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Clausole abusive nei contratti coi consumatori rilevabili d’ufficio dal giudice.

 

Nei casi in cui l’autorità investita della domanda d’ingiunzione di pagamento non sia competente a valutare il carattere abusivo di una clausola in un contratto tra “professionista” e consumatore ai sensi della Direttiva UE 93/12, tale valutazione compete al giudice dell’esecuzione.

Decisione: Sentenza della Corte di Giustizia UE nella causa C-49/14

Il caso.

Un consumatore spagnolo aveva contratto un prestito per l’acquisto di un veicolo, garantito in solido con altri soggetti.
Dopo circa 4 anni, a seguito del mancato pagamento delle rate, la finanziaria ha risolto il contratto e avviato un procedimento d’ingiunzione di pagamento, al quale i debitori non si sono opposti.
La finanziaria ha chiesto l’ordine di esecuzione e il giudice ha chiesto alle parti di presentare osservazioni sull’eventuale carattere abusivo di alcune clausole del contratto.
Il giudice ha precisato di non essere stato informato né della domanda di ingiunzione, né dell’esame della stessa da parte del “Secretario Judicial” (che nel codice di porocedura civile spagnolo è competente ad emettere il decreto, e deve coinvolgere il giudice solo se dai documenti allegati alla domanda rilevi che l’importo richiesto non è corretto).
Il giudice, dopo aver sospeso il procedimento, ha quindi sollevato 4 questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia UE.

La decisione.

La Corte di Giustizia, dopo aver ricordato che l’art. 3 della direttiva 93/13 definisce quale abusiva «una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto», e che «si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto», esamina il procedimento d’ingiunzione nell’ambito del diritto spagnolo.
Dopo aver descritto il procedimento che ha dato luogo alle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice spagnolo, ha ricordato che in base all’art. 267 TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) «il giudice nazionale è l’unico competente ad esaminare e valutare i fatti del procedimento principale nonché a interpretare e ad applicare il diritto nazionale. Parimenti, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze del caso, sia la necessità sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi».
Dopo aver dichiarato ricevibili le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice spagnolo, la Corte ricorda che «si è già pronunciata nella sentenza Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349), sulla natura delle responsabilità che incombono al giudice nazionale, in forza delle disposizioni della direttiva 93/13, nell’ambito di un procedimento d’ingiunzione di pagamento, laddove il consumatore non abbia proposto opposizione contro l’ingiunzione emessa nei suoi confronti», nel senso che «la direttiva 93/13 dev’essere interpretata nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro che non consente al giudice investito di una domanda d’ingiunzione di pagamento di esaminare d’ufficio, in limine litis, né in qualsiasi altra fase del procedimento, anche qualora disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, la natura abusiva di una clausola inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, in assenza di opposizione proposta da quest’ultimo (sentenza Banco Español de Crédito, C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 1 del dispositivo)».
Ha quindi descritto le caratteristiche del procedimento di ingiunzione spagnolo: «lo svolgimento e le peculiarità del procedimento d’ingiunzione di pagamento spagnolo sono tali che, in assenza di circostanze che comportino l’intervento del giudice, ricordate al punto 24 della presente sentenza, tale procedimento è chiuso senza possibilità che venga eseguito un controllo dell’esistenza di clausole abusive in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore. Se, pertanto, il giudice investito dell’esecuzione dell’ingiunzione di pagamento non è competente a valutare d’ufficio l’esistenza di tali clausole, il consumatore, di fronte a un titolo esecutivo, potrebbe trovarsi nella situazione di non poter beneficiare, in nessuna fase del procedimento, della garanzia che venga compiuta una tale valutazione».
Da tali caratteristiche la Corte di Giustizia trae la conseguenza che «un simile regime processuale è tale da compromettere l’effettività della tutela voluta dalla direttiva 93/13. Tale tutela effettiva dei diritti derivanti da tale direttiva, infatti, può essere garantita solo a condizione che il sistema processuale nazionale consenta, nell’ambito del procedimento d’ingiunzione di pagamento o di quello di esecuzione dell’ingiunzione di pagamento, un controllo d’ufficio della potenziale natura abusiva delle clausole inserite nel contratto di cui trattasi».

