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CORTE COSTITUZIONALE: Rinvio del processo penale durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19 – sospensione della prescrizione.

Corte Costituzionale

 

Rinvio del processo penale durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19 – sospensione della prescrizione

 

CORTE COSTITUZIONALE   25 maggio – 6 luglio 2021 SENTENZA N. 140

 

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo  penale  -  Misure  urgenti  per   contrastare   l'emergenza
  epidemiologica  da  COVID-19  nel   settore   della   giustizia   -
  Sospensione del termine di prescrizione anche  per  fatti  commessi
  prima del 9 marzo 2020  -  Denunciata  violazione  del  divieto  di
  retroattivita'  della  norma   penale   sfavorevole   -   Manifesta
  infondatezza della questione. 
Processo  penale  -  Misure  urgenti  per   contrastare   l'emergenza
  epidemiologica  da  COVID-19  nel   settore   della   giustizia   -
  Sospensione del termine di prescrizione anche  per  fatti  commessi
  prima del 9 marzo 2020 -  Termine  massimo  fissato  in  base  alle
  misure organizzative adottate dal  capo  dell'ufficio  giudiziario,
  comunque non oltre il 30 giugno 2020 - Violazione del principio  di
  legalita' della pena - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con  modificazioni,
  nella legge 24 aprile 2020, n. 27, art. 83, commi 4 e 9. 
- Costituzione, artt. 3, 25,  secondo  comma,  e  117,  primo  comma;
  Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
  liberta' fondamentali, art. 7. 

(GU n.27 del 7-7-2021 )

  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 83, commi  4
e 9, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di  potenziamento
del  Servizio  sanitario  nazionale  e  di  sostegno  economico   per
famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza  epidemiologica
da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella  legge  24  aprile
2020, n. 27, promossi complessivamente  dal  Tribunale  ordinario  di
Paola con ordinanza del 16 luglio 2020, dal  Tribunale  ordinario  di
Spoleto con ordinanza del 27 maggio 2020, dal Tribunale ordinario  di
Roma con ordinanza del 18 giugno 2020 e dal  Tribunale  ordinario  di
Crotone  con  ordinanza  del  19  giugno  2020,  ordinanze  iscritte,
rispettivamente, ai numeri 133, 152, 159 e 165 del registro ordinanze
2020 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  numeri
40, 45, 47 e 49 prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti l'atto di costituzione  di  P.  G.,  nonche'  gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 25 maggio 2021 e nella camera  di
consiglio del 26 maggio 2021 (anticipata  al  giorno  precedente)  il
Giudice relatore Giovanni Amoroso; 
    uditi gli avvocati Franco Rossi Galante e Paola Boccardi  per  P.
G. e l'avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 maggio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 16 luglio 2020, iscritta al r.o. n. 133 del
2020, il Tribunale ordinario di Paola ha  sollevato,  in  riferimento
agli  artt.  3,  25,  secondo  comma,  e  117,  primo  comma,   della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 7 della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva  con  legge  4  agosto  1955,  n.  848,  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  83,  commi  4   e   9,   del
decreto-legge 17 marzo 2020,  n.  18  (Misure  di  potenziamento  del
Servizio sanitario nazionale e di sostegno  economico  per  famiglie,
lavoratori  e  imprese  connesse  all'emergenza   epidemiologica   da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020,
n. 27. 
    Il rimettente censura innanzi tutto l'art. 83, comma 4, del  d.l.
citato, nella parte in cui prevede che il  corso  della  prescrizione
dei reati commessi prima del 9 marzo 2020  rimanga  sospeso,  per  un
periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini  per  il
compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali. 
    Censura, altresi', l'art. 83, comma 9, del d.l. n. 18  del  2020,
nella parte in cui prevede che il corso della prescrizione dei  reati
commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso  per  un  periodo  di
tempo pari a quello in cui il procedimento  e'  rinviato  sulla  base
delle misure organizzative adottate dai capi degli uffici  giudiziari
ai sensi del precedente comma 7, e, in ogni caso,  non  oltre  il  30
giugno 2020. 
    Il giudice a quo riferisce di procedere nei confronti di  P.  G.,
R. M. G., G. M., R. A. R. e C. F., imputati del delitto di  cui  agli
artt. 113 e 589 del codice penale consumatosi il 19  maggio  2012  in
danno di V. G., nell'esercizio della professione medica. 
    In via  preliminare,  il  rimettente  rileva  che  la  disciplina
prevista ai commi 1 e 2 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del  2020,  ruota
attorno a un duplice asse: da una parte, la necessita' di  sospendere
tutte le attivita' processuali allo scopo di  ridurre  al  minimo  le
forme  di  contatto   personale   che   favoriscono   il   propagarsi
dell'epidemia; dall'altra, l'esigenza di neutralizzare  ogni  effetto
negativo che il  massivo  differimento  delle  attivita'  processuali
disposto al comma  1  avrebbe  potuto  dispiegare  sulla  tutela  dei
diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali. 
    In particolare, il comma 4 del citato art. 83 prevede che  «[n]ei
procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai  sensi
del comma 2» e' altresi' sospeso, «per lo stesso  periodo,  il  corso
della prescrizione». Con tale norma il legislatore ha  istituito  uno
stretto legame tra  la  sospensione  dei  termini  processuali  e  la
sospensione del corso della prescrizione, ancorando quest'ultima alla
prima, sia per quel che concerne i presupposti applicativi,  sia  per
quel che riguarda l'estensione temporale. 
    Pertanto, laddove siano sospesi i termini per  il  compimento  di
qualsiasi attivita' processuale, e' parimenti sospeso il corso  della
prescrizione, per un periodo di tempo, sempre fisso  e  prestabilito,
che intercorre tra il 9 marzo e l'11 maggio 2020, pari a  complessivi
sessantaquattro giorni. 
    A tale sospensione  deve  poi  essere  aggiunta  quella  prevista
dall'art. 83, comma 9, del d.l. n. 18 del  2020.  Tale  disposizione,
parimenti  censurata  dal  giudice  rimettente,   prevede   che   nei
procedimenti penali il corso della prescrizione rimane sospeso per il
tempo in cui il procedimento  e'  rinviato  ai  sensi  del  comma  7,
lettera g), dello stesso articolo, e, in  ogni  caso,  non  oltre  un
termine massimo, originariamente individuato nel 30 giugno 2020,  poi
differito al 31 luglio 2020, ed, infine,  nuovamente  fissato  al  30
giugno 2020, per effetto dell'abrogazione della disposizione che tale
differimento aveva previsto (legge 25 giugno  2020,  n.  70,  recante
«Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile
2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalita' dei  sistemi
di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure
urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonche' disposizioni
integrative e  di  coordinamento  in  materia  di  giustizia  civile,
amministrativa e contabile e misure urgenti  per  l'introduzione  del
sistema di allerta Covid-19»). 
    In particolare, il suddetto comma 7, lettera g), indica,  tra  le
misure organizzative adottabili dai capi degli uffici giudiziari, per
contrastare l'emergenza epidemiologica per il periodo dal  12  maggio
al 30 giugno 2020, la previsione del  rinvio  delle  udienze  a  data
successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le
eccezioni indicate al precedente comma 3. 
    Con riguardo alla  non  manifesta  infondatezza,  in  riferimento
all'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020, il rimettente  ritiene
di condividere  -  richiamandole  testualmente  -  le  argomentazioni
espresse dal Tribunale ordinario di  Crotone  nell'ordinanza  del  19
giugno 2020, iscritta al r.o. n. 165  del  2020,  con  cui  e'  stata
sollevata analoga questione di legittimita' costituzionale. 
    Con riguardo, poi, alla questione di costituzionalita'  dell'art.
83, comma 9, del d.l. n. 18  del  2020,  il  rimettente  richiama  le
considerazioni  svolte  relativamente  all'art.  83,  comma  4,   del
medesimo d.l., in merito alla  violazione  degli  artt.  25,  secondo
comma, e 117, primo comma, Cost. in relazione all'art. 7 CEDU. 
    Con  specifico  riferimento   alla   violazione   del   parametro
costituzionale dell'art.  3  Cost.,  afferma  inoltre  che  la  norma
censurata  determina  disparita'  di   trattamento   sul   territorio
nazionale, conseguente all'adozione, soltanto  eventuale,  di  misure
organizzative volte al rinvio dei procedimenti da parte dei capi  dei
singoli  uffici  giudiziari;  in  tal  modo  la   sospensione   della
prescrizione sarebbe rimessa alla discrezionalita' degli stessi e dei
giudici che debbano adeguarsi ai detti provvedimenti organizzativi. 
    1.2.- Con atto del 20 ottobre 2020, e' intervenuto in giudizio il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto  alla  Corte  di
dichiarare le questioni non fondate. 
    In  particolare,  la  difesa  statale  rileva  che   non   appare
censurabile la disposizione di cui all'art. 83, comma 4, del d.l.  n.
18  del  2020,  poiche'  e'  giustificata  dal  rinvio  dei   termini
processuali e delle udienze che, a causa della pandemia da  COVID-19,
ha comportato la  sostanziale  paralisi  di  fatto  dei  procedimenti
penali. 
    Si tratterebbe, infatti, di una causa di sospensione che e' stata
introdotta da una legge eccezionale e  temporanea  da  applicarsi  ai
procedimenti penali in corso,  forzatamente  sospesi,  e,  in  quanto
tale, necessariamente con efficacia retroattiva. 
    La difesa dello Stato ritiene, altresi', infondato il  dubbio  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9, del  d.l.  n  18
del 2020, in  quanto  le  disparita'  di  trattamento,  asseritamente
derivanti  dall'esercizio  del  potere  di   rinvio   delle   udienze
riconosciuto ai capi degli uffici giudiziari dall'art. 83,  comma  7,
lettera g), del d.l. n. 18 del 2020, sono funzionali al perseguimento
della finalita', della cui ragionevolezza non e' lecito dubitare,  di
approntamento di uno strumento  flessibile  di  controllo  permanente
circa la parziale ripresa, in condizioni di relativa sicurezza, delle
attivita' processuali. 
