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Democrazia e legge elettorale.

legge elettorale

di Fulvio Conti Guglia. Con la nascita della Costituzione italiana, il sistema elettorale scelto tra i tanti, fu quello proporzionale;  in sintesi, ogni organizzazione o corpo politico rappresentava gli elettori in parlamento solo ed esclusivamente nelle proporzioni del consenso dato dagli elettori alle liste e ai candidati attraverso le preferenze espresse.

Anche oggi, il sistema proporzionale appare un criterio razionale, efficiente e democratico; tuttavia, vuoi per la crisi della politica, della dignità e dei valori, vuoi per la corruzione dilagante, la sete di potere e la svalutazione del merito a vantaggio del servilismo, si alza un coro unanime per la riduzione del numero dei parlamentari da destra, centro, sinistra e “neutrali”, ritenendo che il male della politica italiana sia l’elevato numero di deputati e senatori. Si pensa che riducendo il numero dei rappresentanti si avrebbe una politica più snella, onesta, capace, efficace e meno onerosa.

Senza riflettere che la soluzione sta nel fatto che: non bisogna ridurre la democrazia ma semplicemente ridurre gli stipendi, e scegliere una legge elettorale che – a differenza dalla attuale – per larga parte privilegi la partecipazione e il merito. Il modo più semplice è ritornando al vecchio sistema proporzionale puro (ogni corpo politico siederà in parlamento in proporzioni ai voti espressi dai cittadini, rappresentando tutta l’Italia e convincendo i cittadini della propria capacità politica ed onestà morale).

Chi ha raggiunto una certa età ricorda perfettamente i tempi in cui la politica era impegno sociale e civile, libera e volontaria; molti ricorderanno quando l’onestà era un valore e neanche nei più piccoli consigli comunali aveva accesso chi aveva commesso un piccolo reato o era “sospettato” di un passato o presente poco chiaro.

Pensare che ridurre i parlamentari (che magari, se ciò avvenisse, autoconsiderandosi “merce rara e preziosa”,  si aumenterebbero ulteriormente stipendi, privilegi e poteri) sia la panacea di tutti i mali e porti a una politica migliore, è fuorviante ed errato, anzi è il primo passo verso una riduzione del potere dell’elettore di scelta, libertà e rappresentatività. Si veda il meccanismo oggi vigente nei piccoli comuni col sistema maggioritario.

Si faccia l’ipotesi di un comune con  8000 votanti e 4 liste.

Supponiamo il seguente esito:

1^ lista 2000 voti;

2^ lista 1998 voti;

3^ lista 1195 voti;

4^ lista 957 voti;

schede nulle o bianche: 1850

Come si vede, il 25% dei consensi garantisce il governo ad un maggioranza soltanto apparente;  mentre ben 4002 elettori (circa il 50%) rimangono senza alcuna rappresentanza.

All’attuale sistema elettorale si somma l’aspetto economico: i sindaci, gli assessori, il presidente del consiglio percepiscono uno stipendio mensile senza dover essere presenti tutti i giorni, senza un minimo di ore lavorative e senza timbrare un cartellino, mentre i consiglieri, con il gettone di presenza in consiglio, nelle commissioni e sottocommissioni, arrivano a percepire un altro stipendio.

Insomma, bisogna ritornare a fare politica a titolo gratuito, nello spirito del volontariato e del senso civico che ogni individuo deve avere, recuperare o scoprire. I cittadini  devono essere pienamente rappresentati; il potere e soprattutto il controllo deve essere diviso tra più persone.

La partecipazione nasce con l’appartenenza ad una comunità e non dall’esclusione (perché si ha un voto in meno o per mancata scelta dei candidati).

Si rifletta, infine,  anche sull’assurdo meccanismo del c.d. “premio” di maggioranza. La governabilità non può essere imposta coattivamente per legge (altrimenti, quando le norme sono profondamente ingiuste o profondamente non condivise si avrà una dittatura legislativa). Le leggi, per essere il più possibile giuste, devono essere partecipate e democratiche: entrambe condizioni  l’altra si ottengono attraverso la selezione dei candidati da parte dei cittadini e la rappresentanza in parlamento di tutte le legittime opinioni che anno un minimo di senso e consenso, sicuramente non con l’attuale legge elettorale. Cambiare si deve ma possibilmente in meglio.

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