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CORONAVIRUS: EROI O UOMINI.

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CORONAVIRUS: EROI O UOMINI.

Gianfranco e Fulvio Conti Guglia

Nell’articolo pubblicato il 22.3 avevamo azzardato l’ipotesi che più di “qualche milione” di Italiani potesse aver già contratto il covid 19 ed invitavamo pertanto a riconsiderare la congruità delle misure adottate.

Il 31.3. il virologo Burioni, in un suo post, dà notizia di uno studio dell’Imperial College di Londra in base al quale circa 6.000.000 di Italiani avrebbero contratto il covid19.

Se fosse confermato siffatto dato risulterebbe chiara la non congruità, anche dal punto di vista sanitario, delle misure di distanziamento sociale e di fermo delle attività produttive non essenziali adottate dal governo.

Ci chiediamo se non sarebbe stata più proficua l’adozione di misure alternative di minore impatto sociale ed economico, che avessero previsto divieti di manifestazioni aperte al pubblico, di visite esterne ai ricoverati nelle RSA ed ulteriori prescrizioni di natura sanitaria immediatamente riferite ai centri di accoglienza delle fasce fragili, il potenziamento dell’attività sanitaria territoriale, la prestazione per gli anziani di servizi a domicilio, l’allontanamento momentaneo dal lavoro per i dipendenti con più di 60 anni, il tutto supportato da una capillare informazione mediatica circa gli elevati rischi del contagio per le categorie più esposte.

In che rapporto stanno la chiusura delle attività produttive, il divieto di correre nei parchi, la segregazione domestica dei minori, la chiusura dei cimiteri con la protezione delle fasce fragili?

E’di tutta evidenza che la sostenibilità delle misure sia inversamente proporzionale alla loro durata ed una mediazione politica delle istanze dei virologi era doverosa.

Ci siamo chiesti se i lavoratori dell’ex Ilva temano più il tumore o il coronavirus e che peso ha la loro scelta di mantenere il posto di lavoro e sopportare il rischio di contrarre una malattia che, nonostante i virologi, riteniamo molto più grave del coronavirus.

Le cronache medievali relative alla peste danno risalto alla frequente negligenza delle autorità a disporre le misure richieste dal pericolo imminente. La spiegazione che si dava era la seguente: non si voleva turbare la popolazione ma soprattutto non dovevano essere interrotte le relazioni con l’esterno; la quarantena di una città significava difficoltà di vettovagliamento, rovina degli affari, disoccupazione, probabili disordini di strada.

Le autorità del medioevo erano ben a conoscenza delle ricadute sociali delle misure restrittive e si sforzavano, sbagliando, di ignorare il pericolo.

Le nostre autorità all’opposto trascurano completamente le ricadute sociali delle misure adottate e si concentrano esclusivamente sul rischio sanitario. Una buona politica avrebbe adottato misure congrue, tese a contemperare la tutela delle fasce più fragili con la salvaguardia del sistema paese. Una cattiva politica preferisce distruggere per ricostruire, perché dalla distruzione e ricostruzione trae più vantaggi.

In un contesto nel quale fa clamore l’imbarazzante silenzio del Parlamento e dei sindacati, peraltro in piena crisi di identità, quasi quotidianamente ci costringono ad assistere a dispute indegne nelle quali Stato, regioni e comuni fanno a gara per arrogarsi il merito di meglio tutelare la salute, ed il merito è direttamente proporzionale alla severità della misura restrittiva adottata, il risultato è che tanti sindaci si travestono da sceriffi e, con toni più offensivi che persuasivi, trattano i cittadini da mentecatti.

Infine, in un momento nel quale si fa giornalmente uso del termine eroe un pensiero va a nostro padre che ha fatto la prima linea in Albania e due anni di campo di concentramento in Germania e ci ha insegnato che chi fa ciò che deve (daimon socratico e/o imperativo categorico) essere fatto non è un eroe, ma è dippiù è un uomo.

Una riflessione, stavolta più seria: Per legittimare le scelte operate si continua ad insistere sul numero globale dei decessi con coronavirus.

