Corso: DIRITTO DELL’AMBIENTE E PUBLIC PROCUREMENT - LA GESTIONE VIRTUOSA DEL TERRITORIO E DELLE TUTELE.
39 minuti

IL DIFFICILE RAPPORTO TRA ENERGIE RINNOVABILI E PAESAGGIO.

VERSO UNA NUOVA CONCEZIONE DELLA PIANIFICAZIONE AMBIENTALE.

 

Avv. Mariangela Crisci 

 

 

Sommario: 1. Il granitico baluardo della tutela del paesaggio e la “recente” sensibilità ecologica. 2. La modifica degli artt. 9 e 41 della Costituzione. 3. Verso la tutela di un “paesaggio di qualità”. 4. La necessità di una transizione energetica “forte” in Puglia.

La modifica degli artt. 9 e 41 Cost. ha di fatto aperto la strada ad un contrasto tra i valori dell’ambiente e del paesaggio, nella prospettiva delle energie rinnovabili. La transizione energetica, infatti, ha come scopo finale la tutela dell’ambiente, nell’ottica di una crescita sostenibile. Tuttavia il paesaggio potrebbe costituire un ostacolo all’uso di suolo ai fini di sostenibilità energetica. Unico punto di sintesi, pertanto, appare l’anticipazione del bilanciamento tra i due principi costituzionali –parificati dalla novella introdotta con la l. cost. 1 del 2022– al momento della pianificazione territoriale, tanto di tipo paesaggistico, quanto di tipo “energetico”.

The amendment of the articles 9 and 41 of the Constitution has in fact paved the way for a contrast between the values of the environment and the landscape, in the perspective of renewable energy. The energy transition, in fact, has as its final purpose the protection of the environment, with a view to sustainable growth. However, the landscape could constitute an obstacle to the use of land for the purposes of energy sustainability. The only point of synthesis, therefore, appears to be the anticipation of the balance between the two constitutional principles – established by the novel introduced with l cost. 1 of 2022 – at the time of territorial planning, both of a landscape and an “energy” type.

 

1. Il granitico baluardo della tutela del paesaggio e la “recente” sensibilità ecologica. Il costante aumento della richiesta di energia rinnovabile impone una necessaria rimeditazione del rapporto tra i principi che governano lo sviluppo energetico e la salvaguardia dell’ambiente e del territorio. L’insostenibilità del modello economico basato sulle fonti energetiche fossili è una conquista sociale recente. Per quanto da tempo sostenuta dalla (o almeno da una parte della) comunità scientifica, la necessità di implementare la produzione energetica con sistemi sostenibili e rinnovabili, è percepita come una reale urgenza soltanto da pochi anni. La formazione di una coscienza ecologica da parte della collettività è, difatti, acquisizione delle ultime generazioni, ben più sensibili ai problemi ambientali. Il “ritardo” con cui si è compresa l’urgenza della transizione energetica ha condotto, di fatto, ad un disallineamento della normativa costituzionale, rimasta incentrata sulla tutela del paesaggio quale bene primario anche rispetto all’implementazione delle fonti di energie rinnovabili. Difatti, ancora oggi, la tutela vincolistica del paesaggio (e quella storico-culturale) pare –almeno in termini istituzionali– prevalere sull’esigenza di transizione energetica1. Ciò è appunto dovuto al fatto che, mentre la tutela del paesaggio ha origini ben più “antiche”, il problema energetico è divenuto solo recentemente oggetto di attenzione2.

