situazione ordinaria, l’implementazione afferente il personale e l’aggiornamento costante delle strumentazioni tecnologiche è necessario, in una situazione straordinaria, qual è quella attuale tale implementazione diventa indispensabile e indifferibile soprattutto implementare il servizio sanitario nazionale. E ciò è indicato in modo preciso e puntuale alla luce di un recente rapporto dell’OCSE30, in relazione al precedente31.

Per rendere effettivo il diritto alla salute di questi tempi, è necessario azionare tutte le reti affinchè esso possa essere esercitato da tutti senza distinzioni. Più in particolare, per squarciare la nebbia provocata dall’attuale situazione sanitaria, allo scopo di tutelare la salute sono sicuramente necessarie strumentazioni tecnologiche di ampio rilievo, ma ancor di più risorse umane che possano curare i malati di questa pandemia, senza per questo obliterare coloro i quali sono affetti da altre patologie.

  1. Il diritto alla salute come diritto umano.

A ogni uomo sono riconosciuti alcuni diritti, chiamati diritti umani, che mirano a garantire le ragioni fondamentali della vita e dello sviluppo fisico e morale della propria esistenza32. Si comprende, così, perché questo fondamentale diritto, garantito dagli articoli 32 e 38 della Costituzione, sia un diritto umano, tutelato sia come salute individuale sia come interesse della collettività (salute pubblica). E la rilevanza della tutela della salute traluce già dal Giuramento di Ippocrate33, nel quale il Padre della medicina da prescrizioni fondamentali e imprescindibili per la vita e la dignità delle persone nel momento in cui si trovano a ricevere le cure di un medico.

Come si è potuto vedere sopra, il carattere di diritto fondamentale del diritto alla salute nasce e si sviluppa sin da epoche risalenti. Esso tuttavia è assurto al rango di diritto umano nel corso del XX secolo, paradossalmente lungo il passaggio attraverso due guerre mondiali, che hanno imposto l’attenzione alla salute come uno dei diritti posti a baluardo della vita umana, con l’imprescindibile ruolo che deve essere svolto dalle istituzioni per renderlo concreto e fruibile da parte di chi ha bisogno della sua tutela. La norma fondamentale in materia è l’ articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948.

Secondo l’ONU, Human rights are rights we have simply because we exist as human beings – they are not granted by any state. These universal rights are inherent to us all, regardless of nationality, sex, national or ethnic origin, color, religion, language, or any other status. They range from the most fundamental – the right to life – to those that make life worth living, such as the rights to food, education, work, health, and liberty.

The Universal Declaration of Human Rights (UDHR), adopted by the UN General Assembly in 1948, was the first legal document to set out the fundamental human 30 articles provide the principles and building blocks of current and future human rights conventions, treaties and other legal instruments. rights to be universally protected. The UDHR, which turned 70 in 2018, continues to be the foundation of all international human rights law. The UDHR, together with the 2 covenants – the International Covenant for Civil and Political Rights, and the International Covenant for Economic, Social and Cultural Rights – make up the International Bill of Rights34.

Molto importanti sono anche la Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità35, la Convenzione sui diritti dell’infanzia36, la Convenzione ONU sulle persone disabili e il suo Protocollo37. Meno celebre, ma non per questo meno significativo poiché pone in evidenza in modo magistrale il significato di “prendersi cura”, così importante in subiecta materia, è il dipinto che raffigura la Madonna operosa, intenta a lavorare a maglia per preparare la tunica per il piccolo Gesù, del pittore Tommaso da Modena38.

Gli anziani sono un patrimonio di valore inestimabile. A raffigurare l’attenzione verso di loro sovviene la statua39 di Gian Lorenzo Bernini, intitolata Enea e Anchise, che rappresenta l’eroe greco Enea che fugge da Troia in fiamme portando sulle spalle il vecchio padre. Al riguardo, importante è l’articolo 25 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che sui diritti degli anziani afferma il diritto che essi hanno a una vita dignitosa e indipendente, e di partecipare alla vita sociale e culturale; mentre da anni suscitata una convenzione dell’ONU, a oggi non ancora approvata.

In sede europea le norme principali sono la Carta sociale europea40, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla contraffazione dei prodotti sanitari41.

Il diritto alla salute esprime il carattere di assolutezza (erga omnes), e non soggiace ad alcuna limitazione né sotto il profilo individuale, né sotto quello collettivo, affermando , altresì, il diritto alla libertà individuale e la difesa della dignità umana. Esso si pone, pertanto, come norma programmatica per l’ordinamento, garantendo questo diritto fondamentale al di là della disponibilità economica delle persone. Con l’affermazione, nell’articolo 38 della Costituzione, del dovere dei lavoratori a stipulare un’assicurazione contro infortuni, invalidità

e malattie professionali. Questo è un grande passo in avanti della civiltà, in quanto stabilisce non soltanto la tutela della salute, ma anche la tutela della“non salute”42.

