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CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: retribuzione e ferie annuali minime garantite dal diritto dell’Unione.

CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA Sentenza nella causa C-385/17Torsten Hein / Albert Holzkamm GmbH & Co. KG

Durante le ferie annuali minime garantite dal diritto dell’Unione il lavoratore ha diritto alla sua retribuzione normale nonostante precedenti periodi di disoccupazione parziale.

Tuttavia, la durata di tali ferie annuali minime dipende dal lavoro effettivo prestato durante il periodo di riferimento, di modo che periodi di disoccupazione parziale possono avere l’effetto che tali ferie minime siano inferiori a quattro settimane.

Il sig. Torsten Hein è impiegato dalla società tedesca Holzkamm in qualità di addetto alle casseforme. Nel corso del 2015, il sig. Hein si è trovato in disoccupazione parziale e non ha prestato lavoro effettivo per 26 settimane, ossia la metà dell’anno. Durante i periodi di disoccupazione parziale, come nel caso del signor Hein, il rapporto di lavoro tra il datore di lavoro e il lavoratore continua, ma il lavoratore non presta lavoro effettivo per il suo datore di lavoro.

Tuttavia, secondo il contratto collettivo dell’edilizia, i lavoratori hanno diritto a ferie annuali di riposo di 30 giorni, indipendentemente dai periodi di disoccupazione parziale nel corso dei quali non hanno prestato lavoro effettivo. Pertanto, durante il 2015 e il 2016, il sig. Hein ha preso i 30 giorni di ferie maturati nel corso del 2015. Ciononostante, secondo tale contratto collettivo, i periodi di disoccupazione parziale sono presi in considerazione ai fini del calcolo della retribuzione versata a titolo delle ferie annuali, detta «indennità per ferie retribuite». La Holzkamm ha quindi calcolato l’importo da pagare al sig. Hein sulla base di una retribuzione oraria lorda inferiore alla retribuzione oraria normale, il che ha avuto come effetto una riduzione significativa dell’importo della sua retribuzione. Ritenendo che i periodi di disoccupazione parziale durante il periodo di riferimento non possano avere l’effetto di ridurre l’importo dell’indennità per ferie retribuite cui ha diritto, il sig. Hein si è rivolto all’Arbeitsgericht Verden (Tribunale del lavoro di Verden, Germania).

L’Arbeitsgericht Verden interpellala Corte di giustizia per sapere se una normativa nazionale che consente di prevedere, con contratto collettivo, che siano prese in considerazione le perdite di retribuzione che possano verificarsi durante il periodo di riferimento a causa di disoccupazione parziale, determinando una riduzione dell’indennità per ferie retribuite, sia conforme al diritto dell’Unione1.

Con sentenza, la Corte ricorda che, secondo il diritto dell’Unione, ogni lavoratore beneficia di un diritto alle ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Tale diritto unico è costituito da due aspetti, il diritto alle ferie annuali e quello all’ottenimento di un pagamento a tale titolo. Per quanto riguarda, in primo luogo, la durata di quattro settimane delle ferie annuali minime, la Corte ricorda che essa è basata sulla premessa che il lavoratore abbia effettivamente lavorato durante il periodo di riferimento.2

Pertanto, i diritti alle ferie annuali retribuite devono essere calcolati, in linea di principio, in funzione dei periodi di lavoro effettivo svolti in forza del contratto di lavoro. Così, poiché, nel corso del 2015, il sig. Hein non ha prestato lavoro effettivo per 26 settimane, risulta che egli abbia diritto, in forza del diritto dell’Unione, soltanto a due settimane di ferie (la durata esatta di tale periodo di ferie deve essere tuttavia determinata dall’Arbeitsgericht Verden). Nondimeno, il diritto dell’Unione disciplina soltanto la durata delle ferie annuali minime e non osta a che una normativa nazionale o un contratto collettivo concedano ai dipendenti un diritto alle ferie annuali retribuite di durata superiore e ciò, indipendentemente dal fatto che l’orario di lavoro dei dipendenti sia stato ridotto a causa di disoccupazione parziale.