In tal senso è facile verificare che la disciplina in materia energetica, ancorché piuttosto prolifica in termini di incentivazione all’uso delle nuove tecnologie rinnovabili3, non pare abbia ancora compiuto quello “scatto deciso e forte” verso l’elevazione della sostenibilità a principio primario dell’ordinamento, costituzionalmente protetto e potenzialmente “prevalente” sul regime vincolistico delle aree4. È sì vero che lo sviluppo sostenibile è posto a base degli accordi internazionali sulla direttrice di sviluppo; in particolare i punti 7 e 11 dell’Agenda 2030 stabilita dall’ONU prevedono di aumentare l’utilizzo di energie rinnovabili, rendendole accessibili (punto 7) e prevedono di rendere le città inclusive, sicure, resilienti e sostenibili (punto 11). Tuttavia, a tale previsione in termini di goal internazionali non è corrisposta una pari modifica della normativa interna costituzionale, tale da favorire il raggiungimento dell’obiettivo, rectius tale da individuare lo sviluppo sostenibile (in particolar modo energetico) quale prius giuridico da tutelare. Seppure una certa giurisprudenza5 si sia ormai orientata nel senso di ritenere necessaria una motivazione “aggravata” in ordine alla prevalenza delle esigenze vincolistiche su quelle energetiche, il quadro normativo, ed in particolare quello costituzionale, restituivano –fino ad oggi– un impianto in cui la sostenibilità appariva recessiva rispetto alla tutela vincolistica6. Ciò è dipeso da un’impostazione della Carta Costituzionale che prevedeva tra i suoi principi fondamentali l’espressa tutela del “solo” patrimonio paesaggistico e storico-artistico7. La Corte costituzionale, cogliendo intrinsecamente la “riduttività” di tale previsione8, ha spesso offerto un’interpretazione espansiva del concetto di “paesaggio”, da intendersi come tutela integrata paesaggistico-ambientale9. In tale prospettiva costituzionalmente orientata l’ambiente, pur non espressamente positivizzato come tale, viene a configurarsi come valore primario e sistemico10, talché «la cura del paesaggio riguarda l’intero territorio, anche quando degradato o apparentemente privo di pregio»11. La Consulta, dunque, recupera ed applica direttamente quanto affermato dalla Convenzione europea del paesaggio12, che lega il concetto di tutela dell’ambiente-paesaggio direttamente all’incidenza della popolazione sul territorio, predicando una transizione «da una tutela meramente conservativa alla necessità di valorizzare gli interessi pubblici e delle collettività locali con interventi articolati»13. Tale impostazione, dal sicuro vantaggio di elevare esegeticamente l’ambiente a oggetto di tutela costituzionale seppur integrato con il paesaggio, è stata –a sommesso avviso di chi scrive– sovvertita dalla modifica costituzionale degli artt. 9 e 41 Cost.14

 

2. La modifica degli artt. 9 e 41 della Costituzione. Con la legge costituzionale n. 1 dell’11 febbraio 2022, il Parlamento ha espressamente positivizzato la tutela dell’ambiente, delle biodiversità e degli ecosistemi «anche nell’interesse delle future generazioni», introducendo il comma 3 all’art. 9 della Carta fondamentale15. Inoltre il novellato art. 41 della Carta fondamentale ha inserito “la salute e l’ambiente” quali limiti espressi per la libertà di iniziativa economica, nonché quali matrici di indirizzo per la programmazione economica16. Ad una prima impressione, tali modifiche sembrano porsi in piena continuità con la richiamata giurisprudenza costituzionale, conferendo forza alla ricostruzione che mira a concepire paesaggio e ambiente come un’endiadi inscindibile, la cui tutela non può essere separata ma, al contrario, viene contemporaneamente garantita attraverso la cointeressenza degli interessi. A ben vedere, però, sempre a sommesso avviso della scrivente, l’elevazione dell’ambiente ad autonomo oggetto di tutela costituzionale17, potrebbe avere –con riferimento alla fonti rinnovabili– una portata ben più dirompente.

Come acutamente già colto da una parte della giurisprudenza18 e della dottrina19, l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili è esplicazione diretta della tutela della salute e dell’ambiente «nell’interesse delle future generazioni». A fortiori laddove la stessa Carta costituzionale oggi individua il limite all’attività imprenditoriale nella tutela della salute e dell’ambiente. Proprio la definizione di “rinnovabili” caratterizza le fonti di energia green sotto il profilo della sostenibilità, intesa quale approvvigionamento senza esaurimento della risorsa. L’eolico, il geotermico, il solare, sono fonti che commutano in energia elettrica le risorse naturali senza esaurirle e senza determinare (quanto meno in modo sensibile) inquinamento. Inoltre l’utilizzo di energie di tal fatta ha un impatto assolutamente ridotto sugli ecosistemi esistenti. Al contrario è fatto notorio che l’utilizzo di fonti di energia fossile sia una delle cause maggiori dell’inquinamento e della degradazione dell’ambiente, con totale compromissione dei sistemi ecologici. In ragione di ciò l’incentivazione all’uso di fonti alternative appare perseguire direttamente quella tutela –che oggi trova copertura nella fonte costituzionale– della salute, dell’ambiente e degli ecosistemi. Viepiù potrebbe anche sostenersi –per le caratteristiche innanzi divisate– che l’utilizzo delle rinnovabili costituisca tutela indiretta degli animali, incidendo in modo meno significativo sui loro habitat. Già sotto tale profilo, pertanto, non apparirebbe una illogica forzatura sussumere l’implementazione delle fonti rinnovabili all’interno della tutela dell’ambiente, per come inteso dalla stessa giurisprudenza costituzionale. Sotto tale profilo, pertanto, parrebbe predicabile che l’utilizzo delle energie rinnovabili trovi oggi copertura costituzionale diretta ed espressa proprio nei novellati artt. 9 e 41 Cost., elevandosi al pari grado degli altri regimi vincolistici. Ove accolte le superiori considerazioni, emergerebbe la possibilità di una “nuova interpretazione” della tutela del paesaggio rispetto alla possibilità di installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, che godrebbero “dell’ombrello costituzionale” della tutela dell’ambiente. Emergerebbe, quindi, sempre con riferimento alle energie rinnovabili, una mutazione dell’endiadi “paesaggio-ambiente” verso un vero e proprio rapporto (potenzialmente) dicotomico tra tutela paesaggistica e tutela ambientale (intesa come favor verso l’implementazione delle rinnovabili). Dunque, nella prospettiva delle energie rinnovabili quali elementi (in)diretti di tutela dell’ambiente, quest’ultimo passerebbe da “mera” estensione del “valore paesaggio” ad autonomo principio costituzionale fondamentale, talché la prevalenza dell’uno o dell’altro dovrebbe essere frutto di un’attenta opera di bilanciamento costituzionale. Bilanciamento che ben potrebbe condurre –nello specifico caso di interesse– ad una prevalenza dell’implementazione delle fonti sostenibili rispetto al bene-paesaggio.

