Di Stefano Nespor. Shree Cement, una società indiana, ha messo a punto un processo di produzione di cemento che è all’avanguardia nel mondo: utilizza un innovativo sistema di raffreddamento ad aria sicché è necessario un ridotto quantitativo di acqua per ottenere il cemento. È ideale per tutti i luoghi dove c’è scarsità d’acqua e l’acqua risparmiata resta nella disponibilità degli agricoltori. Restando in tema, Manila Water, una società che eroga acqua potabile in una vasta area delle Filippine, in poco più di 10 anni ha ridotto la dispersione d’acqua provocata da guasti e dispersione e soprattutto da prelievi illegali dal 63% al 12%: il risultato è stato ottenuto riducendo il prezzo delle forniture e estendendo quindi il servizio a migliaia di famiglie povere. Broad Group, una società cinese che produce condizionatori, ha progettato una rete che raccoglie, invece che lasciare che si disperda nell’ambiente, il calore generato dai condizionatori e lo convoglia quale per energia per i propri macchinari. Sono pochi esempi tratti dall’elenco stilato dal World Economic Forum insieme al Boston Consulting Group di imprese che, ovunque nel mondo, trasformano i tradizionali vincoli del processo produttivo in nuove opportunità di mercato, tutte con la caratteristica di produrre nello stesso tempo anche vantaggi all’ambiente.
Sono tutti esempi di “crescita verde”, la green growth che da alcuni anni è oggetto di dibattito a livello globale: già nel 2009 una Dichiarazione sulla crescita verde sottoscritta da tutti i paesi aderenti all’OCSE indicò che green e growth, la tutela dell’ambiente e lo sviluppo, possono procedere congiuntamente; la Dichiarazione fu alla base della Green Growth Strategy annunciata dall’OCSE nel 2011.
E proprio la crescita verde costituisce uno dei temi centrali della Conferenza di Rio Rio+20 attualmente in corso.
L’ OCSE definisce la crescita verde come lo strumento per favorire lo sviluppo economico e, nel contempo, garantire che i beni naturali – l’acqua, l’energia, l’agricoltura e le risorse naturali in genere – continuino a fornire ciò di cui l’umanità ha bisogno. La transizione alla crescita verde è un passo necessario: non si può pensare di continuare come si è sempre fatto, come hanno fatto le società occidentali per giungere all’attuale livello di benessere, privilegiando la crescita e trascurando l’ambiente. Se anche i paesi oggi emergenti adottano questi stessi criteri, pensando oggi a crescere e rimandando a domani le preoccupazioni ambientali, il mondo esaurirà in breve tempo le possibilità di fornire quei “servizi” – energia, cibo, acqua – di cui l’accresciuta popolazione mondiale avrà bisogno.
Certamente, questo comporta che i paesi oggi in via di sviluppo e i paesi emergenti – i cosiddetti BRICS, Brasile Russia, India, Cina e Sud Africa, cui però altri debbono aggiungersi, tra cui Corea e Indonesia – non possono seguire la via più semplice, seguita dai paesi ricchi in passato, consistente nello sfruttamento delle risorse naturali senza badare alle conseguenze. Debbono trovare un altro percorso di sviluppo. Ma è questa l’unica possibilità, ed anche la grande occasione, di evitare di adottare sistemi di produzione e modelli di consumo ambientalmente non sostenibili. Con il vantaggio, rispetto ai paesi già industrializzati, di non trovarsi vincolati da investimenti effettuati in passato che oggi impediscono o rendono troppo gravoso il salto verso scelte innovative.
È quindi proprio da ciò che accadrà nei prossimi anni nei paesi emergenti che deciderà il futuro della crescita verde ed anche le ciance di sostenibilità ambientali del pianeta.