    1.3.- Con atto depositato il 14 ottobre 2020, si e' costituita in
giudizio P. G., imputata nel giudizio principale, che  ha  chiesto  a
questa Corte  di  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  delle
disposizioni censurate. 
    Rileva che  l'art.  83,  comma  4,  del  d.l.  n.  18  del  2020,
introdotto  nel  contesto  emergenziale,  incide  sul  regime   della
prescrizione, modificandone la disciplina retroattivamente, in quanto
si introduce un'ipotesi di sua sospensione (ex se pregiudizievole per
l'imputato) ulteriore per fatti commessi anche prima dell'entrata  in
vigore della norma, in contrasto, attesa la natura sostanziale  della
prescrizione, con il principio di legalita' e,  nello  specifico,  di
quello dell'irretroattivita' della legge penale, garantito  dall'art.
25, secondo comma, Cost. e dall'art. 7 CEDU. 
    Quanto alla questione relativa al comma 9 dello stesso  art.  83,
nell'atto di costituzione si afferma che tale  disposizione  presenta
profili di illegittimita' costituzionale analoghi e  anche  ulteriori
rispetto a quelli argomentati con riferimento al precedente comma  4,
non essendo la  fattispecie  riconducibile  all'art.  159  cod.  pen.
perche' non sarebbe ravvisabile alcuna  ipotesi  di  sospensione  del
processo prevista  dalla  legge,  ma  solo  un  discrezionale  rinvio
d'ufficio del processo. 
    La norma, inoltre, mostrerebbe ulteriori aspetti critici  per  la
irragionevole ed illogica discrezionalita' lasciata ai  singoli  capi
degli uffici giudiziari ed ai singoli giudici circa  la  possibilita'
di rinviare d'ufficio le udienze con sospensione  della  prescrizione
addirittura fino al 30 giugno 2020. 
    La norma censurata, oltre ad incidere retroattivamente sul regime
della prescrizione, affida ai capi degli uffici giudiziari e, poi, ai
singoli giudici, la possibilita' di rinviare,  arbitrariamente  e  in
maniera disomogenea  sia  su  base  nazionale,  sia  nell'ambito  del
medesimo ufficio giudiziario, per ragioni meramente organizzative, le
udienze, con contestuale  sospensione  del  decorso  del  termine  di
prescrizione. 
    Con memoria depositata in data 9 aprile 2021, la difesa di P. G.,
in considerazione della intervenuta  sentenza  n.  278  del  2020  di
questa Corte, insiste in  particolare  nell'affermare  la  fondatezza
delle censure del giudice  rimettente  con  riferimento  al  comma  9
dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020. 
    2.- Con ordinanza del 27 maggio 2020, iscritta al r.o. n. 152 del
2020, il Tribunale ordinario di Spoleto ha sollevato, in  riferimento
agli artt. 25, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., in relazione
all'art. 7 CEDU, questioni di legittimita' costituzionale,  dell'art.
83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020, convertito nella  legge  n.  27
del 2020, come modificato dall'art. 36  del  decreto-legge  8  aprile
2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso  al  credito  e  di
adempimenti fiscali per le imprese, di poteri  speciali  nei  settori
strategici, nonche' interventi in materia  di  salute  e  lavoro,  di
proroga di termini  amministrativi  e  processuali)  convertito,  con
modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40. 
    Le questioni di legittimita' costituzionale sarebbero,  pertanto,
rilevanti poiche' la nuova ipotesi di sospensione della  prescrizione
costituisce l'unico ostacolo, nel giudizio a quo,  alla  possibilita'
di emettere una sentenza di non doversi procedere  ex  art.  129  del
codice di procedura penale, considerata l'assenza dei presupposti per
l'emissione di una sentenza di immediato proscioglimento nel merito. 
    In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene  il
contrasto della disposizione censurata  con  gli  artt.  25,  secondo
comma, e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 7 CEDU. 
    La formulazione della  disposizione  e'  tale  da  dovere  essere
intesa nel senso che la sospensione operi per  tutti  i  procedimenti
penali pendenti e quindi anche per quelli, come quello in esame,  che
non hanno subito un rinvio d'ufficio, ai sensi del comma 1  dell'art.
83, o che hanno ad oggetto  fatti  di  reato  commessi  anteriormente
all'entrata in vigore del d.l. n. 18 del 2020. 
    Il rimettente, nel richiamare in particolare la  sentenza  n.  32
del  2020  di  questa  Corte,  afferma  che,  in  mancanza   di   una
preesistente  normativa,  la  nuova  ipotesi   di   sospensione   dei
procedimenti e dei termini per il compimento di atti  processuali,  a
differenza di quelle disciplinate dall'art. 159 cod.  pen.,  non  era
prevedibile e quindi non puo' avere efficacia  retroattiva  in  malam
partem. 
    Sussiste quindi la violazione del principio di legalita',  recato
dal parametro interno al pari di quello convenzionale. 
    2.1.- Con atto depositato il 24 novembre 2020, e' intervenuto nel
presente  giudizio  il  Presidente  del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale, chiedendo alla Corte
di dichiarare la questione manifestamente infondata. 
    Dopo aver precisato che la disposizione censurata  introduce  una
vera e propria sospensione dei procedimenti  penali,  atteso  che  in
cio' si traduce la sospensione  dei  termini  per  il  compimento  di
qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali,  la  difesa  statale
afferma che  non  v'e'  dubbio,  visto  il  tenore  della  previsione
censurata, che la sospensione  della  prescrizione  operi  anche  con
riferimento ai reati commessi in data anteriore all'entrata in vigore
del decreto-legge in parola. 
    La difesa statale osserva che non vi sono ragioni  per  escludere
che  la  previsione  legale  della  sospensione   del   procedimento,
richiamata dall'art. 159 cod. pen., sia anche quella introdotta  dopo
la commissione del fatto, per far fronte a circostanze eccezionali  e
imprevedibili,  tra  cui  l'emergenza   sanitaria   in   corso,   che
impediscano  forzatamente  il  regolare  svolgimento   dell'attivita'
giudiziaria. E cio' non comporterebbe alcuna violazione del principio
di cui all'art. 25, secondo comma, Cost. 
    La legge vigente al tempo del fatto, ossia l'art. 159 cod.  pen.,
gia' prevedeva la possibilita' di una  sospensione  del  corso  della
prescrizione nell'eventualita' in cui una disposizione di legge, come
l'art.  83,  comma  4,  del  d.1.  n.  18  del  2020,  stabilisse  la
sospensione del procedimento. 
    Infine, la circoscritta operativita' dell'indicata sospensione ad
un arco temporale ristretto deporrebbe per l'assoluta  ragionevolezza
e proporzionalita' della disciplina. 
    3.- Con ordinanza del 18 giugno 2020, iscritta al r.o. n. 159 del
2020, il Tribunale ordinario di Roma  ha  sollevato,  in  riferimento
all'art.  25,  secondo  comma,  Cost.,  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art 83,  comma  4,  del  d.l.  n.  18  del  2020,
convertito, con modificazioni, nella legge n. 27  del  2020,  nonche'
del successivo comma 9 dello stesso  art.  83,  nella  parte  in  cui
prevede una causa di sospensione della prescrizione sulla base di  un
provvedimento   giudiziario   autorizzato   da    un    provvedimento
organizzativo  del  capo   dell'ufficio   giudiziario.   Quest'ultima
disposizione  e'  stata  anche  censurata,  in  via  subordinata,  in
riferimento all'art. 3 Cost., sotto il profilo della  violazione  del
principio di ragionevolezza, in quanto ricollega la sospensione della
prescrizione  al  mero  provvedimento  di   rinvio,   anziche'   alla
sospensione del processo sino alla data di rinvio. 
    3.1.- In punto di  rilevanza,  il  giudice  a  quo  riferisce  di
procedere nei confronti di B. A. per il reato  di  cui  all'art.  648
cod. pen., commesso il 30 marzo 2010 e che, in mancanza  del  periodo
di sospensione introdotto dalla norma censurata, i termini massimi di
prescrizione del reato sarebbero decorsi il 30 maggio 2020. 
    Il giudice rimettente rileva, tuttavia, che dal  9  marzo  al  12
maggio 2020, il corso della prescrizione e' stato  sospeso  ai  sensi
del comma 4 dell'art. 83 citato, e, inoltre, riferisce che in data 20
aprile 2020 il Presidente del Tribunale ha adottato il  provvedimento
organizzativo con il quale e'  stato  altresi'  previsto  il  rinvio,
oltre il 31 luglio 2020, di  tutti  i  processi  non  rientranti  tra
quelli per i quali e' stata ritenuta possibile la trattazione  e  con
sospensione dei termini di prescrizione, ai sensi del comma  9  dello
stesso  art.  83,  sino  al  30  giugno  2020  (essendo  venuta  meno
l'indicazione nel 31 luglio 2020 del dies ad quem della sospensione). 
    Pertanto,  in  virtu'  dell'applicazione  delle  due   cause   di
sospensione della prescrizione (quella prevista dal comma 4 dell'art.
83 e quella contemplata dal successivo comma 9), il rimettente rileva
che e' preclusa una sentenza di non doversi procedere per  estinzione
del  reato,  che  invece  si  imporrebbe  in  assenza  di  tali   due
disposizioni, della cui legittimita' egli dubita. 
    Inoltre, il giudice a quo riferisce di non poter pervenire ad una
pronuncia  favorevole  all'imputato   sulla   base   delle   evidenze
processuali sinora emerse dall'istruttoria dibattimentale, di cui da'
conto. 
    3.2.- In punto di non manifesta infondatezza,  il  rimettente  si
sofferma sul principio di  irretroattivita'  delle  norme  penali  di
sfavore e della sua incidenza sull'istituto  della  prescrizione  del
reato. 