È noto, infatti, come ripetutamente affermato dalla Consulta, che i diritti costituzionali fondamentali godano tutti di pari dignità, non essendo prevista alcuna gerarchia rigida. Ciò in quanto «tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre “sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro” (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona. Per le ragioni esposte, non si può condividere l’assunto del rimettente giudice per le indagini preliminari, secondo cui l’aggettivo “fondamentale”, contenuto nell’art. 32 Cost., sarebbe rivelatore di un “carattere preminente” del diritto alla salute rispetto a tutti i diritti della persona»20. Il bilanciamento, dunque, prende le mosse dall’assioma per cui non esiste un ordine gerarchico rigido tra i principi costituzionali, né lo stesso è dettato dalla formulazione letterale del testo costituzionale21. La gerarchia, pertanto, si forma “caso per caso”, a valle dell’operazione di bilanciamento22 che può valere solo per la singola e specifica fattispecie. Va da sé che tale operazione, non essendo imbrigliata in estrinseche e codificate regole di risoluzione delle antinomie23, sottostia ai canoni generali dell’attività pubblica lato sensu intesa: proporzionalità e ragionevolezza24. Canoni che, volutamente, non hanno una definizione legislativa precisa, ma che riecheggiano concetti di giustizia sostanziale di facile ed intuibile portata25.

Calando le superiori considerazioni nell’odierno ambito di indagine, pare predicabile un “nuovo” quadro degli interessi costituzionali in gioco, in cui la tutela vincolistica potrebbe risultare –all’esito dell’operazione di bilanciamento– recessiva rispetto alla utilità di installazione di un impianto di energia rinnovabile. Estremizzando il ragionamento si potrebbe –provocatoriamente– sostenere che fino al completamento della transizione energetica o al superamento dell’emergenza ecologica globale, vi sarebbe margine per una “deroga” ai regimi vincolistici, in caso di impianti di energia sostenibile. Provocazione che non appare neppure tanto remota, atteso che la legislazione in tema di PNRR ha previsto –con specifico riferimento alla localizzazione degli impianti di energia rinnovabile in zone vincolate– la “declassazione” del parere del Ministero della cultura ad atto “obbligatorio non vincolante”26. La finalità di salvaguarda dell’ecosistema globale, dunque, fungerebbe da parametro per operare un bilanciamento in cui il bene paesaggio possa addirittura essere sacrificato sull’altare della crescita energetica sostenibile.