E poi precisa che «sebbene le modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata rientrino nella competenza dell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, dette modalità devono tuttavia rispettare i principi di equivalenza e di effettività».
Con particolare riguardo al sistema spagnolo, osserva che «il decreto del “Secretario judicial” che pone fine al procedimento d’ingiunzione di pagamento assume autorità di cosa giudicata, il che rende impossibile il controllo delle clausole abusive nella fase dell’esecuzione di un’ingiunzione, per il solo motivo che i consumatori non hanno proposto opposizione all’ingiunzione entro il termine previsto a tal fine e per il fatto che il “Secretario judicial” non ha adito il giudice».
Questo comporta «che sussiste un rischio non trascurabile che i consumatori interessati non propongano l’opposizione richiesta a causa del termine particolarmente breve previsto a tal fine, ovvero poiché possono essere dissuasi dal difendersi tenuto conto delle spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato, oppure poiché ignorano o non intendono la portata dei loro diritti, o ancora in ragione del contenuto succinto della domanda d’ingiunzione introdotta dai professionisti e, pertanto, dell’incompletezza delle informazioni delle quali dispongono».
Dopo tali osservazioni, la Corte di Giustizia arriva alla constatazione che «la normativa di cui al procedimento principale, relativa alle modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata nell’ambito del procedimento d’ingiunzione di pagamento, non appare conforme al principio di effettività, in quanto rende impossibile o eccessivamente difficile, nei procedimenti instaurati dai professionisti e nei quali i consumatori sono convenuti, l’applicazione della tutela che la direttiva 93/13 intende conferire a questi ultimi».
Infine, enuncia la chiave di interpretazione delle disposizioni oggetto del rinvio pregiudiziale:

«La direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, dev’essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente al giudice investito dell’esecuzione di un’ingiunzione di pagamento di valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, ove l’autorità investita della domanda d’ingiunzione di pagamento non sia competente a procedere a una simile valutazione».
Osservazioni.

La Corte di Giustizia UE ha ritenuto che la normativa spagnola che disciplina il procedimento d’ingiunzione (procedimento che normalmente sfocia nel decreto del “Secretario Judiucial” con autorità di cosa giudicata), rende impossibile il controllo delle clausole abusive sia nella fase d’ingiunzione, sia nella fase dell’esecuzione dell’ingiunzione stessa.
Tale normativa non appare conforme al principio di effettività del diritto dell’Unione Europea perché rende eccessivamente difficile, per le ragioni illustrate nella sentenza, l’applicazione della tutela che la Direttiva 93/13 intende conferire ai consumatori nei procedimenti instaurati dai “professionisti”.
E’ appena il caso di ricordare che con il termine “professionista” la direttiva identifica un soggetto esercente un’attività economica in senso lato.

Disposizioni rilevanti.

Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993

concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori

Articolo 3

«1. Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

2. Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.

Il fatto che taluni elementi di una clausola o che una clausola isolata siano stati oggetto di negoziato individuale non esclude l’applicazione del presente articolo alla parte restante di un contratto, qualora una valutazione globale porti alla conclusione che si tratta comunque di un contratto di adesione.

Qualora il professionista affermi che una clausola standardizzata è stata oggetto di negoziato individuale, gli incombe l’onere della prova.

3. L’allegato contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive».

Articolo 6

«1. Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive.

2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché il consumatore non sia privato della protezione assicurata dalla presente direttiva a motivo della scelta della legislazione di un paese terzo come legislazione applicabile al contratto, laddove il contratto presenti un legame stretto con il territorio di uno Stato membro».

Articolo 7

«1. Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori.

2. I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di siffatte clausole.

(…)».

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