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Lavarsi le mani o i denti con l’antibatterico Triclosan: effetti sulla salute.

 

Paradossalmente, può diventare pericoloso per la salute lavarsi le mani o i denti con un antibatterico comunemente impiegato nei saponi, nei dentifrici e in altri mille prodotti. Lo afferma uno studio pubblicato recentemente sulla rivista scientifica ‘Proceedings of the National Academy of Sciences‘ nel quale si rivela i rischi per chi usa prodotti che contengono il triclosano. Già altri studi avevano evidenziato come la formula chimica del triclosano è molto simile alla diossina, un composto cancerogeno sprigionato dalle industrie pesanti.

“Il triclosano si trova in casa praticamente ovunque – spiega al ‘Telegraph’ Isaac Pessah, autore dello studio – i nostri risultati forniscono una forte evidenza che questa sostanza chimica è una fonte di grande preoccupazione per la salute umana e ambientale”.

In qualità di antibatterico, il triclosan è diventato in poco tempo una delle maggiori sostanze chimiche antibatteriche, lo troviamo nei detergenti, detersivi liquidi per piatti, saponi, deodoranti, cosmetici, lozioni, creme, saponi e persino dentifrici e colluttori, nei giocattoli.

Come conservante materiale, il triclosan è usato in molti prodotti tra cui adesivi, tessuti, vinile, plastica (giocattoli, spazzolini da denti), polietilene, poliuretano, polipropilene, emulsioni cera per pavimenti, prodotti tessili (calzature, abbigliamento), composti calafataggio, sigillanti, gomma, moquette, e una varietà di altri prodotti. E ‘stato usato in vernici di lattice, ma dichiaranti che ne fanno uso in vernice hanno recentemente richiesto una cancellazione volontaria.

La sostanza sarebbe in grado di ostacolare la contrazione andando a colpire direttamente il ‘cuore’ delle cellule muscolari. Lo dimostrano i test condotti su topi e pesci dai ricercatori dell’università della California e del Colorado, che sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas – ‘Proceedings of the National Academy of Sciences’) chiedono nuove restrizioni all’uso di questa sostanza pericolosa per l’ambiente e anche per l’uomo.

Attraverso l’uso di dentifrici e altri prodotti per l’igiene, il Triclosan e le diossine entrano quindi nel nostro corpo e si accumulano soprattutto nei tessuti adiposi, considerata la loro lipofilia (affinità per il grasso). A dimostrazione di questo, uno studio svedese del 2002 ha evidenziato la presenza di alti livelli di Triclosan in 3 campioni su 5 di latte materno. Inoltre, è noto che le diossine rappresentano un serio pericolo per la salute umana. Oltre che ritenute cancerogene, sono in grado di indebolire il sistema immunitario, ridurre la fertilità e causare difetti congeniti. Hanno un potente effetto ormonale (hormone disruptors), si accumulano nel corpo e possono per lungo tempo interferire con i normali ormoni del nostro organismo. In particolare, il Triclosan ha mostrato di possedere un effetto, seppur debole, di tipo androgenico.

L’uso regolare di prodotti che contengono triclosan può portare alla formazione di ceppi batterici resistenti, così come succede con l’abuso di antibiotici. Studi di laboratori hanno già evidenziato diversi ceppi resistenti a questo agente antisettico. Alla fine, non solo il Triclosan nei detergenti è inutile per prevenire le malattie infettive, ma addirittura le può favorire. L’uso di creme e deodoranti al Triclosan è stato anche associato alla maggiore insorgenza di micosi cutanee. Infatti, nonostante i facili e ingannevoli proclami della propaganda, apposite ricerche non hanno mai dimostrato un reale beneficio derivato dall’aggiunta di sostanze antimicrobiche nei prodotti per l’igiene personale e dell’ambiente. Una ricerca condotta in 200 case ha dimostrato che l’uso regolare di saponi e detergenti antimicrobici non riduceva affatto il rischio di malattie infettive tra le persone che vi abitavano.

Eppure, almeno in Italia, non è raro per prodotti d’igiene in genere, dentifrici compresi, leggere “consigliato dall’associazione dentisti… o dermatologi, o testato clinicamente ecc… Adesso viene spontaneo porsi qualche domanda sulla credibilità di questi soggetti o quanto meno sulla loro preparazione.

 

Ma che cosa è:

Il triclosano (nome IUPAC: 5-cloro-2-(2,4-diclorofenossi) fenolo) è un derivato clorurato del fenolo. La sua struttura chimica è simile a quella della diossina, ed è forse questo fatto ad aver stimolato i primi studi sulla sua potenziale tossicità.

Come molti fenoli alogenati, è poco solubile in acqua, solubile in etanolo e in etere etilico, nonché in soluzioni alcaline concentrate. I suoi gruppi funzionali includono sia i fenoli ed eteri. È usato come agente sintetico di ampio spettro antimicrobico. Triclosan è stato registrato come pesticida nel 1969 (EPA, l’agenzia per la protezione dell’ambiente americano).