    Dopo aver precisato che  la  ratio  dell'istituto  e'  quella  di
stabilire un limite temporale massimo alla punibilita' del reato, si'
da assicurare al reo il cosiddetto diritto all'oblio, rileva  che  le
norme che disciplinano i termini di prescrizione del reato  rientrano
nell'alveo del principio di legalita' di  cui  all'art.  25,  secondo
comma, Cost., che comporta la  tassativita'  e  la  precisione  della
norma penale e la sua non retroattivita' in mala partem. 
    Il rimettente  richiama,  in  particolare,  l'orientamento  della
Corte EDU secondo cui l'istituto della prescrizione e le norme che ne
regolano il funzionamento hanno natura processuale e  come  tali  non
sono soggette al principio di irretroattivita'  della  legge  penale,
mentre  secondo  il  consolidato  orientamento  di  questa  Corte  la
prescrizione del reato, afferendo alla punibilita' dello  stesso,  e'
istituto  di  diritto  penale  sostanziale,   e   pertanto   soggetto
all'inderogabile principio di irretroattivita'. 
    Inoltre,   nel   condividere   la   natura   sostanziale    della
prescrizione, osserva che se, da un lato, non si puo' dubitare che la
definizione in termini chiari  ed  inequivoci  del  tempo  necessario
perche' il reato si estingua per prescrizione debba  essere  soggetta
allo statuto di garanzia proprio della norma  penale  incriminatrice,
d'altro canto l'istituto  della  sospensione  della  prescrizione  e'
piuttosto correlato alle vicende del processo penale. 
    In particolare, il  rimettente  osserva  -  in  riferimento  alla
seconda disposizione censurata (comma 9 dell'art. 83 del d.l.  n.  18
del 2020) - che,  dopo  la  previsione  della  sospensione  di  tutta
l'attivita' giudiziaria prevista dall'art. 83, commi 1 e 2, il  comma
6 del medesimo articolo ha previsto il potere-dovere dei  capi  degli
uffici giudiziari di adottare misure organizzative,  «anche  relative
alla trattazione degli affari», al fine  di  contrastare  l'emergenza
epidemiologica da COVID-19 e contenere  gli  effetti  negativi  sullo
svolgimento dell'attivita' giudiziaria per il periodo compreso tra il
12 maggio e il 30 giugno 2020 (essendo venuto meno il differimento al
31 luglio 2020). 
    Il successivo comma 7 ha espressamente previsto,  tra  le  misure
organizzative che  devono  essere  adottate  dai  capi  degli  uffici
giudiziari, la possibilita' di prevedere il rinvio delle  udienze,  a
data successiva al 30 giugno 2020, nei procedimenti civili e  penali,
con le eccezioni di cui al comma 3. 
    Al riguardo il giudice a  quo  osserva  che  la  norma  censurata
(comma  9  dell'art.  83  del  d.l.  n.  18  del  2020)  si  pone  in
irrimediabile contrasto con  i  principi  di  riserva  di  legge,  di
tassativita' e di determinatezza della norma penale nella  misura  in
cui ancora  la  sospensione  del  corso  della  prescrizione  ad  una
disposizione  (eventuale)  contenuta  nei  plurimi  e   differenziati
provvedimenti organizzativi dei capi degli uffici  giudiziari,  sulla
scorta dei quali il singolo giudice e' legittimato a rinviare  alcuni
procedimenti oltre la data del 30 giugno 2020. 
    Il rimettente ritiene  che  la  possibilita'  di  trattazione  in
udienza di tutti i procedimenti  gia'  pendenti  nell'arco  temporale
compreso tra il 12 maggio e il  30  giugno,  ovvero  l'individuazione
della data di rinvio oltre il 30 giugno 2020, sono circostanze legate
ad una serie di fattori contingenti al  singolo  ufficio  giudiziario
(quali le dimensioni degli uffici e il connesso carico di lavoro,  la
logistica dell'edilizia giudiziaria che possa piu' o meno  consentire
il rispetto delle norme di distanziamento sociale, il carico di ruolo
del  singolo  ufficio  giudicante,  nonche'  la   stessa   differente
manifestazione dell'epidemia da COVID-19 sul  territorio  nazionale),
con  inevitabile  discrezionalita'  del  singolo  capo   dell'ufficio
giudiziario ovvero del singolo giudice: il  provvedimento  di  rinvio
del  processo,  ancorche'  legittimo,   scontera'   pur   sempre   un
inevitabile tasso di discrezionalita' per la  situazione  particolare
del singolo ufficio. 
    Tale differente trattamento, ad avviso del giudice a quo,  se  in
astratto puo' sottrarsi alla  censura  di  irragionevolezza,  potendo
ritenersi ragionevole una differente gestione dell'emergenza da parte
dei singoli uffici giudiziari, in alcun modo puo' valere quale deroga
al principio di tassativita' e  determinatezza  della  norma  penale.
Tale principio - secondo il giudice rimettente - sarebbe  violato  in
quanto i processi da rinviare non sono previsti  in  modo  preciso  e
tassativo per l'inevitabile incidenza  di  ragioni  organizzative  in
relazione ai differenti uffici e  al  carico  di  ruolo  del  singolo
magistrato giudicante. 
    Inoltre, la previsione della sospensione  della  prescrizione  di
cui al  censurato  comma  9  dell'art.  83,  diversamente  da  quanto
previsto dal precedente comma 4, non sarebbe peraltro neppure legata,
almeno espressamente, ad alcuna ipotesi di sospensione del processo. 
    3.3.- Con atto depositato il 9 dicembre del 2020, e'  intervenuto
in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura, chiedendo a questa  Corte  di  dichiarare  le
questioni non fondate. 
    In primo luogo, si evidenzia  che  le  questioni  debbano  essere
dichiarate non fondate essendo nel frattempo intervenuta la  sentenza
n. 278 del 2020 di questa Corte. 
    Per quanto concerne l'art. 83, comma 9, del d.l. n. 18 del  2020,
l'interveniente richiama  la  sentenza  della  Corte  di  cassazione,
sezione quinta penale, 14 settembre-9 novembre 2020, n. 31269, che ha
ritenuto  manifestamente  infondata  la  questione  di   legittimita'
costituzionale non solo del comma 4 dell'art. 83 del d.l. n.  18  del
2020, ma anche del successivo comma  9.  In  particolare,  la  difesa
statale osserva che il potere organizzativo  dei  capi  degli  uffici
trova fondamento  in  una  fonte  primaria,  che  vi  riconnette  una
sospensione del processo riconducibile alla norma  generale  prevista
dall'art. 159, primo comma, cod. pen. 
    In altri termini, ad avviso della difesa  statale,  il  comma  7,
lettera g), dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, ha rimesso ai  capi
degli uffici la ponderazione del grado di  sicurezza  per  la  salute
pubblica, rispetto alla ripresa dell'attivita' giudiziaria e, in caso
di perdurante rischio epidemiologico, ha previsto l'ultrattivita' del
regime di rinvio dei procedimenti penali e della connessa sospensione
della prescrizione, come prevista per la prima fase dal comma  4  del
medesimo  articolo.  La  sospensione  della  prescrizione   censurata
troverebbe la sua fonte nella legge  e  vede  nel  provvedimento  dei
dirigenti degli  uffici  la  condizione  per  l'ulteriore  estensione
temporale degli istituti emergenziali. 
    4.- Con ordinanza del 19 giugno 2020, iscritta al n. 165 r.o. del
2020, il Tribunale ordinario di Crotone, ha sollevato, in riferimento
agli artt. 25, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., in relazione
all'art. 7 CEDU, questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.
83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020, convertito, con  modificazioni,
nella legge n. 27 del 2020. 
    Il rimettente riferisce di procedere nei confronti di B. S. e  P.
G., imputati del delitto di cui agli artt. 56, 81,  110  e  629  cod.
pen., commessi tra l'estate del 2010 e il novembre del  2011,  e,  in
punto di rilevanza, afferma che il giudizio non puo' essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione delle questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'indicato art. 83, comma 4. 
    In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a  quo  rileva
che il  legislatore  ha  previsto  un'ipotesi  di  sospensione  della
prescrizione avente una particolare efficacia retroattiva, in  quanto
applicabile anche a tutti i fatti commessi prima della sua entrata in
vigore. 
    Il rimettente, dopo essersi soffermato sulla  natura  sostanziale
della prescrizione, ma in ogni caso riconoscendone una natura ibrida,
per le vicende processuali connesse al suo decorso, rileva che questa
causa di estinzione del reato e tutte le sue vicende  debbano  essere
ricondotte nell'alveo  applicativo  del  principio  di  legalita'  e,
dunque, le modifiche in peius  della  disciplina  della  prescrizione
possono  essere  applicate  solo  a  fatti  commessi  successivamente
all'entrata in vigore della disposizione censurata. 
    Ad avviso del rimettente, escludere il  divieto  di  applicazione
retroattiva dell'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del  2020  potrebbe
sembrare l'unica soluzione ragionevole per evitare di  vanificare  il
lodevole intento del legislatore; ma per giungere  a  tale  soluzione
sarebbe  necessario  approdare  ad  una  «processualizzazione»  della
sospensione dei termini di  prescrizione,  limitatamente  alla  norma
censurata. 
    Ma l'impossibilita' di individuare un parametro costituzionale di
riferimento a fondamento dell'ipotizzata «processualizzazione»  della
sospensione dei termini di prescrizione renderebbe  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma, 4, del  d.l.  n.  18
del 2020, fondata in riferimento ai parametri sopra indicati. 
    4.1.-  Con  atto  depositato  in  data  15  dicembre   2020,   e'
intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato   e    difeso    dall'Avvocatura,    concludendo    per
l'inammissibilita' o l'infondatezza delle questioni,  sulla  base  di
argomentazioni  gia'  espresse  con   riferimento   alle   precedenti
ordinanze di rimessione. 
