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DIRIGENZA FUNZIONI LOCALI

Art. 66 lettera “h” CCNL 17.12.2020.

 

Maria Elena Argento
Resp. legale dell’Asp di Enna

 

L’art 66 del CCNL lett “h” del 17.12.2020 che riguarda la Dirigenza PTA (Professionale, tecnica e Amministrativa) del SSN dispone:

Contrattazione integrativa
Sono oggetto di contrattazione integrativa: h) i criteri per l’attribuzione dei compensi professionali degli avvocati, nel rispetto delle modalità e delle misure previste dall’art. 9 del D. L. n. 90/2014 come convertito in legge con modificazioni, dall’art 1, comma 1, della L. 114/2014 e delle disposizioni contrattuali previste in materia dai precedenti CCNL della pre-esistente Area III che, pertanto, sono confermate”

La norma è speculare alla lettera “h” dell’art 45 del medesimo contratto che riguarda i dirigenti avvocati degli enti locali. In pratica il CCNl ha “ contrattualizzato “ il Decreto Renzi che all’art 9 comma 6 dispone per tutti gli avvocati degli enti pubblici senza differenziazione alcuna tra enti locali e sanità:” 6. In tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, ai dipendenti, ad esclusione del personale dell’Avvocatura dello Stato, sono corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento previsto, il quale non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013. Nei giudizi di cui all’art. 152 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, possono essere corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali delle relative amministrazioni e nei limiti dello stanziamento previsto. Il suddetto stanziamento non puo’ superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013.”
Detto decreto è entrato in vigore il 19 agosto 2014 .

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Nella norma sopra riportata risaltano le seguenti peculiarità, che contraddistinguono la materia dei compensi degli avvocati pubblici:
1) i compensi per la prestazione professionale del dipendente inquadrato nel ruolo professionale di Avvocato ed incardinato nell’ufficio legale dell’ente pubblico, possono essere corrisposti solo entro un determinato limite retributivo, identificato con l’ammontare del trattamento economico annuo complessivo;
2) l’avvocato pubblico ha diritto alla corresponsione dell’onorario da parte dell’ente datoriale solo al di fuori dei casi in cui la controversia si sia conclusa con la soccombenza dell’Amministrazione, sicché va distinto, volta per volta, se le sentenze sono favorevoli per l’ente pubblico, o meno. Ciò a differenza di quanto accade per l’avvocato del libero foro, il quale, invero, ha diritto in ogni caso a ricevere dal cliente (anche qualora si tratti di una P.A.) il pagamento dell’importo fatturato a titolo di onorario professionale, dovuto comunque a prescindere dall’esito della causa, in virtù del principio generale secondo il quale la prestazione professionale legale si sostanzia nell’adempimento di un’obbligazione di mezzi (e non di un’obbligazione di risultato).
Tali specificità garantiscono la realizzazione dello scopo della norma in esame, rappresentato dalla economicità perseguita tramite la internalizzazione del contenzioso delle pp.aa..
Dunque, ai sensi dell’art. 9 del D.L. 90/2014 (conv. L. 114/14), le sole fattispecie nelle quali l’Amministrazione deve corrispondere l’onorario all’avvocato interno sono le seguenti:
A)- sentenza favorevole con spese legali recuperate dalle controparti soccombenti (commi 3, 4 e 5 dell’art. 9)
B)- sentenza favorevole con pronuncia di compensazione integrale delle spese e transazione dopo sentenza favorevole (comma 6, primo periodo dell’art. 9).

A – sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti
Il comma 3 prevede che le somme recuperate (sulla base di sentenze di condanna di controparte) sono ripartite tra gli avvocati dipendenti dell’amm.ne in forza all’ufficio legale dell’ente, con le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva.
Il comma 4 contiene previsione analoga, ma riferita esclusivamente ad avvocati e procuratori dello Stato.

