CRITICITA’ IN MATERIA DI RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE DEI PROFESSORI UNIVERSITARI
Luca BUSICO
(Coordinatore Direzione del Personale dell’Università di Pisa)
SOMMARIO: 1) La normativa sulla responsabilità disciplinare dei professori universitari. – 2) L’indeterminatezza delle infrazioni. – 3) La competenza disciplinare. – 4) L’iter procedimentale. – 5) Conclusioni.
-
La normativa sulla responsabilità disciplinare dei professori universitari
Prima della “riforma Gelmini” di fine 2010 il sistema disciplinare dei professori universitari era regolato dall’art.12 della l. 18 marzo 1958, n. 311, che opera, al comma 1, un rinvio agli articoli 87, 88, 89, 90 e 91 del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore, approvato con r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, e, al comma 2, agli articoli 85, 91, 96, 97 e 98 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, in quanto compatibili con le citate disposizioni del r.d. n. 1592/331. Il richiamo al d.p.r. n. 3/57 era stato ampliato dalla Corte Costituzionale, la quale, al fine di evitare che i procedimenti disciplinari a carico dei professori universitari potessero prolungarsi sine die, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.12, co. 3 della l. n. 311/58 nella parte in cui non richiama l’art.120 del citato d.p.r., che stabilisce l’estinzione del procedimento disciplinare quando siano decorsi novanta giorni dall’ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto2.
Sul piano procedurale l’art.3 della l. 16 gennaio 2006, n. 18 prevedeva all’interno del Consiglio Universitario Nazionale un collegio di disciplina competente allo svolgimento dei procedimenti disciplinari a carico dei professori e dei ricercatori universitari per i fatti che possano dar luogo all’irrogazione di una sanzione più grave della censura3.
E’ poi intervenuta la l. 30 dicembre 2010, n. 240 (c.d. “legge Gelmini”), il cui art.10 ha riformato il procedimento disciplinare4, abrogando il citato art.3 della l. n. 18/06.
Il vigente sistema disciplinare delineato dalla legge Gelmini presenta diverse criticità, che saranno evidenziate nei successivi paragrafi.
2) L’indeterminatezza delle infrazioni
L’art.10 della l. n. 240/10 (come in precedenza l’art.3 della l. n. 18/06) è intervenuto solo sui profili procedurali della responsabilità disciplinare dei professori e dei ricercatori universitari, ma, per quanto concerne quelli sostanziali, trovano ancora applicazione gli articoli 84-91 del r.d. n. 1592/335. In particolare, l’art.89 contempla le seguenti condotte disciplinarmente rilevanti: a) grave insubordinazione; b) abituale mancanza ai doveri di ufficio; c) abituale irregolarità di condotta; d) atti in genere, che comunque ledano la dignità o l’onore del professore. Come è stato acutamente osservato6, nel 1933 i motivi di una regolazione a maglie larghissime poteva avere una sua spiegazione nella residualità del sistema disciplinare: il corpo dei docenti, per sua natura elitario, non affidava certo a modelli formali il compito di reprimere eventuali infrazioni rispetto a una costellazione di regole, spesso non scritte, volte a garantire il prestigio della categoria e la compactio membrorum.
L’estrema genericità e indeterminatezza delle condotte contenute nelle disposizioni del r.d. n. 1592/337 hanno spesso causato la proposizione, da parte dei docenti sanzionati, di ricorsi vittoriosi innanzi al giudice amministrativo, che ha applicato il principio di tassatività punitiva.
A tal proposito possono essere ricordate alcune sentenze, secondo le quali:
1) la sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un determinato periodo, irrogata a un professore universitario, al quale era stato contestato di aver leso la dignità e l’onorabilità dei colleghi mediante il ricorso a registrazioni occulte di colloqui cui partecipava, per servirsene eventualmente in sede giudiziale, è illegittima, poiché tale condotta non rientra tra le tipologie comportamentali indicate dall’art.89 del r.d. n. 1592/338;
2) la sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un determinato periodo, irrogata a un ricercatore universitario, al quale era stata contestata la pubblicazione su una rivista di un articolo critico nei confronti del mondo universitario, è illegittima, poiché tale condotta non rientra tra le tipologie comportamentali indicate dall’art.89 del r.d. n. 1592/339;
3) la sanzione disciplinare della censura, irrogata a un ricercatore universitario, che aveva omesso di comunicare al preside della facoltà la partecipazione a un convegno, è illegittima, poiché tale condotta non risulta tipizzata in alcuna norma di legge o regolamentare10;
4) la sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un determinato periodo, irrogata a un professore universitario, al quale era stata contestata la gestione non corretta delle lezioni, è illegittima, poiché tale condotta non rientra tra le tipologie comportamentali indicate dall’art.89 del r.d. 1592/3311;
5) la sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un determinato periodo, irrogata a un professore universitario, al quale era stato contestato il mancato controllo delle procedure di pagamento dell’attività prestata conto terzi, è illegittima, poiché tale condotta non rientra tra le tipologie comportamentali indicate dall’art.89 del r.d. 1592/3312.