La sua efficacia aumenta nel tempo, raggiunge il picco massimo tra i 3 e i 6 mesi dopo l’inizio del trattamento. Questa però, visibilmente anche clinicamente, risulta 3 volte minore della clorexidina. In compenso è un antisettico, battericida (agisce cioè sulla membrana batterica), colpisce batteri gram-positivi, gram-negativi, miceti, micobatteri e spore.

Triclosan è usato come pesticida registrato solo in una piccola parte dei suoi usi generali. In uso attrezzature commerciali, istituzionali e industriali, il triclosan è incorporato in nastri trasportatori, idranti, tini bagno di tintura o di produzione di ghiaccio attrezzature come pesticida antimicrobico. Triclosan può essere applicato direttamente commerciali bobine HVAC, dove previene la crescita microbica.

In Europa l’SSC (Scientific Steering Committee) della Commissione Europea nel 2002 ha dichiarato che il triclosano è un utile ed efficace biocida, aggiungendo che è “utilizzato con sicurezza da più di 35 anni in molti prodotti, inclusi quelli per l’igiene orale”. In Svezia però il Ministero della Sanità ne sconsiglia l’uso in seguito ad uno studio dell’Università di Stoccolma.

Similmente ad altri fenoli clorurati, questo composto può accumularsi nei tessuti degli organismi viventi e nel latte materno (e quindi essere ingerito dai neonati); un suo accumulo può causare l’alterazione della funzionalità epatica e quella polmonare, indurre sterilità, alterazione immunitaria ed – a dosi elevate – paralisi.

Inizialmente l’introduzione sul mercato, nel 1972, il triclosan è stato confinato in ospedale, ma l’impatto sul mercato consumer è stata aiutata dalla falsa percezione pubblica che i prodotti antibatterici sono i migliori per la protezione e la salvaguardia contro eventuali batteri nocivi. Tuttavia, un articolo del giornale Clinical Infectious Diseases, dal titolo ” Saponi antibatterici: consumatori? efficaci o solo rischioso ” (2007), giunge alla conclusione che i saponi antibatterici non mostrano benefici per la salute oltre saponi semplici. Insomma, nel combattere le infezioni i saponi antibatterici non sono più efficaci del normale sapone e acqua.

Destino ambientale e rischi ecologici

Sulla base dei dati disponibili, il triclosan è prevista per immobile nel terreno e non si prevede a volatilizzarsi dalle superfici del terreno (umido o secco) o acqua. Negli ambienti acquatici, triclosan dovrebbe attaccarsi alla superficie di solidi sospesi e dei sedimenti e possono bioaccumulo, possono presentare una preoccupazione per gli organismi acquatici.

Vi è anche un basso a moderato potenziale di bioconcentrazione negli organismi acquatici. La maggior parte degli studi pubblicati sulla presenza del triclosan in impianti di depurazione, impianti di trattamento, l’efficienza e le misure in acque libere di triclosan suggeriscono che la biodegradazione aerobica è una delle vie principali di biodegradazione e più efficiente.

Sulla base dei dati di monitoraggio, il triclosan è stato trovato in circa 36 corsi d’acqua degli Stati Uniti in cui reflui da attivati impianti di depurazione fanghi depurazione, trickle-down, di filtrazione e di overflow di depurazione sembrano contribuire al verificarsi di triclosan in acque libere.

Nei pesci di acqua dolce si è invece registrata una riduzione dell’attività natatoria. «Siamo stati sorpresi dal modo con cui l’attività muscolare è stata indebolita in organismi così diversi sia per quanto riguarda il muscolo cardiaco che quello scheletrico», commenta uno degli autori dello studio, Bruce Hammock. La conferma viene anche dai dati dell’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA), che rivelano come tracce di triclosan possano essere facilmente trovate negli organismi acquatici, dalle alghe ai delfini, così come nel corpo umano, sia nelle urine che nel sangue e nel latte materno. Il pericoloso potenziale di questo antibatterico era già stato dimostrato con diversi test in provetta, ma ora anche gli esperimenti sugli animali lasciano pochi dubbi: il triclosan blocca i canali proteici che fanno entrare gli ioni calcio nelle cellule muscolari, impedendone la contrazione. Nei topi, triclosan ha fatto registrare una riduzione della funzione cardiaca pari al 25% e un calo del 18% della forza della presa (parametro di solito usato per valutare la gravità delle malattie neuromuscolari).

Requisiti aggiuntivi per i dichiaranti tecnici

Poiché non è noto quanto triclosan viene rilasciato dai siti industriali (dove triclosan è incorporato in elementi di plastica e tessile) nell’ambiente l’Agenzia richiede ai dichiaranti tecniche per eseguire la modellazione ambientale e di monitoraggio delle acque di superficie. Inoltre, l’EPA sta richiedendo dichiaranti di antiparassitari per aggiungere istruzioni in materia di etichettatura che indicano che triclosan è tossico per i pesci e altri animali acquatici, e che eventuali scarichi in corsi d’acqua devono essere conformi ai requisiti del Sistema Nazionale di eliminazione di scarico di sostanze inquinanti (NPDES).

Vedi: Sostanze_pericolose per la_salute_da_evitare

 

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