Polizia posto di blocco
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Guidare con patente speciale un veicolo non adattato, non è equiparabile alla guida senza patente, e l’azienda proprietaria del veicolo non è responsabile per la rivalsa esercitata dalla compagnia assicurativa.

L’essersi posto alla guida di un veicolo non adattato alla situazione fisica di portatore di protesi al braccio, non può in alcun modo ritenersi equiparabile a quella di chi si metta alla guida senza la patente; l’abilitazione alla guida è una valutazione astratta di idoneità che attesta l’esistenza dei requisiti fisici e psichici, ma nulla ha a che vedere con il concreto comportamento del conducente.
Decisione: Sentenza n. 6403/2016 Cassazione Civile – Sezione VI

 

Il caso.

Una compagnia assicurativa esercitava l’azione di rivalsa e chiamava in giudizio, per risarcimento del danno patito dai terzi trasportati, gli eredi del conducente morto nel sinistro, e la società (presumibilmente in qualità di proprietaria del veicolo).

Secondo la compagnia «La domanda si fondava sulla mancata operatività della garanzia assicurativa, poiché il conducente, portatore di protesi al braccio destro e titolare di patente speciale, guidava, secondo la società attrice, un’autovettura priva degli adattamenti previsti obbligatoriamente a carico del conducente dalla patente stessa».

Nel costituirsi in giudizio, i convenuti hanno eccepito in via preliminare la prescrizione del diritto, e nel merito hanno chiesto il rigetto della domanda.

In primo grado il Tribunale condanna i convenuti a rimborsare oltre 400mila euro alla compagnia; in appello la decisione viene ribaltata, e la compagnia assicurativa viene condannata a pagare le spese dei due gradi di giudizio.

Infatti, la Corte d’appello ha ritenuto che «il Tribunale avesse erroneamente equiparato l’omesso adattamento tecnico della vettura alla mancata abilitazione alla guida del conducente, così considerando perfezionata la corrispondente condizione ostativa alla copertura assicurativa, di cui all’art. 2 delle condizioni generali del contratto».

La compagnia ricorre in Cassazione con un unico motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 125, comma 2, nonché dell’art. 116, comma 5, cod. strada nel testo vigente all’epoca dei fatti, in relazione all’art. 18 della legge n. 990 del 1969, all’art. 1362 cod. civ. ed all’art. 2 delle condizioni generali di assicurazione.

Ma la Suprema corte di legittimità ritiene il ricorso infondato.
La decisione.
Mentre la compagnia partiva dal presupposto che la guida di una vettura priva degli adattamenti imposti dalla patente sia equiparata ad una sorta di guida senza patente, per la Corte d’Appello il conducente del veicolo era titolare di regolare patente di guida, anche se speciale, funzionale all’utilizzo di un’autovettura munita degli adattamenti prescritti nella patente speciale.

Prima di tutto, la Cassazione rileva che la sentenza impugnata non ha dato conto della effettiva dimostrazione che la vettura fosse sprovvista dei supporti richiesti, né erano state sollevate eccezioni circa la mancata ammissione delle prove in ordine a questo punto.

Quindi osserva che «questa Corte ha affermato che, in tema di assicurazione della responsabilità civile, derivante dalla circolazione di veicoli a motore, la previsione di una clausola di esclusione della garanzia assicurativa per i danni cagionati dal conducente non abilitato alla guida non è idonea ad escludere l’operatività della polizza ed il conseguente obbligo risarcitorio dell’assicuratore, se detto conducente, legittimamente abilitato alla guida, abbia omesso di rispettare prescrizioni e cautele imposte dal codice della strada. Infatti, per mancanza di abilitazione alla guida deve intendersi l’assoluto difetto di patente, ovvero la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di validità e di efficacia della stessa (sospensione, revoca, decorso del termine per la conferma, sopravvenienza di condizioni ostative); ne deriva che, ove esista un’abilitazione alla guida, l’inosservanza di prescrizioni o limitazioni, eventualmente imposte dal legislatore, non si traduce in una limitazione della validità od efficacia del titolo abilitativo, ma integra un’ipotesi di mera illiceità alla guida (sentenza 25 maggio 2010, a 12728, confermata dalla sentenza 25 settembre 2014, n. 20190).

E che la guida di un veicolo diverso da quello adattato alla specifica mutilazione o rninorazione del conducente non sia equiparabile ad una guida senza patente è indirettamente confermato anche dall’art. 125, comma 4, del codice della strada, che prevede per questo caso una sanzione amministrativa pecuniaria e neppure il ritiro della patente stessa».

Pertanto, la Corte di Cassazione non ritiene ravvisabile alcuna delle prospettate violazioni di legge, e così precisa nelle proprie conclusioni: «La clausola contrattuale richiamata dalla società ricorrente e trascritta nel ricorso prevede una formula ampia e generica, come risulta dalla dicitura «l’assicurazione non è operante se il conducente non è abilitato alla guida a norma delle disposizioni in vigore». Ciò comporta che la situazione lamentata dalla ricorrente — cioè l’essersi posto alla guida di un veicolo non adattato alla sua situazione fisica di portatore di protesi al braccio — non può in alcun modo ritenersi equiparabile a quella di chi si metta alla guida senta la patente, avvicinandosi piuttosto ad altre situazioni (quale, ad esempio, l’essersi posto alla guida senza lenti, avendone l’obbligo). D’altronde l’abilitazione alla guida è una valutazione astratta di idoneità che attesta l’esistenza dei requisiti fisici e psichici, ma nulla ha a che vedere con il concreto comportamento del conducente. E comunque, se pure sussistesse un dubbio, la clausola predisposta dalla società di assicurazione dovrebbe essere interpretata contra stipulatorem (art. 1370 cod. civ.)».
Osservazioni.

 

La Corte di Cassazione ribadisce che l’abilitazione alla guida è una valutazione astratta di idoneità, e nulla ha a che vedere con il concreto comportamento del conducente: per mancanza di abilitazione alla guida, deve intendersi l’assoluto difetto di patente, mentre l’inosservanza di prescrizioni o limitazioni integra una mera illiceità alla guida.

Precisa ulteriormente che nel caso di clausole di dubbia interpretazione, debbano essere interpretate contro la compagnia in virtù della disposizione dell’art. 1370 codice civile.

Questa ultima disposizione, che non viene sicuramente evidenziata dalle compagnie assicurative, è troppo spesso ignorata dai legali che tutelano gli assicurati o i beneficiari della garanzia assicurativa: è bene tenerla a mente e ricordarla sia in sede di mediazione, che in occasione delle eventuali controversie, portandola opportunamente all’attenzione dell’organo giudicante.
Disposizioni rilevanti.
Codice Civile

Art. 1362 – Intenzione dei contraenti

Nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.

Art. 1370 – Interpretazione contro l’autore della clausola

Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro.
LEGGE 24 dicembre 1969, n. 990

Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti

Vigente al: 7-4-2016

Art. 18

PROVVEDIMENTO ABROGATO DAL D. LGS. 7 SETTEMBRE 2005, N. 209

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