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La Corte Costituzionale dichiara illegittima la Legge Comunitaria 2009 (L n. 96/2010) in materia di requisiti acustici passivi degli edifici

Con sentenza n. 103 del 29/05/2013 la Corte Costituzionale si è espressa sulla legittimità dell’art. 15, comma 1, lettera c), della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Legge comunitaria 2009), che sostitutiva l’art. 11, comma 5 della legge 7 luglio 2009 n. 88 (Legge comunitaria 2008).

I requisiti acustici passivi nel quadro legislativo italiano
La Legge Quadro sull’inquinamento acustico n.447/95 prevedeva come competenza dello Stato (art. 3 comma 1 lett. e)) “la determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti, allo scopo di ridurre l’esposizione umana al rumore”. Il DPCM 5/12/97 ha provveduto a definire le prestazioni acustiche degli edifici e i limiti di rumore generato dagli impianti tecnologici. Tale decreto è risultato spesso disatteso sia per alcune incongruenze interne (relativamente alla determinazione dei valori limite del rumore emesso dagli impianti), per la mancanza di metodi semplici per la determinazione previsionale delle prestazioni acustiche delle componenti degli edifici e non ultimo per la mancanza di controllo da parte dei comuni e dalla mancanza di un apparato sanzionatorio adeguato.

Il recepimento della Direttiva 49/2002/CE attraverso il D.Lgs. 194/2005, ha costituito l’occasione per una revisione della normativa in materia di rumore sia per una sua armonizzazione con le richieste derivanti dalla Direttiva che per tener conto dell’esperienza maturata negli anni e del mutato panorama normativo.
La Legge Comunitaria 2008 all’art. 11 delegava il Governo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di tutela dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo dall’inquinamento acustico, di requisiti acustici degli edifici e di determinazione e gestione del rumore ambientale. In attesa di tali decreti affermava (art 11 comma 5) che “l DPCM 5/12/97 non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi sorti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.”

L’emanazione delle Legge Comuntaria 2009, prendendo atto che nessun decreto era stato emanato a riguardo, con l’art 15 comma 1 lettera c) ha inteso interpretare i disposti della Legge Comunitaria 2008 nel senso che “la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi, fermi restando gli effetti derivanti da pronunce giudiziali passate in giudicato e la corretta esecuzione dei lavori a regola d’arte asseverata da un tecnico abilitato.

Le motivazioni della sentenza
La Corte Costituzionale ha esaminato in particolare la portata retroattiva dell’art. 15, comma 1, lett. c) della L. 96/10. La Corte infatti ricorda che “il divieto di retroattività della legge, previsto dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, pur costituendo valore fondamentale di civiltà giuridica, non riceve nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25 Cost. e che il legislatore – nel rispetto di tale previsione – può emanare norme retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale. (…) La norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica, quindi, non può dirsi costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario. In tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di chiarire «situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo», in ragione di «un dibattito giurisprudenziale irrisolto» o di «ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore» a tutela della certezza del diritto e dell’eguaglianza dei cittadini, cioè di principi di preminente interesse costituzionale. Secondo la Corte, l’art. 15, comma 1, lett. c) della L. 96/10 travalica i suddetti limiti e inoltre “lede il legittimo affidamento sorto nei soggetti suddetti, contrasta con il principio di ragionevolezza, in quanto produce disparità di trattamento tra gli acquirenti di immobili in assenza di alcuna giustificazione e favorisce una parte a scapito dell’altra, incidendo retroattivamente sull’obbligo dei privati, in particolare dei costruttori-venditori, di rispettare i requisiti acustici degli edifici stabiliti dal d.P.C.M. 2 dicembre 1997, di attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera e), della legge n. 447 del 1995”. Per questi motivi, a giudizio della Corte, la disposizione deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima.

Ed ora?
In attesa di una revisione dell’apparato normativo nazionale sul rumore ambientale, nelle more di una revisione del DPCM 5/12/97 su cui il Ministero dell’Ambiente sta lavorando anche in collaborazione con l’Associazione Italiana di Acustica, la norma dichiarata incostituzionale non può più avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza in Gazzetta ufficiale avvenuta il 5 giugno (GU 1a s.s. Del 5/6/2013). 3. La dichiarazione di incostituzionalità, inoltre, per consolidata giurisprudenza, opera sin dall’entrata in vigore della norma, ma non si estende ai rapporti già esauriti.

