Con singolare tempismo il colosso petrolifero russo Gazprom ha annunciato oggi di aver prodotto le prime quantità commerciabili di petrolio dalla controversa piattaforma di trivellazione Prirazlomnaya nel mare della Pechora. Per Greenpeace ormai quello nell’Artico è solo un disastro annunciato.
La piattaforma Prirazlomnaya è stata al centro della protesta di Greenpeace dello scorso settembre che ha portato all’arresto e all’incarcerazione di 28 attivisti e due giornalisti freelance. Gli Arctic30 sono stati inclusi nell’amnistia adottata dal Parlamento russo lo scorso mercoledì.
“Questa è una giornata buia per l’Artico. Gazprom è la prima compagnia a estrarre petrolio dalle acque ghiacchiate dell’Artico e i suoi precedenti nelle trivellazioni terrestri sono preoccupanti” afferma Faiza Oulahsen, attivista olandese degli Arctic30. “È impossibile credere che l’azienda possa trivellare in condizioni di sicurezza in una delle più belle e fragili regioni della Terra. Questo è il motivo per il quale ho trascorso gli ultimi due mesi della mia vita in prigione ma sono solo una delle milioni di persone che si oppongono a questa folle corsa all’oro nero. È singolare che proprio ora che torniamo a casa Gazprom avvii la produzione, ma questo non ci dissuaderà dal continuare la nostra battaglia per salvare l’Artico. Abbiamo scoperto quantità di petrolio ben superiori a quelle che dovremmo estrarre se vogliamo fermare i cambiamenti climatici”.
L’Artico è uno degli ambienti più difficili che si possano immaginare. Temperature gelide, ghiacci,mesi di completo buio, tempeste e venti forti mettono a rischio qualsiasi operazione delle compagnie petrolifere. Non c’è alcun metodo sperimentato di ripulire una fuoriuscita di petrolio nel ghiaccio e perfino un piccolo incidente avrebbe conseguenze devastanti sul fragile ecosistema artico.
Gazprom ha firmato anche un accordo con Shell nonostante nei precedenti tentativi della compagnia anglo-olandese in Alaska si siano verificati diversi incidenti e violazioni delle misure di sicurezza. La partnership rappresenta sicuramente un pessimo affare per gli investitori di Shell e per l’ambiente.