Greenpeace Enel il sito da chiudere
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Greenpeace Enel il sito da chiudere
Greenpeace Enel il sito da chiudere

La chiusura del sito web e tanti, tanti soldi, sono le richieste di Enel a Greenpeace Italia per la campagna contro l’inquinamento da carbone che ha messo nel mirino le centrali dell’ex monopolio di Stato.

Le richieste economiche di Enel al giudice di Roma sono: di condannare Greenpeace al pagamento di 10 mila euro per ogni giorno di inesecuzione delle eventuali disposizioni inibitorie e mille euro per ciascun militante che dovesse proseguire sulla via della contestazione. L’importo della causa – scrivono gli stessi legali di Enel – resta indeterminato ma già nel 2009 era arrivata a Greenpeace Italia una lettera con richiesta di risarcimento da 1,6 milioni per le azioni contro le centrali a carbone del gruppo dal 2006 al 2009.

Inoltre, Enel chiede al Giudice di inibire a Greenpeace la diffusione dei messaggi della campagna mediatica di mobilitazione “Bollette sporche” che è partita a maggio per contestare a Enel le sue presunte responsabilità come “primo killer del clima”. La società di energia elettrica, chiedi di bloccare anche il video del 28 maggio che spiega perché, di oscurare il sito dedicato (www.facciamolucesuenel.org) , di sequestrare le t-shirt, i volantini, i fac-simile di bolletta spediti a 100 mila cittadini per informarli e sensibilizzarli. Nella richiesta di censura finisce anche il videoclip della canzone “E’ nell’aria” di Adriano Bono & Torpedo Sound Macine e Meganoidi utilizzata come colonna sonora della campagna.

La citazione con le richieste è stata depositata la scorsa settimana al Tribunale di Roma, Enel chiede al giudice di prendere provvedimenti urgenti per sospendere “l’attivismo di Greenpeace che è andato degenerando oltre la legittima manifestazione del pensiero e concretandosi in una aggressione di insusitata, ingiustificata e intollerabile violenza diffamatoria”. Tali da offendere decoro e immagine della società. L’udienza è fissata per martedì mattina alle 11.30 alla prima sezione civile del tribunale di Roma.

Greenpeace in diversi comunicati ha già fatto sapere che non arretrerà di un millimetro: “Se pensano che ci faremo intimidire sbagliano noi continuiamo aspettando ovviamente di sapere cosa dirà il giudice perché la causa inizia adesso, non finisce. Il giudice nel giro di qualche giorno prenderà misure di cautela, vedremo quali. Però questo non ci impedirà di continuare, magari usando altri canali e strumenti. Nel caso faremo una strategia di contro attacco dove i contenuti saranno riproposti in altri modi, forme e canali. Ma sarà ancora più pesante”.

“Noi siamo piccoli – scandisce il direttore GP Onufrio – e i piccoli devono gridare più forte per farsi sentire. A volte si perde e a volte si vince ma come attivisti non ci spaventiamo. L’insegnamento di Gandhi è la nostra guida: “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci”. Ultimamente abbiamo avuto diversi decreti penali di condanna – che convertono in sanzione pecuniaria pene detentive – e ovviamente ci opponiamo ogni volta e andiamo a processo anche per affermare un principio: gli attivisti di Greenpeace non sono dei criminali”.

Enel, killer del clima? “Sì, le emissioni dalle centrali a carbone Enel hanno un impatto sanitario dell’ordine di un morto al giorno, 366 l’anno per la precisione”. Il calcolo si basa sulla proiezione alle centrali Enel dei parametri usati negli studi sulla “mortalità in eccesso” lo scorso novembre dall’Agenzia Europea per l’Ambiente sulle emissioni in atmosfera delle 20 centrali più inquinanti d’Europa. Ad adattare la metodologia dell’EA al parco termoelettrico di Enel è stato l’istituto olandese Somo. Nel rapporto si legge che “le morti premature associabili alla produzione di energia da fonti fossili di Enel per l’anno 2009 in Italia sono 460. I danni associati a queste stesse emissioni sono stimabili come prossimi ai 2,4 miliardi di euro. La produzione termoelettrica da carbone costituisce una percentuale preponderante di questi totali: a essa sono ascrivibili 366 morti premature, per quell’anno, e danni per oltre 1,7 miliardi di euro. Sul suo primato c’è ormai poco da dire. Per dati di emissione di anidride carbonica è in assoluto la prima azienda in Italia, ma è perfino in controtendenza perché le emissioni italiane nel 2011 sono scese e quelle dell’Enel sono aumentate. E la stessa cosa succede in Europa dove Enel ha visto aumentare le sue emissioni di CO2 dal 2010 al 2011 da 68 a 78 milioni di tonnellate. Ora il fatto che abbiamo fatto una campagna, che è l’altra contestazione che ci muovono, è che Enel non solo ha la maggior parte delle centrali relativamente all’impatto sanitario che calcolato solo sulle centrali a carbone gli altri operatori Enel conta per circa il 64% quindi è di gran lunga l’operatore più importante, non solo Enel ha aumentato la sua produzione a carbone dal 34% al 41% contro una media nazionale del 13%. Ha in progetto due nuove centrali di conversione a carbone, quella di Porto Tolle vicino a Rovigo e quella di Rossano Calabro. Se le facesse la sua quota di produzione di carbone dal 41 andrebbe oltre il 50%”.

Numeri che l’Enel ha sempre respinto come inattendibili e che anche nell’atto di citazione sono solo sfiorati e poi sbrigativamente archiviati. In una nota la società ha ribadito che ritiene la campagna di Greenpeace “gravemente denigratoria e priva di fondamento”. Il motivo in poche righe: “Le attività dell’aziende sono sottoposte alle norme e ai controlli delle istituzioni locali, nazionali e internazionali. Circa la metà della energia elettrica che il Gruppo produce è priva di qualunque tipo di emissione, compresa l’anidride carbonica: una percentuale tra le più alte rispetto a tutte le altre grandi utilities al mondo. Inoltre attraverso la controllata Enel Green Power, Enel ha in programma investimenti nelle fonti rinnovabili per oltre sei miliardi di euro nei prossimi cinque anni, un impegno che ha ben pochi paragoni a livello globale. Infine Enel ricorda che solo il 12% dell’energia elettrica italiana è prodotta con il carbone contro una media europea di circa il doppio”.

In conclusione, Enel avrebbe potuto con spot televisivi e parecchi altri strumenti promozionali, contestare le accuse di Greenpeace, invece probabilmente ha scelto la strada sbagliata, staremo a vedere chi l’avrà vinta tra i due contendenti. Una cosa è sicura, adesso tutti gli italiani sanno cosa sta succedendo e possono documentarsi e se lo desiderano schierarsi, la censura rimane comunque la si veda inaccettabile.

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