  1. Considerazioni giurisprudenziali.

Tra le norme civili di riferimento, particolarmente significativo per comprendere il diritto alla salute come diritto umano è il danno biologico per lesioni di lieve entità43. Anche se si tratta di lesione pari o inferiore al 9%, e cioè di lesioni di carattere micropermanente, valutata su base tabellare, con il fatto della sua commissione si ha comunque una lesione del bene-vita nel presente e nella sua capacità di esplicazione nel futuro. Che andrà a incidere nella pluralità di rapporti vissuti dal suo titolare44. E se balugina nel caso di lesioni micropermanenti, ciò emerge in tutta la sua evidenza in materia di danno biologico per lesioni di non lieve entità45. La menomazione dell’integrità psicofisica deve essere risarcita sia se il danneggiato è persona nell’esercizio della propria attività lavorativa, sia se non lo è. E questo in forza del valore del bene della vita che ha dignità di essere tutelato in ogni e qualsiasi sua fase. Dal che si evince, anche sotto questo profilo, l’attitudine del diritto alla salute a essere un diritto umano. In primo luogo, si sottolinea che il danno da lesione alla salute costituisce una categoria ampia e onnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima46, ma senza duplicare il risarcimento. Ne consegue l’inammissibilità del risarcimento per il danno biologico e per il danno morale per lo stesso fatto47. In materia di danno biologico va considerato che esso è danno ontologicamente diverso dal danno morale soggettivo, inteso come sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, e liquidato con metodo tabellare in relazione a un barème medico-legale. Il quale può essere personalizzato in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali che rendano il danno subito più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti da lesioni personali dello stesso grado sofferte da persone della stessa età e condizioni di salute48.

Il diritto alla salute è protetto anche dalla norma penale49. Infatti gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica, ovvero siano contrari alla legge, al buon costume o all’ordine pubblico. E tra i beni indisponibili deve sicuramente essere annoverato il bene della vita50. Sin da risalente giurisprudenza, il consenso dell’avente diritto ha efficacia, come causa giustificatrice, se viene prestato volontariamente nella piena consapevolezza delle conseguenze lesive all’integrità personale, sempre che queste non si risolvano in una menomazione permanente51. E la scriminante non è operativa a maggior ragione quando vi sia la commissione dei diritti umani52. Varie sono le norme della parte speciale del Codice penale in cui viene stabilito un baluardo a tutela della salute. Qui sovviene quella in cui la norma penale tutela la salute pubblica con i delitti di cui agli articoli 438-445 c.p., previsti anche nella forma colposa (articolo 452 c.p.). I delitti sono di pericolo in quanto i singoli reati, anche se danneggiano soggetti determinati, minacciano di coinvolgere un numero indeterminato di persone mediante, ad esempio, germi patogeni, l’avvelenamento alimentare o l’adulterazione della genuinità. A tutela della tutela penale assurge l’incolumità pubblica come bene di rilevanza collettiva, in quanto il singolo individuo è protetto in quanto componente indifferenziato della collettività. In questo modo, l’incolumità pubblica è sinonimo di sicurezza di tutti i cittadini in genere contro vi danni fisici alle persone53. La giurisprudenza sovviene per comprendere la tutela della salute pubblica affermando che costituiscono la materialità del reato contro la salute pubblica la diffusione, la diffusibilità, l’incontrollabilità del diffondersi del male54.

Altra sentenza afferma che il reato si perfeziona con il pericolo per la salute pubblica, anche se non si verifica un evento dannoso55. Il reato è incentrato non già sul potenziale evento pericoloso, bensì sulla generale attitudine della condotta a produrre danni per la salute pubblica56. In relazione all’articolo 444 c.p. si veda la sentenza 3778/1987.

Il valore economico del diritto alla salute annualmente ammonta a molti miliardi di euro. La pandemia ha dimostrato in modo lampante ciò che già in precedenza era evidente. Cioè, quanto il Servizio sanitario nazionale garantisca l’universalità, la globalità e l’eguaglianza nella tutela della salute. Perciò, ad esso deve essere rivolta in modo determinante la primazia delle risorse, in quanto esso rappresenta uno dei più importanti traguardi del XX secolo, motivo di civiltà a servizio di tutti, che deve essere consolidato durante il XXI.