    4.2.- Con ulteriore memoria del 3 maggio 2021, il Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  nel  ribadire   le   argomentazioni   gia'
precedentemente formulate, richiama,  a  sostegno  delle  ragioni  di
inammissibilita' e di non fondatezza della questione, la sentenza  n.
278 del 2020 di questa  Corte,  avente  ad  oggetto  la  disposizione
censurata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con le ordinanze di rimessione indicate in epigrafe (r.o.  n.
133, n. 152, n. 159 e n. 165  del  2020),  i  Tribunali  ordinari  di
Paola, Spoleto, Roma e Crotone sollevano  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 83, comma  4,  del  decreto-legge  17  marzo
2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale
e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e  imprese  connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),   convertito,    con
modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, nella parte in  cui
dispone la sospensione del termine di prescrizione,  con  riferimento
ai  procedimenti  penali  indicati   nel   comma   2   della   stessa
disposizione, anche per fatti commessi prima del 9 marzo 2020. 
    Le ordinanze iscritte al n. 133  e  al  n.  159  r.o.  del  2020,
inoltre, sollevano questioni di legittimita' costituzionale anche nei
confronti del comma 9 dello stesso art. 83 del d.l. n. 18  del  2020,
come convertito, nella parte  in  cui  prevede  che  il  corso  della
prescrizione rimane sospeso per il tempo in cui  il  procedimento  e'
rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), del medesimo art.  83  del
d.l. n.18 del 2020 e comunque non oltre il 30 giugno 2020. 
    1.2.- Tutte le ordinanze censurano l'art. 83, comma 4, del d.  l.
n. 18 del 2020, in riferimento alla violazione dell'art. 25,  secondo
comma, della Costituzione, che vieta la punizione di alcuno in  forza
di una legge entrata in vigore dopo  il  fatto  commesso  e  che,  ad
avviso dei  rimettenti,  preclude  l'applicazione  retroattiva  delle
norme che  modificano  in  senso  peggiorativo  la  disciplina  della
prescrizione del reato. 
    Inoltre, le ordinanze, ad eccezione di quella iscritta al n.  159
r.o. del 2020, prospettano anche la violazione dell'art.  117,  primo
comma, Cost., in  relazione  all'art.  7  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, che  pone  il  divieto  di
applicazione   della   legge   penale   a   fatti   commessi    prima
dell'introduzione della legge medesima. 
    1.3.- Le questioni di legittimita' costituzionale  sollevate  nei
confronti dell'art. 83, comma 9,  del  d.l.  n.  18  del  2020,  sono
prospettate, dall'ordinanza iscritta al n.  133  r.o.  del  2020,  in
riferimento  all'art.  3  Cost.,  per  violazione  del  principio  di
ragionevolezza e di uguaglianza in quanto, secondo il rimettente,  la
sospensione  del  corso  della   prescrizione   sarebbe   conseguenza
dell'adozione, da parte dei capi dei singoli  uffici  giudiziari,  di
misure organizzative, volte  al  rinvio  dei  procedimenti,  soltanto
eventuali e, quindi,  sarebbe  rimessa  alla  discrezionalita'  degli
stessi. 
    Ad avviso del giudice a quo, inoltre, sussisterebbe il  contrasto
anche con gli artt. 25, secondo comma, e 117, primo comma, Cost.,  in
relazione all'art. 7 CEDU, sotto  il  profilo  della  violazione  del
divieto  di  retroattivita'  delle  norme  che  modificano  in  senso
peggiorativo   la   disciplina   della   prescrizione,   perche'   la
disposizione censurata prevede, anche per i fatti commessi prima  del
9 marzo 2020, la sospensione del corso della prescrizione nei casi in
cui il procedimento e' rinviato ai sensi del  comma  7,  lettera  g),
dell'art. 83 del d. l. n. 18 del 2020. 
    1.4.- L'ordinanza iscritta al n. 159 r.o.  del  2020  censura  la
medesima disposizione (art. 83, comma 9, del d. l. n. 18 del 2020) in
riferimento all'art. 25, secondo comma,  Cost.,  non  solo  sotto  il
profilo della violazione del divieto di  retroattivita'  della  norma
penale sfavorevole, ma anche  per  la  violazione  del  principio  di
legalita'. 
    Secondo il giudice rimettente, la norma impugnata ancorerebbe  la
sospensione  del  corso  della  prescrizione  ad   una   disposizione
eventuale,   contenuta   nelle   plurime   e   differenziate   misure
organizzative dei capi degli uffici giudiziari,  sulla  scorta  delle
quali  il  singolo  giudice  e'   legittimato   a   rinviare   alcuni
procedimenti oltre la  data  del  30  giugno  2020  (il  differimento
ulteriore al 31 luglio 2020 e'  venuto  meno  per  abrogazione  della
norma che lo prevedeva). 
    In particolare, e' denunciata la violazione dell'art. 25, secondo
comma,  Cost.,  in  riferimento  al  principio  di   tassativita'   e
determinatezza, in quanto la disposizione censurata introdurrebbe una
causa di sospensione della prescrizione, riconnessa al  rinvio  delle
udienze di cui all'art. 83, comma 7, lettera g), del d.l. n.  18  del
2020, senza una  previsione  precisa  e  tassativa  dei  processi  da
rinviare, stante l'inevitabile  incidenza  di  ragioni  organizzative
differenti  in  base  alle  esigenze  dei   singoli   uffici   e   in
considerazione  del  carico  del   ruolo   del   singolo   magistrato
giudicante. 
    La medesima ordinanza inoltre prospetta anche la  violazione  del
principio di  ragionevolezza  (art.  3  Cost.)  in  quanto  la  norma
censurata  ricollega  la  sospensione  della  prescrizione  al   mero
provvedimento di rinvio, anziche' alla sospensione del processo  sino
alla data di rinvio. 
    2.-  Tutte  le  ordinanze  sollevano  questioni  di  legittimita'
costituzionale  sostanzialmente  analoghe  e  comunque   strettamente
connesse, si' da rendere opportuna la riunione  dei  giudizi  per  la
loro decisione congiunta, alla quale non e' di ostacolo la fissazione
in un caso in  udienza  pubblica,  negli  altri  casi  in  camera  di
consiglio. 
    3.- Le questioni sono state sollevate nell'ambito di procedimenti
penali  -  aventi  ad  oggetto  imputazioni  per  i  delitti  di  cui
rispettivamente agli artt. 113 e 589  cod.  pen.  (r.o.  n.  133  del
2020), all'art. 658 cod. pen. (r.o. n. 152 del  2020),  all'art.  648
cod. pen. (r.o. n. 159 del 2020) e agli artt.  81  e  629  cod.  pen.
(r.o. n. 165 del 2020) - pendenti nella fase  del  dibattimento,  nei
quali,   qualora   le   disposizioni   censurate   fossero   ritenute
costituzionalmente  illegittime,  i  giudici  rimettenti   dovrebbero
dichiarare l'estinzione dei  reati  per  essere  decorso  il  termine
massimo di prescrizione; laddove, invece, applicando  la  sospensione
di tale termine  come  previsto  dalle  disposizioni  censurate,  non
sarebbe maturata la prescrizione dei reati. 
    Sussiste quindi la  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale, sollevate tutte in giudizi di primo grado, che vedono
ormai pressoche' esaurito l'intero termine massimo di prescrizione  e
quindi compromessa una risposta di giustizia in tempi compatibili con
il canone della ragionevole durata del processo  (art.  111,  secondo
comma, Cost.). 
    4.- Va in primo luogo rilevato che le  disposizioni  censurate  -
sia il comma 4 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito,
sia il successivo comma 9 -  appartengono  all'articolata  disciplina
introdotta per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 con
riguardo  al  settore  della   giustizia;   disposizioni   che,   con
particolare  riferimento  al  procedimento  penale,  hanno   entrambe
previsto - ma sulla base di significativi  differenti  presupposti  e
secondo la scansione  temporale  di  seguito  indicata  -  una  stasi
dell'attivita' giudiziaria, salvo le eccezioni di cui si  dira'  piu'
innanzi,  stabilendo,  altresi',  la  sospensione  del  corso   della
prescrizione dei reati, senza distinzione tra procedimenti aventi  ad
oggetto condotte consumate prima o dopo l'introduzione di tali norme. 
    Il censurato art. 83 e' gia' stato scrutinato  da  questa  Corte,
limitatamente al suo comma 4, con la sentenza n. 278 del  2020,  alla
quale si fara' ripetuto riferimento. 
    Le  doglianze  rivolte  al  successivo  comma  9   della   stessa
disposizione presentano, invece, significativi elementi di novita'. 
    5.- Vanno innanzi tutto esaminate le  questioni  di  legittimita'
costituzionale che investono il comma 4 dell'art. 83 del d.l.  n.  18
del 2020, sollevate da tutte le ordinanze  di  rimessione;  questioni
che - come si e' appena rilevato - recano censure analoghe  a  quelle
gia' esaminate da questa Corte nella pronuncia sopra richiamata. 
    6.- Le questioni sollevate in riferimento  all'art.  25,  secondo
comma, Cost., sono manifestamente infondate. 
    Questa Corte ha gia' dichiarato non fondate le medesime questioni
di costituzionalita', sollevate in riferimento all'art.  25,  secondo
comma, Cost., sotto  il  profilo  della  violazione  del  divieto  di
retroattivita' della norma penale sfavorevole (sentenza  n.  278  del
2020). 
    6.1.- In tale pronuncia ha posto in evidenza come  la  disciplina
emergenziale, di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 83 del d.l. n.  18  del
2020, abbia dato luogo - come puntualizzato dalla  giurisprudenza  di
legittimita' - ad un caso  di  sospensione  del  procedimento  e  del
processo penale, in ragione dell'integrale sospensione dell'attivita'
giurisdizionale nel periodo emergenziale, conseguente alla previsione
sia del rinvio delle  udienze,  sia  della  sospensione  dei  termini
processuali di qualsiasi atto del procedimento. 
