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CORONAVIRUS: Uno altro spettro si aggira per l’Italia.

UNO ALTRO SPETTRO SI AGGIRA PER L’ITALIA.

 

Prof. Carlo Andrea Bollino*

Magnifico ambasciatore. Tarde non furon mai grazie divine. E a sera mi metto panni reali e curiali; e entro nelle antique corti delli antiqui huomini”.

 

Occorre purtroppo constatare che in questo momento decisioni sfilacciate dettate sulla base della emergenza ma senza una riflessione strategica stanno portando a un rigurgito di intervento politico nel sistema economico. Lo spettro del dirigismo.

Il problema va posto in questi termini: nella fase 1, la salute umana non ha prezzo e qualsiasi misura nel momento dell’emergenza è prioritaria rispetto al calcolo economico. Nella fase 2, in cui si decreta la fine dell’emergenza, occorre capacità politica di indirizzo degna di un paese che ha un sistema economico e produttivo che è la settima potenza industriale del mondo, la seconda economia manifatturiera di Europa, ed è all’avanguardia nell’export delle filiere tecnologiche della meccanica, della moda, dell’automotive, dell’agroalimentare.

Il criterio ispiratore dell’indirizzo deve essere chiaro: le regole di sicurezza e protezione della salute le detta il pubblico, le attività economiche – in sicurezza – le gestisce in autonomia il privato. Il controllo del rispetto delle regole spetta al pubblico.

Negli anni fra le due guerre, si sviluppò un celebre dibattito fra Lange e Von Mises, incentrato sulla questione della possibilità di un pianificatore centrale di gestire tutti i dettagli di un sistema economico.

Von Mises scriveva: Il pianificatore centrale deve tenere conto di tutto ciò che può rivestire una certa importanza per la collettività. Il suo giudizio deve essere infallibile; egli deve essere in grado di dare una giusta valutazione delle condizioni delle contrade più lontane e di giudicare correttamente le necessità dei secoli a venire. Come potrebbe decidere quale fase della produzione attivare, quanto del prodotto in ogni fase, quali tecniche o materie prime usare? Dove localizzare in modo specifico tutta questa produzione? Come potrebbero conoscere i loro costi o quale processo di produzione è o non è efficiente?

Von Mises ha dimostrato che, in qualsiasi economia più complessa del primitivo livello familiare, il pianificatore centrale non sarebbe in grado di rispondere a nessuna di queste domande vitali.

Ecco quindi il rischio che uno – o 17, fa lo stesso – si arroghi il compito di sostituirsi al mercato, facendo danno sicuro alla nostra economia.

Gli imprenditori che hanno riconvertito le loro attività per fabbricare materiale sanitario sono da ammirare. Gli altri imprenditori che sono fermi sono ugualmente da ammirare, perché stanno tenendo duro per dare un futuro al nostro Paese.

E non è questione di retorica: un paese che perde la sua ricchezza economica, perde la sua libertà. (Si può ricordare come la peste nera mise in ginocchio la Norvegia nel 14^ secolo – morì 1/3 della popolazione – che cosi cadde sotto il dominio di Danimarca e Svezia per secoli, riacquistando l’indipendenza nel 1905).

Gli imprenditori che chiedono di riaprire per lavorare, per dare lavoro, per dare un futuro di benessere alla nostra economia non devono essere stigmatizzati come untori, ma devono essere sostenuti perché solo loro sanno come mandare avanti la loro azienda.

L’Italia si fonda su un sistema economico che non è centrato sulle grandi fabbriche fordiste con gli operai alla catena di montaggio, come in passato. l’Italia è un paese di piccole e medie imprese, anzi di piccolissime imprese dove il rapporto fra l’imprenditore e i suoi collaboratori è un rapporto fiduciario. Questa fiducia va alimentata, va esaltata, va premiata.

I dati sul contagio mostrano che la curva in Germania e in Italia sono uguali. I dati sulla mobilità pubblicati da Google mostrano che la riduzione di spostamenti verso il luogo di lavoro si è ridotta del 62% in Italia e del 29% in Germania ad aprile, rispetto al normale. Nello stesso periodo, la domanda di energia elettrica si è ridotta del 27% in Italia e del 10% in Germania.

Questo significa che l’economia tedesca ha frenato molto meno dell’Italia. Quindi sta già marciando più veloce di noi. O meglio, della nostra industria del Nord-Italia.

Non prendiamoci in giro: mentre a Roma si chiacchera, in Germania si lavora.

 

* Presidente, Corso di laurea in Economia, Università di Perugia (dal 2003);  – Professore di Econometria, Università LUISS Guido Carli (dal 1984); – Docente presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione e la Scuola Superiore di Economia e Finanza; – Esperto del Presidente del CNEL, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (2006); – Vice Presidente dell’AIEE, Associazione Italiana Economisti dell’Energia (dal 2001); – Vice Presidente della Fondazione Energia (2006); – Vice President for Development and International Affairs dell’IAAE, International Association of Energy Economics (dal 2003).

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