Abbiamo già scritto che gli anziani affetti anche da coronavirus sono privati della dignità di morire nel proprio letto circondati dai familiari, muoiono da soli negli ospedali, e solo pochi fruiscono del conforto di anziani sacerdoti che per l’età che hanno si espongono ad altissimi rischi; gli altri restano defraudati dell’ultimo, definitivo atto di libertà.

Anche questa che compiamo nel morire, è una delle azioni della vita: è sufficiente quindi anche in questa occasione, provvedere bene al fatto presente.” (Marco Aurelio).

Riteniamo fosse doveroso il rispetto di scelte diverse dal ricovero coatto.

Abbiamo visto immagini di bare anonime, trasportate verso inceneritori da camion dell’esercito, nelle quali la morte è rappresentata in modo cosi scoperto da sconfinare nell’indecenza, desacralizzata e svilita.

La malattia ha i suoi rituali che uniscono il malato e coloro che gli sono intorno e più ancora la morte segue una liturgia precisa che prevede la composizione del cadavere, la veglia, il collocamento nella bara e la sepoltura.

Tutti elementi costitutivi di un rito di passaggio che serve tanto ai vivi quanto ai morti e deve svolgersi con la dignità ed il decoro che la sensibilità di ognuno ritiene appropriati.

Forse è utile rammentare le mischie furiose che nell’Iliade si accendevano attorno al cadavere del guerriero caduto e la sepoltura accordata da Antigone al cadavere del fratello.

Il defunto deve avere e mantenere una sua rispettabilità ed il culto antico degli antenati, con la liturgia che lo accompagna, non è fantasia ma conferisce, nelle disgrazie, senso di appartenenza alla medesima comunità, divenendo un elemento imprescindibile per l’elaborazione del lutto, sia essa individuale o collettiva.

Rendiamo, infine, omaggio ad un cane, senza nome e senza padrone, che a Tortorici partecipa ai funerali in modo composto e dignitoso e sembra pienamente consapevole dell’importanza del rito di passaggio che si celebra.

Torniamo alle riflessioni semiserie, nel primo articolo, avevamo sospettato che la pandemia potesse essere un’opportunità per i politici, gli speculatori e i media. Immaginiamo ora che, negli stati Uniti, gli Stati confederati retti da governatori democratici accuseranno un numero particolarmente alto di decessi con coronavirus, mentre gli stati repubblicani avranno un numero minimo di decessi per coronavirus.

Pensiamo poi che la Germania, che ha già colto l’occasione per potenziare le proprie imprese ed ha destinato ad esse aiuti di stato (altrimenti vietati) per circa 500 miliardi di euro, convincerà l’Unione Europea a soccorrere il Sud Europa, ivi compreso la Francia, per evitare di compromettere, forse in modo irreversibile, il mercato di riferimento delle proprie esportazioni.

La Germania appoggerà (non importa se con misure di condivisione della spesa o con altri strumenti) il finanziamento di progetti destinati soprattutto al settore pubblico, pensiamo alla sanità, alla ricerca ed all’istruzione, per stabilizzare i consumi ad un livello accettabile.

Tali scelte avranno il plauso incondizionato di tutti, compreso il nostro, ci chiediamo però se le piccole e medie imprese che nel frattempo hanno visto il crollo del proprio fatturato e la probabile perdita di un segmento importante del mercato estero, siano poste nelle condizioni di reggere l’urto dei concorrenti stranieri da un lato e delle organizzazioni criminali dall’altro.

La cassa integrazione nazionale ed europea non servirà alle imprese per ripartire, né tantomeno varrà a tutelare i lavoratori precari, stagionali, giornalieri, spesso utilizzati in nero, che costituiscono una realtà sociale presente non solo nel Meridione.

Hanno pensato i politici, che dibattono sull’entità del bonus baby sitter per le famiglie nelle quali probabilmente entrambi i genitori sono stabilmente occupati, alle ripercussioni sull’ordine pubblico di tale massa di lavoratori non più occupati, né rappresentati, ed al fatto che il malcontento che deriva dalla miseria e dalla disperazione possa essere strumentalizzato dalle organizzazioni mafiose?

Chi ha guadagnato e continuerà a guadagnare con le speculazioni finanziarie possiamo immaginarlo, chi guadagnerà con le piccole e medie imprese lo sappiamo per certo.

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