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Emergono i danni della marea nera del Golfo del Messico

Inquinamento petrolio marea nera

di Paola Brambilla. La biodiversità marina è più sconosciuta dello spazio: solo recentemente un censimento della vita marina, durato ben dieci anni, e affidato a oltre 3 mila scienziati provenienti da 80 diversi paesi, ha censito 350.000 mila specie e ne ha scoperte nuove 6.000.

Le meno conosciute in assoluto sono però le specie bentoniche, dal greco bénthos, fondo del mare, costituite sia dai micoroganismi alla base dalla catena alimentare marina, sia da organismi di dimensioni maggiori, molluschi, crostacei, nematodi.

Qualche giorno fa un gruppo di scienziati americani appartenenti alle Università del New Hampshire, California, Alabama e Texas, ha pubblicato su PlosOne uno studio che conferma le preoccupazioni lanciate dal WWF internazionale all’indomani della catastrofe del Golfo del Messico, quando la piattaforma petrolifera utilizzata dalla British Petroleum sversò in mare 11.000 tonnellate di greggio al giorno per quasi tre mesi.

Ora lo studio dimostra come la fuoriuscita di petrolio abbia quasi azzerato la biodiversità bentonica del Golfo, specialmente quella delle comunità macrobiotiche: utilizzando un gene marcatore e un’analisi morfologica, specie sulle comunità fungine di nematodi, si è verificato come prima dello sversamento vi fosse un’altissima varietà di specie, mentre dopo lo sversamento siano rimaste comunità fungine dominanti, e nematodi predatori, in un quadro di una bassa ricchezza di taxa, nonostante l’ abbondanza di novellame.

I dati dunque suggeriscono che gli impatti sull’ecosistema siano stati più profondi del previsto, ed ancora in corso, nonostante non sia più visibile il petrolio sulla superficie del mare.

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