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la retribuzione che deve essere versata al lavoratore a titolo del periodo di ferie annuali minime garantito dal diritto dell’Unione, la Corte ricorda che, per tale periodo, la retribuzione deve essere mantenuta. In altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo.3

Infatti, l’obbligo di pagare queste ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro. Se il lavoratore non ricevesse la retribuzione ordinaria, potrebbe essere indotto a non prendere le sue ferie annuali retribuite, almeno non durante i periodi di lavoro effettivo, poiché ciò determinerebbe, durante tali periodi, una diminuzione della sua retribuzione.

La Corte rileva, pertanto, che il fatto che un lavoratore in una situazione come quella del sig. Hein percepisca, per i giorni di ferie annuali garantiti dal diritto dell’Unione, una retribuzione che non corrisponde alla retribuzione ordinaria che egli percepisce durante i periodi di lavoro effettivo è in contrasto con il diritto dell’Unione. La Corte sottolinea, tuttavia, che il diritto dell’Unione non richiede che la retribuzione ordinaria sia concessa per tutta la durata delle ferie annuali di cui il dipendente beneficia in forza del diritto nazionale.

Il datore di lavoro è tenuto a concedere tale retribuzione soltanto per la durata delle ferie annuali minime previste dal diritto dell’Unione, ove tali ferie sono maturate dal dipendente soltanto per i periodi di lavoro effettivo. In una controversia come quella del caso di specie, che vede opposti due privati, il giudice nazionale è tenuto a interpretare la sua normativa interna in modo conforme al diritto dell’Unione.4

Una siffatta interpretazione dovrebbe comportare che l’indennità per ferie retribuite versata ai lavoratori, a titolo delle ferie minime previste dal diritto dell’Unione, non sia inferiore alla media della retribuzione ordinaria percepita da questi ultimi durante i periodi di lavoro effettivo. Per contro, il diritto dell’Unione non obbliga a interpretare la normativa nazionale nel senso che essa conferisca una gratifica in via convenzionale che si aggiunga a tale media della retribuzione ordinaria, né a prendere in considerazione la retribuzione percepita per ore di straordinario, a meno che gli obblighi derivanti dal contratto di lavoro non richiedano al lavoratore di svolgere ore di straordinario con carattere ampiamente prevedibile e abituale, e la cui retribuzione costituisca un elemento significativo della sua retribuzione complessiva.

Per quanto riguarda gli effetti nel tempo della sentenza odierna, la Corte ricorda che l’interpretazione da essa fornita di una norma di diritto dell’Unione chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata sin dal momento della sua entrata in vigore.

Ne discende che le norme del diritto dell’Unione in materia di ferie annuali, come interpretate nella sentenza, possono e devono essere applicate dal giudice nazionale anche a rapporti giuridici sorti e costituiti in passato, se sussistono i presupposti per sottoporgli una lite relativa all’applicazione di dette norme.

La Corte rileva che non occorre limitare nel tempo gli effetti della sentenza odierna, poiché la condizione relativa alle gravi ripercussioni economiche non è soddisfatta. La Corte precisa inoltre che il diritto dell’Unione osta anche i giudici nazionali tutelino, sulla base del diritto interno, il legittimo affidamento dei datori di lavoro riguardo al mantenimento della giurisprudenza degli organi giurisdizionali nazionali di ultima istanza che confermava la legittimità delle disposizioni in materia di ferie retribuite del contratto collettivo dell’edilizia.

1 Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003 L 299, pag. 9) nonché l’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
2 V. sentenza della Corte del 4 ottobre 2018, Dicu (C-12/17; v.comunicato stampa n.149/18).
3 V. sentenze della Corte del 16 marzo 2006, Robinson-Steele e a. (C-131/04 eC-257/04; v.comunicato stampa n .24/06), nonché del 15 settembre 2011, Williams e a. (C-155/10; v.comunicato stampa n.90/11).
4 Infatti, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo,come la Holzkamm,e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti.

Nota: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.

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