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I dazi doganali: cosa sono e quali gli effetti della battaglia del Presidente americano Trump.

Euro soldi

I dazi doganali: cosa sono e quali gli effetti della battaglia del Presidente americano Trump.

 

di AVV. TOMMASO ROSSI (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)

 

Si fa un gran parlare in questi ultime settimane, dei dazi doganali che l’amministrazione americana di Donald Trump ha deciso di applicare sulle importazioni di acciaio (al 25%) e alluminio (al 10%)  dall’Unione Europea, oltre che dal Canada e dal Messico, decidendo di non prorogare l’esenzione temporanea che era stata concessa all’Europea dopo una prima tranche della guerra daziaria iniziata da “The Donald” a partire da marzo scorso, in prima battuta rivolta soprattutto contro la Cina e la sua concorrenza molto “spinta” (per molti, a pieno titolo sleale).

Proviamo allora a capire, innanzitutto, cosa sono e a cosa servono i dazi doganali.
Il dazio doganale è una barriera artificale ai flussi di beni tra Paesi, che nasce per ragioni di politica economica e commerciale. Lo scopo è quello di far aumentare il prezzo del bene o prodotto venduto in un Paese e importato da un altro, per proteggere dalla concorrenza la medesima tipologia di beni e servizi prodotti nello Stato di importazione.

Dal punto di vista tributario, sono un’imposta indiretta che si applica alla dogana ai prodotti che vengono venduti e acquistati da uno Stato terzo all’altro,pagato dall’importatore o dall’esportatore tramite dichiarazione doganale, e vanno a costituire un introito fiscale per lo Stato.

Ogni acquisto di beni da parte di aziende poste all’esterno del territorio dell’Unione Europea è un’operazione commerciale di importazione necessaria per l’immissione del bene in libera pratica nel territorio doganale dell’Unione. Nella maggior parte dei casi questa operazione è sottoposta al pagamento dei dazi e all’IVA del Paese di destinazione per la sua immissione in consumo (Iva che si applica sull’intera cifra data dal costo prodotto + spese di spedizione + dazio).

I dazi maggiormente utilizzati sono quelli in importazione, con applicazione cioè di una specifica tassa su alcune categorie specifiche di beni e servizi, allo scopo appunto di favorire la produzione nazionale a discapito di quella estera, specie di quella proveniente da Paesi particolarmente concorrenziali in termini di prezzi. I dazi possono consistere anche in imposte sulle esportazioni.

Come si quantificano i dazi?
I dazi sono direttamente legati alla classificazione doganale della merce e si calcolano al momento della dichiarazione doganale. Normalmente sono stabiliti: sul valore della merce in arrivo; sulla quantità o sul peso della merce in arrivo o in modo misto tra i due appena elencati.

Il dazio doganale varia a seconda del tipo di bene importato ed è calcolato in base al suo valore contenuto nella dichiarazione del venditore che solitamente corrisponde alla fattura inviata con il prodotto. Se viene effettuato un controllo e l’impiegato della Dogana dovesse rilevare una non corrispondenza tra quanto pagato e il valore della merce questa sarà rivalutata e il dazio verrà calcolato sulla nuova valutazione. Questa procedura è a discrezione del doganiere, si basa su valutazioni presunte e la scelta dei pacchi che vengono aperti per verificare il contenuto avviene casualmente. In ogni caso, la tassa viene calcolata sul valore della merce comprensiva di spese di spedizione e se queste non sono indicate viene indicato anche in questo caso un valore presunto. Nelle spedizioni con destinazione l’Unione Europea il dazio corrisponde alla Tariffa Integrata Comunitaria (TARIC) che viene calcolata in percentuale secondo le tabelle merceologiche introdotte dal Reg. (CEE) n. 2658/87 alla prima dogana di ingresso nell’Unione. L’importo del dazio (TARIC) è consultabile sul sito dell’Agenzia delle Dogane in Italia.

Come si applicano i dazi tra i vari Paesi? E quando non si applicano?
Nell’Unione Europea vige il principio di libera circolazione delle merci, che comporta tra le altre cose l’eliminazione di qualunque dazio tra gli Stati membri. I 28 Stati membri dell’Unione Europea attuano una politica commerciale comune verso i Paesi c.d. “terzi” (cioè extra Ue), allo scopo di favorire lo sviluppo del commercio mondiale e al contempo l’abolizione progressiva delle limitazioni agli scambi e la riduzione delle barriere tariffarie. In particolare attraiverso la Tariffa Doganale Comune l’UE applica dazi doganali uniformi (i c.d. “dazi convenzionali”) ai prodotti importati dai Paesi terzi indipendentemente dallo Stato europeo di destinazione.