Ciò considerato, la vita umana ha un valore incalcolabile e incommensurabile in ogni sua fase, sia in una situazione di salute, sia quando la salute sia carente. E poiché il diritto alla salute è un bene comune e un diritto umano, è fondamentale che la sua tutela sia accessibile, a prescindere dalla condizione economica o sociale. E la sua tutela in ogni persona deve costituire valorizzazione della sua dignità, e costituisce modalità imprescindibile e strutturale per mezzo della quale avviene in concreto la centralità della persona. Per pervenire a questo obiettivo è necessario che abbiamo cura del Servizio sanitario nazionale. Perché se non ne abbiamo cura, il Servizio sanitario nazionale non esisterà più.

 

Note:

1 Paragrafo 9 della Carta della foresta.

2 Paragrafo 12 della Carta della foresta.

3 Paragrafo 13 della Carta della foresta.

4 Napoli, Museo di Capodimonte.

5 G.A. BONCIO, Le leggi di sanità della Repubblica di Venezia, Vicenza – Treviso, 1995-2003.

6 Come allora, tuttora presenti.

7 A. MANZONI, I promessi sposi, Firenze 1987, capp. XXXI-XXXIII.

8 Articolo 6 D. Lgs. 502/1992.

9 Sulla storia della tutela della salute si considerino Salute pubblica e Salute pubblica e privata, in www.treccani.it

10 L. EINAUDI, Lezioni di politica sociale, Torino 1964, p. 231 e ss.

11 L. EINAUDI, Lezioni di politica sociale, cit. p. 51-54.

12 Articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione.

13 Articolo 117, comma 3, della Costituzione.

14 Corte costituzionale, sentenza n. 303/2003.

15 Articolo 118, comma 1 della Costituzione.

16 G. FALCON, Lineamenti di diritto pubblico, Padova 2014, p. 260-262.

17 Articolo 120, comma secondo, della Costituzione.

18 Articolo 119, comma 5 della Costituzione.

19 Articolo 53 L. 833/1978.

20 Articolo 55 L. 833/1978.

21 L. EINAUDI, Lezioni di politica sociale, cit. p. 80-81.

22 Articolo 4, comma 9, D. Lgs. 502/1992.

23 Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (G.U. Serie Generale, n. 250 del 27 ottobre 2003).

24 Articolo 8 D. Lgs. 502/1992.

25 Articolo 8 ter D. Lgs. 502/1992.

26 Articolo 8 quater D. Lgs. 502/1992.

27 Articolo 8 quinquies D. Lgs. 502/1992.

28 D. CICIRIELLO, L’accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie, in www.diritto.it

29 L’autorizzazione e l’ accreditamento nelle strutture sanitarie: definizioni, in www.diritto.it

30 Rapporto “Health at a Glance Europe 2020”, OCSE dell’ 19.11.2020.

31 Rapporto “Health at a Glance Europe 2018”, OCSE .

32 A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova 2019; A. BARBERA, Commento all’articolo 2 della Costituzione, in Commentario della Costituzione, Bologna 1975, p. 50 e ss.

33 Ippocrate visse a Cos, in Grecia, dal 467al 377 a.C. Introdusse l’ anamnesi, o attività di ricostruzione della storia del malato, che consiste nel descrivere il passato, comprendere il presente e prevedere il futuro.

34 www.onu.it

35 1946.

36 1989.

37 1986.

38 Bologna, Pinacoteca nazionale.

39 Roma, Galleria Borghese.

40 1961.

41 2011.

42M. PERSIANI, Commento all’articolo 38, in Commentario della Costituzione, Bologna 1979, p. 232-256.

43 Articolo 139 D. Lgs. 7 settembre 2005 n. 209.

44 Sul punto, di grande rilievo sono le sentenze della Corte di Cassazione, n. 3868/2004, 3434/2002, 15418/2004, 12757/2000, 535/1997, e 12241/1998.

45 Articolo 138 D. Lgs. 7 settembre 2005 n. 209.

46 Corte di Cassazione, sentenze n. 1950/2013 e 18650/2019.

47 S.U. Corte di Cassazione, sentenze n. 26872/2008, 23469/2018, e 4878/2019.

48 Corte di Cassazione, sentenze n. 27482/2018 e 10912/2018.

49 Articolo 50 c.p.

50 G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Bologna 2019.

51 Corte di Cassazione, sentenza n. 594/1989. Si vedano anche Corte di cassazione, sentenze n. 8611/1981, 33275/2017 e 21110/2018.

52 Corte di Cassazione, sentenza n. 3398/1999.

53 G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, Bologna 2019.

54 Tribunale di Bolzano, sentenza 20-6-1978.

55 Corte di Cassazione, sentenza n. 2953/1997. Si vedano anche le sentenze n. 53747/2014, 4878/2013, 6204/1997 e 4026/1992.

56 Corte di cassazione, sentenza n. 52574/2017.

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