Il legislatore del 2010 avrebbe potuto rivedere i profili sostanziali della responsabilità disciplinare dei professori e ricercatori universitari, ma ha preferito mantenere la regolamentazione vigente13.
La legge Gelmini contempla, comunque, la possibilità per gli Atenei di intervenire sulla materia. Come è noto, l’art.2, co. 4 della l. n. 240/10 impone a tutte le università l’obbligo di adottare un codice etico, individuando una serie di principi e valori per la redazione: il riconoscimento e il rispetto dei diritti individuali, l’accettazione di doveri e responsabilità nei confronti dell’istituzione di appartenenza, la fissazione delle regole di condotta nell’ambito della comunità, la finalità di evitare ogni forma di discriminazione e di abuso, nonché di regolare i casi di conflitto di interessi o di proprietà intellettuale14. La novità di maggior rilievo è rappresentata dall’obbligo per gli Atenei di prevedere un regime sanzionatorio per le violazioni del codice etico, in relazione alle quali, qualora non ricadano nella competenza del collegio di disciplina, decide, su proposta del Rettore, il senato accademico15. La suddetta previsione consente di attribuire ai codici etici carattere di giuridicità: essi, pertanto, hanno valore non solo etico, ma anche giuridico e definiscono obblighi giuridicamente rilevanti per tutti gli appartenenti alla comunità universitaria, la cui violazione può assumere rilievo disciplinare16.
A tal proposito attenta dottrina aveva sottolineato l’importante funzione dei codici etici come occasione per le università di rimediare alla vaghezza delle norme primarie sulle condotte dei professori universitari e porre le premesse per una maggiore utilizzazione dello strumento disciplinare17. Tuttavia, la maggior parte dei codici etici adottati dagli Atenei risultano ricchi di enunciazioni di principi e di valori generiche e astratte, ma carenti di prescrizioni a carattere concreto.
Permane, pertanto, il regime sostanziale delineato dal legislatore del 1933, la cui eccessiva genericità, evidenziata in precedenza, è foriera di due possibili distorsioni: la non applicazione o applicazioni arbitrarie18.
3) La competenza disciplinare
L’innovazione più rilevante dell’art.10 della l. n. 240/10 è rappresentata dal decentramento del potere disciplinare presso i singoli Atenei.
Il predetto art.10 distingue due tipologie procedimentali:
-
per i fatti che possano dar luogo all’irrogazione di sanzione non superiore alla censura il Rettore avvia il procedimento disciplinare, ne conduce l’istruttoria e lo conclude con l’archiviazione o l’irrogazione della sanzione;
-
per i fatti che possano dar luogo all’irrogazione di sanzione più grave della censura il Rettore entro trenta giorni dalla conoscenza degli stessi trasmette gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata proposta; il collegio di disciplina, uditi il Rettore o un suo delegato, nonché il professore o il ricercatore sottoposto ad azione disciplinare, entro trenta giorni esprime parere sulla proposta avanzata dal Rettore, sia in relazione alla rilevanza disciplinare dei fatti, sia in relazione al tipo di sanzione da irrogare, e trasmette gli atti al consiglio di amministrazione, che entro trenta giorni infligge la sanzione o dispone l’archiviazione conformemente al parere espresso dal collegio di disciplina.
Emerge l’attribuzione da parte della legge Gelmini delle competenze in materia disciplinare ad organi interni alla struttura del singolo Ateneo, vale a dire il Rettore, il collegio di disciplina e il consiglio di amministrazione: al Rettore è attribuito il potere di iniziativa del procedimento e di proposta, nonché, limitatamente alle condotte punibili con la censura, anche di irrogazione della sanzione; al collegio di disciplina è demandata (nell’ipotesi di condotte suscettibili di dar luogo all’irrogazione di sanzioni più gravi della censura) l’attività istruttoria del procedimento e consultiva circa l’esito dello stesso, dovendo formulare un parere conclusivo vincolante; il consiglio di amministrazione, infine, è titolare del potere di infliggere la sanzione, o di archiviare il procedimento, conformemente al parere vincolante espresso dal collegio di disciplina.
