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Davanti al Giudice di Pace non si applica la particolare tenuità del fatto

Giustizia italiana

L’art. 131bis del codice penale, che esclude la punibilità per particolare tenuità del fatto, non si applica nei procedimenti davanti al Giudice di Pace
Decisione: Sentenza n. 13093/2016 Cassazione Penale – Sezione V

 

Il caso.
Il giudice di pace di Palestrina aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti di un imputato, e la sentenza veniva impugnata dal Procuratore Generale.

 

La decisione.
Per la quinta sezione della Cassazione penale, il giudice di pace deve fare affidamento su una disposizione specifica sulla “tenuità”, cioè l’articolo 34 del Decreto Legislativo n. 274/2000, che è differente dal concetto di tenuità di cui all’art- 131-bis del codice penale, introdotto dal Decreto Legislativo n. 28/2015.

La Cassazione dapprima richiama quanto già affermato precedentemente: «In relazione ai reati di competenza del Giudice di pace non appare possibile applicare la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis, cod. pen., come affermato da questa Corte (Sez. feriale, sentenza n. 38876 del 20/09/2015, Rv. 264700), che ha sancito il principio secondo cui “La causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., introdotta dal D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, non è applicabile ai procedimenti davanti al Giudice di Pace, poiché in questi si applica la disciplina prevista dall’art. 34 del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, da considerarsi norma speciale , e quindi prevalente, rispetto a quella dettata dal codice penale”».

Dopo aver chiarito che «intorno ad un nucleo fondamentale comune, ruotano una serie di istituti e riti speciali, funzionali alle esigenze proprie di ciascun procedimento», precisa che «Sebbene sia esatto il rilievo secondo il quale la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ha natura sostanziale, mentre i rapporti tra procedimenti, regolando istituti di carattere processuale, potrebbero non precludere l’applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen. nei procedimenti per reati di competenza del giudice di pace, gli elementi di cui all’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 non risultano del tutto sovrapponibili rispetto a quelli che caratterizzano la disposizione introdotta nel codice penale, che non contiene e né assorbe la prima».

E, infatti, la Suprema Corte precisa che «A norma dell’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all’interesse tutelato, l’esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza, non giustificano l’esercizio dell’azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato; proprio detto pregiudizio costituisce un elemento estraneo rispetto all’ambito di operatività della disposizione ex art. 131 bis cod. pen., per la quale non hanno alcun rilievo, invece, l’interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento o il diritto di veto della persona offesa e neppure il diritto potestativo dell’imputato a non avvalersi dell’istituto. A norma dell’art. 131 bis cod. pen., la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma (con parametri valutativi quindi ulteriori rispetto all’elemento costituito, ai sensi dell’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, dal solo grado della colpevolezza), l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale (anziché occasionale ex art. 34 cit.)».

 

Osservazioni.

Come ben illustrato dalla Cassazione i presupposti delle due cause di esclusione della punibilità sono diversi, così come sono diversi i ruoli delle parti processuali.
Disposizioni rilevanti.
Codice penale

Capo I – Della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione e applicazione della pena

Articolo 131 bis – Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

1. Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

2. L’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.

3. Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

4. Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69.

5. La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante.
DECRETO LEGISLATIVO 28 agosto 2000, n. 274

Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace

Capo V – Definizioni alternative del procedimento

Art. 34 – Esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto

1. Il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all’interesse tutelato, l’esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l’esercizio dell’azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato.

2. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con decreto d’archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, solo se non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento.

3. Se è stata esercitata l’azione penale, la particolare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l’imputato e la persona offesa non si oppongono.

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