 

3. Verso la tutela di un “paesaggio di qualità”. La provocazione innanzi indicata, che chiaramente appare non sostenibile in concreto quale “deroga generale” al sistema vincolistico, offre però l’occasione per indicare quale potrebbe essere il reale ed efficace punto di sintesi tra la tutela del paesaggio e la “nuova” tutela dell’ambiente in materia di energie rinnovabili. Sul punto appare dirimente proprio la novella che ha interessato il comma 3 dell’art. 41 Cost., in cui è indicato il “fine ambientale” quale parametro per la programmazione dell’attività economica tanto pubblica quanto privata. Ciò consentirebbe di “anticipare” il difficile punto di sintesi tra la tutela paesaggistica e quella ambientale, nei termini innanzi intesi, già al momento della programmazione e dell’attività pianificatoria. Sarà dunque il Piano territoriale paesaggistico, all’esito di attente valutazioni sul reale fabbisogno energetico, ad introdurre dei criteri localizzativi per le energie rinnovabili, anche in espressa deroga ai regimi vincolistici più stringenti. Forse sarebbe addirittura preconizzabile l’elaborazione di un vero e proprio Piano Territoriale Energetico27 –tanto nazionale quanto regionale– che si periti di individuare, sempre in un’ottica di sistema nazionale (ed anche, ove possibile, internazionale), il fabbisogno energetico in ragione delle peculiarità dei singoli territori. Una tale pianificazione –tanto integrata in quella paesistica, quanto autonoma– dovrebbe prendere le mosse da una preventiva analisi che individui, con precisione, la reale necessità di territorio da dedicare alle rinnovabili per garantire il raggiungimento degli obiettivi internazionali28. Soltanto all’esito di una tale valutazione, potrebbe evitarsi lo spauracchio di un’indebita “prevaricazione” della tutela dell’ambiente sul paesaggio, nella prospettiva della transizione energetica. All’uopo deve operarsi un’ulteriore considerazione, spesso non considerata dagli strenui difensori del paesaggio. Il concetto di paesaggio, diversamente da quanto comunemente inteso, è un valore in divenire. Non deve, infatti, confondersi la tutela del paesaggio con l’idea –romantica ma ingenua– della difesa del paesaggio naturale, inteso quale habitat totalmente privo di antropizzazione. Ciò che, al contrario, deve essere perseguito è un paesaggio “di qualità”, inteso come punto di equilibrio tra elementi naturali ed elementi antropici. La dottrina, icasticamente ed efficacemente, richiama l’esempio dei paesaggi caratterizzati di mulini a vento29. A ben vedere, infatti, questi sono oggi considerati paesaggi meritevoli di tutela; eppure, al momento della loro costruzione, i mulini e tutte le opere connesse, hanno alterato significativamente il paesaggio. Dunque, non può predicarsi una tutela del paesaggio che –in modo rigido –si opponga ad altre esigenze parimenti, e forse più, importanti.

 

4. La necessità di una transizione energetica “forte” in Puglia. Declinando le superiori considerazioni –che non hanno alcuna pretesa di esaustività– sul territorio pugliese, emerge con forza la necessità di adattare ulteriormente tali approdi alla realtà locale. Il favor verso la transizione energetica, infatti, assume ancora maggiore rilevanza in un territorio che ospita impianti altamente inquinanti, peraltro quasi tutti confinati nell’area cittadina di Taranto. Tale peculiare situazione dovrebbe spingere per una transizione energetica ancora più marcata che consenta di non aggravare ulteriormente il già compromesso quadro ambientale tarantino. In tale prospettiva, dunque appaiono recessive tutte le contestazioni sollevate rispetto all’impatto (paesaggistico e territoriale) delle energie rinnovabili. Proprio nella città di Taranto sarebbe auspicabile la creazione di una “comunità energetica” finalizzata al raggiungimento –più rapido possibile– dell’obiettivo n. 11 della Agenda 2030, ovverosia «rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili». In tal senso, sarebbe ancora più opportuno prevedere una modifica della normativa paesaggistica regionale che consenta un aumento rapido e su larga scala all’uso delle energie rinnovabili sul territorio. Ciò in modo da evitare l’aggravamento dei livelli critici di inquinamento provocati dai grandi insediamenti industriali. L’utilizzo delle rinnovabili nel territorio pugliese (e in particolare tarantino), fungerebbe quasi da “misura compensativa” che, pur sacrificando una parte del paesaggio, mirerebbe ad evitare l’ulteriore compromissione dell’ambiente, inteso come habitat. La sostenibilità, pertanto, nel territorio pugliese e tarantino in particolare, acquista un connotato ancora differente rispetto a quello comunemente inteso. Una sostenibilità che troverebbe ulteriore afflato vitale in un’applicazione a contrario del principio di precauzione30. Se è vero, infatti, che la premessa di tale principio è che le scelte politiche debbano operare il contemperamento delle esigenze coinvolte laddove le evidenze scientifiche non siano in grado di dimostrare in modo inequivoco l’assenza di rischi per la salute, è altresì vero che nella fattispecie locale pugliese la prospettiva dovrebbe essere rovesciata. L’unanimità di posizioni in ordine alla compromissione del quadro ambientale tarantino da parte dei grandi insediamenti produttivi, dovrebbe portare ad un contemperamento degli interessi in cui la scelta precauzione è appunto quella di incentivare impianti di energia rinnovabile, il cui impatto è sicuramente meno dannoso di quello attualmente emergente.

