di Dario Immordino. I costi di acquisizione di beni e servizi costituiscono uno dei profili nevralgici della spesa pubblica: nonostante i vincoli sempre più stringenti imposti negli ultimi anni dalla legislazione statale, le pronunce e deliberazioni della Corte dei conti continuano a segnalare diffuse sacche di spreco ed inefficienza.
Constatata la difficoltà delle amministrazioni decentrate di eliminare autonomamente gli eccessi di spesa, gli obiettivi di contenimento e riqualificazione degli oneri di approvvigionamento sono stati perseguiti attraverso l’imposizione a regioni ed enti locali del processo cd di spending review e di misure dirette a ridurre i costi unitari e razionalizzare le procedure di acquisto di beni e servizi attraverso la estensione del cd sistema Consip, lo sviluppo di modelli di approvvigionamento basati sugli strumenti di e-procurement come le convenzioni, gli accordi quadro, il mercato elettronico, il dialogo competitivo, le aste elettroniche, il sistema dinamico di acquisizione, il sistema a rete delle centrali di acquisto regionali.
In particolare agli enti locali con meno di 5.000 abitanti è stato imposto l’obbligo di ricorrere alle centrali di committenza costituite mediante unioni di comuni o consorzi, o “in alternativa” al mercato elettronico della pubblica amministrazione per tutti gli approvvigionamenti, indipendentemente dall’ammontare, mentre per i comuni di dimensione demografica superiore è stata è stata introdotta una disciplina diversificata in ragione dell’importo degli acquisti: ricorso obbligatorio al mercato elettronico per gli acquisti cd sotto soglia e libertà vigilata per quelli di rilievo comunitario, (possibilità di aderire alle convenzioni previste dall’art. 26, c.3, legge 488/1999 stipulate dalla Consip o dalle centrali di committenza regionali, e obbligo comunque di utilizzare “i parametri di prezzo-qualita’” previsti da dette convenzioni come limiti massimi per la stipulazione dei contratti).
Inoltre tutte le amministrazioni pubbliche (compresi quindi gli enti locali di qualsiasi “taglia” demografica) sono tenute a ricorrere agli strumenti di approvvigionamento e di negoziazione messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali per gli acquisti di energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile.
Ai sensi dell’art. 1 – comma 450 – della legge finanziaria 2007, come novellato dall’art. 7 – comma 2 – del D.L. 52/2012 conv. in L. 94/2012 e dall’art 1 – comma 149 – della L. 228/2012, “fermi restando gli obblighi e le facoltà” concernenti gli approvvigionamenti attraverso le convenzioni quadro e quelle stipulate da Consip e dalle centrali regionali, anche le amministrazioni locali “ per gli acquisti dì beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi del medesimo articolo 328 ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure”.
I contratti stipulati in violazione degli obblighi di legge sono nulli e costituiscono illecito disciplinare e fonte di responsabilità amministrativa. Ai fini della determinazione del danno erariale “si tiene anche conto della differenza tra il prezzo, ove indicato, dei detti strumenti di acquisto e quello indicato nel contratto”.
Ne è derivato un articolato quadro normativo, reso ancora più complesso dall’intreccio con la disciplina sulla gestioni associate, che ha prodotto una diffusa incertezza tra funzionari ed amministratori pubblici in ordine ai presupposti per il ricorso ai diversi strumenti e procedure ed ai criteri di scelta delle modalità di acquisto.
Alla soluzione di simili complesse questioni hanno notevolmente contribuito le sezioni di controllo della Corte dei conti, nell’esercizio della funzione consultiva di cui all’art 7, comma 8, della legge 131/2003. Con il parere 23 aprile 2013, n. 165, ad esempio, la sezione Lombardia ha chiarito la portata dell’obbligo di ricorrere al mercato elettronico per i piccoli (e piccolissimi) comuni e definito i loro margini di autonomia in merito alla scelta tra le diverse tipologie di mercato elettronico ed alle modalità di approvvigionamento per gli acquisti in economia.
La deliberazione prende le mosse dalla delineazione del quadro normativo di riferimento ed in particolare dall’articolo 33, comma 3 bis, del d.lgs. n. 163/2006, che ha introdotto a carico degli enti con meno di 5.000 abitanti l’obbligo di ricorrere alle centrali di committenza, facendo salva tuttavia la possibilità di avvalersi “in alternativa”, degli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, ivi comprese le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 ed il mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 328 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207”.
Viene altresì richiamato l’obbligo di fare ricorso, per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, al mercato elettronico gestito dalla Consip, a quello realizzato dalla stessa stazione appaltante o a quello attivato dalle centrali di committenza di riferimento di cui all’art. 33 cod. contr., salva in ogni caso la facoltà di ricorrere alle convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488..
