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I NUOVI SPAZI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI IN MATERIA AMBIENTALE.

 

Chiara Pinto

 

Negli ultimi decenni si è assistito ad una crescita esponenziale della rilevanza delle tematiche ambientali, diventate ormai una priorità nelle agende comunitarie e nazionali. Da questa nuova ‘sensibilità ambientale’ è derivata la necessità di predisporre strumenti di tutela ambientale efficaci ed innovativi, in grado di far fronte ad aspetti critici della materia quali la rapida obsolescenza delle conoscenze scientifiche e il contrasto con altri interessi costituzionalmente protetti. Il diritto dell’ambiente si caratterizza per la sua disciplina multilivello ed in rapido sviluppo, che ha portato alla delineazione di nuovi spazi e nuovi ruoli delle pubbliche amministrazioni per rispondere alla peculiarità dei principi su cui si basa la materia – e.g. principio di precauzione, valutazione del rischio ambientale, resilienza climatica e forme di tutela ripristinatorie.

Particolarmente rilevante – nonché colonna portante di tutte le trattazioni e gli studi in materia ambientale – è il rapporto dell’ambiente con altri interessi protetti. Intorno all’interesse ambientale si confrontano interessi contrastanti e difficilmente compatibili che derivano da uno scontro conflittuale di fondo: quello tra ambiente e sviluppo economico, e, di conseguenza, tra i portatori di tali interessi contrapposti, i.e. stati industrializzati e in via di sviluppo, generazioni presenti e future, grandi imprese e comunità territoriali.1 Tale scontro, oltre ad essere dovuto all’intrinseca natura conflittuale e trasversale del diritto dell’ambiente, è in parte collegato alle modalità con cui si è affermato e sviluppato, ovvero tramite un intreccio con altri interessi già tutelati dell’ordinamento. In particolare, sono individuabili tre tipi di rapporti tra interesse all’ambiente e interesse allo sviluppo economico: un rapporto di conflitto, uno di compatibilità e uno di convergenza.2

La natura conflittuale del diritto ambientale ha contraddistinto la prima fase del rapporto tra ambiente e sviluppo, caratterizzata da una forte dinamica oppositiva – dovuta in parte ai modi d’essere storicamente delle attività produttive – tra i rispettivi interessi: parliamo in tal caso di c.d. “sviluppo contro l’ambiente”, in cui quest’ultimo era percepito come un mero limite ed elemento penalizzante di un libero sviluppo economico, e dunque oggetto di sfruttamento in quanto meramente funzionale alla massimizzazione degli interessi economici. Tale momento conflittuale è stato in seguito superato grazie ad una maggiore consapevolezza ecologica che ha indotto a cercare una composizione fra le due polarità e che ha portato all’inaugurazione di una seconda fase caratterizzata dal c.d. “sviluppo sostenibile”, dove la sostenibilità è un limite alla massimizzazione dello sviluppo che dovrà essere limitato quando è – quantitativamente o qualitativamente – contrastante con l’interesse all’ambiente delle generazioni future; limite di tale fase è tuttavia assumere lo sviluppo come valore primo.3 Nella terza fase del c.d. “ambiente per lo sviluppo” si assiste invece ad un superamento del contrasto tra tali interessi contrapposti, a favore non solo della compatibilità ma addirittura della convergenza, e.g. energie rinnovabili, agricoltura biologica o rifiuti come materie prime per la produzione, la valorizzazione della natura assume dunque un vero e proprio rilievo economico.4 Nonostante la costante evoluzione verso modelli del secondo o del terzo tipo si sottolinea che rimane prevalente nella maggioranza degli Stati un modello di sviluppo basato sullo sfruttamento – molte volte indiscriminato – delle risorse naturali, sebbene l’esigenza e la ricerca di compatibilità fra le esigenze conservative e quelle di sfruttamento delle risorse produttive si faccia sempre più forte, essendo lo sviluppo economico-sociale e ambiente in un rapporto di biunivoca interdipendenza.5

Conclusivamente, nonostante l’esistenza di vari modelli di compatibilità tra i diversi interessi contrapposti, spetterà concretamente alle pubbliche amministrazioni ponderare e bilanciare di volta in volta i vari interessi in conflitto, compiendo considerazioni non solo di carattere tecnico-scientifico ma anche economico, sociale e politico, portando quindi a delineare una nuova rilevanza e nuovi spazi di operatività della pubblica amministrazione in materia ambientale.