 

 

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SITOGRAFIA
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www.giustizia-amministrativa.it
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www.ambientediritto.it
www.federalismi.it
www.cortecostituzionale.it

Note

1 M. Santini, Ambiente e paesaggio tra conflitti valoriali ed istituzionali, Urb. App, 3/2020.

2 P. Carpentieri, Paesaggio, ambiente e transizione ecologica, in www.giustiziainsieme.it, in cui l’autore sostiene una strenua difesa del valore paesaggio anche rispetto all’ambiente, proprio in ragione della storicità della tutela paesaggistica. Ripreso anche da M. Meli, Quando l’ambiente entra in conflitto con se stesso: fonti energetiche rinnovabili e tutela del paesaggio, in www.ambientediritto.it, fasc. 2/2021.

3 Il riferimento è ai vari “Conti Energia” con cui il Gestore dei Servizi elettrici ha disciplinato i procedimenti concorsuali per l’attribuzione degli incentivi economici alla produzione di energia di tipo rinnovabile.

4 Cfr. M. Santini, Ambiente e paesaggio tra conflitti valoriali ed istituzionali, op. cit., in Urb. App, 3/2020

5 Su tutti, Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 2016 n. 1210 e 12 aprile 2021, n. 2983 citate in nota da M. Meli, Quando l’ambiente … op. cit., p. 10 -11, in cui si afferma che il diniego di autorizzazione paesaggistica deve essere “aggravato” non potendosi risolvere in un tautologico riferimento alla minor fruibilità del paesaggio ed al suo decremento qualitativo.

6 L’art. 9 Cost., precedente alla modifica operata con l. cost. n. 1/2022 così recitava: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [Cost. 33, 34]. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

7 P. Carpentieri, Paesaggio, ambiente cit., traccia «una distinzione tra “paesaggio” e “ambiente”, che non è affatto scontata e, come si è visto, mostra profili problematici. Vorrei in particolare evidenziare che questa distinzione, come ho sostenuto in un mio recente contributo, affonda le sue radici (per così dire) nel jus, ossia in una risalente e ricca tradizione, culturale prima ancora che giuridica, sostanzialmente diversa rispetto a quella da cui è germogliata (più di recente) l’idea della tutela ambientale (e la nozione giuridica di “ambiente”), sicché, anche al di là della lex scripta (oggi nel codice del 2004 e nella Convenzione di Firenze del 2000), l’autonomia della nozione giuridica di “paesaggio” e la sua distinzione da quella di “ambiente” riceve una sua speciale legittimazione “forte” proprio nella diversità e specialità dell’humus storico-culturale da cui si è generata l’una, rispetto all’altra.  Insomma, si tratta a ben vedere di due linee di pensiero e di due tradizioni culturali marcatamente differenti tra loro. Ed è proprio in questa diversità genetica che vanno ricercate le cause dell’attuale assetto giuridico, complicato, forse, più che complesso, della materia, così come le ragioni profonde dei ricorrenti e irrisolti conflitti. La tutela del paesaggio nasce, in sostanza, da un movimento di idee più antico rispetto a quello, più recente, che sta alla base della tutela dell’ambiente-ecosfera e dell’odierno diritto dell’ambiente. Il paesaggio nasce e vive – pressoché esclusivamente – nell’ambito delle scienze umane e mantiene (nonostante il materialismo storicistico e l’antropo-sociologismo imperanti nella seconda metà del Novecento) un nucleo essenziale estetico. L’ambiente, invece, nasce e vive pressoché esclusivamente nell’ambito delle scienze esatte e della tecnica. Il paesaggio esprime un profilo qualitativo, mentre l’ambiente esprime un punto di vista soprattutto quantitativo. Naturalmente queste affermazioni costituiscono delle generalizzazioni affrettate, qui consapevolmente proposte solo per sintesi e per chiarezza espositiva, poiché le cose sono in realtà molto più complicate e le distinzioni non sono mai così nette e marcate».

