Site icon QUOTIDIANO LEGALE

DIRITTO SANITARIO: l’anacronistica disciplina del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO).

DIRITTO SANITARIO

L’anacronistica disciplina del “Trattamento Sanitario Obbligatorio”.

 

 

Una totale revisione merita l’anacronistica disciplina del Trattamento Sanitario Obbligatorio”, (inserita nel 1978 nella c.d. “Legge Basaglia” che con la chiusura dei manicomi ha previsto cure alternative per i soggetti con problemi psichici). Il TSO si àncora su rigidi binari e delineati e precisi limiti che in questa sede vengono velocemente richiamati, tali requisiti sono:

a) l’incapacità d’intendere e volere – una grave alterazione psichica, che determini un pericolo per sè o per gli altri, per la quale è necessario procedere con urgenti interventi terapeutici (o in alternativa una grave e pericolosa malattia infettiva);

b) il rifiuto degli interventi proposti da parte del soggetto (anche in questo caso si discute della necessità di una idonea informativa in merito al trattamento medico terapeutico diritto ben diverso del consenso informato);

c) l’impossibilità documentata di non potere adottare idonee misure extraospedaliere;

d) due visite mediche di due medici diversi (di cui almeno uno appartenente Asl di competenza territoriale) e relative certificazioni scritte che confermano le precedenti condizioni, necessarie per la massima tutela dei diritti dell’individuo e per evitare possibili abusi del provvedimento; 

I requisiti dell’ordinanza sindacale sono:

1 la necessità e l’urgenza non differibile (contenente la motivazione scritta di non potere adottare idonee misure alternative, ad es. l’intervento dei famigliari e se minore il rifiuto del consenso dei genitori);

– 2 la documentazione che provi la necessità dell’intervento obbligatorio (ad es. le certificazioni mediche);

– 3 il rifiuto da parte del soggetto delle cure proposte da parte dei sanitari;

– 3.1 ulteriori condizioni sono previsti per il TSO nei confronti dei minori;

– 4 l’obbligo di inviare l’ordinanza del Sindaco di TSO al Giudice Tutelare competente per territorio per la convalida, insieme agli originali dei certificati medici, entro quarantotto ore dal ricovero (legge 180/1978, art. 3 c.2° e legge 883/1978).

Il ricorso contro il trattamento sanitario obbligatorio o il provvedimento di convalida del giudice tutelare può essere inoltrato presso il tribunale competente per territorio. Si rammenta che, comunque, tutti i trattamenti sanitari prestati in via coercitiva non devono violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana e dei suoi diritti fondamentali. In concreto, risultano contrari a detto principio ad esempio, l’uso di terapie non idonee o inefficaci, la somministrazione di medicinali non sufficientemente controllati nell’esperienza pratica. Lo stesso legislatore precisa che il carattere coercitivo di un trattamento non potrà mai comprimere o pregiudicare l’esercizio “dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione”. “Ciò significa che un Trattamento sanitario obbligatorio non può negativamente incidere né sulla capacità di diritto privato, né sulla capacità di diritto pubblico del paziente. La fissazione di questa ulteriore garanzia non risulta casuale, né, tanto meno, un’inutile ripetizione. Se con la previsione del rispetto della dignità della persona, si è voluto “tutelare la persona in tutte le sue attribuzioni (integrità psico-fisica, riservatezza, identità, ecc.) ma staticamente considerata”, col riconoscimento dei diritti civili e politici costituzionalmente garantiti il legislatore si è mosso piuttosto “sul terreno dello sviluppo della personalità del cittadino” (L. Bruscuglia, Legge 13 maggio 1978, n.180, in Le nuove leggi civili commentate, I, 1979, Cedam, Padova).

Del resto i numerosi oneri burocratici imposti dalla legge, riflettono la preoccupazione del legislatore di evitare un ricorso sproporzionato al Trattamento sanitario obbligatorio che ne snaturerebbe la natura di extrema ratio, di strumento terapeutico attivabile soltanto quando tutti i tentativi volti ad ottenere un consenso del paziente alle cure siano falliti, e non di fronte a situazioni di mera urgenza che per carenze organizzative o per incapacità dei servizi territoriali non si è in grado di gestire diversamente. Così, è stata ancorata tale misura a una serie di garanzie e di libertà tutelate dalla Costituzione, infatti, il provvedimento di TSO limitando o escludendo drammaticamente la libertà del soggetto deve essere necessariamente accompagnato da mille cautele ed accorgimenti e non confinato ad un banale riempimento di moduli “preconfezionati”.

Il Sindaco e i Pubblici ufficiali sono il primo baluardo posto a garanzia dei diritti del malato e non semplici burocrati, solo ponderando bene gli atti e i fatti a disposizione di tutti i soggetti coinvolti nel TSO possono evitare di essere chiamati a rispondere dei reati di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.), di sequestro di persona (art. 605 c.p.) e recentemente anche del reato di tortura (art. 613 bis codice penale).

Per concludere si riporta, in merito al Trattamento Sanitario Obbligatorio un’intervista rilasciata da Basaglia al giornalista Franco Giliberto e pubblicata sul quotidiano ‘La Stampa’, pur manifestando una moderata soddisfazione per aver superato la vecchia legge Giolitti (che conteneva le “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati”), espresse così le sue numerose perplessità:

“E’ una legge transitoria, fatta per evitare il referendum, e perciò non immune da compromessi politici. Ora bisognerà lottare perché nella discussione sulla riforma sanitaria tanti aspetti farraginosi, ambigui, contraddittori di questa legge siano portati alla ribalta e cambiati. … Ma attenzione alle facili euforie. Non si deve credere d’aver trovato la panacea a tutti i problemi dell’ammalato di mente con il suo inserimento negli ospedali tradizionali.

La nuova legge cerca di omologare la psichiatria alla medicina, cioè il comportamento umano con il corpo. E’ come se volessimo omologare i cani con le banane.

Facciamo l’esempio di chi ha un tumore, o una febbrona o il verme solitario. Se va a finire all’ospedale, c’è la ricerca della causa del suo male, e in certi casi il ricovero s’impone (malattie molto contagiose). Ma se ricoveri – cioè togli la libertà – a una persona perché ha pensieri bizzarri o disturbi psichici, perché lo fai? A che cosa si riferisce quel ricovero? Che cosa può voler dire “grave alterazione psichica”? … Negli ospedali ci sarà sempre il pericolo dei reparti speciali, del perpetuarsi di una visione segregante ed emarginante.”

Exit mobile version