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Il caso Taranto: Un innovativo approccio normativo-metodologico al problema dell’inquinamento diffuso di area vasta. – QUOTIDIANO LEGALE
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Il caso Taranto: Un innovativo approccio normativo-metodologico al problema dell’inquinamento diffuso di area vasta.

UN INNOVATIVO APPROCCIO NORMATIVO-METODOLOGICO AL PROBLEMA DELL’INQUINAMENTO DIFFUSO DI AREA VASTA.

 

Il caso Taranto*.

 

Avv. Francesco De Florio – Avv. Giuseppe Macrì – Avv. Emanuela Pulpito – Avv. Maria Zingaropoli

 

L’aria ambiente dell’area Vasta è un bene comune che continua ad essere minacciato dalle emissioni di inquinanti (SOx, NOx e DIOSSINE) e micropolveri.

Seppur migliorata come aria “indoor”, la situazione della qualità dell’aria “outdoor” a Taranto rimane critica: i livelli di particolato atmosferico, il biossido di azoto, benzo(a)pirene, e dei loro principali precursori (ossidi di azoto, composti organici volatili non metanici, ammoniaca, biossido di zolfo), nonostante deboli segnali di diminuzione, continuano ad essere troppo alti in tutta l’area vasta.

Attualmente il fenomeno dell’inquinamento atmosferico è affrontato da un paradigma c.d. “a saturazione” basato su tecnologie obsolete (filtri a maniche e/o elettrofiltri, o loro combinazioni) caratterizzate da alti costi di gestione e manutenzione con basse efficienze filtranti rispetto alle attuali (e soprattutto future) prescrizioni normative, sempre più severe e stringenti in tema di emissioni inquinanti.

Tale paradigma, purtroppo, non ha eliminato le fonti inquinanti più impattanti e pericolose per l’ambiente perché, da un lato, il filtraggio “a maniche” permette il passaggio dei microinquinanti per via delle dimensioni imposte dalle maglie forate, dall’altro lato, il filtraggio ad “elettrofiltri” consente di captare unicamente le particelle che per loro caratteristica si polarizzano.

In altri termini, il “filtro a maniche” (o “a sacchi”) garantisce una efficienza di captazione al di sopra di determinate dimensioni particellari, mentre l’“elettrofiltro” garantisce la captazione di alcune fattispecie di particelle.

Da qui, l’obbligo di adottare una tecnologia di filtraggio delle emissioni derivanti dai processi industriali che possa entrare nell’olimpo dei sistemi o dispositivi idonei a captare le polveri inquinanti indipendentemente dalla dimensione e caratteristica chimico-fisica.

Un recente studio basato sul principio fisico del volo di un aereo, permetterebbe di rimuovere polveri inquinanti attraverso una depressione fluidodinamica.

Si tratta di un’innovativa tecnologia di filtraggio che, come tante piccole ali di un aereo, sfrutterebbe il flusso dell’aria per creare altissime pressioni capaci di risucchiare il particolato e le polveri inquinanti, con efficienze di gran lunga superiori a quelle degli attuali sistemi presenti sul mercato.

Non è un’idea astratta, piuttosto la prima tecnologia di filtraggio fluidodinamico al mondo in grado di abbattere in maniera definitiva le emissioni inquinanti sia di grandi insediamenti industriali (acciaierie, termovalorizzatori, raffinerie, centrali elettriche, cementifici, ecc.) che di impianti di piccole e medie dimensioni.

Esso si basa sulle note equazioni di Bernoulli secondo cui “In regime stazionario, la somma delle pressioni dinamica, gravitazionale e cinetica è costante per ogni sezione”.

Le equazioni di Bernoulli stabiliscono che nei punti di una sezione in cui viene aumentata la velocità del flusso se ne determina una diminuzione di pressione, mentre lì dove se ne opera un rallentamento, la pressione aumenta.

Dunque, verrebbe utilizzato il principio inversamente proporzionale tra la pressione e la velocità per risucchiare le polveri inquinanti, così come avviene durante la “portanza” del volo.