8 Giova osservare come la previsione di cui all’art. 9 Cost. è frutto di una scelta dei Padri Costituenti, effettuata quando il concetto di sostenibilità neppure esisteva. Nel momento storico di adozione della Carta costituzionale la preoccupazione maggiore era quella di evitare di sovrasfruttare le bellezze paesaggistiche, sacrificandole sull’altare della crescita economica che, all’epoca, non aveva le criticità di sovradimensionamento che stiamo affrontando negli ultimi decenni.

9 Corte Costituzionale, sentenza n. 179 del 2019: la tutela dell’art. 9 fa riferimento ad un «processo evolutivo diretto a riconoscere una nuova relazione tra la comunità territoriale e l’ambiente che la circonda, all’interno della quale si è consolidata la consapevolezza del suolo quale risorsa naturale eco-sistemica non rinnovabile, essenziale ai fini dell’equilibrio ambientale, capace di esprimere una funzione sociale e di incorporare una pluralità di interessi e utilità collettive, anche di natura intergenerazionale»;

10 Dossier XVIII Legislatura, Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente, 7 febbraio 2022, p. 7.

11 Corte Costituzionale sentenza n. 71/2020.

12 Adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa a Strasburgo il 19.07.2000 e ratificata in Italia con legge n. 14 del 2006.

13 Corte Costituzionale sentenza n. 71/2020

14 Deve osservarsi, invero, che il rischio di un contrasto tra ambiente e paesaggio come due elementi valoriali in potenziale conflitto era già ampiamente emersa in dottrina, cfr. P. Carpentieri, Paesaggio, op. cit. e M. Meli, Quando l’ambiente, op. cit., tanto che la modifica degli artt. 9 e 41 Costituzione non è stata unanimemente salutata con favore.

15 Il nuovo testo dell’art. 9 Cost. così recita: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [Cost. 33, 34]. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

16 Il nuovo testo dell’art. 41 Cost. così recita: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali [Cost. 43]».

17 Il superamento della concezione dell’ambiente –nella prospettiva costituzionale – di “espansione” del bene paesaggio, è intuibile anche dalla collocazione sistemica della tutela ambientale, cui viene dedicato un autonomo comma dell’art. 9 Cost.

18 T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 24 febbraio 2017, n. 372: «Le disposizioni di cui al d.lg. n. 387 del 2003 non escludono il potere del Comune di disciplinare l’uso del territorio al fine di procedere ad una distribuzione equilibrata e razionale degli impianti eolici e ciò in quanto la realizzazione degli impianti eolici impone un contemperamento tra l’interesse alla tutela del paesaggio e quello alla produzione di energia attraverso fonti pulite e rinnovabili, non potendosi configurare alcuna preminenza valoriale né in un senso (a favore del paesaggio), né nell’altro (a favore dell’ambiente e del diritto alla salute o del diritto di iniziativa economica). Non c’è dubbio, infatti, che se, da una parte, tali impianti possono contribuire notevolmente alla riduzione dei gas serra, dall’altra, essi incidono negativamente sul paesaggio: come è noto, le zone di maggiore ventosità sono proprio quelle dei crinali, delle colline e delle montagne, tutte per lo più rilevanti sotto il profilo paesaggistico e, conseguentemente, il legislatore stesso prevede che siano assunte le opportune misure atte ad assicurare un corretto insediamento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio … Ne consegue che le disposizione di cui ai decreti legislativi n. 387/2003 e n. 28/2011 non escludono in alcun modo il potere del Comune di disciplinare l’uso del territorio al fine di assicurare una distribuzione equilibrata e razionale degli impianti eolici».

19 M. Meli, Quando l’ambiente, op. cit.

20 Cfr. Corte Costituzionale, sentenza del 9 maggio 2013, n. 85;

21 G. Pino, Conflitto e bilanciamento tra diritti fondamentali. Una mappa dei problemi, in Etica & politica, in www.units.it/etica/2006_1/PINO.htm, 2006.