Proprio in virtù della complessità del diritto dell’ambiente e del suo bilanciamento con ulteriori interessi protetti, una rilevanza assolutamente centrale in materia ambientale è ricoperta dalle pubbliche amministrazioni. In primo luogo, si assiste all’affermazione del procedimento amministrativo come luogo in cui si bilanciano e confrontano interessi fisiologicamente contrapposti sulle cui peculiarità – e.g. irreversibilità del danno ambientale, presenza di una pluralità di centri d’interesse da considerare – si plasmano le distintive forme del procedimento amministrativo in materia ambientale in quanto, da una parte, emerge la necessità di meccanismi più complessi e articolati che permettano non solo il controllo preventivo, ma anche la partecipazione e l’informazione del pubblico e il coordinamento tra amministrazioni tramite istituti centrali quali le conferenze di servizi e il dissenso qualificato, mentre dall’altra si manifesta l’inadeguatezza di strumenti di semplificazione procedimentale proprio per la particolare delicatezza dei valori in gioco.

Inoltre, il legislatore nazionale in materia ambientale ha un’azione assai più limitata di quella tradizionalmente riconosciutagli, in parte per l’applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, in parte per la copiosità di fonti normative europee vincolanti per i vari Stati membri, situazione che conduce ad una c.d. amministrativizzazione del potere legislativo che porta alla necessità di un diritto per principi a causa del contesto di incertezza scientifica e della temporaneità degli interventi continuamente sottoposti a revisione in considerazione di un arco riferimento temporale di vari decenni di tali interventi.6 Tutto ciò porta a delineare nuovi spazi dell’amministrazione in un’ottica di maggiore autonomia e indipendenza, che tuttavia non devono sfociare in un eccesso di discrezionalità.

Fatte queste premesse, l’assetto delle strutture amministrative che esercitano competenze in materia ambientale è caratterizzato da un’accentuata complessità, sia orizzontale, sia verticale. Alla base di tale complessità organizzativa possono essere individuate l’inadeguatezza della tecnica legislativa ma anche ragioni di fondo quali le interferenze e le sovrapposizioni delle funzioni di organizzazioni presenti nella sfera pubblica che curano interessi fra loro contrastanti, o la crisi a livello territoriale dovuta al fenomeno della globalizzazione, lo Stato si vede infatti sottratte molte attribuzioni a favore delle istituzioni comunitarie ma anche a favore di livelli locali, senza tuttavia nessuna riforma formale delle attribuzioni sottrategli o trasferimento e riallocazione ufficiale, cosa che genera un moltiplicarsi di attribuzioni e poteri.7 Negli ultimi anni si sono accentuate la ricerca e gli studi delle dimensioni ottimali in cui allocare le competenze, studi diffusi soprattutto negli Stati Uniti, in cui si parla di amministrazioni polifunzionali o di poliarchia.8

Per quanto concerne la complessità organizzativa orizzontale, alla data dell’istituzione del Ministero dell’ambiente erano già presenti numerosi organismi preposti alla tutela dell’ambiente, con un’allocazione di funzioni in capo a numerosi soggetti, sia a livello centrale che periferico, senza nessuna forma di coordinamento. Ad esempio, erano presenti funzioni ambientali in capo al Ministero per i beni culturali, il Ministero della sanità, Ministero dell’Agricoltura, Ministero dei lavori pubblici e quello dell’industria, ai quali si aggiungevano inoltre altri organismi dotati di competenze tecnico-operative. Di conseguenza con l’istituzione del Ministero dell’ambiente venne trasferita una parte delle competenze già esercitate da altri Ministeri, mentre per molte altre vennero previsti poteri da esercitarsi in concreto con altre amministrazioni, ed altre ancora rimasero in capo ad altri Ministeri. Ad oggi l’art. 35, d.lgs. 300/1999,9 così come sostituito dall’art. 3 d.lgs. 287/2002,10 definisce le macro-attribuzioni del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Per quando riguarda l’assetto organizzativo interno il Ministero è strutturato a livello centrale in Direzioni Generali, a loro volta suddivise in Divisioni,11 mentre a livello periferico non dispone di strutture proprie e si avvale degli uffici territoriali del governo, particolare importanza è inoltre rivestita dagli organismi tecnici in posizione ausiliaria come ad esempio l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) o da altre figure di rilevanza nazionale che esercitano competenze ambientali come ad esempio gli enti parco e gli enti di gestione delle riserve naturali statali.12