La novità di questa tecnologia è data dal fatto che la esclusione degli inquinanti avviene attraverso una “modulazione” del flusso proveniente dalla stessa aspirazione dei fumi, piuttosto che attraverso sistemi meccanici, termici o elettrici. Le particelle sono convogliate verso l’interno del filtro all’interno del quale percorrendo una spirale, risentono degli effetti depressivi (o di risucchio) autogenerati dal flusso stesso ove, opportune trappole e convogliatori incanalano le micropolveri in opportuni serbatoi posti nella zona bassa.

E’ interessante sapere come la tecnologia fluidodinamica permetterebbe da sola di separare e far confluire in due serbatoi ben distinti tra loro macro-polveri riutilizzabili nel processo produttivo e nel secondo serbatoio micro-polveri inquinanti (diossina, Nox, Sos), pericolosissimi per l’ambiente e la salute umana.

Sennonché sulla base del tipo di inquinante presente potrebbe avviarsi un processo di inertizzazione e di riutilizzazione delle polveri come substrato per i sottofondi stradali o come materiale isolante in edilizia. In altri casi, addirittura, sarebbe possibile rimettere queste polveri nel ciclo produttivo principale riducendo il consumo di materie prime.

E tutto ciò senza “filtri”, ossia senza componenti da sostituire o ripulire periodicamente, attesa la conformazione a spirale dello stesso che convoglierebbe gli inquinanti in serbatoi posti nella zona bassa per assorbimento.

Il sistema fluidodinamico, collocabile tra la sorgente delle emissioni inquinanti e la canna fumaria (o camino), sembrerebbe talmente efficace nella sua azione da permettere di filtrare le particelle indipendentemente dalle dimensioni, dalla caratteristica chimico-fisica e dalle temperature derivanti dalla fonte inquinante.

Esso, con particolare riguardo all’inquinamento ambientale, rappresenta altresì la sfida fondamentale anche in vista dei cambiamenti climatici, dal momento che studi scientifici dimostrano che fattori responsabili dell’inquinamento sono causa della produzione dei gas serra e del progressivo aumento della temperatura del pianeta.

Non deve passare inosservato, inoltre, come sistema fluidodinamico ha la capacità di essere impiegato anche nel settore marittimo, in particolare per contrastare le emissioni dei camini delle grandi navi crociera e navi cargo.

Tale tecnologia è stata congegnata ad opera di una società tarantina nel 2016, ed è brevettata a livello Nazionale e Internazionale (Europa, Cina, Russia, Usa, Canada e Giappone).

Attualmente si trova ad un livello di sviluppo classificato TRL6, fase che contempla la verifica del principio di funzionamento su un prototipo, cui segue una successiva fase di ottimizzazione e certificazione, prima della definitiva fase della commercializzazione.

Con l’insediamento di tale tecnologia, verrà meno per la prima volta in assoluto ogni contrapposizione tra le esigenze di tutela della qualità dell’aria e di quelle dello sviluppo industriale ed economico.

L’ausilio di tale tecnologia offrirebbe pertanto la piena eliminazione degli agenti inquinanti, ivi compresa la diossina, nel territorio tarantino, che vedrebbe un miglioramento della vocazione agricola dei territori limitrofi a nuove colture economicamente promettenti quali quello della coltivazione dello zafferano e delle eccellenze nel settore oleario e vitivinicolo con importati ricadute occupazionali e di innalzamento del reddito medio pro-capite.

Approccio normativo

Taranto, riconosciuta come una delle zone più critiche d’Italia è al centro della Strategia nazionale per l’inquinamento atmosferico. Infatti, nel luglio 2012, è stato sottoscritto il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dello Sviluppo economico, il Ministero per la Coesione territoriale, la Regione Puglia, la Provincia di Taranto, il Comune di Taranto ed il Commissario Straordinario del Porto di Taranto. L’accordo contiene una serie di impegni per l’adozione unitaria di azioni su tutti i settori maggiormente responsabili delle emissioni inquinanti nel territorio tarantino sulla base di quanto previsto dal D.L. n. 129/12, conv. in l. n. 171/12, sfociato nelle“Disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della Città di Taranto”. In particolare, il Protocollo d’intesa, finalizzato a fronteggiare e superare le gravi situazioni di criticità ambientale, sanitaria e socio-economico accertate in relazione al Sito di bonifica di Interesse Nazionale di Taranto, si poneva l’intento di accelerare il risanamento ambientale e nel contempo sviluppare interventi di riqualificazione produttiva e infrastrutturale anche complementari alla bonifica.