    La  Corte,  quindi,  ha  ritenuto  non  fondata   la   denunciata
violazione dell'art. 25,  secondo  comma,  Cost.,  rilevando  che  la
sospensione del  processo,  da  cui  consegue  la  sospensione  della
prescrizione, ai sensi dell'art. 83, comma 4,  del  d.l.  n.  18  del
2020, e' prevista «da una norma che impon[e] una "stasi" del giudizio
basata su elementi certi ed oggettivi». Sicche' la  «riconducibilita'
della fattispecie in esame alla disciplina di cui all'art. 159, primo
comma, cod.  pen.  esclude  [...]  che  si  sia  in  presenza  di  un
intervento  legislativo»   in   contrasto   con   il   principio   di
irretroattivita' della norma penale sostanziale sfavorevole,  sancito
dall'evocato parametro. 
    Questa Corte ha, dunque, affermato che il principio di  legalita'
e' rispettato perche' la sospensione del corso della prescrizione, di
cui  alla  disposizione   censurata,   essendo   riconducibile   alla
fattispecie della «particolare disposizione di legge» di cui al primo
comma dell'art. 159 cod.  pen.,  puo'  dirsi  essere  anteriore  alle
condotte contestate agli imputati nei giudizi a quibus. 
    La regola di cui all'art. 159 cod. pen. - secondo cui, quando  il
procedimento o il processo penale e' sospeso in applicazione  di  una
particolare disposizione  di  legge,  lo  e'  anche  il  corso  della
prescrizione  -  e',  infatti,  certamente  anteriore  alle  condotte
penalmente rilevanti proprio perche' contenuta nel codice penale  del
1930 e ribadita dalla legge 5 dicembre 2005,  n.  251  (Modifiche  al
codice penale e alla legge 26 luglio 1975,  n.  354,  in  materia  di
attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione  delle
circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), che
ha modificato, sostituendolo, il citato art. 159 cod. pen. 
    La riconducibilita' della sospensione della prescrizione, di  cui
alla disposizione censurata, alla regola generale stabilita dall'art.
159 cod. pen. assicura, dunque, che al momento della commissione  del
fatto il suo autore ha potuto avere consapevolezza ex  ante  che,  in
caso di sospensione del procedimento o del processo  in  applicazione
di una particolare  disposizione  di  legge,  anche  il  decorso  del
termine di prescrizione sarebbe stato sospeso. 
    6.2.- Tutte le ordinanze di rimessione non prospettano profili di
censura che non siano gia' stati esaminati nella richiamata pronuncia
n. 278 del 2020, sicche',  in  mancanza  di  argomentazioni  nuove  e
diverse, le questioni sollevate in riferimento  alla  violazione  del
principio di retroattivita' (art. 25, secondo  comma,  Cost.)  devono
essere dichiarate manifestamente infondate. 
    7.- Anche le questioni prospettate  nei  confronti  del  medesimo
comma 4 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del  2020,  in  riferimento  alla
violazione dell'art. 7 CEDU  per  il  tramite  dell'art.  117,  primo
comma, Cost., sono analoghe a quelle gia'  scrutinate  -  e  ritenute
inammissibili - da questa Corte nella richiamata pronuncia. 
    Esse sono, quindi, manifestamente inammissibili. 
    7.1.- Tutti i rimettenti, ad  eccezione  del  Tribunale  di  Roma
(r.o. n. 159 del 2020), hanno evocato - come parametro interposto  in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. -  l'art.  7  CEDU,  che
prevede che nessuno puo' essere  condannato  per  una  azione  o  una
omissione che, al momento in cui e' stata  commessa,  non  costituiva
reato secondo il diritto interno o internazionale;  ne'  puo'  essere
inflitta una pena piu' grave di quella applicabile al momento in  cui
il reato e' stato commesso. 
    I  rimettenti  richiamano  la  tesi  della   natura   processuale
dell'istituto della prescrizione accolta dalla  giurisprudenza  della
Corte europea dei diritti dell'uomo,  che  implica  una  garanzia  di
portata meno estesa di quella affermata dal costante orientamento  di
questa Corte. 
    Deve  al  riguardo  ribadirsi,  in  relazione  al  principio   di
legalita',  che  «gli  stessi  principi  o  analoghe  previsioni   si
rinveng[o]no nella Costituzione e nella  CEDU,  cosi'  determinandosi
una concorrenza di tutele, che pero' possono non essere perfettamente
simmetriche e sovrapponibili; vi puo' essere uno  scarto  di  tutele,
rilevante soprattutto  laddove  la  giurisprudenza  della  Corte  EDU
riconosca,  in  determinate  fattispecie,  una  tutela  piu'   ampia»
(sentenza n. 25 del 2019). Quindi in questa ipotesi  di  «concorrenza
di tutele» si ha che l'invocato parametro convenzionale (art. 7 CEDU)
ben puo' offrire talora, in riferimento  a  determinate  fattispecie,
una tutela piu' ampia  del  parametro  nazionale  (art.  25,  secondo
comma, Cost.). Ed e' quanto accaduto allorche' la questione, ritenuta
inizialmente non fondata in riferimento a quest'ultimo  (sentenza  n.
282 del 2010), e' poi risultata  invece  fondata  in  riferimento  al
parametro interposto (ancora sentenza n. 25 del 2019). 
    Ma, sotto tale specifico profilo, i rimettenti,  pur  consapevoli
della natura sostanziale che l'istituto  della  prescrizione  riveste
nell'ordinamento italiano, hanno omesso di chiarire in quali  termini
il parametro convenzionale offrirebbe una protezione del principio di
legalita' maggiore di quella  dell'art.  25,  secondo  comma,  Cost.,
laddove invece la «predicata natura  processuale  della  prescrizione
riduce il perimetro  della  non  retroattivita'  della  norma  penale
rispetto  alla  ricostruzione  dell'istituto,  quale  presente  nella
giurisprudenza di questa Corte, che [...] ne afferma invece la natura
sostanziale» (sentenza n. 278 del 2020). 
    Anzi, le ordinanze di rimessione evidenziano «l'impossibilita' di
individuare  un   parametro   costituzionale   di   riferimento   per
l'orientamento  della  "processualizzazione"  della  sospensione  dei
termini di prescrizione» (r.o. n. 133 e  r.o.  n.  165  del  2020)  e
rimarcano che, con riferimento all'istituto della prescrizione, e' il
parametro nazionale ad avere un ambito di applicazione piu' ampio  di
quello convenzionale (r.o. n. 152 del 2020). 
    7.2.- Va pertanto dichiarata la manifesta inammissibilita'  delle
questioni sollevate nei confronti dell'art. 83, comma 4, del d.l.  n.
18 del 2020, per violazione dell'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 7 CEDU. 
    8.- Si puo' ora passare all'esame delle questioni di legittimita'
costituzionale sollevate nei confronti del comma 9 dell'art.  83  del
d.l. n.18 del 2020; disposizione  questa  che  invece  non  e'  stata
oggetto della sentenza n. 278 del 2020. 
    9.- Giova innanzi tutto richiamare brevemente il quadro normativo
in cui si colloca la norma censurata, distinguendo una  prima  e  una
seconda fase di contrasto dell'emergenza epidemiologica. 
    9.1.- Il primo  intervento  legislativo  concernente  l'attivita'
giurisdizionale  posto  in  essere   per   rispondere   all'emergenza
determinata  dall'epidemia  da  Covid-19   si   e'   avuto   con   il
decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9  (Misure  urgenti  di  sostegno  per
famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza  epidemiologica
da COVID-19), il quale, all'art. 10, ha riguardato  esclusivamente  i
procedimenti penali (e civili) pendenti presso gli uffici  giudiziari
dei circondari dei tribunali  cui  appartenevano  i  Comuni  indicati
all'Allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri
1° marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge  23
febbraio  2020,  n.  6,  recante  misure  urgenti   in   materia   di
contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19). 
    Tale provvedimento aveva previsto -  limitatamente  ai  territori
indicati - la sospensione dei termini processuali e il  rinvio  delle
udienze, ma si era altresi' stabilito che,  a  partire  dal  3  marzo
2020, il corso della prescrizione fosse sospeso per il tempo  in  cui
il processo fosse rinviato o i termini procedurali fossero sospesi  e
comunque fino al 31  marzo  2020  (art.  10,  comma  10,  del  citato
decreto-legge). 
    E' seguito il decreto-legge 8  marzo  del  2020,  n.  11  (Misure
straordinarie ed urgenti per contrastare  l'emergenza  epidemiologica
da COVID-19  e  contenere  gli  effetti  negativi  sullo  svolgimento
dell'attivita' giudiziaria), per disciplinare, sull'intero territorio
nazionale, il rinvio delle udienze e la sospensione dei  termini  per
tutti i procedimenti (civili, penali, tributari e militari). 
    In particolare, all'art.  1,  comma  1,  si  e'  previsto  che  a
decorrere dal giorno successivo al 9 marzo 2020, data di  entrata  in
vigore del decreto medesimo, e sino al 22 marzo 2020, le udienze  dei
procedimenti  civili  e  penali  pendenti  presso  tutti  gli  uffici
giudiziari (fatti salvi alcuni procedimenti di  particolare  urgenza)
fossero rinviate d'ufficio a data successiva al 22 marzo 2020. 
    Contestualmente, al comma 2 dello stesso art. 1, si  e'  prevista
anche la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi  atto
dei detti procedimenti, fatti salvi quelli gia' richiamati. 
    E'  poi  intervenuto  il  decreto-legge  n.  18  del  2020,   cui
appartengono le norme censurate, e, prima che maturassero  i  termini
di decadenza dei decreti-legge n. 9 e n.  11  del  2020  per  mancata
conversione, detti provvedimenti sono stati  abrogati,  con  salvezza
degli effetti, dall'art. 1, comma 2, della legge 24 aprile  2020,  n.