L’applicazione dei dazi nel commercio risale a oltre 2000 anni fa, tuttavia  da molto tempo ormai gli Stati hanno sostituito un impostazione prettamente “protezionistica” ad una economia molto più aperta, cercando dunque di favorire accordi commerciali c.d.”preferenziali” allo scopo di eliminare o ridurre al minimo i dazi applicabili nell’importazione di beni o servizi tra loro. E’ per questo che la mossa di Trump- a suo dire dettata dall’esigenza di proteggere lavoratori e imprese USA-  ha colto di sorpresa l’UE, che ora introduce ritorsioni commerciali per riequilibrarne gli effetti commerciali su larga scala.

Quali sono i principali accordi di libero scambio?
Dal 1947 opera il Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade),accordo internazionale firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra inizialmente da 23 Paesi che negli anni sono diventati oltre 120; nel il WTO, (World Trade Organization ovvero OMC- Organizzazione Mondiale del Commercio) si è sostituito al GATT, con l’obiettivo primario proprio di abolire o ridurre i dazi tra i Paesi firmatari. Ci sono poi trattati bilaterali e multilaterali di libero scambio, tra i quali per esempio il recentissimo CETA,  firmato dall’Unione Europea (e non ancora ratificato da tutti gli Stati membri) con il Canada.

Cosa sono i dazi “antidumping”? Nell’ambito del mercato di un Paese possono essere introdotti anche altri tipi di dazi, tra i quali misure antisovvenzione (nei confronti di importazioni di beni di imprese terze che usufruiscono nel loro Paese di sovvenzioni statali), le misure di salvaguardia (attivate in presenza di grave danno alle imprese comunitarie derivanti da distorsioni del mercato” e appunto i dazi antidumping, misure di difesa commerciale varate nei confronti di importazioni effettuate da parte di imprese di Paesi terzi che vendono prodotti a prezzi inferiori rispetto al prezzo in cui vendono gli stessi prodotti nel loro mercato di origine .

I “perché” della scelta protezionistica di Trump. Il Presidente Trump ha portato dei dati a supporto della sua decisione sostenendo che le politiche di “dumping” dei paesi terzi avrebbero comportato negli ultimi 20 anni un calo dell’occupazione americana del 35% nell’industria dell’acciaio e del 56% in quella dell’alluminio. E, per applicare questi dazi, se è fatto forte di una norma del 1962 (c.d. “National Security Exception”), contenuta nel Trade Expansion Act, che consente  di attivare l’articolo 21 del General Agreement on Tariffs and Trade (Gatt), che a sua volta permette l’imposizione unilaterale di dazi doganali senza chiedere l’autorizzazione al WTO (di cui l’America fa parte) in nome della sicurezza nazionale.Tale norma, in verità, si riferisce a situazione assai più  residuali, tant’è vero che è stata applicata soltanto tre volte: in piena Guerra Fredda, con il boicottaggio da parte del governo USA di prodotti della Cecoslovacchia; nel 1982 , quando vennero introdotti dall’Europa ai danni dell’Argentina, durante la crisi delle Falklands (o Malvine) e nel 1985, quando gli Stati Uniti boicottarono i prodotti del Nicaragua,durante il conflitto con il governo sandinista.

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Riepiloghiamo, avvalendoci delle definizioni riportate nel sito dell’Agenzia della Dogane Italiana, quali sono i REGIMI DOGANALI.

I regimi doganali, ai sensi dell’art. 5, punto 16 del Reg. (UE) 952/2013 (Codice doganale dell’Unione), sono i seguenti:

  • Immissione in libera pratica
  • Regimi speciali (ai sensi dell’art. 210 del citato Reg. (UE) 952/2013)
  • Esportazione

1. Immissione in libera pratica

Con il regime di immissione in libera pratica la merce non comunitaria acquisisce la posizione doganale di merce comunitaria.

Esso presuppone una dichiarazione di vincolo al regime resa presso la dogana d’ingresso nell’Unione Europea.

L’operazione doganale implica le seguenti attività in dogana:

Se la merce viene destinata anche all’immissione in consumo nel territorio dello Stato con l’assolvimento della fiscalità interna, prevista dalla legislazione nazionale, si realizza l’importazione della merce.

Normativa di riferimento:

Art. 4, punto 16 – artt. 79/83 del Reg. (CEE) 2913/1992 (Codice Doganale Comunitario);

Artt. 218, 225, 230, 237 del Reg. (CEE) 2454/93 (Disposizioni d’applicazione del Codice Doganale Comunitario).

2. Regimi speciali

  • Transito
  • Deposito – comprende il deposito doganale e le zone franche (in corso di aggiornamento)
  • Uso particolare – comprende l’ammissione temporanea e l’uso finale
  • Perfezionamento – comprende il perfezionamento attivo e passivo

3. Esportazione

Il vincolo delle merci al regime dell’esportazione è obbligatorio per i casi in cui queste debbano lasciare il territorio doganale della Comunità.

