di Daniela Di Paola. L’attribuzione del sette in condotta, per i danni commessi durante un viaggio di istruzione, a tutti gli studenti che avevano partecipato alla gita, a prescindere da ogni valutazione sul coinvolgimento di ciascuno nell’illecito, è illegittima per contrasto con il principio della responsabilità individuale.
Il Consiglio di Stato, che ha affermato tale principio nella recentissima sentenza n.6211 del 4 dicembre 2012,, si è pronunciato su una fattispecie la cui ricorrenza non è certo sporadica: alcuni studenti di un liceo classico, nel corso di una gita, avevano danneggiato le stanze dell’albergo dove erano alloggiati. Risarciti i danni al momento della partenza, il consiglio di classe, nella prima seduta utile, deliberava di sanzionare il comportamento dei ragazzi con l’attribuzione del sette in condotta.
Il TAR, a fronte del ricorso proposto dai genitori di uno degli studenti, aveva ritenuto legittima la delibera del consiglio di classe, trovando nella specie applicazione l’art. 2 del decreto legge n. 137 del 2008, convertito nella legge 169 del 2008, secondo cui “il comportamento di ogni studente durante tutto il periodo di permanenza nella sede scolastica, anche in relazione alla partecipazione alle attività ed agli interventi educativi realizzati dalle istituzioni scolastiche anche fuori della propria sede”, nonché ’art. 5 del d.P.R. n. 122 del 2009, per il quale “la valutazione del comportamento degli alunni nelle scuole secondarie di primo e secondo grado … si propone di favorire l’acquisizione di una coscienza civile basata sulla consapevolezza che la libertà personale si realizza nell’adempimento dei propri doveri, nella conoscenza e nell’esercizio dei propri diritti, nel rispetto dei diritti altrui e delle regole che governano la convivenza civile in generale e la vita scolastica in generale”.
Il Consiglio di Stato ha invece accolto il ricorso, affermando che il riferimento al “comportamento di ogni studente” (di cui all’art. 2 della legge) e al “comportamento degli alunni” (di cui all’art. 5 del regolamento) deve essere inteso nel senso compatibile con il principio per cui la responsabilità è individuale.
“E’ ben vero che l’art. 27 della Costituzione limita tale principio con riferimento alla responsabilità penale, mentre in altri settori dell’ordinamento è ammessa la responsabilità solidale, anche tra l’autore del fatto e chi ‘autore’ non possa essere qualificato . Tuttavia, quando si tratta di determinare le conseguenze della commissione di un reato (anche se di danneggiamento) e di sanzioni che incidono non sulla libertà personale ma su uno status della persona (tra cui indubbiamente rientra l’attribuzione del sette in condotta, quale riferita alla personalità dello studente), si deve applicare il principio della responsabilità personale.”
“Il principio della responsabilità individuale” – continuano i giudici di Palazzo Spada – “trova applicazione anche nel mondo scolastico: non è possibile ammettere che la mancata individuazione dell’autore (o degli autori) di un illecito, all’interno o all’esterno della sede scolastica, consenta la punizione – quali coautori del fatto – di tutti coloro che sono risultati presenti.
Altra questione è la questione se ‘chi sa’ – in assenza di una espressa disposizione – deve collaborare con l’istituzione scolastica per individuare chi abbia effettivamente commesso l’illecito: ma tale questione esula però dal presente giudizio, perché il consiglio scolastico non ha inteso punire la mancata collaborazione per l’accertamento dei fatti, ma la condotta illecita attiva, che presuntivamente ha attribuito a tutti gli alunni partecipanti al viaggio di studi, non soltanto a coloro dimoranti nelle stanze danneggianti e a coloro che in qualche modo si fossero lì ritrovati.”