27 (Conversione in legge, con  modificazioni,  del  decreto-legge  17
marzo 2020, n. 18,  recante  misure  di  potenziamento  del  Servizio
sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie,  lavoratori
e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19.  Proroga
dei termini per l'adozione di decreti legislativi). 
    Come gia' sopra rilevato, l'art. 83, ai commi 1 e 2, del d.l.  n.
18 del 2020, per quanto attiene ai processi penali,  ha  disposto  in
via generale e obbligatoria, salvo alcune  eccezioni,  il  rinvio  di
ufficio delle udienze a data  successiva  al  15  aprile  2020  e  la
sospensione dei «termini per il  compimento  di  qualsiasi  atto  dei
procedimenti civili e penali» dal 9 marzo al 15 aprile 2020. 
    Su  tali  disposizioni  e',  poi,  intervenuto  l'art.   36   del
decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23  (Misure  urgenti  in  materia  di
accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri
speciali nei settori strategici, nonche'  interventi  in  materia  di
salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali),
convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40,  che
ha stabilito che il termine del 15 aprile 2020, previsto dai commi  1
e 2 dell'art. 83 del d.l. n. 18  del  2020,  fosse  prorogato  all'11
maggio 2020. 
    In relazione a tali  fattispecie,  la  prima  delle  disposizioni
oggetto di censura (il comma 4 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del  2020)
ha disposto la sospensione dei termini di prescrizione, oltre che dei
termini di durata massima delle misure cautelari personali. 
    Per effetto, dunque, della proroga disposta dall'art. 36 del d.l.
n. 23 del 2020, la sospensione dei termini prescrizionali, di cui  al
comma 4 dell'art. 83, ha operato dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020. 
    9.2.-  Quanto  alla  seconda  fase  di  contrasto  dell'emergenza
epidemiologica, deve  rilevarsi  che  il  d.l.  n.  18  del  2020  ha
confermato il potere dei capi degli uffici giudiziari - gia' previsto
dal d.l. n. 11 del 2020 - di adottare misure  organizzative  connesse
alle esigenze sanitarie, derivanti dall'epidemia in atto. 
    Si e' con cio' consentita  una  graduale  ripresa  delle  udienze
penali (e anche civili), rimessa  alla  valutazione  dei  capi  degli
uffici giudiziari,  funzionale  al  controllo  della  diffusione  del
contagio. 
    In particolare, l'art. 83, comma 6, del d.l. n.  18  del  2020  -
dando inizio a tale seconda fase  successiva  all'11  maggio  2020  e
ferma la necessita'  di  contrastare  l'emergenza  epidemiologica  da
COVID-19  e  contenerne  gli  effetti  negativi   sullo   svolgimento
dell'attivita' giudiziaria - ha previsto, per il periodo compreso tra
il 12 maggio e il 30 giugno 2020 che «i capi degli uffici giudiziari,
sentiti  l'autorita'  sanitaria  regionale,  per   il   tramite   del
Presidente della Giunta della Regione,  e  il  Consiglio  dell'ordine
degli avvocati, adottano le misure organizzative, anche relative alla
trattazione degli affari giudiziari,  necessarie  per  consentire  il
rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite  dal  Ministero
della salute, anche d'intesa con le Regioni, dal  Dipartimento  della
funzione pubblica della Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  dal
Ministero della giustizia e delle prescrizioni  adottate  in  materia
con decreti del Presidente del Consiglio dei  ministri,  al  fine  di
evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti
ravvicinati tra le  persone.  Per  gli  uffici  diversi  dalla  Corte
suprema di cassazione e dalla Procura generale  presso  la  Corte  di
cassazione, le misure sono adottate d'intesa con il Presidente  della
Corte d'appello e con il Procuratore generale della Repubblica presso
la Corte d'appello dei rispettivi distretti». 
    Tale  disposizione,   rimasta   invariata   nel   suo   contenuto
sostanziale, e' stata piu' volte modificata in  relazione  all'ambito
temporale di esplicazione del potere da essa conferita ai capi  degli
uffici giudiziari. 
    La formulazione originaria prevedeva, infatti, che i  capi  degli
uffici potessero  adottare  tali  misure  organizzative  nel  periodo
compreso tra il 16 aprile e il 30 giugno 2020;  tale  periodo  veniva
sostituito, per effetto dell'art. 3, comma 1, lettere b)  e  i),  del
decreto-legge  30  aprile  2020,  n.  28  (Misure  urgenti   per   la
funzionalita' dei  sistemi  di  intercettazioni  di  conversazioni  e
comunicazioni, ulteriori misure urgenti  in  materia  di  ordinamento
penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in
materia di giustizia civile,  amministrativa  e  contabile  e  misure
urgenti  per  l'introduzione  del  sistema  di   allerta   Covid-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70, con
quello compreso tra il 12 maggio ed il 31 luglio; l'art. 3, comma  1,
lettera i) del d.l. n. 28 del 2020 disponeva, poi, che la data del 31
luglio sostituisse quella del 30 giugno, ovunque questa  si  trovasse
indicata nell'art. 83 del d.l. n. 18 del  2020;  successivamente,  di
seguito alla conversione del d.l. n.  28  del  2020,  la  lettera  i)
veniva soppressa e,  con  l'introduzione  della  lettera  b-bis),  il
termine del 30 giugno veniva espressamente ripristinato. 
    Di seguito a tali modifiche normative il potere  dei  capi  degli
uffici giudiziari di adottare misure organizzative, di cui al comma 6
dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, e' rimasto riferito al  periodo
compreso tra il 12 maggio e il 30 giugno 2020. 
    Proprio per consentire la ripartenza dell'attivita'  giudiziaria,
nel rispetto della finalita' di cui al comma 6 dell'art. 83 del  d.l.
n. 18 del 2020, si e' stabilito che i capi  degli  uffici  giudiziari
potessero  adottare  misure  organizzative,   come   la   limitazione
dell'accesso  del  pubblico  agli  uffici   giudiziari,   restrizioni
dell'orario di apertura al pubblico degli uffici, prevedendo anche la
chiusura degli stessi (salvo che  per  servizi  urgenti)  e  piu'  in
generale, la regolamentazione dell'accesso ai  servizi,  tramite  una
previa prenotazione, da effettuarsi anche con mezzi di  comunicazione
telefonica o telematica, in ogni caso predisponendo misure  volte  ad
evitare forme di assembramento (art. 83, comma 7, lettere a, b  e  c,
del d.l. n. 18 del 2020). 
    Ma accanto a tali  misure  generali,  di  carattere  strettamente
organizzativo-amministrativo, e' stato conferito ai capi degli uffici
giudiziari  il   potere   di   adottare   provvedimenti   riguardanti
l'attivita' giudiziaria in senso stretto. 
    Si e', infatti, prevista l'adozione da parte loro di linee  guida
con carattere vincolante per la fissazione  e  la  trattazione  delle
udienze. 
    Segnatamente ai capi degli uffici giudiziari e'  stato  conferito
il potere di prevedere il rinvio delle udienze a data  successiva  al
30 giugno 2020, peraltro con alcune eccezioni. Sono stati  esclusi  i
casi contemplati dal comma 3 dell'art. 83 citato, ossia quegli stessi
procedimenti in relazione ai quali anche la sospensione  ex  lege  di
cui ai commi 1 e 2 dell'art. 83 non trovava applicazione; quali,  tra
gli altri, i procedimenti a carico di persone detenute, quelli in cui
erano applicate misure cautelari o di  sicurezza  o  di  prevenzione,
nonche' i procedimenti che presentavano carattere di urgenza  per  la
necessita' di assumere prove indifferibili. 
    Al di fuori di tali  procedimenti,  per  assicurare  l'attuazione
delle misure dirette alla prevenzione  del  contagio,  i  capi  degli
uffici giudiziari - come accaduto  in  relazione  ai  procedimenti  a
quibus  -  alla  luce   delle   specifiche   esigenze   sanitarie   e
organizzative dell'ufficio, valutate ai sensi del precedente comma  6
- hanno potuto prevedere il rinvio delle udienze a data successiva al
30 giugno 2020. 
    In tale evenienza, qualora il magistrato non avesse  ritenuto  di
trattare il  processo  nel  periodo  12  maggio-30  giugno  2020,  la
disposizione censurata ha stabilito  che  per  il  tempo  in  cui  il
procedimento e' stato rinviato, e in ogni caso non oltre il 30 giugno
2020, e' sospeso il decorso del  termine  di  prescrizione.  Tale  e'
infatti il contenuto precettivo della  disposizione  censurata  (art.
83, comma 9, del d.l. n. 18 del 2020):  nei  procedimenti  penali  il
corso della prescrizione rimane  sospeso  per  il  tempo  in  cui  il
procedimento e' rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), e, in ogni
caso, non oltre il 30 giugno 2020. 
    10.- Cio' premesso, deve, in primo luogo,  essere  dichiarata  la
manifesta  inammissibilita'  della  questione  di   costituzionalita'
sollevata dal Tribunale ordinario di Paola (r.o. n. 133 del 2020), in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 7
CEDU. 
    Il rimettente, a  sostegno  della  sua  censura  di  lesione  del
parametro convenzionale,  ha  replicato  argomentazioni  identiche  a
quelle svolte nei confronti del comma 4 dell'art. 83 del d.l.  n.  18
del 2020 e, pertanto, non chiarendo, anche in questo caso,  in  quali
termini tale  parametro  interposto  offrirebbe  una  protezione  del
principio di legalita' piu' estesa di quella  dell'art.  25,  secondo
comma, Cost., vanno ribadite - anche con riferimento al comma 9 dello
stesso art. 83 - le medesime ragioni  di  inammissibilita'  manifesta
(vedi supra, punti 7. e seguenti). 