B – sentenza favorevole con pronuncia di compensazione integrale delle spese e transazione dopo sentenza favorevole
Il comma 6, al primo periodo, prevede che in tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, ai dipendenti, ad esclusione del personale dell’Avvocatura dello Stato, sono corrisposti compensi professionali …”.
Dunque gli onorari relativi a pronunce giudiziali di “spese compensate” (con esito vittorioso per l’Amm.ne) vanno in ogni caso riconosciuti e liquidati agli avvocati dipendenti assegnati stabilmente all’ufficio legale (“… gli avvocati e procuratori degli uffici istituiti presso enti pubblici sono titolari di uno “status” particolare caratterizzato dal fatto che essi sintetizzano la qualità di pubblici impiegati e quella di professionisti iscritti nel relativo Albo professionale, particolarità giustificata dalla peculiarità delle funzioni svolte, la disciplina del loro trattamento retributivo prevede che essi fruiscano, in aggiunta allo stipendio tabellare, di una quota di retribuzione, a titolo di onorari per prestazioni professionali, quantificata sulla base della legge e delle tariffe professionali forensi (Corte Cost., sent. n. 33/2009; T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 14 giugno 2001, n. 879; T.A.R. Umbria Perugia, 31 gennaio 1998, n. 137).”T.A.R. Lecce, Sez. III, n.847, 25.03.2010; “Nel principio contabile si evidenzia che quella verso gli avvocati dipendenti è “un’obbligazione passiva condizionata al verificarsi di un evento, …” Corte dei Conti del Piemonte, parere n. 164 del 20.11.2015).
Va pure rilevato che lo stesso comma 6 dell’art. 9 cit. demanda “alle norme regolamentari”, oppure, in alternativa, a quelle “contrattuali vigenti”, il compito di definire le modalità di liquidazione ed i criteri di ripartizione all’interno degli uffici legali.
A tal riguardo, è appena il caso di precisare che il termine “regolamentari” contenuto nel sesto comma dell’art. 9, L. 114/14, è da riferire ad atti di normazione interna adottati dagli organi di gestione dell’Amm.ne, mentre il termine “contrattuali vigenti” contenuto nel citato sesto comma sia da riferire ad iniziative di contrattazione vigenti al momento di entrata in vigore della L.n.114\14.
In tal senso depone già solo l’interpretazione sistematica dell’enunciato normativo dell’art.9, nel quale il Legislatore, laddove ha inteso riservare alla contrattazione di livello nazionale il compito di disciplinare le modalità di pagamento dell’onorario degli avvocati pubblici, lo fa espressamente, parlando testualmente di “regolamenti e contrattazione collettiva” (comma 3), parimenti il comma 5 recita: “I regolamenti … e i contratti collettivi prevedono criteri di riparto …”.
Invece nel comma 6 è scritto: “… in base alle norme regolamentari o contrattuali …”, e con riferimento alla particolare ipotesi di cui all’art. 152 delle disp. att. c.p.c. (caso di cd. soccombenza virtuale) lo stesso comma 6 prevede: “… in base alle norme regolamentari o contrattuali delle relative amministrazioni …”.
Se ne desume che, in assenza di norme contrattuali vigenti, per l’ipotesi delle spese compensate, il Legislatore abbia voluto riferirsi alla regolamentazione attuativa interna.
Siffatta interpretazione si pone in retta con le indicazioni rese dalla magistratura contabile, la quale ha affermato come “Il richiamato parere (n.d.a.: Sezione regionale di controllo per la Puglia n. 49/PAR/2014) ha messo in evidenza, innanzitutto, che la norma lascia alla contrattazione integrativa la competenza a determinare i criteri di riparto dei compensi, fermi restando tre tetti: il primo è quello retributivo individuale generale …, il secondo è quello retributivo individuale specifico … il terzo è quello finanziario collettivo … (Corte dei Conti del Piemonte, parere n. 164 del 20.11.2015).
E che non si tratti di subordinare l’ipotesi della compensazione delle spese al relativo adeguamento dei contratti nazionali è chiaro anche perché diversamente opinando si rende la norma dell’art.9 cit. del tutto retorica, atteso il notorio, annoso blocco della contrattazione nazionale, reiterato pure per il 2015; inoltre, una differente conclusione, non solo realizzerebbe una discriminazione tra gli avvocati dipendenti della P.A. rientranti nell’unica previsione dell’art. 9 cit., ma rende la lettura della norma irrazionale, supponendo che essa si raccordi in automatico con i contratti collettivi solo per le parti che penalizzano l’avvocato dipendente (ad esempio per il tetto retributivo) e non per gli altri contenuti. A smentire tale assurdo interpretativo vi è pure ermeneutica della norma, basta volgere l’attenzione al comma otto dell’articolo 9, per comprenderne la diversa operatività a seconda che si tratti di spese compensate o di spese recuperate. Quest’ultimo comma, al punto iniziale stabilisce che il primo periodo del comma 6 – il quale disciplina i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese dopo sentenza favorevole- si applica alle sentenze depositate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Il primo periodo della disposizione pone quale unici limiti temporali l’entrata in vigore del decreto e la data di deposito delle sentenze, nient’altro sicché il resto è di immediata applicazione ed i relativi compensi professionali sono corrisposti in base alle norme regolamentari che l’Amministrazione si attribuisce oppure agli obblighi contrattuali vigenti assunti, purché nei limiti dello stanziamento previsto.
Invece al punto seguente del comma 6 è stabilito che per i commi 3, 4 e 5 e del secondo e terzo periodo dello stesso comma 6 nonché del comma 7 – i quali invece disciplinano l’ipotesi di sentenza favorevole con le spese legali a carico delle controparti recuperate, e le ipotesi di giudizio ex art.152 cpc, stanziamento annuo e tetto al trattamento economico – l’applicazione sarebbe avvenuta a decorrere “dall’adeguamento dei regolamenti e dei contratti collettivi di cui al comma 5, da operare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.