Il percorso di bonifica e di riqualificazione della Città e dell’Area di Crisi Ambientale di Taranto è stato integrato con quello finalizzato alla crescita ed allo sviluppo del territorio, con l’emanazione del D.L. n. 1/2015, conv. con modificazioni, dalla L. n. 20/15.

La nuova normativa con l’intento di creare un modello tecnico-giuridico-amministrativo-gestionale di riqualificazione da esportare anche in altri contesti nazionali ed europei e, nello specifico, nell’agglomerato tarantino, prevede che gli interventi programmati siano disciplinati dal “Contratto Istituzionale di Sviluppo” denominato «CIS Taranto».

Il CIS Taranto è stato sottoscritto dai soggetti che compongono il Tavolo istituzionale permanente per l’Area di Taranto, istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri presso la struttura di missione “AquilaTarantoPOIN Attrattori” della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ha il compito di coordinare e concertare tutte le azioni in essere nonché definire strategie comuni utili allo sviluppo compatibile e sostenibile del territorio.

Lo stesso è presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri e composto da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri dello sviluppo economico, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, della difesa, dei beni e delle attività culturali e del turismo, nonché da tre rappresentanti della Regione Puglia e da un rappresentante della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Taranto, della Provincia di Taranto, del Comune di Taranto e dei Comuni ricadenti nella predetta area, dall’Autorità Portuale di Taranto, dal Commissario Straordinario per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto, dal Commissario Straordinario del Porto di Taranto, dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa.

Il Tavolo istituzionale assorbe le funzioni di tutti i tavoli tecnici comunque denominati su Taranto istituiti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e di quelli costituiti presso le amministrazioni centrali, regionali e locali.

Con il suddetto Decreto, il Commissario Straordinario per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto è stato incaricato anche di predisporre un Programma di misure, a medio e lungo termine, per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell’intera area di Taranto, dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale, volto a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente e mitigare le relative criticità riguardanti la competitività delle imprese del territorio tarantino.

Il Programma è attuato secondo disposizioni contenute nel CIS Taranto.

In attuazione di quanto previsto dal CIS il 24 luglio 2019 a Taranto è stato sottoscritto un accordo interistituzionale tra il Commissario Straordinario, Vera Corbelli, il Comandante dei Carabinieri per la Tutela Ambientale, Gen. Maurizio Ferla, e il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Taranto, Col. Luca Steffensen.

L’accordo prevede un ulteriore sostegno per il Commissario Straordinario nell’attuazione del percorso di bonifica e riqualificazione del capoluogo Ionico, con particolare riguardo all’immediata assistenza e supporto alle attività di censimento delle discariche abusive nonché di campionamento finalizzato all’individuazione delle fonti di contaminazione.

Infatti, sono stati censiti 405 i siti nell’area di crisi ambientale di Taranto dal novembre del 2017 al mese di aprile del 2019, di cui 89 ospitano amianto, 67 rifiuti pericolosi, 157 rifiuti speciali, nei confronti dei quali verranno realizzate delle misure finalizzate all’esecuzione degli interventi di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione anche con l’adozione di appositi programmi tecnico-operativi condivisi.

Metodologia adottata: il partenariato.

Per risolvere le problematiche ambientali dell’area del bacino del mar Piccolo, una soluzione giuridica innovativa è stata fornita dal lavoro svolto per la realizzazione del disciplinare di gara adottato dal Commissario Straordinario.

Il protocollo disciplinare analizzato è il frutto di una serie di collaborazioni tecniche e giuridiche finalizzate alla procedura di instaurazione di un Partenariato per l’innovazione scritto da tecnici e giuristi in uno all’Ente attuativo.

