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I diritti civili, le iniziative dei Sindaci ed i principi fondamentali dell’ordinamento

di Carlo Rapicavoli –

Il dibattito degli ultimi giorni, sulle iniziative di alcuni Sindaci di trascrivere matrimoni tra persone dello stesso sesso, celebrati all’estero, come spesso accade in Italia negli ultimi anni, trascura un tema centrale: la legalità.

Si può essere d’accordo o no nel merito; indubbiamente da tempo si attendono normative chiare e moderne sui diritti civili che nessun governo, di ogni parte politica, è riuscito finora a proporre.

Ma di certo non è sicuramente violando la legge che si ottiene la legge.

Il Sindaco, oltre a rappresentare il Comune e la comunità locale, è anche ufficiale del Governo.

Le funzioni del Sindaco quale ufficiale del Governo sono disciplinate dall’art. 54 del D.lgs 267/2000.

Il Sindaco, ai sensi di legge, nel rispetto degli atti di indirizzo emanati dal Ministro dell’interno, sovraintende:
• alla tenuta dei registri di stato civile (è ufficiale dello stato civile) e di popolazione (è ufficiale dell’anagrafe) ed agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale (presiede la commissione elettorale), di leva militare e di statistica;
• alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine e di sicurezza pubblica;
• allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle funzioni affidategli dalla legge;
• alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto.

Ora, ammettere che il Sindaco, pur se per condivisibili ragioni di ordine politico e sociale, possa ostentare palesi violazioni di legge proprio nell’ambito dell’autorità che gli è stata conferita, in ragione del suo ruolo, non può essere tollerato.

Anziché garante della legge, diventa attore di una sua violazione.

La forte iniziativa politica va esercitata in altro modo.

Ma quanto accaduto negli ultimi giorni è solo la punta dell’iceberg, è l’effetto di uno stravolgimento continuo dell’ordinamento.

Né, d’altra parte, la risposta all’iniziativa dei sindaci può essere una circolare del Ministro dell’Interno ed un’iniziativa di carattere politico-propagandistica davanti al Campidoglio.

E’ un segno evidente della crisi del nostro sistema costituzionale.

Oggi si tende ad affermare il principio che chi governa, a tutti i livelli, può autolegittimarsi soltanto nella convinzione di perseguire obiettivi auspicati dalla maggioranza dei cittadini, senza che ciò possa essere verificato, così ponendo in secondo piano la legittimazione democratica, derivante dal mandato elettorale, o le regole dell’ordinamento costituzionale che – ove ostacolino il manovratore – diventano improvvisamente obsolete e di ostacolo al progresso civile.

Si comprende così un disegno “riformatore” che comprime sempre più gli spazi di partecipazione democratica “tradizionale”, espressa attraverso il voto, per governare con sondaggi, ricerche di mercato, interpretazioni più o meno fondate della presunta volontà popolare da parte dei novelli aruspici che da soli riescono ad anticipare il futuro, conoscendo ciò è meglio per il Paese.

Il rischio di una continua delegittimazione delle Istituzioni e delle regole, ancor più se perseguito dai principali rappresentanti delle stesse, è evidente.

Purtroppo la ricerca del consenso immediato prevale sul senso delle Istituzioni.

Ma ci si chiede fin dove possa essere tollerata una sorta di “obiezione di coscienza” così concepita; perché mai è da considerare accettabile , anzi salutato con favore, un’iniziativa come quella di cui si discute e non lo sono l’obiezione fiscale, la promozione di iniziative di consultazione popolare su temi di rilevanza costituzionale come l’autonomia o il federalismo, oppure la delegittimazione dei magistrati.

I costituzionalisti vengono bollati come “professoroni” che ostacolano le riforme, chi critica è un gufo o un rosicone; ricordare il rispetto delle regole è anacronistico e fa male al Paese.

E allora tutto diventa possibile, spesso nell’indifferenza collettiva e nell’esame parziale o fazioso dei mezzi di informazione.

Da parte mia, lo confesso, resto un nostalgico sostenitore dei principi fondamentali che ispirano il nostro ordinamento costituzionale; nella nostra Costituzione – basterebbe applicarla – si trova risposta e riconoscimento a tutti i diritti civili, molto di più di quanto il nostro moderno legislatore riesce ad esprimere.

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