Ad essere menzionati nel suddetto comma 8, ai fini dell’adeguamento dei regolamenti e dei contratti collettivi, sono dunque unicamente i compensi menzionati ai “commi 3, 4 e 5 e il secondo e il terzo periodo del comma 6 nonché il comma 7”, mentre la disciplina dei casi di pronunciata compensazione delle spese dopo sentenza favorevole è stata volutamente distinta. In altri termini è chiaro che il legislatore non ha inteso inserire l’ipotesi della compensazione tra quelle in cui ha previsto l’adeguamento dei contratti collettivi. Balza dunque evidente l’intenzionalità della previsione del comma 8 cit. nel distinguere le due ipotesi, e l’intento del Legislatore di lasciare che le spese compensate siano disciplinate da un regolamento dell’Amm.ne allorché la contrattazione vigente non vi abbia provveduto.
Quest’ultimo è ad esempio il caso del CCNL della Dirigenza Prof.le Sanità, dove, essendo contrattualizzata solo la previsione delle spese legali recuperate in causa favorevole, spetta alle Aziende Sanitare regolamentare l’ipotesi delle spese compensate in cause vinte.
A tale stregua, nella nota prot.n.0020789 del 01 marzo 2016, avente ad oggetto proprio l’art.9 della L.n.114\2014, il Direttore Generale della Direzione Contrattazione 2 dell’ARAN, nel rinviare al Dipartimento della Funzione Pubblica quale autorità competente per le eventuali questioni interpretative della norma, si cura non a caso di chiarire che “.. le disposizioni contrattuali in materia racchiuse nell’art.64 del CCNL del 05.12.1996 dell’Area dirigenziale SPTA del Servizio Sanitario DEVONO SICURAMENTE essere armonizzate con il dettato dell’art.9 della L.N.114\2014 … ”.
Del resto basta rifarsi ai principi basilari in materia, per rendersi conto della inaccettabilità logica di una tesi di segno opposto, infatti la contrattazione decentrata (o anche nazionale), così come il regolamento dell’Ente, pur nell’autonomia che gli compete, non potrebbe in nessun caso derogare in peius la legge ordinaria dello Stato in materia di componenti continuative della retribuzione.
Ed, in materia di compensi agli avvocati delle amministrazioni pubbliche, il Giudice contabile ha in più occasioni tenuto a dire che quella verso gli avvocati dipendenti è “un’obbligazione passiva condizionata al verificarsi di un evento”, ne segue che l’ente pubblico ha il dovere di predisporre, od adeguare, il regolamento necessario che sia esaustivo e completo per procedere alla liquidazione delle spettanze professionali dovute agli avvocati delle amministrazioni pubbliche, disciplinandone le modalità, il parametro forense (entro la forbice del minimo e massimo di tariffario) e la ripartizione interna.
In conclusione ben pochi dubbi possono esservi, mentre la norma esclude espressamente dalla possibilità di ricevere onorari da spese compensate il “personale dell’Avvocatura dello Stato” (che per tali ragioni ha invocato l’intervento del giudice delle leggi), il restante personale professionale legale delle pubbliche amministrazioni è esente da tale esclusione ed assimilato nell’unica dizione “personale dipendente delle amm.ni pubbliche di cui al art. 1, comma 2, D. Lgs. n.165/2001” senza distinzioni intestine circa la regolazione dei compensi. E’ da dire che le aziende sanitarie rientrano , al pari degli enti locali nella previsione di cui all’art 1 comma 2 del D.Lgs 165/2001 , cioè sono enti pubblici.
L’aspetto innovativo della norma, la quale pone fine a annose questioni, si coglie proprio nella uniformità di trattamento dei compensi degli avvocati dipendenti delle amm.ni pubbliche di cui al art. 1, comma 2, D. Lgs. n.165/2001, quindi ci si augura che il contenuto dell’art.9 cit. non venga snaturato nella attuazione pratica con artificiose trovate aventi effetti tutt’altro che deflattivi ed imparziali.
CONTRATTAZIONE DIRIGENZA AVVOCATI ANTE DECRETO Renzi. Referenti contrattuali per il personale togato della Sanità, prima della pubblicazione del decreto Renzi erano l’art 64 CCNL 1996 e l’art 24 CCNL 2005. Il primo disciplinava compiutamente i casi del cosiddetto “riscosso“ cioè i corrispettivi dovuti agli avvocati del SSN in caso di sentenze con condanna della controparte incamerate. Disponeva che una somma non inferiore al 5% fosse trattenuta dall’azienda a copertura delle “ spese generali (tassa di iscrizione etc …), che si trattasse di somme incamerate dall’asp e che agli avvocati dirigenti che percepivano i compensi non era dovuto il premio per la prestazione individuale (il famoso 10 per cento di cui all’art 62).
L’art 64 infatti recita : “Onorari e compensi di natura professionale
1. Ai Dirigenti avvocati e procuratori appartenenti al ruolo professionale spettano i compensi di natura professionale previsti dal regio decreto 27 novembre 1933, n. 1578, recuperati a seguito di condanna della parte avversa soccombente.
2. Le aziende ed enti che hanno alle loro dipendenze Dirigenti legali appartenenti al ruolo professionale adottano secondo il proprio ordinamento le misure procedurali e organizzative necessarie all’applicazione di quanto previsto dal comma 1, nel rispetto dei seguenti principi:
a) gli onorari che devono essere corrisposti sono quelli recuperati a seguito di condanna alle spese della parte avversa soccombente e sono corrisposti dopo l’avvenuta acquisizione delle relative somme nel bilancio dell’azienda o ente;
b) gli onorari spettano esclusivamente ai Dirigenti appartenenti al ruolo professionale che svolgono funzioni legali;
c) la ripartizione degli onorari tra i Dirigenti del ruolo professionale legale è definita dall’azienda o ente;
d) l’azienda o ente stabilisce una quota non inferiore al 5 % degli onorari da trattenere a copertura forfetaria delle spese generali.
3. Nella determinazione della retribuzione di risultato di cui all’art. 62, le risorse finanziarie derivanti dal comma 1 del presente articolo, nonché quelle previste dall’art. 61, comma 2, punto b) sono destinate ad incentivare le prestazioni dei Dirigenti che le hanno effettuate i quali non beneficiano, di conseguenza, del premio per la prestazione individuale”.
 