L’esportatore deve presentare le merci e la relativa dichiarazione di esportazione e, ove richieste specifiche autorizzazioni o licenze all’ufficio doganale di “esportazione” che, ai sensi dell’art. 221, p. 2 del Reg. UE 2015/2447 (RE), è l’ufficio doganale competente per il luogo ove l’esportatore è stabilito o le merci sono imballate o caricate per l’esportazione.

La dichiarazione doganale deve essere trasmessa all’ufficio doganale di esportazione in formato elettronico tramite le apposite funzionalità del sistema informatico dell’Agenzia AIDA. Il sistema unionale ECS (Export Control System) gestisce lo scambio di dati tra gli uffici doganali di esportazione e gli uffici doganali di uscita nazionali e unionali. La Fase 1 dell’ECS, avviata a decorrere dal 1° luglio 2007, ha lo scopo di fornire un controllo delle operazioni doganali di esportazione nonché essere lo strumento primario per la certificazione dell’uscita della merce dal territorio doganale dell’Unione sia ai fini doganali che fiscali. La Fase 2 dell’ECS, avviata a decorrere dal 1° luglio 2011, assicura gli adempimenti previsti dalla regolamentazione doganale unionale in materia di “sicurezza”.

L’ufficio di esportazione procede ad accettare la dichiarazione e ad effettuare l’analisi dei rischi ai fini fiscali e di sicurezza. All’operazione è assegnato un numero di riferimento M.R.N (Movement Reference Number).

Espletati tali adempimenti, l’ufficio di esportazione svincola le merci per l’esportazione a condizione che esse lascino il territorio doganale alle stesse condizioni in cui si trovavano quando la dichiarazione di esportazione è stata accettata. Esso, inoltre, consegna all’operatore il Documento di Accompagnamento Esportazione (DAE).

La merce ed il DAE devono essere presentati all’ufficio doganale di uscita che ai sensi dell’art. 329 del RE corrisponde, a parte alcune eccezioni, all’ufficio doganale competente per il luogo da cui le merci lasciano il territorio doganale dell’Unione.

Tale ufficio sorveglia che la merce presentata corrisponda con quella dichiarata, anche sulla base dell’analisi dei rischi, e verifica l’uscita fisica delle merci.

A seguito di ciò l’ufficio doganale di uscita invia il messaggio elettronico “risultati di uscita” tramite il sistema informatico doganale AIDA all’ufficio di esportazione ai sensi di quanto disposto dall’art. 333 del RE. In caso di esito positivo, il messaggio “uscita conclusa” costituisce prova dell’uscita della merce dal territorio doganale dell’Unione. Qualora vi sia il riferimento della conclusione dell’operazione con difformità riscontrate, l’operatore economico dovrà recarsi presso l’ufficio di esportazione per la rettifica della dichiarazione doganale.

Lo stato dell’operazione e, quindi, la presenza del predetto messaggio sono consultabili dagli operatori economici digitando il MRN sul sito dell’Agenzia alla sezione “Tracciamento di movimenti di esportazione o di transito (MRN)”.

Ai sensi dell’art. 335 del RE, la merce svincolata per l’esportazione deve uscire dal territorio doganale dell’Unione entro 90 giorni dalla data dello svincolo.

Gli operatori economici interessati all’operazione di esportazione per la quale è stato concesso lo svincolo sono obbligati a comunicare la mancata uscita della merce all’ufficio di esportazione ai fini dell’annullamento della dichiarazione.

Nel caso in cui la merce sia uscita dal territorio doganale dell’Unione ma non sia presente a sistema alcun messaggio di uscita l’operatore potrà attivare la procedura di ricerca presso l’ufficio doganale di esportazione.

Normativa di riferimento:

Artt. 266-277 del Reg. UE 952/2013 (CDU)

Artt 244-249 del Reg. UE 2015/2446 (RD)

Artt 326-341 del Reg. UE 2015/2447 (RE)

In materia di esportazione e uscita delle merci la Commissione europea e gli Stati membri hanno predisposto delle Linee guida consultabili sul sito internet della Commissione all’indirizzo:

http://ec.europa.eu/taxation_customs/business/union-customs-code/ucc-guidance-documents_en

Disposizioni nazionali e documenti di prassi amministrativa:

Nota n. 70662 del 7 luglio 2016

Circolare n. 8/D del 19 aprile 2016

Circolare n. 18/D del 29 dicembre 2010;

Nota n. 29141/RU del 29 aprile 2010;

Nota n. 166840/RU del 16 dicembre 2009;

Nota n. 17619/RU del 18 febbraio 2009;

Nota n. 88970/RU del 30 giugno 2009;

Nota n. 3028 del 21 luglio 2008;

Nota n. 6661 del 14 novembre 2007;

Nota n. 3945 del 27 giugno 2007;

Nota n.1434 del 3 maggio 2007;

Nota n. 4368 del 26 luglio 2006;

Circolare n. 10/D del 1 marzo 2004;

Circolare n. 75/D del 11 dicembre 2002.

Circolare n. 173/D del 2 luglio 1998. .

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