La giurisprudenza ha ritenuto tale operazione di decentramento disciplinare costituzionalmente legittima, in quanto diretta attuazione del principio di autonomia universitaria enunciato dall’art.33 della Costituzione19.
Dal vigente quadro normativo discende, pertanto, che al Rettore spetta sempre l’avvio del procedimento disciplinare e, limitatamente alle condotte punibili con la censura, la sua competenza ricomprende anche le altre fasi del procedimento fino alla sua conclusione20.
Per quanto concerne il collegio di disciplina, la legge si limita a stabilire che è composto esclusivamente da professori e ricercatori universitari a tempo pieno (art.10, co. 1 della l. n. 240/10), ma non contiene alcuna previsione circa il numero, la durata del mandato e le modalità di individuazione dei componenti. La regolazione di tali profili è demandata dal citato art.10, co. 1 agli statuti degli Atenei.
La dottrina ha espresso critiche e perplessità sul sistema di competenze sinteticamente descritto con riferimento alla dicotomia tra le due tipologie procedimentali, al potere del Rettore e all’immunità di quest’ultimo.
Sotto il primo profilo è stata evidenziata la difficoltà e l’opinabilità di un’anticipazione prognostica circa la sanzione da irrogare21. Il tribunale amministrativo lombardo ha, invece, ritenuto il riparto di competenze dell’art.10 della l. n. 240/10 ragionevole, in quanto rappresenta un punto di equilibrio tra le esigenze di celerità per i fatti che potrebbero condurre all’irrogazione della censura e di maggiore approfondimento per i fatti più gravi22.
Per quanto concerne il secondo profilo, è stato prospettato il rischio di eccessivo rafforzamento del potere del Rettore, in quanto motore di ogni azione disciplinare e gestore dell’intero procedimento per i fatti sanzionabili con la censura23.
La dottrina ha, inoltre, rilevato che l’art.10 della l. n. 240/10 non contempla l’ipotesi in cui il soggetto potenzialmente destinatario dell’azione disciplinare sia proprio il Rettore, che, in quanto esclusivo titolare dell’azione disciplinare, difficilmente instaura e prosegue un procedimento disciplinare nei propri confronti24. Per ovviare a tale lacuna l’Atto d’indirizzo ministeriale del 14 maggio 201825, adottato a seguito dell’aggiornamento 2017 al Piano nazionale anticorruzione 2016, approvato dall’Autorità nazionale anticorruzione con delibera n. 1208 del 22 novembre 201726, ha raccomandato gli Atenei di prevedere nei propri statuti l’attribuzione del potere disciplinare in simili casi al decano.
Circa i collegi disciplina la dottrina ha prospettato due possibili rischi: la fissazione negli statuti di meccanismi di scelta dei componenti, che rendono i collegi medesimi pericolosamente vicini al Rettore e dallo stesso controllabili27; i possibili comportamento collusivi, o comunque benevoli, da parte dei componenti rispetto ai colleghi autori di illeciti disciplinari28. Il citato atto ministeriale del maggio 2018 ha raccomandato, a tal proposito, gli Atenei di prevedere anche la presenza di membri esterni nel collegio di disciplina29.
4) L’iter procedimentale
Delle due tipologie procedimentali ricordate nel paragrafo precedente l’art.10 della l. n. 240/10 non regola la prima (quella relativa ai fatti che possano dar luogo all’irrogazione di sanzione non superiore alla censura), per cui spetta agli statuti e ai regolamenti dei singoli Atenei l’individuazione delle fasi e dei termini.
La seconda tipologia è, invece, normata, ma in modo non troppo puntuale30. Lo studioso (o l’operatore) della materia disciplinare rimane colpito dal fatto che in nessun passaggio del citato art.10 si rinvenga la contestazione degli addebiti, atto di avvio di ogni procedimento disciplinare. Ma è indubbio che essa non possa mancare per due ragioni: 1) è l’atto indispensabile a instaurare il contraddittorio col soggetto incolpato31; 2) l’art.89, co. 6 del r.d. n. 1592/33 (non abrogato dalla legge Gelmini) dispone espressamente che all’incolpato deve essere fatta la contestazione degli addebiti e prefisso un termine per la presentazione delle sue deduzioni.