Quando le forniture, i servizi o i lavori non possono, in base a una motivata determinazione, essere soddisfatti ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato, fermo restando il rispetto della soglia sui livelli di prestazioni e ai costi massimi prestabiliti, la normativa interviene con la soluzione del Partenariato per l’innovazione.

A seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti (D.lgs. n. 50/2016), e l’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione) hanno fornito alcune indicazioni operative alle stazioni appaltanti e agli operatori economici, e dalla normativa da applicare per alcune procedure di affidamento disciplinate dall’abrogato d.lgs. 163/2006, dall’operatività di alcune norme introdotte dal d.lgs. 50/2016, è nata la fattispecie giuridica del Partenariato.

Il Codice dei contratti pubblici sembra definire il PPP come uno specifico contratto, ma in realtà si tratta di una formula che comprende una serie aperta di tipi di contratti: dalle tradizionali concessioni che restano il modello più praticato sino ad arrivare all’ultimo dei contratti atipici (cfr. Urbanistica e appalti n. 5/2017, Utet).

In comune tutti questi diversi moduli hanno tre dati che non variano:

I) la collaborazione di durata tra amministrazioni e privati riguardante un progetto o programma di realizzazione e gestione di un’opera o di un servizio di interesse generale;

II) la gestione imprenditoriale del progetto e la centralità del piano economico finanziario;

III) l’assunzione, da parte del privato, dei rischi imprenditoriali di vario genere.

Prendendo spunto appunto dall’art. 65 del d.lgs n.50\2016 la figura scelta appunto dal Commissario è stata quella del Partenariato per l’innovazione.

Quindi il partenariato è stata la misura prescelta, ma per risolvere la prima problematica e dettare le linee guida del bando di gara si sono dovuti rispettare degli steeps .

Il commissario ed i suoi collaboratori hanno pensato che per determinare su chi dovesse ricadere l’aggiudicazione della gara bisognava individuare un criterio basilare e scontrarsi principalmente con il criterio della scelta più vantaggiosa ai sensi dell’art. 95 d.lgs 50\2016 il quale prescrive i criteri per l’aggiudicazione di un appalto per poi procedere all’affidamento dello stesso, ma dovendo testare le metodologie da adottare essendo nel campo della Innovazione tecnologica, quale migliore figura si sarebbe potuta adottare se non quella scelta del Partneriato?

La fattispecie giuridica adottata dal Commissario è il risultato di alcune decisioni tese a definire una serie di condizioni “quadro”, per procedere alla realizzazione del servizio, della fornitura o del lavoro attraverso specifiche fasi di sperimentazione, attraverso la fornitura ai concorrenti dei parametri di sperimentazione che testassero concretamente quanto veniva richiesto dalla P.A. nel caso specifico.

Secondo alcuni studiosi “Insomma, se qualcuno deve sviluppare un prototipo nel settore ambientale, tecnologico o sanitario, se devo soddisfare un’esigenza che non trova riscontro (totale o parziale) in soluzioni o prodotti presenti sul mercato, il partenariato per l’innovazione potrebbe essere una possibile soluzione se non l’unica dovendo scontrarsi con la legge sugli appalti pubblici” .

Quindi lo staff posto in essere ha sviluppato una Gara autorizzata con Decreto del Commissario seguendo un criterio di scelta pi§ vantaggiosa economicamente nel rispetto del codice degli appalti pubblici secondo il suo disciplinare e regolamento. L’appalto veniva quindi finanziato con fondi individuati con il decreto del commissario n.170 del 23 maggio 2018 suddividendo lo stesso in 6 lotti e decretando nel dr. Capasso Gennaro il responsabile di procedimento con bando di Gara trasmesso in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea GUUE. In data 01\06\2018.

L’importo era ed è pari a 32.276.250,00 oltre iva e oneri di legge ed ha previsto una serie di fasi determinate in tre :

Una fase di dimostrazione tecnologica da svolgere su aree di affidamento di rispettivi lotti che venivano suddivise a loro volta in tre sub aree operative denominate:

Asportazione selettiva

Capping

Bioremediation

Una fase di progettazione definitiva di analisi ed una fase esecutiva e realizzativa degli inteventi, sempre suddivisa in tre sub aree.