La complessità organizzativa verticale è ancora maggiore. A livello internazionale sono infatti presenti istituti per garantire l’operatività dei vari Trattati, tra cui menzioniamo le commissioni internazionali amministrative. A livello comunitario opera invece l’apposita Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea, con il compito di vigilare sulla corretta applicazione e sul rispetto della normativa ambientale da parte dei singoli stati membri – in caso di inadempimento potrà essere dato avvio ad una procedura di infrazione ex art. 258 TFUE – e avente il compito di elaborare proposte legislative in materia, affiancata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente che è un organo tecnico che coordina la rete delle singole agenzie nazionali e ne raccoglie informazioni e dati. A livello sub-statale si può infine osservare una continua alternanza tra una tendenza all’accentramento delle competenze con un favor per la dimensione statale (l. Galasso) e una valorizzazione delle istanze autonomiste (l. Bassanini) con un favor per il c.d. federalismo amministrativo a costituzione invariata.13

Si può quindi concludere come le pubbliche amministrazioni, se da una parte hanno visto crescere esponenzialmente le proprie funzioni e la propria rilevanza in materia ambientale, dall’altra sono chiamate a fronteggiare complessità strutturali non presenti – o non così marcate – in altri ambiti, essendo inoltre obbligate ad un continuo dialogo e collaborazione interna, ma allo stesso tempo anche ad un continuo ripensamento soprattutto in chiave internazionale e sovra regionale delle loro strutture.

Anche per quanto riguarda funzioni e procedimenti, in materia ambientale si assiste ad una pluralità di strumenti di regolazione predisposti dalle pubbliche amministrazioni, strumenti che devono sia tener conto del carattere composito e trasversale dell’ambiente, sia basarsi su dati e valutazioni tecnico-scientifiche non sempre agevoli, ma soprattutto devono bilanciare posizioni individuali e valori collettivi attenendosi a delle linee guida molte volte insufficienti onde evitare di attribuire un potere decisionale eccessivamente discrezionale ed esteso alle stesse pubbliche amministrazioni.

Ruolo cardine è svolto dai procedimenti di pianificazione, di autorizzazione a valenza ambientale, di fissazione di standard, misure economiche e poteri di ordinanza sanzionatori e di controllo. L’azione amministrativa è infatti rivolta a regolare un settore soggetto all’incidenza di numerose altre attività, garantendo quindi la prevalenza dell’interesse pubblico alla tutela ambientale tramite l’applicazione di procedimenti di carattere preventivo e di precauzione, molte volte articolati in sub-procediementi, ma che non presentano differenze qualitative rispetto ai procedimenti ordinari, se non una maggiore complessità a tutela di peculiari esigenze congenite nell’interesse ambientale. Specifica rilevanza hanno inoltre procedimenti specifici quali VIA, VAS, AIA, AUA.14

Infine, a livello internazionale – in particolare a seguito dell’Accordo di Parigi – è opportuno soffermare l’attenzione sullo sviluppo di uno standard globale di trasparenza e il delinearsi di un nuovo ruolo di un’amministrazione ‘globale’.15 La gestione della crisi mondiale posta dai cambiamenti climatici richiede in primo luogo la presenza di organi amministrativi globali, e porta inoltre allo sviluppo di altri fenomeni che prevedono una globalizzazione del diritto amministrativo – e.g. diritto amministrativo internazionale. Di conseguenza la trasparenza va ad acquisire un ruolo chiave in questo nuovo panorama istituzionale, venendo definita come un sistema in cui le informazioni rilevanti sono reperibili, e attualmente viene considerata come un elemento chiave per garantire la legittimità istituzionale, sia a livello globale che nazionale. Alla base di questo nuovo trend orientato a favore dell’accessibilità, della chiarezza e della trasparenza delle informazioni vi sono due fattori: (i) l’avversità rispetto a situazioni “di opacità” nei moderni stati democratici, proprio nell’ottica dello sviluppo di organi e strutture di governo competenti e qualificate; (ii) ed il trasferimento verso sedi sovranazionali di poteri legislativi e decisionali che richiedono chiarezza dei processi legali ed amministrativi.16

In tale processo un ruolo chiave è stato infatti svolto dal diritto e organizzazioni internazionali, che hanno favorito la conclusione di trattati e accordi a livello globale, e allo stesso tempo hanno favorito la diffusione di standard per l’accesso alle informazioni delle autorità e amministrazioni pubbliche. In parallelo, tuttavia, il proliferare di istituzioni globali ha fatto sorgere preoccupazioni riguardo la mancanza di accessibilità delle informazioni e riguardo l’indebolimento di responsabilità democratica, e di conseguenza è stato sentito sempre di più il bisogno di una maggiore trasparenza a livello globale. La trasparenza dei singoli stati nei confronti dei loro cittadini, secondo il diritto nazionale, non è infatti più sufficiente per assicurare la trasparenza necessaria per poter individuare come responsabili i soggetti in carica, inoltre sistemi di amministrazione sempre più multilivello, policentrici e interconnessi rendono la governance globale particolarmente complessa ed opaca.