    11.- Nuova e' invece la questione sollevata dal Tribunale di Roma
(r.o. n. 159 del 2020), in  riferimento  al  principio  di  legalita'
(art. 25, secondo comma, Cost.), sotto il  profilo  della  denunciata
sua violazione per  insufficiente  determinatezza  della  fattispecie
legale dalla quale consegue la sospensione della durata  del  termine
di prescrizione dei reati nel periodo dal  12  maggio  al  30  giugno
2020. 
    La questione e' fondata. 
    12.- Va ribadito che la concreta determinazione della durata  del
tempo di prescrizione dei reati appartiene alla discrezionalita'  del
legislatore,  censurabile  solo  in  caso  di  manifesto  difetto  di
ragionevolezza o proporzionalita'. 
    E' il legislatore che -  secondo  scelte  di  politica  criminale
legate alla gravita' dei reati - valuta l'affievolimento  progressivo
dell'interesse della collettivita' alla punizione  del  comportamento
penalmente illecito e determina  quando  il  decorso  del  tempo,  in
riferimento ad ogni fattispecie di reato, ne  comporti  l'estinzione.
Ossia stabilisce la «durata, per cosi' dire "tabellare", prevista  in
generale dall'art.  157  cod.  pen.,  ma  talora  fissata  con  norme
speciali in riferimento a particolari reati (ad esempio, in  caso  di
delitti in materia di imposte sui redditi e sul  valore  aggiunto)  -
entro la quale  sussistera',  in  ogni  caso,  la  punibilita'  della
condotta contestata» (sentenza n. 278 del 2020). 
    E' questa l'intrinseca natura sostanziale della prescrizione  che
chiama in causa la garanzia del  principio  di  legalita'  (art.  25,
secondo comma, Cost.); principio questo che costituisce caposaldo del
complessivo sistema punitivo - il cosiddetto "diritto  sanzionatorio"
- trovando esso applicazione alle fattispecie di reato  (sentenza  n.
25  del  2019)  e   alle   sanzioni   amministrative   di   carattere
sostanzialmente punitivo (sentenza n. 5 del 2021). 
    Una persona accusata di un reato deve  poter  conoscere  ex  ante
(ossia al momento della commissione del fatto), sia la fattispecie di
reato, sia l'entita' della pena con proiezione, entro  certi  limiti,
anche alle  modalita'  della  sua  espiazione  in  regime  carcerario
(sentenza n. 32 del 2020), sia la durata della prescrizione (art. 157
cod. pen.). 
    Ma la garanzia della natura  sostanziale  della  prescrizione  si
estende anche alle possibili ricadute che sulla  sua  durata  possono
avere norme processuali. 
    Se da una parte per queste ultime trova, invece, applicazione  di
per se', in quanto regola del processo, il diverso canone del  tempus
regit actum,  dall'altra  le  conseguenze  in  termini  di  possibile
allungamento della durata del termine di prescrizione  sono  attratte
alla dimensione sostanziale, che connota tale istituto, e  quindi  al
rispetto del principio di legalita': anch'esse devono essere previste
dalla  legge  del  tempus  commissi  delicti.  Rileva,  sotto  questo
profilo,   soprattutto   la   disciplina    della    sospensione    e
dell'interruzione della prescrizione (artt. 159 e 160 cod. pen.). 
    Coniugando l'uno e l'altro aspetto, si ha  che  la  garanzia  del
principio di legalita' richiede che la persona incolpata di un  reato
deve  poter  avere  previa  consapevolezza  della  disciplina   della
prescrizione concernente sia la definizione della fattispecie legale,
sia la sua «dimensione temporale»; quest'ultima risultante dalla (ben
precisa) durata tabellare della prescrizione (art. 157 cod.  pen.)  e
dalla (possibile) incidenza su di essa di regole  processuali,  quali
quelle dell'interruzione e della sospensione  (amplius,  sentenza  n.
278 del 2020). Cio' comporta - come gia' rilevato - non gia' l'esatta
prevedibilita'  ex  ante  del  dies  ad  quem  in  cui  maturera'  la
prescrizione e il reato sara'  estinto,  stante  l'applicazione  solo
eventuale di siffatte regole  processuali  con  ricadute  sostanziali
sulla durata del termine di prescrizione, ma la predeterminazione per
legge del termine entro il quale sara' possibile  l'accertamento  nel
processo,  con  carattere  di  definitivita',  della  responsabilita'
penale. 
    13.- Il rispetto del principio di legalita' richiede, quindi, che
la norma, la  quale  in  ipotesi  ampli  la  durata  del  termine  di
prescrizione (art. 157 cod. pen.), ovvero ne preveda il prolungamento
come conseguenza dell'applicazione di  una  regola  processuale,  sia
«sufficientemente determinata» (sentenza n. 278  del  2020),  e,  ove
tale, sia anche non retroattiva (e pertanto applicabile solo a  reati
commessi successivamente alla data della sua entrata in vigore). 
    Con riferimento alla cosiddetta "regola Taricco"  di  derivazione
europea, che significava il  prolungamento,  in  alcuni  casi,  della
durata del termine di prescrizione di reati  tributari,  dapprima  la
stessa Corte di giustizia dell'Unione europea  (sentenza  5  dicembre
2017, in causa C-42/17, M. A. S. e M. B.) ha affermato che  l'obbligo
per il giudice nazionale di  disapplicare  la  normativa  interna  in
materia di prescrizione, sulla base di tale regola, viene meno quando
cio' comporta una violazione del principio di legalita' dei  reati  e
delle pene, a causa  dell'insufficiente  determinatezza  della  legge
applicabile oppure dell'applicazione retroattiva di una normativa che
preveda un regime di punibilita' piu' severo  di  quello  vigente  al
momento della commissione del reato. 
    Successivamente questa Corte (sentenza n. 115 del 2018),  proprio
richiamando tale pronuncia, ha ritenuto  assorbente  il  «deficit  di
determinatezza» che caratterizzava la "regola Taricco" «a causa della
genericita' dei concetti di "grave frode" e di "numero  considerevole
di casi"», intorno ai  quali  essa  ruotava;  e  quindi  ha  concluso
affermando, in via interpretativa, che «la violazione  del  principio
di determinatezza in materia penale sbarra la strada senza  eccezioni
all'ingresso della "regola Taricco" nel nostro  ordinamento»,  e  non
gia', soltanto, che essa non poteva avere efficacia retroattiva. 
    Parimenti si  e'  affermato  che  «il  tempo  necessario  per  la
prescrizione di un reato e le operazioni giuridiche da compiersi  per
calcolarlo devono essere il frutto dell'applicazione,  da  parte  del
giudice  penale,  di  regole  legali  sufficientemente   determinate»
(ordinanza n. 24 del 2017). 
    Piu' recentemente,  questa  Corte,  esaminando  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del
2020, ha ribadito innanzi tutto che la fissazione  della  durata  del
tempo  di  prescrizione  deve  essere  -  come   gia'   ricordato   -
«sufficientemente determinata» (sentenza n. 278 del 2020). E tale  e'
stata ritenuta la disposizione allora censurata che  ha  previsto  la
sospensione   del   termine   di    prescrizione    in    riferimento
all'applicazione della regola processuale contenuta  nella  congiunta
applicazione dei commi 1 e 2 dello stesso  art.  83;  i  quali  hanno
disposto il rinvio d'ufficio di tutti i  procedimenti  penali  (oltre
che civili) a data successiva all'11 maggio 2020 e la sospensione del
decorso di tutti i termini per il compimento di qualsiasi atto. 
    Tale  generalizzata  stasi  processuale  identifica,  secondo  la
giurisprudenza  di  legittimita',  una  fattispecie  legale  -  nella
specie, integralmente legale - di sospensione del procedimento o  del
processo imposta da una particolare disposizione di legge. 
    Sicche', in quel caso,  la  Corte  e'  passata  ad  esaminare  la
denunciata violazione del principio di non retroattivita',  parimenti
contenuto nell'art. 25,  secondo  comma,  Cost.,  ritenendola,  nella
specie, non sussistente - come gia'  sopra  ricordato  -  perche'  la
sospensione del procedimento o del processo,  recata  dai  primi  due
commi del censurato art. 83, poteva dirsi rientrare nella fattispecie
di cui al primo comma dell'art.  159  cod.  pen.,  costituendo  cosi'
esplicitazione di una regola gia'  contenuta  in  quest'ultima  norma
codicistica, come «causa generale di sospensione». 
    14.- Al contrario, con riguardo alla questione in esame -  quella
che investe il comma 9 dell'art. 83 - la valutazione del rispetto del
principio  di  legalita'   sotto   il   profilo   della   sufficiente
determinazione  della  fattispecie  legale  conduce  ad  una  diversa
conclusione, dovendo ritenersi che esso sia violato  per  le  ragioni
che si vengono ora ad esporre; conclusione questa che  e'  assorbente
si' da non richiedere che si debba procedere anche alla verifica  del
rispetto del canone di non retroattivita' della legge che in  ipotesi
prolunghi la durata del termine di prescrizione. 
    15.- La norma censurata (art. 83, comma 9, del  d.l.  n.  18  del
2020)  prescrive  che  nei  procedimenti  penali   il   corso   della
prescrizione rimanga sospeso per il tempo in cui il  procedimento  e'
rinviato ai sensi del precedente comma 7,  lettera  g),  e,  in  ogni
caso, non oltre il 30 giugno 2020. 
    La formulazione testuale della norma e' apparentemente  simile  a
quella del comma 4 dello stesso art. 83, gia'  scrutinato  da  questa
Corte, ma in realta' vi e' una radicale differenza. 
    Il comma 4 ancora la sospensione del termine  di  prescrizione  a
presupposti compiutamente  definiti  nei  precedenti  commi  1  e  2,
talche'  -  come  si  e'  gia'  sottolineato  -  la  fattispecie   e'
sufficientemente determinata per legge. 