Posta quindi la possibilità di scegliere tra diverse tipologie di mercato elettronico, la Corte rileva tuttavia che “il ricorso a un mercato elettronico diverso da quello gestito direttamente dalla CONSIP appare una modalità alternativa di adempimento rispetto a un obbligo primario direttamente comminato dalla legge, con la conseguenza che troverà applicazione per le operazioni in tal senso non concluse dagli enti locali la nullità c.d. testuale o espressa comminata dal legislatore ai sensi dell’art. 1418, comma 3, c.c. (in tal senso sez. contr. Marche, deliberazione 29 novembre 2012 n. 169; sez. contr. Lombardia, deliberazione n. 89/PAR/2013)”.
Il parere chiarisce inoltre che il ricorso ad un’unica centrale di committenza è obbligatorio per tutte le procedure concorsuali relative ad appalti di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria nonché per gli acquisti in economia di importo superiore ad € 40.000,00 mediante cottimo fiduciario; mentre gli approvvigionamenti – mediante la stessa procedura – di importo inferiore e quelli mediante amministrazione diretta sono sottratti all’obbligo di acquisto aggregato.
Ciò perché il ricorso alle centrali di committenza è stato imposto in relazione alle “gare bandite” successivamente ad un certo termine, e di conseguenza può trovare applicazione esclusivamente con riguardo alle procedure che richiedono una valutazione comparativa come, appunto, l’affidamento mediante cottimo fiduciario di lavori, servizi o forniture di importo pari o superiore ad € 40.000,00, che, ai sensi dell’art. 125 del codice dei contratti “avviene nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei, individuati sulla base di indagini di mercato ovvero tramite elenchi di operatori economici predisposti dalla stazione appaltante” (commi 8 e 11).
Per importi inferiori a tale soglia, invece, “è consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento”, così come avviene normalmente per l’ipotesi dell’amministrazione diretta.
Sicché, atteso che sia le procedure in amministrazione diretta che quelle esperite mediante cottimo fiduciario per l’approvvigionamento di lavori servizi forniture di sotto dei 40.000,00 non richiedono l’espletamento di alcuna gara, in relazione a tali forme di approvvigionamento non trova applicazione l’obbligo del ricorso alla centrale di committenza.
Ciò non significa però che gli acquisti in economia siano del tutto esentati dall’ottemperanza alle misure di contenimento e razionalizzazione della spesa dato che, a decorrere dal 9 maggio 2012, il ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici…” è previsto “per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario” senza alcuna deroga eccezione o limitazione.
L’espressione usata dal legislatore è talmente ampia da ricomprendere tutte le fattispecie al di sotto di detta soglia, e quindi anche gli acquisti in economia, per i quali si potrà, pertanto, prescindere dai mercati elettronici solo nell’ipotesi di non reperibilità di beni e servizi necessitati.
D’altra parte a questa conclusione induce anche la constatazione che l’ art. 328 del Regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici prevede (comma 4, lettera b) la possibilità di acquistare sul mercato elettronico ricorrendo alle procedure in economia, “ovviamente entro i limiti di prezzo e quantità previsti da tali norme e nel rispetto degli autovincoli imposti a sé stessa dall’amministrazione medesima”.
La possibilità di ricorrere procedure autonome al di fuori di tali mercati è pertanto limitata alle ipotesi in cui i beni o servizi necessari all’amministrazione non siano disponibili presso il mercato elettronico o quelli ivi reperibili si rivelino inidonei rispetto alle esigenze dell’ente.
A tal fine, però, non basta una generica affermazione di “esito negativo della ricerca”. Per evitare indebite elusioni dell’obbligo di ricorrere al mercato elettronico, infatti, la Corte richiede una dimostrazione della effettiva impossibilità di approvvigionarsi presso il mercato elettronico, e circonda di apposite garanzie l’iter procedurale prescritto per il perfezionamento degli acquisti da parte delle pubbliche amministrazioni.
In particolare nella fase amministrativa di determinazione a contrarre, l’ente, da un lato, dovrà evidenziare le caratteristiche tecniche necessarie del bene e della prestazione, e successivamente dovrà dimostrare di averne accertato l’effettiva indisponibilità sui mercati elettronici e, ove necessario, dovrà adeguatamente motivare in ordine alla non equipollenza/sostituibilità con altri beni/servizi presenti sui mercati elettronici.
In difetto di siffatta rigorosa verifica l’avvenuta acquisizione di beni e servizi, secondo modalità diverse da quelle previste dal novellato art. 1 comma 450, da parte di comuni di qualsivoglia dimensione demografica, nella ricorrenza dei presupposti per il ricorso al MEPA, inficierà il contratto stipulato ai sensi del disposto di cui all’art. 1 comma 1 L. 135/ 2012 comportando le connesse responsabilità.