La trasparenza e chiarezza dell’attività delle pubbliche amministrazioni – ma non solo – è diventata dunque imprescindibile in quanto permette a soggetti terzi di osservare, valutare e interpretarne l’operato; per poter ottenere i risultati di trasparenza appena osservati, sono necessarie due misure, rispettivamente: la trasparenza degli obblighi assunti dagli stati e la trasparenza di nuovi enti e organismi che sono sorti nel panorama internazionale. Sebbene le azioni degli apparati amministrativi globali siano infatti sempre più improntate ai principi di trasparenza e accessibilità delle informazioni, è incerto se tali previsioni rispondano, oltre che a valori sociali, anche a obblighi legali di stampo internazionale vincolanti. Se infatti è indiscutibile che a livello nazionale le singole disposizioni in materia di accessibilità e chiarezza siano vincolanti, per quanto riguarda il diritto internazionale invece le relative disposizioni in materia non si possono ancora ritenere facenti parte della c.d. “hard law”, ma piuttosto rappresentano dei criteri per poter valutare l’operato dei singoli organi amministrativi globali.17

In particolare, nella gestione globale dei programmi per prevenire i cambiamenti climatici successivi alla COP-21 e all’Accordo di Parigi, il requisito della trasparenza ha assunto una rilevanza primaria, che va esaminata come trasparenza nel processo decisionale, trasparenza dei risultati e infine trasparenza nell’implementazione dei risultati.

1 Fleming J. R., Historical Perspectives on Climate Change, OUP USA, 2005; ​​Dhillon J., “Introduction: Indigenous Resurgence, Decolonization, and Movements for Environmental Justice”, in Environment and Society, 2018, vol. 9, pp. 1 ss.

2 Giannini M. S., “Diritto dell’ambiente e del patrimonio naturale e culturale”, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1971, pp.1125 ss.

3 Fracchia F., Principi di diritto ambientale e sviluppo sostenibile, in P. Dell’Anno e E. Picozza (curato da), Trattato di diritto dell’ambiente, 2012, vol. 1, pp. 559 ss.

4 Bresso M., Per un’economia ecologica, Roma, Carocci Editore, 2002, p. 210 ss.

5 Carbonara L., Amministrazione e tutela dell’ambiente, in L. Torchia, La dinamica del diritto amministrativo. Dieci lezioni, Bologna, Il Mulino, 2017, pp. 162 ss.

6 F. De Leonardis, Le trasformazioni della legalità nel diritto dell’ambiente, in G. Rossi, Diritto dell’ambiente, Torino, Giappichelli, 2017, pp. 137 ss.

7 C. Barbati e G. Endrici, Territorialità potestativa. Mercato, ambiente e poteri subnazionali, Bologna, Il Mulino, 2005, pp. 131 ss.

8 M. Cafagno, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente. Come sistema complesso, adattativo, comune, Torino, Giappichelli, 2007, pp. 271 ss.

9 Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

10 Decreto Legislativo 6 dicembre 2002, n. 287.

11 Direzione generale per i rifiuti e l’inquinamento (RIN); Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque (STA); Direzione generale per la protezione della natura e del mare (PNM); Direzione generale per il clima e l’energia (CLE); Direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali (DVA); Direzione generale per lo sviluppo sostenibile, per il danno ambientale e per i rapporti con l’Unione europea e gli organismi internazionali (SVI); Direzione generale degli affari generali e del personale (AGP).

12 F. Fonderico, “La riorganizzazione del ministero dell’ambiente”, in Giornale di diritto amministrativo, 2000, vol. 9, pp. 876 ss.

13 Legge 8 agosto 1985, n. 431; Legge 15 marzo 1997, n. 59; Legge 15 maggio 1997, n. 127 (Bassanini bis); Legge 16 giugno 1998, n. 191 (Bassanini ter); Legge 8 marzo 1999, n. 50 (Bassanini quater).

14 G. Rossi, Diritto dell’ambiente, Torino, Giappichelli, 2017, pp. 63 ss.

15 A.S. Tabau, “Evaluation of the Paris Climate Agreement According to a Global Standard of Transparency”, in Carbon & Climate Law Review, 2016, vol. 10, no. 1, pp. 23 ss., spec. 24-33.

16 N. Blanc, “From Ordinary Environmentalism to the Public Environment: Theoretical Reflections Based on French and European Empirical Research, in Ecology and Society, 2019, vol. 24, no. 3(33), pp. 1 ss.

17 Ibid Tabau, p.25.