    Invece il comma 9 fa riferimento al precedente comma  7,  lettera
g), che contiene un rinvio alle «misure  organizzative»  che  i  capi
degli uffici giudiziari - in ragione della  generale  previsione  del
comma 6 del medesimo art. 83 -  sono  facoltizzati  ad  adottare  per
contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e  contenerne  gli
effetti negativi sullo svolgimento dell'attivita' giudiziaria; misure
che - secondo la  catalogazione  contenuta  nel  comma  7  -  possono
consistere  in  una  serie  di  prescrizioni  riguardanti  non   solo
l'accesso del pubblico agli uffici giudiziari, ma  anche  «l'adozione
di linee guida vincolanti per la fissazione e  la  trattazione  delle
udienze» (lettera d) e «la previsione del rinvio delle udienze a data
successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le
eccezioni indicate al comma 3» (lettera g). 
    Quindi, in particolare, la previsione del rinvio  delle  udienze,
cui si ricollega  la  sospensione  del  decorso  della  prescrizione,
costituisce il contenuto possibile di una misura organizzativa che il
capo dell'ufficio giudiziario puo' adottare ai sensi del comma 6  del
medesimo  art.  83;  facolta'  questa  che  solo   genericamente   e'
delimitata dalla legge quanto ai suoi presupposti e alle finalita' da
perseguire. 
    E' sufficiente che il capo dell'ufficio giudiziario abbia di mira
il contrasto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 per contenerne
gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attivita'  giudiziaria  e
il contenuto delle misure  organizzative  puo'  riguardare  anche  la
trattazione degli affari giudiziari, se cio' e'  ritenuto  necessario
per  consentire  il  rispetto  delle  indicazioni  igienico-sanitarie
fornite dal Ministero della salute, anche d'intesa  con  le  Regioni,
dal  Dipartimento  della  funzione  pubblica  della  Presidenza   del
Consiglio  dei  ministri,  dal  Ministero  della  giustizia  e  delle
prescrizioni adottate in  materia  con  decreti  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, al fine di evitare contatti  ravvicinati  tra
persone all'interno dell'ufficio giudiziario. 
    Il  rinvio  delle  udienze  -  con  il  limite  dei  procedimenti
indifferibili tassativamente elencati al comma  3  dell'art.  83  del
d.l. n. 18 del  2020  -  e'  disposto  sulla  base  di  «linee  guida
vincolanti» che il capo dell'ufficio giudiziario e'  facoltizzato  ad
adottare per la fissazione e per la trattazione delle udienze. 
    In tale quadro, questa normativa speciale e temporanea  introduce
si' una fattispecie di  rilievo  processuale,  in  quanto  essa  puo'
comportare il rinvio delle udienze penali per alcuni processi  e  non
per altri, secondo quanto  prescritto  nelle  linee  guida  del  capo
dell'ufficio; ma da essa conseguono significativi effetti  di  natura
sostanziale nella misura in cui il comma 9 dell'art.  83  dispone  la
sospensione del corso della prescrizione  per  il  tempo  in  cui  il
processo e' rinviato, non oltre comunque il 30 giugno 2020. 
    All'eventuale provvedimento generale del capo  dell'ufficio,  che
risponde  a  esigenze  organizzative   legate   all'andamento   della
pandemia, la norma censurata riconnette  l'effetto  in  malam  partem
recato dalla previsione della sospensione del decorso del termine  di
prescrizione nel caso di rinvio del processo, determinando  cosi'  un
allungamento complessivo del termine entro il  quale  la  fattispecie
estintiva della punibilita' si realizza. 
    Per  la  sua  valenza  sostanziale,  pur  mediata  dalla   regola
processuale, tale previsione normativa ricade comunque  nell'area  di
applicazione del principio di legalita', il quale richiede - come  si
e' detto sopra - che essa, incidendo sulla punibilita' del reato, sia
determinata nei  suoi  elementi  costitutivi  si'  da  assicurare  un
sufficiente grado di conoscenza o di conoscibilita'. 
    Invece, la misura organizzativa del dirigente  dell'ufficio,  cui
consegue il censurato effetto in malam  partem  (per  l'imputato)  in
caso di rinvio del processo, non  trova  nelle  disposizioni  di  cui
all'art. 83, commi 6, 7 e  9,  del  d.l.  n.  18  del  2020  adeguata
specificazione circa le condizioni e i limiti legittimanti l'adozione
del provvedimento  di  rinvio,  cui  appunto  consegue  tale  effetto
sfavorevole  sul  piano  della  punibilita'  del  reato  in   ragione
dell'allungamento del termine di prescrizione. 
    Il presupposto, il  contenuto  e  le  finalita'  di  tali  misure
organizzative,  consistenti  in  linee  guida   vincolanti   per   la
fissazione e la trattazione delle udienze,  sono  solo  genericamente
fissate dalla legge (art. 83, commi 6 e 7, del d.l. n. 18 del  2020).
Inoltre, tale vincolo per il giudice del  processo,  chiamato  poi  a
disporne, caso per caso, il rinvio sulla base di siffatte linee guida
(e non gia' a richiesta della difesa dell'imputato), non  e'  neppure
assoluto, perche' e' sempre possibile che egli ritenga invece che  il
processo abbia carattere d'urgenza  per  la  necessita'  di  assumere
prove indifferibili (art. 83, comma 3, lettera c), con  l'effetto  di
rendere non operante la regola  posta  nelle  linee  guida  del  capo
dell'ufficio. 
    16.-  In  sostanza,  e'  solo  al   momento   dell'adozione   del
provvedimento di rinvio del processo che si completa  e  si  integra,
caso per caso, la fattispecie legittimante il rinvio stesso:  in  tal
modo  la  regola  speciale   finisce   per   avere   un'imprevedibile
variabilita' in sostanza non dissimile da quella che avrebbe avuto il
contenuto della "regola Taricco"; contenuto «deciso da  un  tribunale
caso per caso, cosa che e' senza  dubbio  vietata  dal  principio  di
separazione dei poteri di cui l'art. 25, secondo comma, Cost. declina
una versione particolarmente rigida nella materia penale»  (ordinanza
n. 24 del 2017). 
    La  fattispecie  del  rinvio   del   processo,   prevista   dalla
disposizione censurata, e' integrata completamente con il richiamo di
provvedimenti privi di natura normativa, quali appunto sono le misure
organizzative del capo dell'ufficio giudiziario e le sue linee  guida
per la fissazione e la trattazione delle udienze.  Cio'  non  inficia
certo la legittimita' della previsione di tale richiamo  come  regola
processuale,  ma   non   soddisfa   il   canone   della   sufficiente
determinatezza per legge della fattispecie da cui consegue  l'effetto
sostanziale   dell'allungamento   della   durata   del   termine   di
prescrizione. 
    Ne' l'integrazione eteronoma della regola processuale che reca la
sospensione  del  processo,  prevista  dalla  norma  censurata,  puo'
ricondursi al mero completamento della fattispecie  legale,  come  in
altre ipotesi previste dall'art. 159 cod. pen. Tali sono  quelle  per
cui la sospensione della prescrizione opera rispettivamente nei  casi
di autorizzazione a procedere;  di  deferimento  della  questione  ad
altro giudizio; di sospensione del procedimento o del processo penale
per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori o su richiesta
dell'imputato o del suo difensore; di  sospensione  del  procedimento
penale per assenza dell'imputato; o, infine, di rogatorie all'estero. 
    In tutte queste ipotesi  il  principio  di  legalita',  sotto  il
profilo  della  sufficiente  determinatezza  della  fattispecie,   e'
rispettato perche' la disciplina della sospensione del processo  -  e
conseguentemente anche del  corso  della  prescrizione  -  trova  una
descrizione chiara e  precisa  nella  medesima  disposizione  che  la
prevede  (art.  159   cod.   pen.),   oppure,   ferma   restando   la
riconducibilita' alla disposizione codicistica, essa e' integrata dal
richiamo a una «particolare disposizione di legge». 
    Invece  la  norma  attualmente  censurata,  nel   prevedere   una
fattispecie di sospensione del termine di prescrizione, rinvia a  una
regola processuale, recante  la  sospensione  del  processo,  il  cui
contenuto e' definito integralmente dalle  misure  organizzative  del
capo dell'ufficio giudiziario, cosi' esibendo un radicale deficit  di
determinatezza, per legge, della fattispecie, con conseguente lesione
del principio di legalita' limitatamente alla ricaduta di tale regola
sul decorso della prescrizione. 
    17.-  Pertanto  -  assorbite   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate in riferimento, sia all'art.  3  Cost.,  sia
allo stesso art. 25, secondo comma, Cost.,  sotto  il  profilo  della
irretroattivita' della legge penale sfavorevole  -  deve  dichiararsi
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9, del d.l.  n.18
del 2020, nella parte in cui prevede la sospensione del  corso  della
prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono  rinviati
ai sensi del precedente comma 7, lettera g),  e  in  ogni  caso,  non
oltre il 30 giugno 2020. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  83,  comma
9, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  (Misure  di  potenziamento
del  Servizio  sanitario  nazionale  e  di  sostegno  economico   per
famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza  epidemiologica
da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella  legge  24  aprile
2020, n. 27, nella parte in cui  prevede  la  sospensione  del  corso
della prescrizione per il tempo in cui  i  procedimenti  penali  sono
rinviati ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso,
non oltre il 30 giugno 2020; 
    2) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9, del d.l. n. 18 del
2020, sollevata, in riferimento  all'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione, in  relazione  all'art.  7  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale ordinario di
Paola, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    3) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del
2020, sollevate, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost.,  in
relazione all'art. 7 CEDU, dai Tribunali ordinari di Spoleto, Roma  e
Crotone, con le ordinanze indicate in epigrafe; 
    4)  dichiara  la  manifesta  infondatezza  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del
2020, sollevate, in riferimento all'art. 25,  secondo  comma,  Cost.,
dai Tribunali ordinari di Paola, Spoleto,  Roma  e  Crotone,  con  le
ordinanze indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 maggio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                     Giovanni AMOROSO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA 

 

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