In zona sismica, in assenza dell’autorizzazione e in violazione delle prescrizioni tecniche, può commettere il reato, di cui all’art. 93 d.P.R. n. 380/01, anche il titolare della ditta chiamata ad eseguire opere edilizie, in quanto destinatario diretto del divieto di esecuzione dei lavori. (Cass. sez. III, 20/12/2011-20/02/2012 n. 6675; Cass. sez. VI, 4/07/2008 n. 35298; Cass. sez. III, 24/05/2007 n. 35387; Cass. sez. III, 6/6/2003 n. 33558). Fattispecie: l’appaltatore in concorso con altri soggetti (i proprietari committenti, nonché il direttore dei lavori) veniva condannato quale esecutore dei lavori (opere edilizie) in zona sismica senza preventivo avviso alle competenti autorità.
FATTO: Con sentenza del 28 giugno 2011 il Tribunale di Agrigento, sezione distaccata di Licata, dichiarava L. I. G. responsabile del reato di cui agli articoli 110, 61 n.2 c.p., 93 e 95 d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 perché in concorso con altri soggetti (i proprietari committenti, nonché il direttore dei lavori) quale esecutore dei lavori realizzava opere edilizie in zona sismica senza preventivo avviso alle competenti autorità, e lo condannava, concesse le attenuanti generiche, alla pena di euro 1000 di ammenda. Contro la sentenza proponeva ricorso l’imputato proponendo due motivi. Il primo motivo denuncia violazione dell’articolo 93 d.p.r. 380/2001 che è reato a soggettività ristretta, non ascrivibile all’appaltatore o al prestatore di lavoro ma solo a chi abbia la disponibilità dell’immobile. Essendo il ricorrente l’appaltatore doveva essere assolto perché il fatto non sussiste. Il secondo motivo, proposto in subordine, denuncia violazione dell’articolo 163 c.p. per avere il giudice applicato la sospensione condizionale della pena: essendo stata applicata la pena pecuniaria, la sospensione condizionale è sfavorevole al condannato perché in futuro non potrà più goderne; considerate inoltre la pochezza dell’abuso, la sua sanatoria e il pagamento della sanzione al Comune di Licata, la sospensione della pena è sproporzionata.
DIRITTO: Il ricorso sul primo punto è stato considerato parzialmente fondato. Infatti, il primo motivo adduce che, in quanto appaltatore, il ricorrente avrebbe dovuto essere assolto dal reato di cui all’articolo 93 d.p.r. 380/2001 trattandosi di reato a soggettività ristretta. Mentre il secondo motivo è stato accolto in toto. Citando la consolidata giurisprudenza in materia che riconosce al condannato a pena pecuniaria condizionalmente sospesa in difetto anche di sua specifica richiesta la legittimazione a impugnare la sentenza per ottenere la revoca del beneficio, giacché in concreto questo provoca la lesione di un suo interesse giuridico qualificato, in quanto l’iscrizione di condanna a pena pecuniaria condizionalmente sospesa, ex articolo 687 c.p.p., non può essere eliminata dal casellario giudiziale (Cass. sez.III, 13 aprile 2012 n. 24356; Cass. sez.I, 18 febbraio 2009 n. 13000; Cass. sez.I, 9 gennaio 2001 n. 9515). Ne consegue che la sentenza, in accoglimento del motivo, deve essere annullata nella parte in cui dispone la sospensione condizionale della pena, rigettando per il resto il ricorso.
Così la sentenza oggetto di impugnazione è stata annulla senza rinvio limitatamente alla sospensione condizionale della pena che elimina.
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