22 La ratio di fondo dell’attività di bilanciamento è acutamente compendiata nella già citata decisione della Consulta n. 85/2013, resa in merito al Caso ILVA. In tale fattispecie la Corte Costituzionale, chiamata ad operare il bilanciamento tra il diritto alla salute e ad un ambiente salubre, sancito dall’art. 32 Cost. ed il diritto al lavoro stabilito dall’art. 4 Cost., ha stabilito che «Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre “sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro” (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona. Per le ragioni esposte, non si può condividere l’assunto del rimettente giudice per le indagini preliminari, secondo cui l’aggettivo “fondamentale”, contenuto nell’art. 32 Cost., sarebbe rivelatore di un “carattere preminente” del diritto alla salute rispetto a tutti i diritti della persona». In altri termini, la Consulta ha chiarito che l’aggettivo fondamentale non permette di trarre una gerarchia rigida dei principi costituzionali in ragione di un’interpretazione letterale delle disposizioni. Il principio espresso, notevolmente criticato dall’opinione pubblica, ha ad ogni modo condotto alla declaratoria di illegittimità costituzionale del d.l. 92 del 4 luglio 2015 (sentenza n. 58 del 2018), sempre riguardante lo stabilimento ILVA, e dunque sempre riferito al bilanciamento tra diritto alla salute e diritto al lavoro, appunto per una manifesta irragionevolezza. Ciò dimostra, come sostiene F. Scalia, Principio di precauzione e ragionevole bilanciamento dei diritti nello stato di emergenza, in questa rivista, n. 32/2020, 18 novembre 2020, p. 198, che l’operazione di bilanciamento non opera in modo rigido e predeterminato, ma “calza” ad ogni singola fattispecie. Se ne deduce, pertanto, anche una chiara componente “politica” che influenza tale operazione.

23 Alla luce di quanto innanzi detto, infatti, a difettare sono appunto le antinomie, non essendovi alcuna graduazione dei diritti costituzionali.

24 Per F. Scalia, op. cit., 190-191, il principio di proporzionalità è principio generale dell’ordinamento europeo che deve orientare tutta l’attività comunitaria, nonché parametro di “validità” delle misure nazionali e comunitarie che incidono sui diritti fondamentali. Cfr. G. Scaccia, Proporzionalità e bilanciamento tra diritti nella giurisprudenza delle Corti europee, in Rivista AIC, n. 3/2017, 26 settembre 2017. Si osservi che per “misure” si intende l’insieme dei possibili atti, legislativi e non, frutto dell’attività amministrativa degli stati sovrani o della comunità europea.

25 Il test di proporzionalità delle misure nazionali o comunitarie si sviluppa attraverso una triplice verifica. In primo luogo, si verifica la “idoneità” della misura a realizzare gli obiettivi prefissati (idoneità della misura). In secondo luogo, si valuta se la misura prescelta sia –tra le possibili– quella che meno configge con altri interessi (necessità della misura). In terzo luogo, si verifica il rapporto tra i vari interessi in conflitto (proporzionalità della misura). Più forte sarà l’incidenza della misura sugli interessi coinvolti, maggiore sarà l’approfondimento della verifica di proporzionalità. Sull’applicazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza nell’impianto costituzionale cfr. M. Cartabia, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana, in www.cortecostituzionale.it, 12 novembre 2013. Amplius, sui principi di proporzionalità e ragionevolezza, senza alcuna pretesa di esaustività, cfr. ex multis P.M. Vipiana, Introduzione allo studio del principio di ragionevolezza, Cedam, Padova, 1993; G. Lombardo, Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza amministrativa, in Riv. trim. dir. pubbl., 1997, pp. 420-422; A. Sandulli, La proporzionalità dall’azione amministrativa, Cedam, Padova, 1998; D.U. Galetta, Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Giuffrè, Milano 1998; G. Morbidelli, Il principio di ragionevolezza nel procedimento amministrativo, in AA.VV., Scritti in onore di G. Guarino, vol. III, Cedam, Padova, 1998; G. Corso, Il principio di ragionevolezza nel diritto amministrativo, in Ars Interpretandi, 7, 2002, pp. 437-451; A. Ruggeri, Ragionevolezza e valori attraverso il prisma della giustizia costituzionale, in La ragionevolezza nel diritto, a cura di M. La Torre, A. Spadaro, Giappichelli, Torino, 2002, pp. 96-98; M.A. Sandulli, Proporzionalità, in Dizionario di Diritto Pubblico, a cura di S. Cassese, Giuffrè, Milano, 2006, Vol. V, p. 4641-4645 ss.; F. Modugno, La ragionevolezza nella giustizia costituzionale, ESI, Napoli, 2007; A. Ruggeri, Interpretazione costituzionale e ragionevolezza, in I rapporti civilistici nell’interpretazione della Corte costituzionale. La Corte costituzionale nella costruzione dell’ordinamento attuale. Principi fondamentali, in Atti del 2º Convegno Nazionale della Società Italiana degli Studiosi del Diritto Civile (S.I.S.Di.C.), Capri 18, 19, 20 aprile 2006, I, Napoli, 2007; D.U. Galetta, Il principio di proporzionalità, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Giuffrè, Milano, 2010, pp. 109-111; E. Del Prato, Ragionevolezza e bilanciamento, in Riv. dir. civ., 2010, I, p. 21-24; F. Merusi, Ragionevolezza e discrezionalità amministrativa, ESI, Napoli 2011; P. Perlingieri, Interpretazione e legalità costituzionale, ESI, Napoli, 2011; S. Cognetti, Principio di proporzionalità, Giappichelli, Torino, 2011; F. Astone, Il principio di ragionevolezza, in M. Renna, F. Saitta (a cura di), Studi sui principi del diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2012, pp. 370-372; D.U. Galetta, Il principio di proporzionalità, in M. Renna, F. Saitta (a cura di), Studi sui principi … cit., pp. 388-390; A. Sau, La proporzionalità nei sistemi amministrativi complessi, Giuffrè, Milano, 2013; M. Barberis, Eguaglianza, ragionevolezza e libertà, in A. Vignudelli (a cura di), Lezioni Magistrali di Diritto Costituzionale, III, Mucchi, Modena, 2014, pp. 24-27; P. Otranto, Principio di precauzione e potere sindacale di ordinanza, in www.giustamm.it, 2015; G. Perlingieri, Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, ESI, Napoli, 2015, pp. 122-144 spec. p. 142; F. Trimarchi Banfi, Canone di proporzione e test di proporzionalità nel diritto amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 1/2016, 2016. pp. 361 ss.; sull’applicazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza nella cd. “funzione amministrativa neutrale” cfr. M.T.P. Caputi Jambrenghi, La funzione amministrativa neutrale, Cacucci, Bari, 2017; M. Corradino, I principi di garanzia quali limiti alla potestà legislativa regionale in materia di procedimento amministrativo: una chiave di lettura di diritto comunitario, in www.giustizia-amministrativa.it; F. Scalia, Principio di precauzione … cit.¸ pp. 191-192; M.C. Vitucci, Ragionevolezza, consenso e margine di apprezzamento nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, in G. Perlingieri, A. Fachechi (a cura di), Ragionevolezza e proporzionalità nel diritto contemporaneo, ESI, Napoli, II, 2017, pp. 1093 ss.; G. Perlingieri, Ragionevolezza e bilanciamento nell’interpretazione recente della Corte costituzionale, relazione al 12º Convegno Nazionale S.I.S.Di.C., su I rapporti civilistici nell’interpretazione della Corte costituzionale nel decennio 2006-2016, Napoli, 11, 12 e 13 maggio 2017; A. Vacca, La ragionevolezza quale criterio decisorio – nel giudizio di costituzionalità, in Riv. dir. proc., Milano, 2/2019.