Un primo effetto della pronuncia è quello di non poter più escludere l’applicabilità della disciplina dei requisiti acustici agli immobili realizzati tra l’entrata in vigore del DPCM 5/12/97 ed il 20 luglio 2009. Pertanto per questi casi, sarà possibile tornare ad invocare tale disciplina nell’ambito delle liti tra acquirenti e costruttori/venditori che non siano già esaurite (v. per es. per effetto di accordi di transazione, sentenze passate in giudicato, ecc.. ).

Un secondo effetto, potrebbe essere quello della “reviviscenza” della disposizione originaria dell’art. 11, comma 5, L. 88/09 precedente alle modifiche apportate con l’art. 15, comma 1, lett. c) della L. 96/10 (dichiarato illegittimo). Tale meccanismo, che consiste nella rinnovata produzione di effetti giuridici di norme ormai abrogate o modificate, pur essendo talvolta ammesso dalla giurisprudenza (anche costituzionale), non è tuttavia regolato da norme giuridiche. Per questo, in linea generale la reviviscenza non opera in via automatica, ma viene di volta in volta invocata dai giudici, sempre come esito di un processo “interpretativo” e di scelta. Il giudice è infatti chiamato a valutare di volta in volta se la declaratoria di incostituzionalità e le relative motivazioni non interessino anche la precedente fonte normativa. In questo caso, la sua applicazione in via di reviviscenza viene esclusa. Al contrario, la reviviscenza può essere ammessa laddove le norme che si intende far rivivere non appaiano viziate per gli stessi motivi. Per queste ragioni, la “reviviscenza” della disposizione originaria dell’art. 11, comma 5, L. 88/09, seppur probabile (visto che le motivazioni della sentenza n. 103/2013 della Corte Costituzionale, tutte incentrate sul tema della irretroattività della legge, non sembrano riferibili a tale disposizione), non può essere considerata un “effetto certo” per i rapporti tra i privati sorti in relazione ad immobili realizzati dopo il 20 luglio 2009, né per quelli che sorgeranno in futuro. Dovremmo dunque attendere le prime pronunce giurisprudenziali per valutare la lettura e gli orientamenti dei giudici.

D’altra parte non si ravvedono motivazioni giuridiche per una condivisione della tesi che vorrebbe considerare pienamente applicabile la disciplina dei requisiti acustici degli edifici contenuta nel DPCM 5/12/97 ai rapporti tra privati, sulla base dell’avvenuta scadenza dei termini della delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di requisiti acustici degli edifici.
Gli interventi recenti in materia

  • Direttiva 2002/49/CE, relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, recepita con il decreto legislativo 19 agosto 2005, n.194 (Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale)
  • Delega prevista dall’art. 14 della legge 31 ottobre 2003, n.306 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003),
  • Art. 11 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2008), prevedendo una nuova delega al Governo, per integrare nell’ordinamento la Direttiva 49/2002/CE e per assicurare l’omogeneità delle normative di settore mediante l’emanazione di uno o più decreti legislativi.
  • L. 4-6-2010 n. 96 Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2009. (pubblicata nella Gazz. Uff. 25 giugno 2010, n. 146, S.O)

Le leggi comunitarie 2008 e 2009 a confronto

L. 4-6-2010 n. 96
Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2009.
Pubblicata nella Gazz. Uff. 25 giugno 2010, n. 146, S.O.
Art. 15. (Modifiche all’ articolo 11 della legge 7 luglio 2009, n. 88, in materia di inquinamento acustico)
L. 7-7-2009 n. 88
Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2008.
Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 luglio 2009, n. 161, S.O.
Art. 11. (Delega al Governo per il riordino della disciplina in materia di inquinamento acustico)
1. All’ articolo 11 della legge 7 luglio 2009, n. 88, sono apportate le seguenti modificazioni:
c) il comma 5 è sostituito dal seguente:
“5. In attesa dell’emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 1, l’ articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, si interpreta nel senso che la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componentinon trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi, fermi restando gli effetti derivanti da pronunce giudiziali passate in giudicato e la corretta esecuzione dei lavori a regola d’arte asseverata da un tecnico abilitato.”;
5. In attesa del riordino della materia, la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti di cui al l’articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi sorti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Testo inviatoci da: arpat.toscana.it/notizie/arpatnews 

Vedi la sentenza massimata e per esteso su: www.AmbienteDiritto.it

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