L’art 24 del CCNL 2005 invece riguarda i cosiddetti “risparmi di spesa“ derivanti dall’internalizzazione del contenzioso e ai quali partecipano tutti i dipendenti, anche non avvocati, che hanno contribuito a realizzarli.
L’art 24 del ccnl 2005 recita: “ 2. Fermo rimanendo quanto previsto dall’art. 64 del CCNL del 5 dicembre 1996, qualora nel corso dell’anno di riferimento nel bilancio si verifichino risparmi di gestione rispetto alle spese legali dell’anno precedente per diretta ed esclusiva assunzione del patrocinio da parte dei dirigenti legali, l’azienda o ente, in attuazione, con le procedure ed alle condizioni dell’art. 43, comma 5 della legge n. 449 del 1997, destina la quota indicata dalla citata disposizione alla contrattazione integrativa affinché venga ripartita, nell’ambito della retribuzione di risultato, all’interno dell’unità operativa che ha prodotto il risparmio e tenuto conto del personale e dei dirigenti anche di altre unità operative che hanno collaborato”.
Il personale togato degli enti locali non ha una tale disciplina specifica . Per cui nel fare rinvio alla disciplina contrattuale previgente per il SSN, è chiaro l’intento degli autori della negoziazione a voler affermare che nel trattamento economico del personale togato della Sanità, le spese liquidate, cioè il riscosso, viene disciplinato dall’art 64 del previgente CCNl, se ci sono risparmi ai quali contribuiscono altri dipendenti si applica l’art 24, mentre le spese compensate sono dovute sulla base del comma 6 del Decreto Renzi. L’intero Regolamento aziendale sarà oggetto di contrattazione integrativa. Una disciplina così specifica per le liquidate non si rinviene nei precedenti contratti degli avvocati degli enti locali. Questa è la ragione per la quale il CCNL 2020 vi fa riferimento all’art 66 lettera “h”.
La presente è l’unica opzione ermeneutica praticabile, in quanto se, come sostenuto inopinatamente da qualcuno nessun compenso fosse dovuto per le spese cosiddette compensate il contratto si sarebbe limitato a ribadire la validità del precedente regime contrattuale. Invece, come per gli enti locali fa riferimento alle modalità applicative del Decreto Renzi, superando l’annosa questione degli onorari per cause vinte con compensazione nel SSN.
Le norme, infatti, ai sensi dell’art 12 preleggi vanno interpretate nel senso in cui possono avere un significato piuttosto che non ne abbiano alcuno. E se la interpretassimo diversamente a nulla varrebbe il richiamo al decreto Renzi. L’impostazione di cui sopra è inoltre coerente ai principi di perequazione dei trattamenti economici di cui all’art 8 l. 412/91 e di omogeneizzazione sancito dall’art 8 del CCNQ 2016 e 2021 che hanno ricondotto la disciplina della Dirigenza PTA del SSN all’unico Comparto di Contrattazione delle Funzioni Locali.
Quindi sarebbe discriminatorio, proprio all’interno del medesimo comparto di contrattazione, una lettura che determini un trattamento retributivo differenziato a parità di funzioni.