Ovviamente per la realizzazione di indagine si sono stabiliti dei periodi di realizzazione ciascuno stabilito in una durata media di 195 giorni esclusi i tempi necessari per le elaborazioni e le esecuzioni e ciascuno per le rispettive sub aree realizzative mentre si è prevista un periodo di 635 giorni per la sub area di bioremediation in situ.

All’uopo si sono stabilite anche le condizioni di partecipazione la bando richiamando i criteri normativi degli art. 47 e 48 del codice degli appalti con il divieto di partecipazione in più di un raggruppamento temporaneo per evitare un cartello ai sensi dell’art.45 e prestabilendo i requisiti al punto 4.2 e 4.3 del disciplinare.

Tra i requisiti si è fatto richiamo alle:

Cause di esclusione dell’art. 80 dlgs n.50/2016

Requisiti di idoneità art.83 lett. A) d.lgs 50/2016, differenziandoli per esecuzione degli interventi e per servizi professionali di progettazione.

Requisiti di capacità economica e finanziaria art. 83 lett. B), e d.lgs 50/2016 richiamando le attestazioni SOA art.84 d.lgs 50/2016.

Recentemente il Cons. Stato Sez. V, 31/01/2018, con sentenza n. 655 ha evidenziato che: “A differenza delle società in house, per le quali la disciplina italiana prevede la necessità di un oggetto sociale esclusivo (ex art. 4, c. 4, D.Lgs. n. 175 del 2016), per le società miste, che rientrano nella categoria del partenariato pubblico-privato inerente alla realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero all’organizzazione e gestione di un servizio di interesse generale, l’esclusività concerne non l’oggetto sociale, bensì l’attività svolta dalla società mista in virtù di contratto di appalto o concessione affidatole all’esito di gara a doppio oggetto (art. 17, c. 2, D.Lgs. n. 175 del 2016), e ciò sul presupposto di previo acquisto o mantenimento di partecipazione societaria, diretta o indiretta, della P.A., esclusivamente per lo svolgimento delle attività elencate all’art. 4, c. 2, D.Lgs. n. 175 del 2016 (esclusività del fine della partecipazione).

Pertanto, poiché la determinatezza e specificità del bando di gara (direttamente riflesse dall’oggetto sociale, recato dallo Statuto societario) delineano in via definitiva l’ambito operativo della concessione di servizi, affidati alla società mista, esse rende ultronea una misura, come quella dell’immutabilità dello statuto sociale, sproporzionata per una società privata per azioni poiché sensibilmente limitativa dell’autonomia negoziale della medesima, tanto che di tale limitazione non vi è traccia né nella Direttiva sulle concessioni n. 23 del 2015 né nel D.Lgs. n. 175 del 2016. L’immutabilità dell’oggetto sociale in pendenza di rapporto potrebbe eccezionalmente ritenersi esigibile in contesti nei quali l’indeterminatezza di oggetto sociale e bando di gara renda possibili affidamenti ulteriori in costanza di rapporto, ma non può invocarsi laddove, come nella specie, l’oggetto sociale e il bando sono sufficientemente determinati (nel quid e nel quando) ab origine.

L’interpretazione data dal Consiglio di Stato ha quindi messo in evidenza che nel partenariato ‘l’esclusività per le aziende partecipanti sta nell’attività svolta dalla società mista in virtù di contratto di appalto o concessione affidatole all’esito di gara a doppio oggetto, e non anche nell’oggetto sociale favorendo le società miste per la realizzazione dell’opera innovativa.

Lo studio quindi della fattispecie applicata al Caso di Taranto fornisce agli operatori specializzandi l’elemento essenziali per sbocchi professionali tesi a sviluppare la ricerca nel campo del diritto ambientale sia nelle evoluzioni da applicare nei campi del diritto privato, pubblico e penale e lancia tra i possibili sviluppi collaborazioni tra i professionisti e le imprese nel campo della ricerca.

