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Distanze tra costruzioni: incostituzionale la disciplina contenuta nella L.R. Marche n. 31 del 1979

di Ruggero Tumbiolo. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 6 del 23 gennaio 2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, secondo comma, della legge della Regione Marche 4 settembre 1979 n. 31, che per gli edifici aventi impianto edilizio preesistente, con evidenti caratteristiche di non completezza e compresi nelle zone residenziali di completamento, consente ampliamenti anche in deroga alle distanze e/o al volume stabiliti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968 n. 1444.

Nella motivazione della sentenza la Corte Costituzionale osserva che:

–  in linea di principio la disciplina delle distanze minime tra costruzioni rientra nella materia dell’«ordinamento civile» e, quindi, attiene alla competenza legislativa statale;

–  alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati alla materia «governo del territorio»;

–  le norme regionali che, disciplinando le distanze tra edifici, esulino da tali finalità, ricadono illegittimamente nella materia «ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;

– il punto di equilibrio tra la competenza legislativa statale in materia di «ordinamento civile» e quella regionale in materia di «governo del territorio» trova una sintesi normativa nell’ultimo comma dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, che consente che siano fissate distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, ma solo nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche;

– le deroghe all’ordinamento civile delle distanze tra edifici sono, dunque, consentite nei limiti sopra indicati, se inserite in strumenti urbanistici funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio.

Per la Corte Costituzionale la norma regionale censurata infrange i principi sopra ricordati, in quanto consente espressamente ai comuni di derogare alle distanze minime fissate nel d.m. n. 1444 del 1968, senza rispettare le condizioni stabilite dall’art. 9, ultimo comma, del medesimo decreto ministeriale, che esige che le deroghe siano inserite in appositi strumenti urbanistici, a garanzia dell’interesse pubblico relativo al governo del territorio.

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