Ciò posto, sorge l’ulteriore problema di individuare il momento in cui deve essere effettuata, vale a dire se in sede di istruttoria preliminare del Rettore, o davanti al collegio di disciplina. E’ preferibile la prima soluzione32 anche alla luce della previsione dell’art.10, co. 2, secondo cui spetta al Rettore l’avvio del procedimento disciplinare.
Come per ogni normativa in materia disciplinare si pone, inoltre, il problema della natura perentoria, o ordinatoria, dei termini che cadenzano il procedimento.
Sicuramente è perentorio il termine dell’art.10, co. 5, che espressamente dispone l’estinzione del procedimento disciplinare ove entro centottanta giorni dalla data di avvio non intervenga la decisione finale da parte del consiglio di amministrazione33.
Qualche incertezza sussiste per il termine di avvio del procedimento (trenta giorni dalla conoscenza dei fatti da parte del Rettore) previsto dall’art.10, co. 2. E’ condivisibile quella giurisprudenza secondo cui la perentorietà del solo termine conclusivo sarebbe priva di significato se non fosse perentorio anche quello di avvio del procedimento34. In altre parole, ritenere perentorio soltanto il termine finale e non anche quello iniziale esporrebbe ad una tendenziale indeterminatezza l’intero procedimento (e pure lo stesso termine finale).
Devono ritenersi ordinatori i termini infraprocedimentali previsti dall’art.10, commi 2 e 3: trenta giorni per l’emissione del parere da parte del collegio di disciplina; trenta giorni per l’adozione del provvedimento conclusivo da parte del consiglio di amministrazione35.
Conclusioni
Dalle criticità descritte nei paragrafi precedenti emerge la necessità di un intervento del legislatore, che, anzitutto, dovrebbe, ad avviso di chi scrive, riunire nel medesimo testo normativo i profili sostanziali e procedurali della materia.
Per quanto concerne i primi, è indispensabile un’elencazione precisa e dettagliata dei comportamenti sanzionabili, come avviene da tempo nel lavoro privato e nel pubblico impiego privatizzato, nonché nella categoria non privatizzata dei magistrati ordinari36.
La potestà disciplinare, sebbene sia ricondotta nelle sue modalità di esercizio al potere amministrativo o all’autonomia negoziale, si risolve nell’inflizione di provvedimenti sanzionatori riconducibili alle sanzioni punitive propriamente dette, in virtù del carattere afflittivo e al tempo stesso intimidatorio37. Ne consegue che il principio di tassatività, se pur costituzionalizzato per l’illecito penale, va comunque considerato essenziale, in relazione all’affinità delle materie, anche per l’illecito disciplinare38.
Con riferimento ai profili procedurali è auspicabile un’unica tipologia procedimentale regolata in modo più puntuale rispetto all’art.10 della l. n. 240/10.
Non è da escludere, però, che perduri la precisa e costante negli anni volontà di non regolare la materia39.
Note
1 Cfr.: PASINI, Procedimenti disciplinari a carico di professori universitari, in Cons. St., 1982,II,411; TRIPI, I procedimenti disciplinari nei confronti dei docenti universitari, in Il lav. nelle p.a., 2004,967; VIOLA, Il regime disciplinare dei professori e ricercatori universitari, in CARINCI-TENORE-DAPAS-VIOLA, I professori universitari, Milano, 2010,165.
2 Cfr. C. Cost., 22 dicembre 1988 n. 1128, in Foro it., 1989,I,2710. Sulla portata della pronuncia della Corte Costituzionale cfr. TAR Lazio-Roma, sez. III-ter, 8 settembre 2023 n. 13684, in www.giustizia-amministrativa.it.
3 Cfr. MERLONI, L’ennesimo riordino del Consiglio nazionale universitario: un’occasione sprecata?, in Giorn. dir. amm., 2006,849.