All’uopo si sottolinea che in questa ottica anche il Ministero dello Sviluppo economico ha aggiornato le FAQ relative al bando relativo ai centri di competenza ad alta specializzazione, varato con il Decreto direttoriale del 29 gennaio 2018. Il Competence center è un polo di innovazione costituito, nella forma del partenariato pubblico-privato, da almeno un organismo di ricerca (ad esempio, università o istituti di ricerca, agenzie incaricate del trasferimento di tecnologia, intermediari dell’innovazione) e da una o più imprese. Il numero dei partner pubblici non può superare la misura del 50% dei partner complessivi. I partner privati sono selezionati dal partner pubblico tramite procedura di evidenza pubblica. Possono far parte del partenariato altri operatori economici, inclusi quelli che svolgono attività di intermediazione finanziaria e/o assicurativa, associazioni di categoria nazionali o territoriali, ecc.

Tra le modalità di svolgimento del partenariato applicato sul Mar Piccolo c’e’ anche il richiamo specifico quindi alle tre fasi distinte ed all’art. 65 comma 5 d.lgs n. 50 secondo il quale il Commissario Straordinario, ente aggiudicatore può decidere dopo ogni fase, di risolvere il partenariato per l’innovazione ovvero di ridurre il numero degli operatori risolvendo i singoli contratti.

Quindi viene assegnata una ampio potere discrezionale di valutazione al Commissario nelle fasi di prequalifica, di affidamento di dimostrazione tecnologica ed alla ammissione di negoziazione seppure i criteri di assegnazione sono rigidamente prestabiliti con i relativi punteggi di assegnazione.

Nell’ambito della procura di gara è ammesso il criterio dell’avvalimento ossia la possibilità di avvalersi ai sensi dell’art. 89 d.lgvs. 50/2016 di altri soggetti per dimostrare di poter soddisfare il possesso di requisiti di carattere economico e finanziario tecnico e professionale con la rigida esclusione laddove dello stesso soggetto ausiliario si avvalga più di un concorrente.

Viene anche prescritta una esclusiva assunzione di responsabilità in capo ai concorrenti come conseguenza della adozione di brevetti e soluzioni industriali che violino il diritto brevettato o i diritti altrui con onere di ogni diritto di difesa.

Nel 18 settembre 2019 si è giunti alla fase di realizzazione della progettazione definitiva ed esecutiva individuando quindi gli interventi urgenti in loco nel bacino del mar Piccolo.

Certo è che la scelta della figura del partenariato e delle ampie facoltà di esclusione date al Commissario dal disciplinare creato ha fatto nascere un prototipo di sviluppo tra professionisti e imprese tese a realizzare l’innovazione tecnologica necessaria per la soluzione dell’inquinamento locale anche in altri casi similari.

All’uopo però questa esperienza del corso ambientale, che ha scosso anche le sensibilità dei partecipanti, ha posto in evidenza l’importanza della collaborazione giuridica e tecnica per la realizzazione del disciplinare attuato dal Commissario che potrebbe divenire una replica adottabile dagli altri Commissari delegati dallo stato e dalle Autorità competenti finalizzando lo strumento del partenariato come risoluzione delle problematiche ambientali ancora in essere.

Si pone in evidenza come si debba necessariamente intervenire ad esempio anche a tentare di eliminare le fonti di inquinamento dell’area Vasta di Taranto anche con sistemi di prevenzioni normativamente prescritti obbligando da parte delle autorità competenti del luogo ad esempio i principali siti industriali e non di produzione fonte di calore elevato ad adottare sistemi di Tapping e o di filtraggio tesi alla riduzione dei valori inquinanti in atmosfera, perché se il sedimento dell’area vasta è risultato essere altamente inquinato con accumulo di immissioni inquinanti nel tempo, questo è dovuto anche e soprattutto alla immissioni in atmosfera di elementi idonei a creare inquinamento con la combinazione dei fattori naturali.

 

* Primo, dei 16 contributi programmati nel CORSO DI FORMAZIONE DI ALTA SPECIALIZZAZIONE IN DIRITTO AMBIENTALE – Organizzato dall’Anf Taranto.  (Gli altri contributi sono in lavorazione editoriale e saranno pubblicati prossimamente).

 

DIRITTO AMBIENTALE: CORSO DI ALTA FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO.

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