di Ruggero Tumbiolo. Il 7 giugno 2012 sono state depositate le motivazioni dell’ordinanza del 22 maggio 2012, con la quale la Corte Costituzionale, esaminando la questione di legittimità costituzionale sollevata dai Tribunali di Firenze, Catania e Milano relativamente al divieto di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo sancito dalla legge 19 febbraio 2004, n. 40, ha restituito gli atti ai giudici rimettenti per una nuova valutazione.
Sull’argomento si è recentemente soffermato l’articolo di Stefano Rodotà pubblicato su questo quotidiano: «Fecondazione Assistita – Lo spiraglio della Corte», al quale si rinvia per gli approfondimenti del caso.
Le ragioni della restituzione degli atti sono collegate alla sopravvenienza della sentenza della Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre 2011, sulla stessa tematica.
All’origine dell’intervento della Grande Camera vi è un ricorso proposto avanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel maggio del 2000 da quattro cittadini austriaci contro la Repubblica d’Austria, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Convenzione CEDU).
I cittadini austriaci ritenevano che il divieto di tecniche eterologhe di procreazione artificiale per la fecondazione in vitro, stabilito dalla legge austriaca sulla procreazione assistita, avesse violato i loro diritti garantiti dall’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e famigliare) in combinato disposto con l’articolo 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione CEDU.
Con sentenza in data 1 aprile 2010, la Prima Sezione della Corte di Strasburgo aveva concluso che vi era stata violazione dell’articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con l’articolo 8.
La Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – alla quale, ai sensi dell’art. 43 della Convenzione CEDU, era stato deferito il caso già deciso dalla Prima Sezione della stessa Corte con la citata sentenza in data 1 aprile 2010 – si è pronunciata diversamente sul principio enunciato dalla Prima Sezione ed ha escluso la denunciata violazione della Convenzione CEDU.
Ora, secondo la Corte Costituzionale, la diversa pronuncia della Grande Camera in ordine all’interpretazione accolta dalla sentenza della Prima Sezione – espressamente richiamata dai giudici rimettenti ed intervenuta all’interno dello stesso giudizio nel quale è stata resa quest’ultima decisione – incide sul significato delle norme convenzionali (così come interpretate dalla Corte di Strasburgo) considerate dai giudici che hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale e costituisce una novità che influisce direttamente su detta questione: di qui la necessità di restituire gli atti ai giudici rimettenti affinché procedano ad un rinnovato esame dei termini delle questioni.