Si riporta l’art 8 del CCNQ 2016 e 2021
Articolazione del contratto collettivo nazionale di lavoro
1. Ferma restando la finalità di armonizzare ed integrare le discipline contrattuali all’interno dei nuovi comparti o aree, il contratto collettivo nazionale di lavoro, nella sua unitarietà, è costituito da una parte comune, riferita agli istituti applicabili ai lavoratori di tutte le amministrazioni afferenti al comparto o all’area e da eventuali parti speciali o sezioni, dirette a normare taluni peculiari aspetti del rapporto di lavoro che non siano pienamente o immediatamente uniformabili o che necessitino di una distinta disciplina Locali. Si ribadisce che il personale delle Aziende Sanitarie rientra nell’area delle Pubbliche Amministrazioni come individuate dal comma 2 art 1 TUPI: 2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI.

Né di maggior momento può essere il rinvio alle sentenze della C.C n. 12332/2018, 12333/2019 del 2018 e 6553/2019 che riguardano fattispecie ante decreto Renzi. A ciò basti verificare il numero di ruolo del primo grado che risale al 2004 e quello della sentenza appellata (RG 205/2012) e per l’Ordinanza 6553/2019 (RG R.G.N. 5203/2009) nonché i motivi del ricorso in Cassazione tra i quali non figura la violazione dell’art 8 del Decreto Renzi. Dette sentenze, peraltro, riguardano la partecipazione del personale togato della sanità alla distribuzione del premio per la qualità per la prestazione individuale. Ad ulteriore riprova della correttezza dell’assunto valga il fatto che l’ASP di Palermo dalla quale dipendono i ricorrenti in Cassazione ha, dopo il decreto Renzi, e alla luce di una interpretazione assessoriale adottato un Regolamento che prevede la corresponsione di onorari per cause vinte con compensazione delle spese legali.