In tema di cessione di azienda la conformità alla normativa amministrativa è qualità essenziale implicita.
Commento a Decisione Giurisprudenziale
In tema di cessione di azienda avente ad oggetto la somministrazione di alimenti e bevande, la non conformità alla normativa amministrativa, in particolare al regolamento di Igiene, è un requisito che – in mancanza di patto contrario – deve ritenersi implicitamente richiesto costituendo una qualità essenziale per il legittimo svolgimento dell’attività aziendale.
Decisione: Sentenza n. 10497/2017 Tribunale di Milano – Sezione specializzata in materia di impresa “A”
Classificazione: Civile, Commerciale
Il caso.
Il titolare di un’impresa individuale cedeva l’azienda, costituita da bar in chiosco e tavola fredda, a una società.
Dopo essere stata immessa nel possesso, la società acquirente scopriva che il chiosco era sprovvisto di allacciamento al’impianto pubblico fognario, con violazione delle disposizioni amministrative che regolavano l’esercizio dell’attività.
Dopo aver eccepito l’aspetto al cedente, provvedeva ad eseguire le opere necessarie per rendere l’esercizio conforme, chiedendo poi i danni, allegando un inadempimento del venditore che avrebbe ceduto un bene privo delle qualità necessarie per l’uso, aspetto questo che avrebbe costituito un elemento determinante per la conclusione dell’accordo.
Il Tribunale accoglie la domanda e condanna il cedente.
La decisione.
Per il Collegio, «Il mancato allacciamento all‟impianto fognario milanese ha dato luogo all‟assenza di un elemento essenziale per l‟esercizio dell‟attività commerciale dedotta in contratto, e cioè l‟attività di somministrazione di cibi e bevande mediante l‟attrezzamento di un chiosco e dell‟area allo stesso limitrofa. Infatti a norma il Regolamento di edilizia del Comune di Milano le attività svolte all‟interno del chiostro devono rispettare le norme sancite dal vigente Regolamento di Igiene che, come osservato dal CTU richiede il collegamento degli scarichi delle acque chiare e scure dell‟esercizio alla fognatura pubblica».
Per i Giudici, «la non conformità alla normativa amministrativa, con particolare riguardo al Regolamento di Igiene, è un requisito che, in mancanza di patto contrario, non previsto nel contratto de quo, deve ritenersi implicitamente richiesto, costituendo una qualità essenziale per il legittimo svolgimento dell‟attività aziendale».
Ne consegue che il cedente «ha dato luogo ad un inesatto adempimento delle obbligazioni a proprio carico, rilevante ai sensi dell‟art. 1497 c.c. (Cass. 2006/7561)».
Ciò precisato, il Tribunale passa ad esaminare l’aspetto risarcitorio, richiamandosi all’art. 1494 codice civile, che «pacificamente disciplina tutte le ipotesi di vendita di cosa viziata o mancante di qualità promesse o essenziali. Detta norma sancisce l‟obbligo del venditore di risarcire al compratore i danni, se non prova di aver ignorato senza sua colpa i vizi della cosa».
Richiamandosi all’orientamento giurisprudenziale afferma che l’art. 1494 c.c. delinea una presunzione di conoscenza dei vizi da parte del venditore, sul quale incombe l’onere di fornire la prova liberatoria: «Secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale detta norma pone a carico del venditore una presunzione di conoscenza di detti vizi, anche se occulti, per cui l’obbligo della garanzia è escluso soltanto se il venditore fornisca la prova liberatoria di avere ignorato senza sua colpa i vizi medesimi».
Stante la contumacia del cedente nel procedimento, non vi è la dimostrazione di tale prova liberatoria, e ne consegue il riconoscimento del diritto di parte attrice a vedersi risarcito il danno, che il Collegio ha liquidato tenendo conto anche delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio esperita.
Osservazioni.
Il Tribunale si è pronunciato accertando l’inadempimento del cedente ai sensi dell’art. 1497 c.c., condannandolo al pagamento dei danni patiti dal cessionario.
Nel quantificarli, ha richamato una pronuncia della Suprema Corte: «Ai fini della quantificazione in oggetto giova, pertanto, richiamare il principio giurisprudenziale in forza del quale ai fini del risarcimento del danno non occorre la prova dell‟effettiva eliminazione del vizio (i.e. nella fattispecie, dell‟adeguamento del chiosco alla normativa vigente; Cass. 2014/13717) ma solo la necessità di eliminazione dello stesso, determinante, comunque una diminuzione di valore della res tradita».
Ma il punto centrale della decisione è quello relativo alla valenza di qualità essenziale della conformità alla normativa amministrativa, che per i giudici milanesi è un requisito che deve ritenersi implicitamente richiesto.
Giurisprudenza rilevante.
Cass. 7561/2006
Cass. 13717/2014
Disposizioni rilevanti.
Codice civile
Art. 1494 – Risarcimento del danno
In ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa.
Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa.
Art. 1497 – Mancanza di qualità
Quando la cosa venduta non ha le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l’uso a cui è destinata, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento, purchè il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi.
Tuttavia il diritto di ottenere la risoluzione è soggetto alla decadenza e alla prescrizione stabilite dall’art. 1495.