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Esclusa la cessione di azienda per la vendita di singoli beni tra loro non coordinati e organizzati.

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In tema di cessione di azienda, anche se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente la costituiscono, nel complesso di quelli ceduti deve permanere un residuo di organizzazione che dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario.

 

Decisione: Sentenza n. 9575/2016 Cassazione Civile – Sezione V

 

L’Agenzia delle entrate notificava avvisi di accertamento a due società: una venditrice e l’altra acquirente di cessione di macchinari, sul rilievo che fosse configurabile una cessione di azienda. Le due società proponevano ricorso, ma la Commissione Tributaria Provinciale li respingeva. Le società proponevano appello e la C.T.R. li accoglieva annullando l’impugnata sentenza. Le società facevano parte di uno stesso gruppo: la prima si occupava della produzione di serramenti e profilati di alluminio coperti da brevetto, mentre la seconda commercializzava profilati di alluminio.

Tra le due società veniva ceduta una vecchia pressa dismessa anni prima, previa ristrutturazione dell’impianto elettrico ed idraulico.

Contestualmente la cedente (che poteva acquistare altri macchinari a condizioni economiche particolarmente favorevoli), aveva acquistato le altre apparecchiature che aveva ceduto all’altra società senza averle mai impiegate nella propria attività produttiva.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato a due motivi, ricorso che viene rigettato.

 

La decisione.
La Cassazione espone i due motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, che «deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 2555 cod. civ., 20 e 40 d.p.r. 131/86. Sostiene la ricorrente che la CTR non ha considerato che per la cessione dell’azienda è sufficiente che il complesso dei beni trasferiti, anche se momentaneamente inutilizzato, mantenga una potenzialità produttiva o ne presenti una nuova a seguito di prevedibili ristrutturazioni, non essendo condizionata, la cessione d’azienda, all’attualità della gestione ella stessa. Infatti è sufficiente che il complesso sia caratterizzato dall’obiettiva attitudine all’esercizio dell’impresa e, cioè, a realizzare la finalità cui quella organizzazione tende», nonché «insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’articolo 360, numero 5, cod. proc. civ., poiché la CTR non ha esaminato se il complesso dei beni ceduti fosse legato da una relazione strutturale che denotasse una potenzialità produttiva e l’obiettiva attitudine all’esercizio dell’impresa, essendosi invece limitata apoditticamente ad escluderla dando rilievo a circostanze irrilevanti, quali la mancata determinazione del valore di avviamento o la mancata diminuzione del volume d’affari della cedente».

La Suprema Corte ritiene i due motivi infondati, e si richiama al principio già espresso dalla Corte di legittimità, secondo cui «deve intendersi come cessione di azienda il trasferimento di un’entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità e consenta l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obbiettivo; occorre, dunque, la valutazione complessiva di una pluralità di elementi, tra loro in rapporto di interdipendenza in relazione al tipo di impresa, consistenti nell’eventuale trasferimento di elementi materiali o immateriali e del loro valore, nell’avvenuta riassunzione in fatto della maggior parte del personale da parte della nuova impresa, dell’eventuale trasferimento della clientela, nonché del grado di analogia tra le attività esercitate prima o dopo la cessione».

E precisa meglio: «Vero è che l’ipotesi della cessione di azienda ricorre anche nel caso in cui il complesso degli elementi trasferiti non esaurisca i beni costituenti l’azienda o il ramo ceduti e, tuttavia, per la ricorrenza di detta cessione è indispensabile che i beni oggetto del trasferimento conservino un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine, sia pure con la successiva integrazione del cessionario, all’esercizio dell’impresa. Si deve, quindi, verificare che si tratti di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività dì impresa, di per sè idoneo a consentire l’inizio o la continuazione di quella determinata attività».

Il Collegio sottolinea la necessità dell’accertamento da parte del giudice del merito della situazione in concreto: «Si può, perciò, affermare che, se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda, deve tuttavia appurarsi che nel complesso di quelli ceduti permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario ( Cass. n. 21481 del 09/10/2009; Cass. n. 1913 del 30.1.2007)».

Accertamento che ha portato, nel caso di specie, ad escludere tale attitudine; infatti: «Nel caso di specie, la CTR ha rilevato che non era possibile cogliere un coordinamento ed un’organizzazione dei beni ceduti tale da poter affermare che l’insieme degli stessi avesse conservato, nel trasferimento, una propria identità».

Il ricorso viene pertanto rigettato.

 

Osservazioni.
Sebbene il caso esaminato dalla Cassazione riguardi l’imposta di registro, le argomentazioni in merito alla configurabilità di cessione di azienda o di ramo d’azienda sono pienamente applicabili agli altri tributi e agli aspetti civilistici.

 
Disposizioni rilevanti.
Codice civile

TITOLO VIII – DELL’AZIENDA

CAPO I – Disposizioni generali

Art. 2555 – Nozione

L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 aprile 1986, n. 131

Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro

Vigente al: 19-11-2016

Art. 20 – Interpretazione degli atti

1. L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.

Art. 40 – Atti relativi ad operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto

1. Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa. Si considerano soggette all’imposta sul valore aggiunto anche le cessioni e le prestazioni per le quali l’imposta non è dovuta a norma dell’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quelle di cui al sesto comma del successivo art. 21, ad eccezione delle operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10, numeri 8), 8 bis) e 27-quinquies) dello stesso decreto nonché delle locazioni di immobili esenti ai sensi dell’articolo 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e dell’articolo 10, secondo comma, del medesimo decreto n. 633 del 1972.

1-bis. Sono soggette all’imposta proporzionale di registro le locazioni di immobili strumentali, ancorché assoggettate all’imposta sul valore aggiunto, di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e le cessioni, da parte degli utilizzatori, di contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto immobili abitativi e strumentali, anche da costruire ed ancorché assoggettati all’imposta sul valore aggiunto, di cui all’articolo 10, primo comma, numeri 8-bis) e 8-ter) , del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.

2. Per le operazioni indicate nell’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’imposta si applica sulla cessione o prestazione non soggetta all’imposta sul valore aggiunto.

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