26 Art. 30 D.L. 31 maggio 2021, n. 77, conv. in L. 29 luglio 2021 n. 108.

27 Già oggi si registra l’inserimento di previsioni energetiche negli altri piani energetici. Tuttavia, con il presente scritto si preconizza un Piano Autonomo, un nuovo livello di pianificazione che –sotto l’ombrello costituzionale degli artt. 9 e 41 Cost., vada ad integrare tanto la panificazione paesaggistica, quanto quella urbanistica.

28 M. Meli, quando l’ambiente, op. cit., p. 10 sottolinea come in merito al consumo di suolo non esistano dati certi e che si oscilla tra posizione allarmate che sostengono la necessità di trasformare in campi fotovoltaici un territorio pari a «chissà quanti campi di calcio» e posizione diametralmente opposte che sostengono sia sufficiente coprire lo 0,5 % del territorio nazionale. Ved. anche Non solo rinnovabili. La sfida tra le tecnologie energetiche del prossimo futuro, in Il sole 24 ore, 6 maggio 2021.

29 M. Meli, op. ult. cit., p. 11

30 Il principio di precauzione trova il suo fondamento comunitario nel Trattato di Maastricht che lo pone al centro della politica comunitaria sull’ambiente. Esso «trova applicazione in tutti i casi in cui una preliminare valutazione scientifica obiettiva indica che vi sono ragionevoli motivi di temere che i possibili effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani possono essere incompatibili con l’elevato livello di protezione prescelto dalla Comunità» (Comunicazione della Commissione Europea del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione, COM/2000/0001). A rilevare quale elemento di tutela è, dunque, il rischio di danni che la scienza non riesce ad escludere. Tale impostazione estende enormemente l’ambito applicativo del principio. Ad oggi tale principio è codificato, nell’ordinamento italiano, nell’art. 301 del D. lgs. 152/2006 (codice dell’ambiente), secondo cui «In applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione.
L’applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio che comunque possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva».