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EDILIZIA: Sospensione o revocata della demolizione in sede esecutiva.

giurisprudenza diritto

Giurisprudenza

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 12/09/2017 (ud. 16/05/2017), Sentenza n.41537

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Sospensione o revoca della demolizione in sede esecutiva – Interessi pubblici urbanistici ed ambientali – Art.31 c. 9 D.P.r. n. 380 del 2001.

In sede esecutiva la demolizione potrà essere sospesa o revocata quando risulta “assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali che abbiano conferito all’immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria. Pertanto, deve ritenersi che gli atti tipici della pubblica amministrazione idonei ad evitare la esecuzione della sentenza di condanna nella parte in cui impone la demolizione della opera abusiva sono la già intervenuta demolizione dell’immobile ad opera della stessa pubblica amministrazione o la intervenuta concessione in sanatoria e la delibera del consiglio comunale che abbia dichiarato la conformità del manufatto con gli interessi pubblici urbanistici ed ambientali.

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordine di demolizioni – Ingiustificata inottemperanza – Decorrenza dei 90 gg. – Funzione certificativa dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà – Giurisprudenza.

In materia urbanistica, l’ingiustificata inottemperanza nel termine di legge di novanta giorni, all’ordine di demolizione di una costruzione abusiva emesso dall’autorità comunale comporta l’automatica acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio disponibile del Comune alla scadenza di detto termine, indipendentemente dalla notifica all’interessato dell’accertamento formale dell’inottemperanza che ha solo funzione certificativa dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà (Cass. Sez. 3, n. 2912 del 22/01/2010), il trasferimento al patrimonio comunale della proprietà dell’immobile abusivo non costituisce impedimento giuridico a che il privato responsabile esegua l’ordine di demolizione impartitogli dal giudice con la sentenza di condanna, salvo che l’autorità comunale abbia dichiarato l’esistenza di interessi pubblici prevalenti rispetto a quello del ripristino dell’assetto urbanistico violato (Cass. Sez.3, n. 4962/2008 del 28/11/2007 P.G. in proc. Mancini e altri; Sez. 3, n. 42698 del 07/07 /2015, P.M. n proc. Marche).

(dichiara inammissibili i ricorsi avverso ordinanza del 04/03/2015 della CORTE APPELLO di NAPOLI) Pres. AMOROSO, Rel. ROSI, Ric. De Rosa

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

DE ROSA PIETRO nato il 25/11/1962 a AFRAGOLA;
CASTALDO TERESA nato il 06/02/1964 a AFRAGOLA;

avverso l’ordinanza del 04/03/2015 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

sentita la relazione svolta dal Consigliere ELISABETTA ROSI;

sentite le conclusioni del PG //;

 

Ritenuto che De Rosa Pietro e Castaldo Teresa hanno proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte di appello di Napoli emessa in data 4 marzo 2015, quale giudice dell’esecuzione, con la quale è stata rigettata la richiesta di revoca e/o sospensione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo di cui alla sentenza divenuta irrevocabile il 18 maggio 2001, che li aveva condannati per abusi edilizi, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
1) inosservanza od erronea applicazione della legge penale in riferimento all’art.31 c. 9 D.P.r. n. 380 del 2001;
2) mancanza e contraddittorietà della motivazione in riferimento all’insussistenza della prova del provvedimento amministrativo richiamato dal ricorrente, ovvero dell’effetto acquisitivo al patrimonio comunale; che i ricorrenti hanno evidenziato di essere nella impossibilità di eseguire l’ordine di demolizione, per l’acquisizione del bene al patrimonio del Comune di Afragola;

Considerato che è stato precisato che in sede esecutiva la demolizione potrà essere sospesa o revocata quando risulta “assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali che abbiano conferito all’immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria” (Cfr. Sez. 3, n. 17066 del 18 maggio 2006, Spillantini, Rv. 234321);

che, quindi, in via generale, deve ritenersi che gli atti tipici della pubblica amministrazione idonei ad evitare la esecuzione della sentenza di condanna nella parte in cui impone la demolizione della opera abusiva sono la già intervenuta demolizione dell’immobile ad opera della stessa pubblica amministrazione o la intervenuta concessione in sanatoria e la delibera del consiglio comunale che abbia dichiarato la conformità del manufatto con gli interessi pubblici urbanistici ed ambientali;

che seppure l’ingiustificata inottemperanza, nel termine di legge di novanta giorni, all’ordine di demolizione di una costruzione abusiva emesso dall’autorità comunale comporta l’automatica acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio disponibile del Comune alla scadenza di detto termine, indipendentemente dalla notifica all’interessato dell’accertamento formale dell’inottemperanza che ha solo funzione certificativa dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà (tra le numerose altre, cfr. Sez. 3, n. 2912 del 22/01/2010, Rv. 246048), il trasferimento al patrimonio comunale della proprietà dell’immobile abusivo non costituisce impedimento giuridico a che il privato responsabile esegua l’ordine di demolizione impartitogli dal giudice con la sentenza di condanna, salvo che l’autorità comunale abbia dichiarato l’esistenza di interessi pubblici prevalenti rispetto a quello del ripristino dell’assetto urbanistico violato (in tal senso Sez.3, n. 4962/2008 del 28/11/2007P.G. in proc. Mancini e altri, Rv. 238803; Sez. 3, n. 42698 del 07/07 /2015, P.M. n proc. Marche, Rv. 265495);

che nel caso di specie deve rilevarsi che nell’ordinanza impugnata è stata ribadita la circostanza (di fatto) dell’insussistenza di provvedimenti della P.A. incompatibili con l’esecuzione della demolizione, e che l’istanza richiamata dalla difesa, non potrà concludersi in un breve lasso temporale, di talchè le lamentate mancanza di motivazione, violazione di legge e contraddittorietà, di tutta evidenza, non sussistono;

che di conseguenza, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e ciascun ricorrente deve essere condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende;

che il Collegio ha ritenuto sussistenti le condizioni di cui al Decreto Primo Presidente 29/04/2016 n. 68, per la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017

 

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