4 Cfr.: VIOLA, Il procedimento disciplinare dei docenti universitari dopo la riforma Gelmini, in Il lav. nelle p.a., 2010,995; MAINARDI, Collegio di disciplina, codice etico e incompatibilità, in BROLLO-DE LUCA TAMAJO (a cura di), La riforma dell’Università tra legge e statuti, Milano, 2011,177; CAPECE, Le regole del procedimento disciplinare dei docenti universitari dopo la legge 30 dicembre 2010, n. 240, in www.amministrativamente.com, n. 1/2012; PORTALURI, Note de iure condendo sul procedimento disciplinare nei confronti dei docenti universitari, in www.federalismi.it, n. 1/2013; MATTARELLA, La responsabilità disciplinare dei docenti universitari dopo la legge Gelmini: profili sostanziali, in Giorn. dir. amm., 2013,97; CIMINI, Potere sanzionatorio e competitività nel sistema universitario italiano, in PICOZZA-POLICE (a cura di), Competizione e governance del sistema universitario, Torino, 2013,205; TENORE, Profili ricostruttivi del procedimento disciplinare nei confronti dei professori universitari a cinque anni dalla riforma Gelmini, in Giustamm.it, n. 4/2015; FERLUGA, I doveri dei professori e ricercatori universitari e il regime delle sanzioni tra norme disciplinari e codici etici, in Il lav. nelle p.a., 2016,457; FERLUGA, Riforma universitaria e responsabilità disciplinare dei docenti: problemi e criticità, in Lav. giur., 2021,362; PETTINELLI, Appunti sull’esercizio del potere disciplinare nei confronti del personale docente universitario, in Il lav. nelle p.a., 2022,189; LEGGIO, Responsabilità disciplinare e obblighi di ricerca e insegnamento: il “rendimento accademico” dei docenti universitari, in Giorn. dir. amm., 2023,539.
5 Cfr.: Cass., sez. lav., 25 maggio 2012 n. 8304, in Giust. civ. mass., 2012,5,669; TAR Lombardia-Milano, sez. I, 9 novembre 2021 n. 4282, in www.giustizia-amministrativa.it.
6 Cfr. PORTALURI, cit..
7 Cfr. TAR Campania-Napoli, sez. II, 26 aprile 2021 n. 2682, in www.giustizia-amministrativa.it.
8 Cfr. TAR Lazio-Roma, sez. III, 23 maggio 2006 n. 3754, in Foro amm. Tar, 2006,1726.
9 Cfr. TAR Lazio-Roma, sez. III, 24 giugno 2014 n. 6682, in www.giustizia-amministrativa.it.
10 Cfr. TAR Lazio-Roma, sez. III, 16 aprile 2018 n. 4167, in Lexitalia.it, n. 4/2018.
11 Cfr. TAR Lazio-Roma, sez. III, 13 maggio 2019 n. 5929, in www.giustizia-amministrativa.it.
12 Cfr. TAR Emilia Romagna-Bologna, sez. I, 31 dicembre 2020 n. 888, ivi, confermata da Cons. St., sez. VII, 28 giugno 2022 n. 5389, ivi.
13 Cfr. MAINARDI, cit., 183, il quale osserva che in materia disciplinare la legge Gelmini si è limitata ad un intervento di manutenzione dell’esistente.
14 Cfr.: ASARO-MANNOCCI, Università italiane: un codice etico per la comunità, in www.dirittoeprocesso.com, 2011; MIDIRI, I codici etici universitari dalla riforma Gelmini alla legge anticorruzione, in Jus, 2015,183.
15 Cfr.: TAR Lombardia-Milano, sez. IV, 5 marzo 2015 n. 643, in www.giustizia-amministrativa.it; TAR Campania-Napoli, sez. II, 3 maggio 2017 n. 2350, ivi; TAR Toscana, sez. I, 10 marzo 2022 n. 311, ivi.
16 Cfr.: MAINARDI, cit., 197; FERLUGA, cit., 2016,480.
17 Cfr. MATTARELLA, cit., 100, il quale riporta degli esempi concreti: a) quali situazioni giustificano l’assenza a lezione?; b) un professore può imporre agli studenti lo studio e, quindi, l’acquisto del proprio manuale o di una propria monografia?; c) un professore può ricevere uno studente nel proprio domicilio privato?; d) un professore a tempo definito, che esercita la professione forense, può assumere la difesa di un soggetto in lite col proprio Ateneo?
18 Cfr. TENORE, cit..
19 Cfr. TAR Lombardia-Milano, sez. IV, 18 marzo 2014 n. 692, in www.giustizia-amministrativa.it, confermata da Cons. St., sez. VI, 16 aprile 2015 n. 1968, in Foro amm., 2015,1121.
20 Cfr.: TAR Lombardia-Milano, sez. II, 23 maggio 2016 n. 1039, in www.giustizia-amministrativa.it; TAR Campania-Napoli, sez. II, 8 giugno 2020 n. 2251, ivi; TAR Campania-Napoli, sez. II, 26 aprile 2021 n. 2682, ivi; TAR Lazio-Roma, sez. III-ter, 17 luglio 2023 n. 12032, ivi.
21 Cfr. PORTALURI, cit..
22 Cfr. TAR Lombardia-Milano, sez. II, 23 maggio 2016 n. 1039, in www.giustizia-amministrativa.it.
23 Cfr.: PORTALURI, cit., che definisce il Rettore vero e proprio “signore della censura”; CIMINI, cit., 210; FERLUGA, cit., 2016,465.
24 Cfr.: VIOLA, Spigolature di legislazione universitaria: la sostanziale immunità disciplinare dei Rettori delle Università, in Il lav. nelle p.a., 2011,853; CIMINI, cit., 214; VIOLA, L’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti dei rettori dopo il nuovo atto di indirizzo del M.I.U.R. in materia di anticorruzione e trasparenza, in www.lavorodirittieuropa.it, n. 2/2018.
25 Cfr. Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Atto d’indirizzo 14 maggio 2018 n. 0000039, in www.miur.gov.it.
26 In www.anticorruzione.it.
27 Cfr. PORTALURI, cit..
28 Cfr.: MAINARDI, cit., 191; CIMINI, cit., 210.
29 Cfr. TAR Sicilia-Catania, sez. IV, 18 marzo 2023 n. 692, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui la presenza di componente esterno non è imposta da norme di legge, ma solo consigliata dall’atto di indirizzo ministeriale.
30 Cfr.: TENORE, cit.; Cons. St., sez. II, 19 giugno 2019 n. 1794, in www.giustizia-amministrativa.it.
31 Cfr. TENORE, Studio sul procedimento disciplinare nel pubblico impiego, Milano, 2021,380.
32 Cfr.: VIOLA, cit.; TENORE, cit.; FERLUGA, cit., 2016,468.
33 Cfr.: TAR Sardegna, sez. I, 21 dicembre 2015 n. 1212, in www.giustizia-amministrativa.it, confermata da Cons. St., sez. VI, 30 giugno 2021 n. 4927, ivi; Cons. St., sez. IV, 12 aprile 2019 n. 2379, ivi; TAR Emilia Romagna-Bologna, sez. I, 13 ottobre 2020 n. 612, ivi; TAR Piemonte, sez I, 20 ottobre 2021 n. 924, ivi; TAR Lazio-Roma, sez. III, 13 dicembre 2021 n. 12845, ivi; Cons. St., sez. VII, 9 marzo 2023 n. 2519, ivi.
34 Cfr.: TAR Emilia Romagna-Bologna, sez. I, 7 marzo 2014 n. 268, ivi; TAR Campania-Napoli, sez. II, 12 giugno 2015 n. 3191, ivi; TAR Lombardia-Milano, sez. III, 4 novembre 2016 n. 2024, ivi; TAR Toscana, sez. I, 15 ottobre 2019 n. 1356, ivi; TAR Puglia-Bari, sez. II, 7 luglio 2021 n. 1142, ivi; TAR Lombardia-Brescia, sez. I, 20 gennaio 2022 n. 54, ivi.
35 Cfr.: TAR Umbria, sez. I, 4 novembre 2020 n. 483, ivi; TAR Piemonte, sez I, 20 ottobre 2021 n. 924, in Il lav. nelle p.a., 2022,183 con nota di PETTINELLI; TAR Campania-Napoli, sez. II, 7 dicembre 2021 n. 7845, in www.giustizia-amministrativa.it; TAR Emilia Romagna-Bologna, sez. I, 22 novembre 2022 n. 929, ivi; TAR Lombardia-Brescia, sez. I, 6 febbraio 2023 n. 110, ivi.
36 Cfr.: CAVALLINI, Gli illeciti disciplinari dei magistrati ordinari prima e dopo la riforma del 2006, Padova, 2011; CAMPANELLI, Riflessioni e criticità sul sistema normativo in materia di responsabilità dei magistrati a poco più di dieci anni dall’entrata in vigore del d.lgs. 109/2016, in www.federalismi.it, n. 24/2017; SALVI, Le ragioni costituzionali dell’ordinamento disciplinare dei magistrati, in Dir. pen. proc., 2022,433.
37 Cfr. STACCA, La giuridificazione dell’etica delle formazioni sociali. Riflessioni sulla c.d. autodisciplina: in particolare il momento normativo e il momento sanzionatorio, in Dir. amm., 2015,537. In giurisprudenza cfr. CGARS, 28 gennaio 2022 n. 42, in www.giustizia-amministrativa.it.
38 In tal senso Cons. St., comm. spec., 5 aprile 2016 n. 864, in Foro amm.,2016,856.
39 Cfr. PORTALURI, cit..